Storia di Venezia

Pagina pubblicata 22 Dicembre 2013

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, XII

INDICE || Tomo Primo 1788-1796 || Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XII
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE PRIMA
Dell'origine della Rivoluzione Dall'anno 1788 al 1 Giugno 1796 (pagg. 21 - 172)

Vai a pagg. 152 - 163 | In questa pubblicazione, pagg. 164 - 172 | Vai alla Seconda Parte, pagg. 173 - 182

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Storia di Venezia - Truppe Venete in una ricostruzione storica

Truppe Venete in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato. Le truppe che purtroppo mancarono a Peschiera in quel fatidico 1796.

Mentre dunque il Provveditor Foscarini si avvia in olocausto alla Belva Francese in quel di Valeggio sul Mincio, in Venezia, il 31 Maggio 1796 gli Inquisitori trasmettono ai Savj di Collegio un'informazione riservata inviata dall'Ottolin Vice Podestà di Bergamo il 29 dello stesso mese.

Anche questa comunicazione (pag. 164), come la quasi totalità di quelle che troviamo in questo libro, non fu presentata dai savj al Senato della Repubblica.

Un agente francese è giunto a Bergamo proveniente da Brescia, e indaga attivamente se esistano in città "effetti appartenenti all'Arciduca Ferdinando", ex-Governatore della Lombardia e in special modo se vi sia la "Cassa Salariati" dello stesso Arciduca.

L'agente sembra essere convinto che tale Cassa sia effettivamente in Bergamo, e precisamente in una "Casa mercantile" dallo stesso nominata. Pare all'Ottolin, da "ulteriori rivelazioni", che l'agente sia stato espressamente incaricato di tali indagini dai "Comandanti Francesi".

Nella nota (2) a pié di pagina, Cristoforo Tentori ci anticipa che "Quali fossero le intenzioni de' Francesi per impossessarsi degli effetti del R. A. Ferdinando, esistenti in Bergamo, sarà a suo tempo narrato".

In attesa di quel tempo, torniamo a fianco del povero Provveditor Foscarini, che il 31 Maggio si presenta al Napoleone, il quale nel frattempo si è trasferito da Valeggio in Peschiera. Sfugge per il momento all'olocausto ma non a "l'ingrata, ed iscortese maniera con cui egli venne accolto, ... le minaccie, e le frasi usate da un semplice Generale di esercito verso una Repubblica Sovrana, ed Amica della Francia" (da pag. 164).

Per ben comprendere l'effetto che tale comportamento poteva avere sul morale del Foscarini, bisogna immaginarsi quest'ultimo come uomo del tutto disabituato a confrontarsi con una brutalità fisica. Un uomo formato e cresciuto nella convinzione che l'astuzia diplomatica e l'abilità dialettica fossero sempre in grado di tenere almeno personalmente al sicuro da tale evenienza.

Il che era stato vero fino a quando dietro alle moine dei diplomatici Venezia faceva trasudare l'immagine della propria potenza e imbattibilità militare sul suo terreno.

Una condizione di cui la Repubblica era stata invece lentamente rapinata nel corso dell'ultimo secolo, tra la distratta indifferenza, la leggerezza e l'ignavia della maggior parte dei Patrizi, dei Senatori e dei Funzionari.

Ormai questa forza ha ancora valore solo sul mare e per la protezione che questo accorda alla Capitale.
Napoleone dovrà aspettare che il Condulmer giunga in posizione chiave di Provveditore ai Lidi e disarmi la "Flottiglia" e gli ultimi Reggimenti di Schiavoni, per portare a segno il colpo fatale.

Ma in Terraferma ormai Venezia è una carcassa polposa e inerte. Foscarini lo ha capito di fronte all'evidenza, ed entra in un marasma interiore che non lo abbandonerà, pare, fino alla morte.

Storia di Venezia - Artigliere Veneto in una ricostruzione storica

Artigliere Veneto in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.

