Storia di Venezia

Pagina pubblicata 29 Ottobre 2018
Aggiornamento 9 Maggio 2022

Richard Buckminster Fuller
"Manuale Operativo per la Nave Spaziale Terra", 1963.

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Manuale Operativo per la Nave Spaziale Terra di R. Buckminster Fuller, 1963

Presentazione e traduzione di U. Sartori, 2018

Note alla traduzione

Sono stato fortemente tentato, nel tradurre, di semplificare alcuni paragrafi particolarmente lunghi e circonvoluti spezzandoli in più frasi per facilitarne la comprensione sintattica.

Ho però pensato che Fuller era perfettamente in grado, se lo avesse voluto, di esprimere i suoi concetti con frasi brevi, come dimostra in molti casi.
Sono giunto alla conclusione che la lunghezza e complessità sintattica e sintetica del suo periodare sia una scelta deliberata che mira a risvegliare o stimolare l'intelletto del lettore. La comprensione di molti di quei paragrafi richiede rilettura, analisi logica e analisi lessicale per quanto riguarda le parole composte che l'Autore spesso conia ex novo.

Si tratta a mio modo di vedere di usare la difficoltà di lettura come un vero e proprio instradamento e addestramento della mente alla comprensione del contenuto.

Ho mantenuto quindi al massimo delle mie capacità la lettera dell'originale, anche dove lo stile italiano ne risente in peggio, proprio per rispettare quell'intento associativo e pedagogico che ha connotato l'intera vita del grande Genio americano.

Storia della Repubblica - Richard Buckminster Fuller, Manuale Operativo per la Nave Spaziale Terra, traduzione di U. Sartori(pdf 858kb)

Clicca sull'immagine per prelevare il pdf con la traduzione italiana del libro di Fuller (foto di Fuller courtesy of Everett Collection, elaborazione grafica di U.S.).

Presentazione e critica del testo

È straordinariamente realistica e al contempo suggestiva la ricostruzione che Fuller fa degli albori dell'umanità esploratrice. Gli uomini che inventarono e costruirono le imbarcazioni, sempre più solide fino a saper sfidare i marosi. I Popoli del Mare.

In questa proiezione però prende a mio modo di vedere un atteggiamento generalizzante, privo di riferimenti specifici. Sembra raccontare gli albori dell'uomo o anche il contemporaneo degli albori dell'era dell'energia.
Il suo riferire ai "Grandi Pirati" è ambivalente per i primi grandi viaggiatori quali i Sumeri, gli Egizi o i Minoici e per gli ultimi grandi capitani d'industria che lui vede estinguersi sugli inizi del secolo Ventesimo.

I comportamenti generalizzati che espone come corollari alla figura dei Grandi Pirati sono però molto più vicini a quelli recenti che a quelli antichi. Un po' come se lui guardasse all'antico come deduzione dal moderno.
In tal modo trascura che vi possano essere stati comportamenti sociali e politici, tra gli antichi Popoli del Mare, assai diversi da quelli che lui descrive.

Indubbio che realtà politiche come quelle che Fuller cita siano potute esistere; la sudditanza almeno saltuaria dei re locali a "banchieri internazionali" è una realtà documentabile in Europa almeno dal 1700 e forse dal 1500.

Ma è altrettanto indubbio che i Popoli del Mare diedero luogo al primo grande esperimento sinergetico della Storia con la Repubblica di Venezia.

Ciò avvenne quando una Comunità intraprendente seppe coordinare gli individui e i luoghi a un principio generalizzato, quello della Repubblica appunto.
Certo non era a livello tecnologico di quella che Fuller ipotizzava col nome di "Democrazia" nel 1940 in: "Mai Più Dio di Seconda Mano", ma non ravvisare, in quella struttura di rete point to point che la Serenissima gestì per circa mille anni, i principi della sinergia in atto, sarebbe da disattenti.

Basta pensare a quanto la potenza di quella Repubblica fu moltiplicata rispetto ai singoli componenti del suo sistema umano e territoriale per assodarne la natura sinergetica. Pochi abitanti, territorio insignificante eppure la Repubblica seppe divenire in alcuni secoli la maggiore potenza europea ed estendere la sua influenza fino all'Asia. A un Americano come Fuller non sarebbe dovuto sfuggire il pionierismo di Venezia almeno nella Libertà, individuale e come Stato.

