LA CADUTA DEL CAMPANILE


NELLE LETTERE E DOCUMENTI DELL’ARCHIVIO DEL PROTO PIETRO SACCARDO

Di Ettore Vio


Quando affrontai il tema di Saccardo proto di San Marco, mi colpì sempre la repentina e tragica conclusione della sua esperienza e della sua vita con la caduta del campanile.

Proto di San Marco, figura antica e quasi mitica, adombrata da quell’alone di mistero che circonda ancor oggi le figure dei primi architetti della Basilica. Per non parlare poi della rappresentazione dell’architetto ignoto di San Marco alla base sinistra interna del terzo arcone del portale principale. È un personaggio seduto (quindi importante) su un trono simbolico in cui è ripetuto il tema strutturale delle 5 cupole della Basilica, con i cinque punti del dado, che porta il turbante (quindi un saggio orientale), ma ha le stampelle (quindi colpito da qualche infermità o disgrazia), com’è “giusto” lo sia ogni artefice di valore eccezionale perché non si inorgoglisca troppo. Così anche Saccardo subisce la disgrazia della “caduta” del campanile il 14 luglio 1902.

Rileggendo note, malacopie, scritti frettolosi e lettere ufficiali dell’archivio privato, questa vicenda trascorre viva sulle righe a volte imperiose del Prefetto e del Commissario Straordinario Michele Spirito. Nei fogli del Ministero che, impaurito dalle critiche, dai “soliti” difensori del patrimonio storico, sospende i lavori di restauro iniziati dalla fabbriceria, per garantire il rispetto della facciata della vetusta torre, senza comprendere il grave rischio di crollo, che fatalmente avvenne.

Le tese e preoccupate parole di Saccardo che scrive lettere per sé e per i fabbricieri confutando punto per punto le posizioni del Ministero e dell’Ufficio Regionale per i Monumenti. Infine qualche giorno prima della caduta le concitate missive di Federico Berchet, direttore dell’Ufficio Regionale per i Monumenti, che vuole scaricarsi la coscienza per il grave danno che l’intervento di un architetto del suo ufficio, un certo Rupolo, sta creando alla stabilità della torre e approva tutte le disperate finali proposte di Saccardo purché si faccia presto.

Poi la catastrofe. Le accuse al Saccardo, la difesa in molti modi raccontata ed infine la riabilitazione comunicatagli dopo un anno e nove mesi senza stipendio e senza pensione, il 17 novembre 1903 a 2 giorni dalla sua morte.

Un anno dopo il riconoscimento del suo valore, del suo lavoro con la medaglia d’oro data dalla città alla famiglia nel 1904.

Il primo documento raccolto dal proto nella cartella del suo archivio, titolata “Campanile 1902” sottolinea l’interesse di Saccardo ai problemi della torre e le discussioni intorno al tema dei mattoni che determinò poi la sospensione dei lavori da parte del Ministero quando ormai ogni giorno perduto era un passo verso un crollo annunciato sempre più vivamente dal Saccardo. Il documento che anticipa di oltre 10 anni la caduta è la lettera del 22 agosto 1891, in un francese imperfetto, di un certo Goodyear, direttore del museo di Belle Arti di Brooklin a New York. Ricorda a conforto del Saccardo che “La maconnerie ancienne de bnque du Campanile est un peu rude ed avec le temps il est devenu plus rude encore ... il y - a de chose qu’on ne peut pas imiter exactement et cette rudesse est une de ces choses”. E una risposta alle critiche circa il tipo di mattoni da impiegare nei restauri, che si conclude incitandolo a operare. “Si vous n’ètes pas competent à restaurer le Campanile de San Marc il n’y-a ... personne qui pourra le faire et cette restauration, est une chose qui ne peut pas etre deferré sans danger aux vivants”.

La questione entra nel vivo con una bozza del 31 maggio 1901 del proto per la fabbriceria, per rispondere alle osservazioni fatte dal Ministero sui restauri del campanile.

Dopo aver segnalato che nei grandi restauri che furono fatti al campanile di San Marco al principio del secolo XV e anche nel successivo, esso fu intonacato su tre lati e vi fu dipinto a fresco il paramento, “come vedesi nel frammento che accompagno alla presente”, Saccardo descrive con cura i restauri fatti per mantenere l’aspetto antico “che se si fosse proceduto a intonacare il tutto, il restauro sarebbe già compiuto”. Parla anche dei particolari ponteggi mobili sopra la loggetta del Sansovino. Si dice infine incurante delle critiche “non mi curo delle rane che gracidano” certo della lealtà e saggezza del ministero anche perché il lavoro procede” a vista di tutti e sotto gli occhi in particolare dell’ufficio Regionale...”. Ma l’ 11 giugno l’ufficio comunica il telegramma di sospensione dei lavori del Ministro della pubblica Istruzione: “per farmi chiara idea di ciò che si va eseguendo in quell’insigne manufatto”.

Alla sospensione fanno seguito lettere al Prefetto al Ministero e al Municipio tra il 19 e il 20 agosto 1901, in cui viene perorata la necessità dell’immediata ripresa dei lavori.

Nella nota alla Prefettura e al Municipio del 19 agosto 1901 si precisa che: “Il notevole deperimento del campanile aveva indotto fin da 3 anni farne intraprendere il restauro”. Si lamenta che per i ritardi dovuti alla sospensione dei lavori, vi sono gravi rischi per l’incolumità “prescindendo da qualsiasi considerazione in linea tecnica artistica e di decoro”.

Basta ... confrontare le due qui unite fotografie, una di trent’anni addietro, per vedere a colpo d’occhio con quale incredibile rapidità in così pochi anni siansi aumentati i guasti’. Nota che i mattoni ‘si trovano ora esposti ... ad un rapido deperimento ... e quanto un simile stato di cose si renda pericoloso”. Dal canto suo la Fabbriceria, conscia d’aver fatto quanto le incombeva, “si dichiara sciolta da qualsiasi responsabilità per tutto quello che potesse accadere”.

In seguito, il 4 settembre, il Municipio chiede ragione della sospensione dei lavori. Il 7 dello stesso mese la fabbriceria risponde segnalando che “... il restauro del campanile di S. Marco, nel suo lato meridionale era stato intrapreso l’anno scorso e portato avanti fino alla metà circa della torre dall’alto... Quest’anno in primavera era stato ripreso; ma all’improvviso ai primi di giugno un ordine mi teriale lo sospendeva e in oggi l’ordine non fu ancora revocato”.

Il 4 ottobre 1901 l’ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti trasmette il parere del Ministero che suggerisce “cautele e norme per la prosecuzione dei restauri al campanile di San Marco”. Il parere è datato 13 luglio 1901 prot. 10861. In esso il Ministro, riferendosi al rapporto del Saccardo che segnala che “... i mattoni corrosi sono stati sostituiti con nuovi” sostiene che “... questo non è lavoro di riparazione, ma è lavoro di innovazione ed io non potrei né lodarlo né permetterne il proseguimento”.

Il Sindaco di Venezia il 14 ottobre scrive alla Fabbriceria che rivoltosi al Ministro “ne ebbe la seguente risposta non fu mai intendimento ... che i lavori già iniziati nello scorso anno ... rimanessero per lungo tempo sospesi. Persone competenti con vivaci proteste, avevano richiamato la mia attenzione ... essendosi senza necessità compiuti in due lati del campanile rifacimenti e innovazioni . “In seguito

nominai una commissione composta da artisti . apprendo dalla lettera della S.V. che i lavori non sono stati ripresi ... sarà utile che Ella rivolga ... premure alla Fabbriceria ... per la sollecita ripresa dei lavori ... acciocché ... siano condotti ... col maggiore rispetto per la preziosa autenticità del vetusto manufatto”.

Nella circostanziata risposta al Municipio del 19 ottobre la fabbriceria fa presente che “quando giungeva il foglio 14 settembre ... non aveva ancora ricevuto la nota Ministeriale del 13 luglio concernente i provvedimenti presi dal Ministero” e allega la completa documentazione dell’iter della pratica con brevi commenti.

La detta nota era pervenuta all’Ufficio Regionale, ma questo non si decideva di comunicarla che in data 4 corrente (4 ottobre), in seguito ad una pubblicazione

del Ministero della PI. nella quale dicevasi ... aver suggerito cautele e norme per la prosecuzione dei restauri al campanile di San Marco”.

Il motivo del ritardo è che la “nota Ministeriale” ... è di tale tenore da “rendere impossibile qualsiasi restauro”. “Infatti, mentre il guasto è generale ... si pretende siano soltanto eseguite nei punti ove sono necessarie delle semplici riparazioni. E mentre il quesito è uno dei più ardui che si possano presentare in linea tecnica, si delegano a dirigere la soluzione persone egregie ed illustri bensì, ma digiune affatto dalle tecniche discipline”.

La documentazione allegata comprende copia della nota Ministeriale 13 luglio 1901 nella quale dice la Fabbriceria “con acerbe parole si biasima vivamente il restauro” e copia del foglio 4 ottobre n° 41278 div. TI del Municipio di Venezia, col quale si chiede invece alla Fabbriceria il motivo della sospensione.., interessando anche al Municipio che venga sollecitarnente proseguito e condotto a termine”.

Si chiede quali delle due fotografie una “di trent’anni addietro” e una “com’è al presente ... rappresenti la preziosa autenticità del vetusto monumento” e “quale ne sarà la preziosa autenticità di qui a trent’anni”.

Una terza fotografia prima del restauro “con tutte le rappezzature introdottevi nei restauri di mezzo secolo fa”. Altre fotografie dello stesso lato dopo “il restauro che lo uniforma a quello verso il Palazzo Ducale, ... restauro ... che dicesi fredda monotonia di linee geometriche e di spazi uguali, nota di colore nuova e stridente nella meravigliosa armonia creata dagli uomini, dalla natura nella più bella piazza del mondo”.

Allega inoltre la “fotografia del lato nord” e si domanda “come si possa rimediare al suo stato generale rovinoso e pericoloso con semplici parziali riparazioni”.

Nota che “il tempo propizio per i lavori è passato mentre la stagione non permette più di operare in sito così esposto”. Ironicamente sottolinea “che la Commissione nominata sino dal luglio scorso non si fece mai viva, il che dimostra la sua resistenza ad occuparsi di un tema che esce ... di sua competenza”.

Chiude infine pronosticando che “con la complicatissima situazione creata dal Ministero sarà molto difficile che i lavori possano essere ripresi anche nella ventura primavera ... e ... la Fabbriceria si dichiara assolta da qualunque rispondenza per tutto quello che potesse accadere”.

Anche dalla relazione annuale sui lavori relativi al 1901-1902, inviata nell’estate 1901 all’Ufficio Regionale per i Monumenti, sono descritti i tipi di interventi previsti ed eseguiti per il campanile.

Ma il tempo invernale gioca tutto contro il recupero e le ultime lettere dell’archivio denunciano il precipitarsi delle cose. Tanto è vero il pronostico che il 9 maggio 1902 una nuova nota del Ministero avverte: “nel caso che si riprendessero i lavori al campanile ... dopo il voto della Commissione, occorre che esso Ministero ne abbia notizia ad esaminare il progetto nella compilazione del quale si dovranno seguire i criteri proposti dalla Commissione Ministeriale”. Cioè non solo si impone la Commissione, ma si chiede un progetto non avendo colto il tipo e l’urgenza dei lavori da fare.

Il 24 giugno, a soli 20 giorni dalla caduta, l’Ufficio Regionale chiede “sia unita al preventivo dell’esercizio prossimo una indicazione dell’impiego delle somme ed una particolareggiata relazione sui lavori da eseguirsi in analogia a quella trasmessa il 31 agosto 1901”. E una nuova richiesta di documenti sui lavori del campanile. Il Saccardo non eseguì né il progetto dei lavori richiesto nella nota del 9 maggio, né l’ulteriore relazione. Ritenne di certo esauriente e definitivo il suo orientamento tecnico più volte precisato e tra l’altro nel periodo cadde malato a causa di una nefrite che lo colpì e lo accompagnò fino alla morte.

Ma d’un tratto i segni del malessere del campanile si fanno più evidenti e preoccupanti tanto che l’il luglio (a soli 3 giorni dalla catastrofe) il direttore dell’Ufficio Regionale Federico Berchet gli scrive: “Caro Amico, Per tua norma e stante la urgenza ti mando copia della lettera che scrissi alla fabbriceria la quale non la riceverà che domattina. Ma sarebbe bene che fino da stassera tu ti metessi d’accordo con Rupolo sul posto viste le circostanze che egli ha avvertite e che gli preme comunicarti in giornata. Tuo aff.mo Fed. Berchet”. Era già venerdì.

Domenica 13 Saccardo riceve e scrive una lettera. La prima sempre più affettuosa e personale è ancora di Berchet: “Caro Piero! Tona (?) mi ha detto che con Torri (?) hai combinato una provvisoria ritenuta metallica angolare esterna, allacciata a punti di sicurezza mediante due ordini di tiranti tondi ottagonali. Approvo pienamente e raccomando che sia applicata colla massima urgenza e assistenza. Fallo domani mattina per tempissimo perché le fenditure crepano a vista d’occhio. Avviso Rupolo stassera mandandogli presso a poco la copia di queste righette. Domani spero che possiamo essere tutti più tranquilli e quindi ti raccomando sollecitare, anzi improvvisare. Tuo affezionatissimo Federico.

La seconda è di Saccardo ed è indirizzata al Prefetto, riservatissima. “Personale al Prefetto 13 luglio 1902. In via riservatissima, a scanso di ogni responsabilità della fabbriceria e mia, credo doveroso di informare la S.V. Ill.ma che i danni al campanile di San Marco, pervennero da essere stata molestata la base della muraglia esterna verso levante, per opera del R. Uff. Regionale, con l’esecuzione dei lavori di ricopertura del tetto della Loggetta.

Tali lavori furono eseguiti a totale insaputa della fabbriceria e di me e sono del resto scusabili in quanto che chi li faceva eseguire non poteva conoscere le condizioni di quella muraglia. Si sperava che le lesioni avvenute fossero per assestarsi dopo le saldature applicate immediatamente alla base della muraglia stessa. Se non che oggi si è manifestato un guasto pericoloso, per cui io credetti di dover chiamare l’ing. Capo, già avvertito ad ogni modo fino da ieri sera dell’avvenuto, e di pregarlo ad informare della cosa la R. Prefettura.

Ciò ho voluto portare a conoscenza della S.V. Ill.ma perché, dispostissimo, quantunque ancora sofferente, ad occuparmi per quanto potrò al fine di evitare danni maggiori

Purtroppo la speranza di Berchet che “domani possiamo essere tutti più tranquilli” non si avvera e la catastrofe si abbatte pesantemente sulla Fabbriceria sciolta dal Prefetto, ma soprattutto sul proto Saccardo da più di quarant’anni al servizio di San Marco che ne fa le maggiori spese. Il114 luglio alle ore 9,50 il campanile si siede su se stesso.

Il 16 luglio Nicolò Polo fabbriciere, ricorda a Saccardo che il 31 agosto 1901 fu consegnata all’ufficio Regionale dei Monumenti “la dettagliatissima relazione sui lavori del campanile” evidentemente ritenuta liberatoria delle responsabilità.

Il 18 Saccardo è convocato dal Prefetto alle 2 e 1/2 in Basilica.

La sera stessa egli trasmette alla commissione di inchiesta per il crollo del campanile una aggiunta alle “cose esposte nel verbale ... non posso lasciar correre inosservato ... il punto di una inchiesta del sig. Ugo Ojetti”:

I° che nessun danno potevano recare alla stabilità ... i palchi mobili appesi”.

II° che nessun indugio colpevole può essere imputato alla D.L. ... perché il tempo dopo l’avviso dell’ufficio regionale e la visita (giovedì 10 ore 3 pom.) al momento del crollo (lunedì 14 ore 10 ant.) non intercedettero che giorni tre ed ore 19: tempo ... insufficiente a dare esecuzione a qualsiasi anche disperato tentativo”.

III° che l’architetto Saccardo non poteva rendersi ragione sulle disastrose condizioni del monumento ... perché la cavità formatasi all’interno, di cui ... Rupolo non gli aveva dato notizia, fu conosciuta dallo stesso dopo il crollo”.

IV° che nemmeno Rupolo” si rese “ragione dello stato disastroso..., in quanto domenica 13 ... non si fece mai vedere sul posto”.

V° che dalla ... fotografia ... la facciata sopra la Loggetta, prima del taglio, non presentasse ... indizi di poca stabilità”.

Il giorno 19 luglio Saccardo è sospeso dall’incarico e sostituito dal prof. arch. Manfredo Manfredi direttore del Regio Istituto delle Belle Arti di Venezia.

Un ultimo sussulto di orgoglio è nelle parole di risposta alla lettera del Prefetto del 19 che lo rimprovera per aver eseguito una puntellatura sull’arcone centrale dei cavalli.

Nella lettera datata 21 luglio Saccardo infatti ricorda i più accurati esami nei punti maggiormente minacciati della Basilica e che solo venerdì 18 luglio “m’accorsi del breve guasto ... una delle colonne della loggia sotto l’arcone centrale della facciata” su cui interviene con “opportuni provvedimenti”. Mentre “si eseguiva il lavoro sopraggiungeva il Cav. Spirito a prendere possesso della Basilica... Sono rimasto quindi dolorosamente sorpreso del rimprovero ricevuto, mentre ho la piena e tranquilla coscienza di non aver mai e nemmeno in questa circostanza mancato al mio più rigoroso dovere”.

Poi la convocazione in Basilica del 22 luglio e la successiva richiesta da parte di Michele Spirito di “sapere se Ella possegga dei progetti, disegni, sezioni e degli studi fatti e dei lavori eseguiti in San Marco”. Ne segue il giudizio negativo del Commissario straordinario che lo accusa di non avere correttamente operato.

La risposta di Saccardo lunga e dettagliata rispecchia la linea seguita nei restauri di San Marco e che poi fu perpetuata dai Proti, direttori dei lavori, succeduti a lui. Le vaste reti di conoscenza, rispetto e amicizia che sostennero Saccardo anche in quei momenti sono confermate dalla pubblicazione sulla rivista americana “Architectural Record” 7 del 1902 della sua tesi e difesa sulla caduta della millenaria torre di San Marco.


NOTE


1 Archivio Saccardo in possesso della nipote Rosanna Saccardo, già direttore della Biblioteca pubblica di Mestre, gentilmente concesso in visione all’arch. Ettore Vio.

2 La commissione è composta dai signori prof. cav. Manfredo Manfredi, cav. Giulio Cantalamessa e prof. Angelo Alessandri

3 Tutto lo straordinario carteggio di quei momenti è pubblicato in nota in: Pietro Saccardo (1830-1 903) Proto di S. Marco: una nuova cultura del restauro, pagg. 556-561 in Atti dell’Istituto Veneto di Scienze, Lettere ed Arti, Tomo CXLVII (1988-89) — classe di scienze morali, lettere ed arti.

4 Da: “The Architectural Record”, vol. XII, n° 7, Dicembre 1902; New York:


Pietro Saccardo: IL CAMPANILE DI SAN MARCO A VENEZIA.


Una descrizione autentica delle circostanze che comportarono il suo crollo.


La costruzione del campanile di San Marco a Venezia, che fu eretto tra il decimo e l’undicesimo secolo, fu influenzata dai grezzi metodi di quel periodo.

Le murature erano composte di grandi mattoni di misura diseguale, ottenuti dalla distruzione di antichi monumenti.

Le superfici visibili dei muri erano fatte di mattoni disposti in modo quasi regolare, ma all’interno i mattoni erano disposti irregolarmente e legati da malte di qualità inferiore.

Ciò fu provato dal crollo in cui l’edificio si abbassò su sé stesso in una montagna di piccoli frammenti dai quali sorse un ‘enorme nuvola di polvere.

Il campanile subì riparazioni in molte occasioni, nel corso dei secoli; ma queste, per la maggior parte, furono limitate alla cella campanaria, la cui forma finale fu in stile rinascimentale.

Secondo le informazioni che si hanno dalle cronache, sembra che il corpo del campanile non abbia avuto nient ‘altro che parziali riparazioni prima del diciottesimo secolo.

Tuttavia venne stuccato e dipinto ad imitazione dei mattoni, e tale rivestimento era, negli ultimi anni, visibile solo in parti.

Era circa la metà del secolo in questione, ed esattamente il 1 745, che un fulmine provocò delle gravi fessurazioni, sul lato sopra la loggetta del Sansovino, e che questa parte dovette essere completamente riparata.

Il lavoro fu eseguito sotto la direzione dell’illustre Bernardino Zendrini, l’ingegnere della Repubblica, e costò 6800 ducati, una somma molto considerevole per quei tempi.

Questo restauro, dovrebbe essere notato con attenzione, consistette di un muro esterno di muratura di mattoni simile a quello usato ai tempi nostri, posto in opera con una malta di calce e pozzolana in tal modo che questo lato del campanile presentava un ‘apparenza veramente moderna.

Tuttavia, poiché i mattoni del nuovo muro esterno non potevano essere legati a quelli del muro interno (antico), furono sistemati grossi blocchi di pietra quadrati ad unire le due parti.

Le bianche superfici esterne di quest ultime erano visibili, sparpagliate sulla superficie del muro, e sistemate ai suoi angoli.

Questa muratura esterna rimase in buone condizioni fino al 1898, epoi ebbe solo bisogno di alcune piccole riparazioni nella parte alta, che furono richieste da fessurazioni di poca importanza, che non influenzavano la stabilità generale del campanile.

Dunque il campanile di San Marco avrebbe potuto rimanere in piedi per molti secoli, se mano d’uomo non fosse intervenuta a causarne la sua rovina.

Il mese passato di Giugno, l’ufficio regionale per la conservazione dei monumenti in territorio veneziano, che era incaricato delle riparazioni della loggetta, iniziò la sostituzione della copertura in piombo del tetto di questo piccolo monumento.

Dato che la loggetta era costruita addosso al lato del campanile, il tetto si appoggiava al suo muro, e presso la linea d’unione era costruita, in questo muro, una cornice in aggetto e spiovente, che impediva alla pioggia di infiltrarsi nel giunto tra la copertura di piombo e la superficie del muro.

Coloro che erano alla direzione ditale lavoro, nella necessità di rinnovare le lastre di piombo. ebbero la sfortunata idea di rimuovere la cimasa aggettante, con l’intenzione di risistemarla immediatamente, e nell ‘intenzione di far ciò essi provocarono un taglio nel muro del campanile che penetrava orizzontalmente per più di due terzi della sua profondità.

In tal modo essi indebolirono seriamente la base del muro esterno, che fu costruito dallo Zendrini, come sopra spiegato.

Bisogna notare che a quest’altezza il muro esterno era più sottile che sopra, poiché a questa quota fu dato ad esso uno spessore molto più considerevole, ovvero ai punti dove ilfulmim causò le maggiori Jéssurazioni sull’antica muratura, mentre più in basso un muro sottile servì allo scopo.

Ma questa era anche la parte soggetta ai maggiori sforzi, poiché doveva sopportare, per una grande porzione, l’intero peso del muro sopra.

Per aggiungere l’ultimo tocco a tale sfortuna, successe che, nel tagliare parte per parte il muro esterno, quello interno venne danneggiato in certi punti e questo taglio causò la caduta di una grande quantità di detriti, creando di conseguenza uno spazio cavo all’interno. che si allungava verso l’alto e che non poteva essere riempito.

In tal modo, o come risultato del taglio orizzontale, che fu lasciato aperto per molti giorni, per via della cavità che venne provocata all’interno del muro, la muratura esterna del 1745 fu spostata fuori piombo ed all’interno del campanile iniziarono a farsi notare percettibili movimenti.

Durante questo tempo l’ingegner Saccardo, architetto in carica per la Basilica di San Marco. era ammalato e nessuno gli riferì che il lavoro stava procedendo.

Nonostante ciò, non appena l’ufficio regionale lo invitò a visitare il campanile il giovedì 1(’ Luglio, egli lo fece, a dispetto della sua malattia, ma immediatamente capì che ogni tentativo di rimedio sarebbe stato inutile e che l’unica cosa che si poteva sperare era che, qualora = taglio fosse stato riempito nuovamente, il muro esterno potesse riacquisire la sua stabilità. Va fatto notare tuttavia che, sebbene l’architetto della basilica fosse stato avvisato del taglie nel muro esterno, egli non venne messo al corrente della presenza della cavità all’intermn. cosicché, fino al punto in cui la sua conoscenza poteva arrivare, le sue speranze erano giost ficate.

E anche importante notare che, fino al fatidico giorno, sui muri esterni non appariroi ovvii segni di pericolo.

Fu così fino a Domenica 13 Luglio, quando sull’angolo nordest del campanile iniziarono a: apparire delle frssure, di carattere talmente minaccioso che l’architetto Saccardo, sebbene ancora ammalato, fu obbligato a dare immediate disposizioni, di carattere inflessibile, per la pubblica sicurezza.

Infatti il Lunedì seguente, alle dieci meno cinque della mattina, il campanile cadde. Dalla maniera in cui avvenne questo crollo si ebbe prova che la diretta ed unica causa della catastrofe fu il taglio praticato nel muro esterno del 1745 ed il danno causato da quest’azione nella muratura antica interna, visto che il collasso iniziò con il crollo totale del menzionato muro esterno, che precedette di vari secondi la completa rovina del campanile.

Possiamo ringraziare la provvidenza di non aver avuto da lamentare alcun sacrificio di vite umane e che la Basilica di San Marco, sebbene posta a pochi metri di distanza dal campanile non venne danneggiata in nessun modo dal suo crollo.

Bisogna aggiungere tuttavia che una vittima vi fu, e questa vittima fu il signor Pietro Saccardo, architetto della Basilica, che avendo lavorato negli anni passati al restauro del campanile, dovette patire il dolore di vedere il suo impegno interrotto da congiure di avversari invidiosi.

In quest ‘ultima occasione egli venne rimosso dal suo incarico con enorme ingiustizia, anche se temporaneamente, malgrado l’ovvia evidenza della sua completa innocenza, e senza riguardo per la sua età, per i suoi quarant ‘anni di servizio e per la sua instabile salute,

mentre il vero colpevole della catastrofe sta ancora tranquillamente al suo posto. Cherchez la

frmme - la politique.

Un ‘investigazione è però in corso, per la quale si può sperare che sia fatta giustizia, se ancora in questo mondo vi sia un atomo di giustizia da ottenere.

E se, contro tutte le prove, quella giustizia non dovesse esser fatta, è solo l’architetto, Saccardo, che verrà danneggiato, insieme alla moltitudine di suoi amici che pochi mesi dopo lo hanno onorato con una medaglia d ‘oro per i suoi servizi alla Basilica di San Marco.


(traduzione di Giovanni Vio)