Tentori riporta integralmente il rapporto che il Foscarini rese di quell'incontro, in data "1 Giugno 1796 ore 9 della mattina" da pag. 165 a pag. 169.

In apertura il Provveditor Generale informa di essere "stato a Peschiera già in mano dei Francesi, traversando una numerosa Colonna di Truppe di questa Nazione, che con li suoi posti avanzati si spingeva fin di là di Castel Nuovo".
Da pag. 165:

... il General Buonaparte era a tavola, e l'accoglimento non fu il più lusinghiero. Finito il pranzo ci ritirammo in una stanza, Egli, io, il General Berthier, ed il Circospetto Segretario Sanfermo.

Foscarini chiarisce di essere costretto a tralasciare di esporre le argomentazioni e i richiami alla neutralità, alla lealtà e all'amicizia che ha profuso nell'introdursi e nel rispondere alle altrui osservazioni.
Egli è infatti sottoposto alla pressante urgenza di trasmettere al proprio governo i diktat che gli sono stati imposti a onta dei suoi sforzi di moderazione.

Da pag, 165 - 166:

Mi disse dunque, che la Repubblica di Venezia aveva mal corrisposto alle amiche disposizioni della sua nazione, ... che l'aveva tradita lasciando ai Tedeschi occupar Peschiera, ciocché gli aveva fatto perdere mille cinquecento uomini, il di cui sangue reclamava vendetta; (1)
(I) Ecco avverato il Dispaccio Sanfermo 6 Giugno 1794, di cui a suo luogo abbiamo ragionato: "che si cercherebbero Pretesti contro Venezia.
… La battaglia, che costò 1500 Uomini al Buonaparte, seguì a Borghetto; sotto Peschiera egli non perdette nemmeno un uomo. Due ore prima, che giungesse la Vanguardia Francese, l'Austriaco generale Liptal l'aveva intieramente evacuata: Sicchè l'ingresso dei Francesi fu pacifico, e libero, come libero e pacifico era stato quello degli Austriaci.

In fine gli Austriaci rispettarono Verona: egli la occupa senza riguardo al Diritto della Repubblica.

Storia di Venezia - Cannoni veneti

Artiglierie venete, non meno trascurate oggi come reperti storici di quanto lo fossero nel tardo '700 come armi di difesa (Foto per cortesia del sig. Dall'Orto).

Secondo Napoleone la Repubblica per mantenersi neutrale doveva resistere agli Austriaci e se non disponeva di forze sufficienti per fronteggiare un atto di forza di questi, avrebbe dovuto chiedere il suo aiuto e dichiarare guerra all'Austria.
Da pag. 166:

... chiamò i Veneti stretti Amici degli Austriaci, e tanto più pericolosi nemici della Francia, quanto che simulata considerava la professata amica condotta di V.V. E.E. verso la Francia.

Buonaparte passa poi a rimproverare l'ospitalità concessa per due anni al Conte di Lilla, il quale, soprattutto negli ultimi mesi, con i suoi "Manifesti" avrebbe dovuto essere identificato da Venezia come suo proprio nemico.

Questi argomenti bastano al conquistatore per giustificarsi appieno nell'impossessamento di Peschiera, ma vi si aggiunge la convinzione sua e del suo Governo che Venezia non abbia espulso il Conte per intima persuasione, e nemmeno come gesto di amicizia verso la Francia, ma esclusivamente per timore delle conseguenze.

Egli ha pertanto ordine dal Direttorio "di abbruciare Verona, lo che si proponeva di eseguire questa notte: che già il General Massena era comandato con una colonna di Truppe ... di metterla col mezzo di bombe in fuoco...".

Storia di Venezia - Suggestivo scorcio delle Mura di Verona

Suggestivo scorcio delle Mura di Verona (courtesy of http://www.fanpop.com).