Innegabile che ciò mi dispiaccia per l'amore che porto alla mia città, ma vi sono altri motivi specificamente intellettuali che mi spingono a manifestare questa critica e le poche seguenti.
Con la sua visione di un mondo diviso allora in "Grandi Pirati" internazionali, "Sovrani" loro lacché e una gerarchia di incarichi dipendenti che scende fino a un popolo ignorante e manovrato, Fuller sembra dipingere una immagine assai meschina dell'umanità nel suo complesso.
Meschinità che solo verrebbe riscattata "per miracolo" dalla Rivoluzione Industriale e dalla Prima Guerra Mondiale attraverso lo sbrigliamento degli scienziati dai loro padroni, i "Grandi Pirati".

Come non rilevare che un Veneziano 1 medio sapeva perfettamente che la terra era tonda e come navigare con il Sole al centro del Sistema ben prima e ben dopo che nascesse Tolomeo? Non faceva forse comodo alla sua tesi? No, non penso che Buckminster sarebbe potuto essere così sleale. Più probabile mi sembra sia che la sua preparazione in Storia fosse lacunosa, male informata da quella in vigore nelle Accademie, dove Venezia veniva e viene costantemente oscurata e glissata.
Se Fuller avesse conosciuto a fondo l'esperienza Repubblicana di Venezia ne sarebbe stato entusiasta, e ne avrebbe usato largamente fra i suoi argomenti.

Orbato di tale esempio storico, con le affermazioni sulla volontà di predominio mondiale degli antichi navigatori Buckminster sembra osservare solo la potenza navale britannica o quella di altre monarchie europee: finisce quindi per usare un filtro di lettura imperialistico romano, tipico di tutte quelle monarchie nonché dell'immaginario politico statunitense del dopoguerra.

In particolare nel secondo Capitolo, dove enuncia le figure dei Grandi Pirati, Fuller li vuole "grandi fuorilegge" perché al mare non si applicano le leggi di terra.
Da storico devo rilevare che qui Fuller inserisce un dato falso nel suo sistema. Non sembra sapere infatti che le prime leggi scritte della nostra corrente civiltà sono state precisamente quegli Statuti Marittimi che regolavano i noli del consorzio armatoriale Veneziano.
Quegli Statuti esistevano almeno 80 anni prima delle tanto celebrate quanto embrionali "Costituzioni Normanne"; lo Stato Veneto, eminentemente marittimo, ebbe inoltre leggi di terra articolate scritte molto prima della Magna Carta.

Si osserverà che il Diritto Romano era preesistente, ma era caduto in disuso al punto tale che i nuovi legislatori Veneziani lo tralasciarono del tutto, creando un modello, detto Diritto Consuetudinario, che fu poi seguito da Normanni e Inglesi nell'iter di sviluppo della Common Law.
Parliamo di quasi un secolo sulla base delle prove documentali dirette, ma se accettiamo la logica che non siano possibili grandi noli armatoriali senza leggi e contratti scritti, possiamo far arretrare l'esistenza di "Leggi del Mare" per qualche secolo ancora, fino alla celebre "Lettera del Prefetto Cassiodoro ai Tribuni Marittimi Veneziani" del 537 D.C.. La presenza stessa di questi "Tribuni" denota non solo l'esistenza di Leggi, ma anche di un sistema elettorale proto-repubblicano capace di crearli. Il testo d'altro canto afferma la loro esistenza e fama "già nell'antico".

I Popoli del Mare, o almeno alcuni di loro, contrariamente a quel che Buckminster afferma, sono stati i primi ad accogliere la religione in forma di Legge politica prima che di Credo individuale e a darsi quindi Leggi Civili e Penali scritte. Quelli erano i veri Popoli del Mare, gente che viveva sulle navi e sulle coste costruiva capanne, mentre gli abitanti della gronda edificavano centri monumentali attorno ai loro empori flottanti di meraviglie d'oltremare...

Loro, veri figli ed abitanti del mare, non gli isolani inglesi o gli Spagnoli o Portoghesi presi a modello da Fuller, Popoli in cerca di espansione violenta del loro territorio; eredi, volontari o indottrinati poco importa, di quell'imperialismo romano che pure un tempo li aveva sopraffatti e snaturati. Erano uomini di terra e assetati di terra, cosa che i veri Popoli del Mare non furono mai.