Altre "commissioni" ricevute dal Direttorio lo comandano di trattare come nemici tutti i Principi Italiani anche solo sospetti di "inclinazione" verso gli Austriaci, ma lui si era per adesso limitato a ordinare l'incendio di Verona a causa della faccenda del Conte di Lilla.

Egli attende entro sette giorni da Parigi risposta alla sua richiesta di "dichiarare formalmente guerra all'Eccellentissimo Senato, e correre su tutti i suoi Dominj".
Napoleone ha già dato mandato al suo Ministro in Venezia di comunicare al Senato che egli guarda "Peschiera come Paese di sua conquista, poiché l'aveva tolta agli Austriaci".

Ai suoi occhi, "i delitti della Veneta Repubblica erano ben altra cosa, che li piccioli danni ... inferiti da alcune delle sue Truppe, le quali in generale conservavano tutta la disciplina". Si riferisce, evidentemente, a quei danni reclamati dal Foscarini con l'ambasciata del Tenente Colonnello Giusti.

A un nuovo tentativo del Provveditor generale di far ragionare l'invasore, questi ripete:

... non giudico le intenzioni, ubbidisco ai comandi, che ho ricevuti, seguo le massime della guerra, riconosco i fatti, e questi devono decidermi. Peschiera non si è voluto presidiarla con 2000 Uomini, si è dato asilo al Pretendente... .(da pag. 167).

La risposta seriale del Napoleone include rimostranze per aver permesso il passaggio di Truppe Austriache e di non aver impedito con le galere le manovre degli Austriaci via mare. Infine, Venezia avrebbe dovuto dichiarare guerra all'Austria quando il Liptal occupò Peschiera.

Foscarini non trova parole per descrivere l' "imbarazzo" in cui si è venuto a trovare vedendo ogni suo sforzo vano ad "attenuare almeno nell'animo di questo Giovine Generale, ebro di ambizione, e di gloria", l'intento di vedere incenerita una "Città giustamente prediletta" dal Governo Veneziano, perché fedele e innocente.

Il Provveditore chiede tempo a Napoleone per poter comunicare con il proprio Governo, e tale tempo gli viene duramente rifiutato.

Quando è ben certo di avere completamente atterrato, oltre che atterrito, il Foscarini, Napoleone si mostra improvvisamente magnanimo.

Rimanderà l'attacco di Massena a Verona al giorno dopo. Il generale si presenterà alle porte e, se non gli si resisterà in alcun modo, né si faranno "rimostranze" di alcun tipo, allora egli si accontenterà di far entrare le sue Truppe e di occupare i tre ponti sull'Adige con presidi per tutto il tempo che la guerra richiederà.

Il resto dell'Armata, in caso di competa remissività di Verona, proseguirà l'inseguimento del nemico verso il Tirolo.

Riguardo alla guerra da dichiararsi alla Repubblica di Venezia sulla base dei fatti di Peschiera, Napoleone si rimette a quanto deciderà il Direttorio Esecutivo.
Nel frattempo consentiva che le Truppe Venete continuassero la Guardia alle porte e il servizio di Polizia Cittadina. Città che del resto lui sa essere "sprovvista di tutti i generi necessari alla Guerra, cominciando dalle Artiglierie".
Da pag. 168:

Discese egli a questo passo nel modo, che il vincitore dona la legge al vinto.

La risposta finale del Foscarini è frutto di un farfugliamento confuso in cui egli ricorda le "commissioni" ricevute dalle Loro Eccellenze "centrate a solo uso di desterità, tranquillità, e prudenza, non già di forza, mancante d'istruzioni ... dannoso ogni bilanciamento nel prendere un partito, e decisivo il ritardo ...".

In buona sostanza, il Provveditor accetta il diktat: Verona non sarà difesa e ai Francesi saranno aperte le porte.
Da pag. 168:

Dovei malgrado mio cedere alla violenza delle circostanze, e dirgli: che allora quando una condotta leale, ed equa dettata dai doveri della Neutralità ... non era sufficiente a determinarlo a corrispondervi, avrei amato piuttosto di compromettere tanti preziosi soggetti, e ... innocenti Abitanti, e la sorte d'una Città distinta ... .

Storia di Venezia - Milizie Austriache in una ricostruzione storica

Milizie Austriache in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato..

Non specifica esplicitamente quale sia il "piuttosto" che amerebbe, il Foscarini. Il suo periodare in questa lettera risente forse delle emozioni, o forse non vuole scrivere per esteso il nome di ciò che avrebbe "amato piuttosto": arrendersi.

Napoleone risponde con tono di "assai per me mortificante indifferenza" che poco si curava di cosa decidesse il Provveditor, e che avrebbe deciso di fronte agli eventi che sarebbero avvenuti alle porte di Verona. Al minimo segnale di resistenza, avrebbe scatenato l'attacco.

Da pag. 168:

Così finì la trista conversazione, e io crederò di seguire le umane intenzioni di V.V. E.E., se al giungere dell'Armata alle Porte, non verrà opposta la forza per entrare nella città.

Storia di Venezia - Moderno degrado di un Bastione di Verona

Moderno degrado di un Bastione di Verona (courtesy of http://www.veronasera.it).

Foscarini ritorna in Verona alle 5 della mattina e subito dirama gli ordini necessari al Tenente Generale mentre informa il Rappresentante Priuli e i deputati della Città perché avvisino gli Abitanti. Da pag. 169:

... sieno chiuse le Case, le Botteghe ad eccezione di quelle de' commestibili, e Osterie, e disposte quelle interne precauzioni, che possibilmente tutelino dalle conseguenze, che possono temersi da una Truppa vittoriosa, e mal inclinata ...
Ho sin da quest'oggi fatto giungere a Castel Novo delle farine, e dei foraggj, disposizione, che peserà in qualche guisa sull'Erario, ... .
Ho ordinato, che tutti i Pistori raddopino il loro travaglio di pane; ho fatto trasportare nelle Munizioni la polvere appartenente agli Artiglieri Urbani ... .
... mi perdoneranno V.V. E.E. la confusione, e la brevità del mio rapporto in tanto argomento.
Verona 1 Giugno 1796 ore 9 della mattina.
Di V. S.
Niccolò Foscarini Prov. Estraordinario di T. F. .

Seguì di fatto l'ingresso dell'armata Francese in Verona nel dì I Giugno 1796.
Essa fu accolta dal geniale Tenente General Salimbeni, il quale ordinò al suo Ajutante il Tenente Malerba di accompagnare il General Massena alla visita delle Fortificazioni, Porte, e Ponti della Città, che si viddero poco dopo occupati dalle soldatesche Francesi.

Abbiamo dunque adesso i Francesi padroni di Crema, Brescia, Peschiera, Verona, Legnago e la Chiusa. Alla Repubblica non rimane che l'Amministrazione Civile, anch'essa però a discrezione dei Comandanti degli invasori.
Da pagg. 169 – 170:

L'occupazione violenta di Verona, e il Dispaccio Foscarini produssero in Venezia un nuovo ordine di cose, potendosi dire con verità, che dal dì I Giugno 1796 incominciasse il progresso della rivoluzione e caduta della Repubblica, ciò che forma il soggetto della seconda parte di questa Raccolta.

Cristoforo Tentori conclude dunque questa Prima Parte del suo studio proponendo al lettore una serie di sette "corollarj quanto sorprendenti, altrettanto certi e irrefragabili", che ritiene si possano trarre dalla "serie tutta de' fatti, da noi nel più lampante aspetto di verità sinora collocati col corredo di autentici Diplomatici documenti".

Storia di Venezia - Veduta di Venezia da un quadro di Francesco Canal

Veduta di Venezia da un quadro di Francesco Canal (courtesy of http://www.vivavenezia.com.