Anche quando accenna ai grandi geni come Leonardo e Michelangelo Fuller li da come realizzatori al servizio di un padrone, quasi suoi schiavi, dimenticando che essi erano uomini liberi e che in linea di massima sceglievano di lavorare per committenti diversi sia come artisti che come scienziati.
Lavorarono infatti entrambi, come fecero molti grandi uomini prima e dopo di loro per varie potenze europee, anche se queste erano in conflitto fra loro.
Certo, Fuller poteva intenderli alle dipendenze dirette dei Grandi Pirati e non dei Re-lacché, ma la loro partecipazione ad azioni sullo scacchiere internazionale li avrebbe necessariamente posti a parte delle strategie generali dei Grandi Pirati stessi.

Egualmente sulla nascita delle Scuole Fuller adotta IMHO una visione storica molto miope. Le scuole della classicità e ancora quelle rinascimentali sono tutt'altro che specialistiche come lui le descrive. L'istruzione è patrimonio di pochi ma quella istruzione è ad ampio spettro.
Sarà l'illuminismo a smembrare il sapere olistico antico, onnicomprensivo, in una ridda sconclusionata di specializzazioni ma questo Buckminster non lo dice.
Anche qui è possibile che fosse vittima di una disinformazione "istituzionalizzata". è plausibile che nella sua formazione il Genio, che era innanzitutto scientifico e politico, abbia tralasciato di approfondire il lato umanistico della Tradizione, anche forse perché lo trovava troppo ingombro di ciarpami letterari e di superstizioni.

Questo spiegherebbe anche un'altra grande omissione storica, quella del "De Monarchia" di Dante, che è un trattato di sinergetica ante literas a tutti gli effetti. Come non ravvisare ne "lo Re Emperadore" dell'Alighieri il Principio Generalizzato cui tutte le parti del sistema generale devono orientarsi? Con Dante Fuller omette di citare tutta una verificabile ascendenza della sinergetica a dottrine antiche come il Pitagorismo e il Neoplatonismo Tolemaico prima e Rinascimentale poi.

Essere consapevoli della serie di lacune umanistiche rilevate diventa particolarmente significativo quando Fuller viene a parlare dei suoi progetti sociali e politici. Il suo intento umanitario e repubblicano è preclaro, ma quando discorre della politica mostra una imprecisione di linguaggio rivelatrice del non aver approfondito la ricerca semantica sulle parole.

La visione della "politica" espressa nel testo risente del fatto che la cultura americana nella quale Fuller è cresciuto e si esprime non ha conosciuto altra "politica" che la demagogia delle lobby e dei partiti.
Egli completamente trascura il vero significato della parola come tramandato dai filosofi greci, cioè quello di "attività volta a proteggere e migliorare le condizioni di vita della collettività".
In questo ambito classico di significato Fuller stesso, con gran parte delle sue opere, è eminentemente Politico.

Insipientemente però egli vuole attribuire questo titolo di "politician" non su modello filologico ma in base al costume del suo Paese, già in balia della "Stratregia della propaganda e del consenso" posta in essere dal Governo e dalla stampa statunitensi a partire dalla Prima Guerra Mondiale.
Strategia di massificazione quanto mai lontana dall'etica Politica, di eminente carattere demagogico, volta non a esprimere contenere e dirigere la coscienza individuale di un Popolo ma ad assopirla e annichilirla a fronte delle decisioni di volontà elitarie private.
Queste volontà, sommariamente travestite da strutture statali ed economiche ma prive affatto degli assunti politici, entrano naturalmente in conflitto diretto fra loro e tali conflitti si riflettono nelle porzioni di "massa" rispettivamente controllate, creando le fazioni e la conseguente distruzione del tessuto popolare necessario a formare una coscienza collettiva.

Abbandonando il titolo di "politici" all'usurpazione demagogica Fuller commette un grave errore linguistico e quindi informatico. Parole come "Politica", "Repubblica", "Etica" e altre di tale portata astratta, appartengono informaticamente alle costanti di sistema della metafisica umana, "reserved words": il loro valore deve essere unico in tutti gli ambiti del sistema stesso. L'utilizzo di queste parole chiave in scope locali con valori modificati crea inconsistenze a livello di interprete dei comandi con le prevedibili conseguenze morali che platealmente oggi subiamo.

Ritengo dunque opportuno che dove in questo testo si trova scritto "politica" si deva leggere come "democrazia" e dove "politico" come "demagogo", parole che meglio descrivono i fenomeni osservati.
Lo stesso vale quando Fuller viene a parlare delle "ideologie" che si svilupparono dopo l'estinzione dei Pirati: "comunismo", "capitalismo", etc. che più propriamente dobbiamo chiamare demagogie.

Perché del fatto che fosse liberare i popoli dai demagoghi uno degli obiettivi principali per l'Autore non si può certo dubitare, quando si legge del sostituire completamente la figura del "politician" con il "voto elettrificato da casa".

Si potrebbe voler avallare filologicamente il suo concetto di "Democrazia", legato a quel "voto elettrificato", come espressione diretta del parere di ogni e ciascun elettore in ogni decisione collettiva necessaria.
Al momento però, pur cinquant'anni dopo le formulazioni Fulleriane e con il voto elettronico perfettamente a portata di mano, le democrazie ufficiali ancora incarnano il peggior significato del loro nome così come tramandato dalla Storia.

Le democrazie si sono sempre mostrate terreni di compravendita delle coscienze e di dittatura della quantità sulla qualità. Sistemi in cui ogni responsabilità individuale è sommersa e occultata dall'anonimato collettivo, in cui il popolo si muove in forma di greggi l'una contro l'altra animata senza spesso i più elementari gradi di buon senso. A tutto discapito di ogni dignità, identità ed economia nazionale.

Se infatti è importante per l'evoluzione che siano superate le barriere di sovranità nazionale sostituendole con direttrici di accordatura al sistema generale mondiale, è altresì importante che non siano perdute in questa trasformazione le identità di ciascuno dei componenti del sistema, per continuare a garantirne la varietà interna.
Varietà che è ricchezza nativa, spontanea, stimolante la curiosità e la sperimentazione.
Ho serie perplessità che un sistema possa divenire sinergetico qualora formato da parti sostanzialmente eguali tra loro. Più sono vari i soggetti culturali coinvolti sotto un principio generalizzato più potente appare essere l'effetto sinergetico.

Quindi allacciare ma non omologare i componenti del sistema. Citando un Grande contemporaneo di Fuller, Mao Tze Tung:

che cento fiori fioriscano
che cento scuole di pensiero gareggino

 

La lacunosità del lato umanistico non ha però impedito a Buckminster Fuller di essere lucidamente politico nel nostro tempo e di costituire con il suo pensiero uno dei momenti evolutivi più importanti di quella Tradizione che riconosciamo come costante ricerca di perfezionamento degli strumenti fisici e metafisici dell'uomo.

Doveroso ricordare gli stupefacenti successi del pensiero fulleriano nel campo della tecnologia e dei materiali, intuizioni continuativamente attuali fino a oggi che hanno aperto strade impensabili, quelle che ci hanno condotto alle leghe sinergetiche, ai microchip, al graphene, alle nanotecnologie...
E doveroso anche osservare che Fuller, con il suo "Synergetics" ha compilato e integrato una summa sapienziale straordinaria: pur senza esplicitamente citarli, ha prodotto una sintesi completa e dottrinale di una serie di intuizioni ed esperimenti che l'umanità occidentale è venuta a produrre dall'epoca ellenica in poi.

Le critiche che ho formulato a questo testo sono solo intese a migliorarne la comprensione lessicale, fermi restando dunque l'altissimo valore intellettuale e politico delle formulazioni Fulleriane e la loro attualità.

Umberto Sartori, Settembre-Ottobre 2018

   

|| Traduzione italiana del "Manuale Operativo per la Nave Spaziale Terra" (pdf 858kb) || Originale inglese ||


Note

Nota 1 - Intendo qui per Veneziani quelle genti di popoli misti Cretesi, Ebrei, Fenici Greci, Trojani, .. che avevano popolato dal mare le sette grandi isole costiere dell'Endolaguna Padana con i loro punti d'approdo e di rifornimento fin da antichità remotissime. Queste genti agivano indipendentemente ma in una sorta di consorzio per il nolo marittimo. Non sfugga che una flotta diventa sistema sinergetico rispetto a una sola nave.


Edizione HTML a cura di Umberto Sartori