Secondo l'Abate, quindi, dall'esame dei documenti e degli eventi si può dedurre quanto segue:
Da pagg. 170 - 172:

I

Che la Repubblica di Venezia, se non avesse deviato per suggerimento di alcuni Savj del Consiglio dal sistema adottato dai suoi maggiori, e posto in esecuzione nel 1701, 1735 e 1743, era in grado di sfuggire l'imminente naufragio con una "valida neutralità armata", quale la propose il N. H. K. e Procuratore di S. Marco Francesco Pesaro.

I I

Che il piano di neutralità disarmata sostenuto con invincibile ostinazione da alcuni de' Savj fu opera o di perfidia, o d'imbecillità: poichè o essi conobbero la natura della Rivoluzione Francese, e li principj del nuovo loro governo, delineati appuntino ne' Dispaccj dei Veneti Ministri alle Corti, ovvero nò.
Nel primo caso i loro suggerimenti, ed i sforzi per mantenere la Repubblica in stato di disarmo, furono perfidi, e tendenti alla di lei rovina.
Nel secondo furono imbecilli, e mancanti di quella politica penetrazione, che richiedeva il luminoso lor posto.

I I I

Il Senato, cui venivano celati molti de' Dispacci de' suoi Ministri alle Corti, e le più interessanti "Comunicate" degli Inquisitori di Stato, non era in grado di deliberare sempre con quella maturità, che era propria, e caratteristica, di quel Sovrano Consesso: e perciò ricade a peso di quei Savj, che li occultarono, il continuo abbaglio in cui da essi era tenuto.

IV

Qualunque fosse ne' Savj il movente del funesto loro sistema, il Senato mantenne sempre la "neutralità disarmata" con impuntabile lealtà, e le generose sue direzioni riguardarono sì l'Austria, che la Francia con indistinta amicizia, e con religiosa imparzialità, sfuggindo scrupolosamente tutto quello che turbar poteva la reciproca buona armonia con le due belligeranti potenze.

V

Le violenze, le frodi, le rapine, e le vessazioni dell'Armata Francese in Italia cagionarono nelle Venete Province l'odio, e l avversione alla medesima, ed al nome Francese; ma non perciò il Senato si allontanò dalla generosa, e leale sua condotta verso la Francia, ìspirando a' sudditi sentimenti di moderazione, e di soffferenza.

VI

La condotta del Governo Francese verso la Repubblica fu sempre all'opposto simulata, perfida, ed isleale: nè ricercò esso l'amicizia, e corrispondenza Diplomatica de' Veneziani, che ad oggetto di sedurli, e di addormentarli, per quindi tradirli disarmati, sacrificando i loro Stati, e l'esistenza loro politica all'iniquo suo interesse.

VII

La Sovranità e l'indipendenza della Repubblica di Venezia meritavano tanto maggiori riguardi, quanto che esse riposavano sulla fede pubblica, e sulle più solenni dichiarazioni del Governo Francese, che ricevuto aveva un Ambasciatore nella forma antica de' due Stati; e quindi doveva rispettarne le conseguenze, in vece di cancellare dalla Gerarchia Politica de' Governi il Governo medesimo, di cui con tanta interessenza aveva ricercata l'amicizia, e di cui solennemente riceveva l'Inviato.

Alla luce di quanto avvenne in seguito, e di notizie e fonti che presumibilmente non erano a conoscenza dell'Abate Tentori, noi contemporanei possiamo precisare, correggere in parte e di parecchio espandere i suoi Corollari. Cercherò di farlo nella Presentazione riassuntiva di questa prima parte della "Raccolta".

Umberto Sartori

Storia di Venezia - Verona in una veduta prospettica di Andrea Scoto del 1643

Verona in una veduta prospettica di Andrea Scoto del 1643 (courtesy of http://www.danielesquaglia.it).


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Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori