Storia di Venezia

Pagina pubblicata 6 Dicembre 2013
aggiornamento 10 Aprile 2014

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, IX

INDICE || Tomo Primo 1788-1796 || Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , IX
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE PRIMA
Dell'origine della Rivoluzione Dall'anno 1788 al 1 Giugno 1796 (pagg. 21 - 172)

Vai a pagg. 101 - 119 | Vai a pagg. 119 - 131 | In questa pubblicazione, pagg. 131 - 142 | Vai a pagg. 142 - 152

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La vittoria dei Francesi sugli Austro-Piemontesi mette dunque a rumore anche le Province Venete e in particolare il Bergamasco, dal quale giungono dispacci del Vice Podestà, il N. H. Alessandro Ottolin, che abbiamo già visto pedissequamente obbedire ai savj di Collegio.

Il Diplomatico veneziano, nel messaggio inviato il 30 Aprile 1796, paventa "il fatale effetto, che le vittorie Francesi produrre potevano nell'animo de' malintenzionati non solo, ma in quello ancora de' sudditi onesti e fedeli, ma inermi, e senza protezione" (da pag. 131).
Chiede dunque l'Ottolin ai savj "lumi, direzione, e presidio. Ecco la sua lettera, che merita il più maturo riflesso.".

"Maggio 1976"

Illustrissimi ed Eccellentissimi Sig. Sig. Collendissimi.

Ottolin apre con un resoconto della sua attività di controllo territoriale in merito allo scoprire i sostenitori e diffusori di "false opinioni, e delirj, che hanno rovinata la Francia".

Nello svolgere questo compito, egli ha visto come "osservabilmente diffuso un certo genio d'indipendenza, e di propensione alla novità".

Ferdinando I di Borbone, Duca di Parma e Piacenza

Ferdinando I di Borbone, Duca di Parma e Piacenza, firma armistizio con Napoleone l'otto Maggio, permettendo all'invasore di varcare il Po e dirigersi verso Milano (courtesy of Wikipedia).

Fino a quel momento il fenomeno era però tale da non dover a suo modo di vedere impensierire gli Inquisitori, "contenendosi i male intenzionati in limiti di moderazione".

Egli si è dunque sinora comportato con questi innovatori moderati filo-francesi con tutta la prudenza che gli era stata raccomandata dai savj, come ricordiamo, al tempo del suo insediamento in Bergamo.
Da pag. 132:

Al presente però, che per alcune osservabili emergenze viene ad alterarsi lo stato della passata calma, esige il dover mio, che mi rivolga ossequioso alla gravità di codesto Supremo Tribunale, affinchè istrutto delle nascenti novità, derivi dalla virtù ed autorità di V.V. E.E. all'obbedienza mia la sicura norma alle presenti, e future mie direzioni.

In pratica, l'Ottolin non sà più che pesci pigliare nel precipitare degli eventi, che passa a descrivere nel dettaglio.

Non appena nel Bergamasco erano giunte le notizie dei "fortunati progressi delle Armi Francesi in Italia ... le antiche dispute ... formarono tosto il principal tema de' discorsi nei principali caffè, e Spezierie.".
Da pag. 132:

Queste (dispute) si fanno ogni di più calde, ed impegnate, ma generalmente parlando sono assai più senza confronto gli aderenti ... alle Massime Francesi che li contrarj.

Insegna Milanese dove appaiono i simboli rivoluzionari francesi

Insegna Milanese dove appaiono i simboli rivoluzionari francesi, di derivazione classica: il cappello frigio dei liberti nella Roma antica, il fascio littorio rappresentazione di unità e concordia, le foglie di quercia allegoria di forza rigenerativa. (courtesy of http://www.corriere.it).

Ma il male non si ferma al fatto che la fazione filo-francese risulti maggioritaria fra le teste calde che discutono in pubblico di politica. L'Ottolin informa che "Non si limitano i discorsi a sole dispute di opinione".
Da pag 132:

Uno spiegato genio di libertà, con somma imprudenza portato quasi in trionfo da alcuni pochi, ma con esterni non equivoci segni secondato da molti, accresce il disordine.
Giunge a tal segno la temerità di certuni, che osano d'insultare persino con indegne espressioni quell'Augusto Governo, sotto cui vivono, la Santità delle sue Leggi, ed il luminoso carattere di chi n'è alla custodia.

Su questo evolversi dei fenomeni, sui principali agitatori e sui "benintenzionati" che potrebbero subirne l'influenza, il Vice Podestà di Bergamo dichiara di avere avviato approfondite indagini, delle quali non può ancora fornire il risultato completo.
Indagini che manterrà segrete e discrete fino a quando gli "arrivino i comandi di codesto Supremo Tribunale.".

Attesa che non può celare l'apprensione dello scrivente Ottolin per "mali maggiori nel torbido dei correnti affari" con l'avvicinarsi delle Armate alla sua Provincia.

Da pag. 133:

Se la sola fama di una lontana vittoria ha potuto tanto dare di ansa a' malvaggi, non saprei presagire, quali potessero essere le fastidiose sopravenienze al caso di un più vicino decisivo successo.
La materia è troppo bene disposta, una scintilla potrebbe bastare a suscitare un incendio totale.
Pochi sono quelli, che tranquilli riposino all'ombra delle saggie presenti Pubbliche direzioni.

I sudditi "più Buoni", "trepidano" in querimonie sul sentirsi abbandonati alle "temute eventualità" dalla Repubblica, e anche da questo tipo di malcontento i "malvaggi" traggono "argomento di screditare il Pubblico Nome, e renderlo ingrato" anche tra coloro che prima lo onoravano.

Ottolin fa notare che, nonostante egli abbia predisposto azioni e misure in modo che esse non mostrino, da parte delle Autorità, né timore né eccessiva diffidenza, "al fine di ispirare fiducia ne' buoni, e moderazione ne' tristi", egli si trova "nella mortificante situazione di mancare de' più opportuni mezzi conducenti a tal fine.".

In merito a questa mancanza di mezzi l'Ottolin dichiara di avere rivolti alcuni "riservati cenni" al Senato, sempre per tramite degli Eccellentissimi Inquisitori, che essi potranno leggere in un allegato dispaccio.

Cristoforo Tentori riprende qui il filo del racconto descrivendo la miserabile condizione in cui versano le piazzeforti veneziane:
da pag. 134:

Era deplorabile lo stato del presidio di Bergamo a questo tempo, non era minore l'abbandono di Crema, di Brescia, di Peschiera, e di Legnago; ed erano altresì del tutto impresidiate la Chiusa, Ponte Vigo, Orzinuovi, ed Asola.
Nulla dirò delle altre più interne Piazze dello Stato d'Italia, e della Capitale medesima.

Ma tutti gli appelli e le grida d'allarme che piovevano sui savj del Collegio "non furono sufficienti a strappar dalle mani a' Savj un soldato, un Cannone, ricusandosi li soccorsi d'urgenza che potevano forse, benché un poco tardi, salvare le Provincie dall'inondazione, dalla rovina, e dalla conquista".

Battaglia di Fombio, 8 Maggio 1796

Battaglia di Fombio, 8 Maggio 1796, particolare da un quadro di Giuseppe Pietro Bagetti, pittore-architetto contemporaneo ai fatti. Si tratta della prima battaglia dopo lo sconfinamento di Napoleone in Lombardia passando il Po a Piacenza. La notizia di questa vittoria Francese fa fuggire l'Arciduca da Milano e mette in subbuglio aperto l'ovile dell'Ottolin. (image courtesy of Wikipedia).

I Francesi intanto, stipulato armistizio coi Piemontesi, avanzavano verso Milano, dalla quale pensò bene di ritirarsi l'Arciduca Ferdinando, che "giunse a Bergamo nel giorno 9 di Maggio".

Il movimento dell'Arciduca viene descritto agli Inquisitori dall'Ottolini con un dispaccio dello stesso 9 Maggio 1796.
Da pag. 134:

Fu così improvisa la fuga da Milano del R. Arciduca coll'Arciduchessa sua Consorte, che non se ne seppe qui l'avviso, se non se al momento del di lui arrivo in Bergamo, seguito in questo oggi alle ore 22 e quarti 3.
Nemeno da quel Veneto Residente (1) ne fui avvertito, se non che due ore dopo il di lui arrivo: tanto precipitosa fu la partenza di questo Principe da quella Capitale.
(1) - Giovanni Vicenti Foscarini.

Ottolin racconta di avere accettato un incontro richiesto dall'Arciduca e riporta le informazioni rilasciategli da Ferdinando nel corso del loro colloquio.

Ferdinando ha dovuto lasciare Milano in maniera da lui stesso del tutto imprevista.
Una colonna di Francesi ha passato il Po vicino a Piacenza e questo a suo modo di vedere "mette in totale rovina gli affari della Lombardia Austriaca".
Da pag. 135:

... che al presente le cose non ammettono ritardo onde ponersi in sicurezza, che già il Castello di Milano potrebbe forse difendersi, ma che forse non si difenderà. Che Mantova Piazza forte non ha corrispondente Presidio, e che tutto il resto è Paese aperto.

L'Arciduca Ferdinando attribuisce al Generale Beaulieu la responsabilità della disfatta. Egli partirà l'indomani per Brescia, poi a Verona dove incontrerà i suoi figli per proseguire con loro verso Mantova o verso il Tirolo, secondo le disposizioni imperiali che troverà a Verona.

Stupisce questa dovizia di informazioni rilasciate sua sponte dall'Arciduca al Podestà di una potenza, quella Veneziana, che l'Austria non poteva ormai non conoscere come profondamente infida ai suoi interessi.
Stupisce meno se pensiamo al "vento in poppa" che spinge il Napoleone, un vento soffiato da tutte le Monarchie europee verso il porto di Venezia. Per distruggerlo e impadronirsene a turno.

Ferdinando d'Austria "ha in sua compagnia oltre l'Arciduchessa, come accennai, il Principe Albani, la Marchesa Cusani Gran Metres, il Maggiore Lita, ed il suo Fratello dell'Aggiunta Governativa, ed il Conte Emanuel Remiler." (da pag. 135).

Ottolin conclude questo messaggio segnalando che il Bergamasco, a seguito della ritirata dell'Arciduca da Milano, subisce una massiccia immigrazione di profughi dal milanese.
Da pag. 135:

... per bocca dello stesso Arciduca intesi, che questa notte si sono già dirette quaranta Carrozze per questa parte; e per alcune voci confuse, che mi giungono nel momento, che scrivo, rilevo, che quantità di Paesani Milanesi ha già passato il Confine, e si è rifuggiata in questa Provincia.

Il commiato dell'Ottolin non è meno servile di quelli già visti, tutto egli rimette nelle mani dei "paroni" di Venezia.

Francesco Giuseppe Carlo Giovanni d'Asburgo-Lorena, ultimo Duca di Milano

Francesco Giuseppe Carlo Giovanni d'Asburgo-Lorena fu l'ultimo Duca di Milano. Nel 1804 dismise il titolo di Imperatore dei Romani (Sacro Romano Impero) e divenne il primo Imperatore d'Austria con il nome di Francesco I, carica che conservò fino alla morte nel 1835 (courtesy of Wikipedia).

Da pagg. 135 – 136:

Il presente momento è veramente molto imbarazzante per Chi ha l'onore di servire V. Serenità in questa Provincia; ma se zelo, ed il più impegnato fervore potranno bastare, saranno da me posti in opera, onde tutto proceda colla possibile tranquillità a seconda delle Pubbliche massime, e per meritarmi il clementissimo compatimento di V.S. e di V.V. E.E. Grazie.
Bergamo 9 Maggio 1796 alle ore 4 per Espresso.

Il Dispaccio dell'Ottolin viene letto in Senato, e da tutti è ben presto compreso che ormai è vicino il momento in cui i Territori Veneti diverranno campo di battaglia tra Francesi e Austriaci.
Nondimeno "... non si rimosero perciò i Savj dalla erronea loro massima; e si contentarono di far sanzionare dal Senato una Ducale diretta a' pubblici Rappresentanti delle Provincie oltre Mincio, di Verona ec., in cui si dettagliavano le norme, colle quali diriger si dovessero all'approssimamento delle Armate.".

Tentori riproduce la Ducale inviata a Bergamo, come fac-simile di tutte le altre inviate ai vari Residenti dei Territori minacciati, "essendo Savio in settimana il N.H Niccolò Foscarini K.".
Da pag. 136:

1796 11 Maggio.
Al Pubblico Rappresentante di Bergamo da spedirsi col ritorno dell'Espresso.
...
... il Senato, che vi ritribuisce i meritati sensi di sua gratitudine, trova opportuno rendervi inteso di ciò, che in quest'oggi relativamente a quest'argomento scrive agli altri nostri Rappresentanti della Terra ferma, ...
.

La Ducale è persino risibile nella sua vuotezza. In pratica si rivolge ai destinatari come se si trattasse di gestire una transumanza di bestiame, e non di eserciti attivamente impegnati a prendersi a cannonate.

I Veneziani devono "rimanere neutrali" ovvero permettere alle Armate in transito quello che loro aggrada, senza metter lingua, solo "vegliando ad un tempo, perchè tutto proceda in quei modi tranquilli non compromittenti i Pubblici riguardi;" (da pag. 137).

Analoghe "raccomandazioni" di non interferenza si applichino anche nei confronti dei profughi:
da pag. 137:

... sarà preciso vostro incarico di astenervi dal prendere alcuna ingerenza, eserciterete tutta la vigilanza, onde mantenuta la necessaria disciplina, e buon ordine, corrano le cose in modo, che non venghi alterata quella tranquillità, a cui spezialmente saranno rivolte le vostre sollecitudini.

Come avrebbe potuto ciascun Residente esercitare quella "vigilanza" e far rispettare quella "disciplina" alle Grandi Armate in guerra aperta sulle Terre Venete, senza armi, né uomini né munizioni, la Consulta dei savj non lo dice, anzi, per loro non lo dice proprio l'onnipresente conte Rocco Sanfermo, che firma la Ducale in qualità di "Secretario".

Mentre il Senato partoriva questo "capolavoro" di inettitudine, il N.H. Ottolin aveva inviato due altri Dispacci, in data 10 e 11 Maggio, nei quali precisava le notizie sull'avanzata francese e sulle perdite che subivano gli Austriaci ritirandosi disordinatamente al comando del generale Beaulieu.

Johann Joseph von Wilzeck

Johann Joseph von Wilzeck, un altro personaggio chiave del complotto internazionale, seminatore di Logge in Italia e promulgatore del "Decreto Imperiale di Permissione della Massoneria" il 21 Gennaio 1786 a nome di Giuseppe II Sacro Romano Imperatore (courtesy of http://www.carpeoro.com).

Il Dispaccio del 10 Maggio 1796 (pagg. 137 - 139) in primis informa di un colloquio segreto chiesto all'Ottolini dal "Conte di Wilzach (Wilzeck) (1) Plenipotenziario Imperiale in Milano, il quale era qui giunto alcune ore dopo il Reale Arciduca.".

Il Plenipotenziario avverte il Podestà che stanno per arrivare "alquanti Carri di Equipaggi, di Scritture, e di Danari, ed altro di appartenenza Camerale, e per queri carri lo prega "che subito avessero avuto il numero occorrente di Cavalli per continuare il loro viaggio, e che dai Mastri di Posta non fosse esatto più del solito." (da pag. 137). L'Ottolin soddisfa prontamente le richieste, disponendo le opportune istruzioni ai Vetturini per la fornitura dei cavalli.

Esaurito il tema del colloquio, il Podestà passa subito a "implorare istruzioni precise, e sollecite" per la sua stessa sicurezza.
Descrive il passaggio delle armate e dei profughi sulle terre come una fonte continua di attrito e di sopruso verso la popolazione locale.

Implora istruzioni per cosa fare di fronte a gente armata che pretende di pagare a credito, o in cambio di improbabili cartamonete.

Supplica addirittura il Tribunale di fargli sapere come comportarsi quando agli Austriaci in fuga sopravverranno i Francesi e se sia opportuno da parte sua offrire "uffizi" (si legga "somme"), e di quale entità, ai Comandanti, per ottenere da loro che tengano a freno le truppe dall'esercitare il "diritto" del più forte sulla popolazione.

Passa poi a descrivere come ha distribuito le poche centinaia d'uomini a sua disposizione alle varie porte ed accessi, ma il loro esiguo numero li rende utili solo come "contatori" degli accessi, del tutto inutili a ogni speranza di difesa, ma anche di mero mantenimento dell'ordine.

Lamenta soprattutto l'assenza pressoché totale di Ufficiali da destinare al comando di quelle pur scarse forze a sua disposizione.

A questo si aggiunge l'apprensione per la notizia che sarebbe già entrata nel Bergamasco, dal "Porto di Brivio nella Val San Martino", la "Cassa Militare Austriaca", scortata da una ventina di uomini per metà Austriaci e per metà Veneziani, diretta "si crede" a Bergamo e poi a Brescia.
Tale circostanza è particolarmente preoccupante, "perché non può esser ignota ai Comandanti Francesi, i quali stante la vicinanza potrebbero ordinar d'inseguirla.".
Da pag. 138:

È grandissimo il numero de' carriaggi Forastieri d'ogni genere, che giungono giorno e notte da tutte le parti del Milanese, Lodigiano, Cremonese, e Pavese, i quali sono diretti per Brescia e Verona, ed in gran parte si trattengono qui.

Ottolin riceve richiesta di aiuto dai rappresentanti di Romano e di Martinengo, "onde impedire i disordini, che succedessero colla sopravenienza di tanti Forastieri, Villici, e Disertori del Milanese". Il podestà non ha potuto inviare che dodici uomini in ciascuno dei due Castelli, mentre ha del tutto disatteso analoghe necessità in altri luoghi fra i più esposti del confine, preferendo trattenere il massimo dei soldati in città per cercare di mantenervi la "quiete e l'interna sicurezza". Sicurezza che è ormai anche la sua personale.

All'Ottolini "duole nell'animo" non poter prestare soccorso alla Provincia:
da pag. 139:

... e singolarmente a' Confini invasi per ogni parte da strabocchevole numero di Villici, e ridondanti di effetti d'ogni genere colà tradotti quasi in asilo di sicurezza.
La confusione, il disordine, l'apprensione d'una insecuzione sono sparse per ogni dove, nè si può prevedere sino a qual segno, e quali effetti possano derivare da tale universale orgasmo.

Il resto del Dispaccio è un fitto intreccio di eventi incalzanti e potenzialmente funesti, con reiterate suppliche e implorazioni per ottenere lumi dalla "Pubblica Maturità" delle Loro Eccellenze sul come affrontarli.

Il Capo del Comune di Cividate segnala 6000 Austriaci accampati a pochi chilometri dal confine, e racconta come una tal concentrazione di armati incuta "universale spavento in tutta la Popolazione di quei Contorni.".
Da pag. 139:

... si sentono varie voci, che l'Armata Francese sia entrata in Milano. Questa nuova non posso con precisione asserirla vera, ma è probabilissima; poiché non essendovi più ostacoli può da un momento all'altro sentirsi confermata.

Battaglia di Lodi, 10 Maggio 1796

Battaglia di Lodi, 10 Maggio 1796, in una incisione del 1906 di Felicien de Myrbach-Rheinfeld. In quella data i Francesi non sono ancora entrati in Milano, come paventa l'Ottolin, ma si sono aperti la strada per farlo. (image courtesy of Wikipedia).

Supplica e implora, l'Ottolin, in due pagine e mezza usa tre volte il verbo "implorare" e due quello "supplicare", ma i savj non si scostano dalla loro accidia, la risposta è una fotocopia della precedente, e porta la firma dello stesso "Segretario": Rocco Sanfermo.
Da pag. 140:

Istruito di già il vostro zelo colle Ducali del giorno di jeri ... e disposta la spedizione degli occorrenti Uffiziali, ... siamo certi, che nell'eseguirle, farete uso delle più caute avvertenti misure, che assicurino non compromessi i Pubblici riguardi ... sia al passaggio di oggetti militari, che all'affluenza de' sudditi Austriaci ne' Luoghi alla Giurisdizione vostra soggetti:
sul qual'argomento astenendovi di prendere alcuna Pubblica ingerenza in privati rapporti, sarà centrato il contegno vostro a vegliare, onde tutto correr abbia con quel buon ordine, che si richiede a mantenere quella tranquillità, che interessa non sia alterata.
Rocco Sanfermo Segretario.

"Stia fermo, non faccia nulla, che va tutto bene così", questo il senso della risposta. Quanto agli "occorrenti Uffiziali" la cui "spedizione" sarebbe stata "disposta", vedremo fra poco trattarsi di un sempre più atterrito Nicolò Foscarini, accompagnato per ogni evenienza dall'immancabile ormai Rocco Sanfermo.
Da pag. 140:

In questi funesti momenti i Savj ben prevedendo il gravissimo imbarazzo, ... nelle attuali circostanze, che vieppiù si rendevano difficili; stimarono risoluzione opportuna la elezione d'un Proveditor Generale, il quale senza soldati, senza cannoni, e senza munizioni fosse in dovere di confortare le Provincie, e di mantenere la tranquillità, la subordinazione, ed il buon ordine ...
...
... la scelta cadde sopra il N.H. proponente, come Savio in settimana, il Cav. Niccolò Foscarini, che sostenuta aveva con decoro l'Ambasciata di Vienna, e il Bailaggio di Costantinopoli.

Cristoforo Tentori riporta quindi il Decreto di nomina di tale "Provveditor", invitando i Lettori a rilevare le sue facoltà e incarichi.
Da pag. 141:

1796 12 Maggio in Pregadi.
Le attuali circostanze, ... esigendo quei mezzi, che valgano a vieppiù conservare incolume la tranquillità, ... in quella disciplina che ogni ragione di buon governo vuol assicurata ... determinano la maturità del Senato all'uso di quelle provvidenze che ... garantiscono vieppiù i pubblici gelosi rispetti.
A tale essenzialissimo fine ... L'anderà Parte: che de' presenti per scrutinio di questo Consiglio sia fatta elezione d'un onorevole Nobile nostro di virtù ed esperienza con titolo di Provveditor Generale in Terra Ferma.
Possa esser tolto da ogni luogo, Carico, ed Uffizio ... con obbligo di accettare nel termine di giorni tre, e partire in quello di cinque ... .
Avrà Salario Ducati 800 V.C. al Mese ... dovendo pel resto provedersi a proprie spese, e gli saranno dati Ducati 6000 V.C. in dono per mettersi all'ordine.
Condurrà seco un Nodaro della Cancelleria Ducale (1) ...
(1) - Quantunque il Segretario destinato dovesse esser un Nodaro della Ducale Cancelleria, tuttavia il N.H. Cavalier Foscarini dimandò al Senato, e questi gli accordò, il Circospetto Co. Rocco Sanfermo Segretario di Senato, che in tale qualità serviva dopo il suo richiamo da Basilea.

Ancora dal sempre più "Circospetto" Sanfermo veniva firmato il Decreto di nomina del "Provveditor Generale in Terra Ferma".

Sappiamo che il Foscarini era stato un buon funzionario, ma sappiamo anche che egli era del tutto ignaro delle condizioni in cui la congiura aveva ridotto le Piazzeforti Venete.

Normale che, appena rientrato in Patria dopo lunghi incarichi all'Estero, chiedesse il supporto del Sanfermo, che con le sue recenti esperienze europee, e con l'appoggio che godeva presso i "savj" doveva apparirgli un aiuto prezioso.

È forse opportuno rilevare che il Sanfermo, in quanto "Segretario Cifrista", ovvero in grado di decrittare i messaggi codificati, per Legge non avrebbe potuto uscire dal Dogado, ma fu approntata una eccezione.

Mi piace pensare che anche il Sanfermo avesse i suoi motivi per desiderare di controllare da vicino il "Provveditor Generale in Terra Ferma".
I Veneziani in passato avevano più volte dimostrato che il valore di un loro uomo poteva da solo capovolgere situazioni prevedibili come catastrofiche.
Sanfermo, dati i suoi trascorsi e il suo futuro, poteva a mio modo di vedere aver ottime ragioni, per accertarsi che quello non fosse alle volte il caso del Cavalier Foscarini.

Non lo era, purtroppo, e Niccolò Foscarini partì alla volta di Verona con il suo destino di capro espiatorio già segnato.

Umberto Sartori

Napoleone entra a Milano il 15 Maggio 1796

Napoleone entra in Milano il 15 Maggio 1796, particolare da un quadro di Giuseppe Pietro Bagetti, pittore-architetto contemporaneo ai fatti (image courtesy of Wikipedia).


Note

Nota 1 - Il conte Johann Joseph von Wilzeck (1738-1819) fu un diplomatico dell’Impero AustroUngarico.
Nel 1771 fu nominato dall’Imperatore Ministro Plenipotenziario presso il Granducato di Toscana. Due anni dopo svolse lo stesso incarico a Napoli presso la corte dei Borboni, fino al 1777.

Secondo il sito http://www.carpeoro.com/J.Joseph_vonWilzeck.php, il Wilzeck sarebbe stato un esponente di spicco della setta o delle sette Rosicruciane che si erano venute evidenziando in Europa a partire dal famoso Manifesto del 1614 noto come "Riforma universale e generale del mondo intero".
Il sito stesso si pone sotto gli emblemi di quel settarismo, e non sarebbe in sé attendibile, ma i legami del Ministro Plenipotenziario con il mondo dell'occultismo trovano conferme interessanti, che vedremo tra poco.

Secondo i moderni rosacrociani, dunque, sotto gli auspici di Wilzeck "la Confraternita riprese vigore a Napoli, dove egli raccolse le redini del Principe di San Severo, proteggendo i fratelli D’Aquino e lo stesso Cagliostro, e a Vienna, dove aiutò Mozart.
A Milano, dove fu dal 1782 plenipotenziario, come successore di Firmian, divenne maestro venerabile della Loggia Concordia e gran protettore del Circolo Patriottico Nazionale del Verri, dove introdusse il segreto esoterico rosicruciano dei tre colori bianco, rosso e verde.
Proprio a Milano, nel maggio del 1798, esponenti della sua loggia scelsero, come bandiera della Repubblica Cisalpina, il tricolore
".

Questa particolare affiliazione sotto gli emblemi della Rosa Croce suscita il parallellismo con iniziati della stessa setta, che abbiamo visto svolgere ruoli importantissimi nella Corte di Prussia.

Frontespizio Fama Fraternitatis Rosae Crucis, Kassel 1614

Frontespizio della prima edizione della "Fama Fraternitatis Rosae Crucis", Kassel 1614, il Manifesto di Riforma Generale del Mondo Moderno che fu all'origine di un vasto dibattito intellettuale e politico dalla sua uscita fino ai nostri giorni, e che informò molti dei movimenti di pensiero dei secoli successivi incluso l'illuminismo. (courtesy of Wikipedia).

Si veda, in merito, la nota all'immagine di Federico Guglielmo II in Pubb. 07), ma a quanto pare cabalisti e paragnosti non mancavano nemmeno in Casa d'Austria.

Come accennavo, pur senza scendere in dettagli così precisi, troviamo conferma di ruoli del Wilzeck in merito a società iniziatiche anche in: "La Civiltà cattolica", Volume 12; Serie Nona, 1876, alle pag. 91 - 94.

Vi si riporta il "Decreto Imperiale di Permissione della Massoneria" emanato da Giuseppe II Imperatore austriaco del Sacro Romano Impero unitamente al suo consigliere privato, il Wilzeck, appunto. L'editto sarà promulgato in Milano proprio dal Nostro, in data 21 Gennaio 1786.
In virtù di quell'Editto, la Massoneria diveniva società protetta e promossa dall'Impero, secondo regole vaghe e che l'Imperatore stesso sapeva di non poter amministrare. Alla sola e unica loggia formale consentita per città, seguì un proliferare di massonismi e pseudo massonismi di tipo endemico.
Ma la protezione del Wilzeck aveva di gran lunga preceduto l'Editto Permissorio. Già nei primissimi anni del 1790 si era tentato di arginare il fenomeno, con eventi dei quali abbiamo ascoltato l'eco veneziana dalle pagine del Tentori, e si trovarono numeri impressionanti.
Tra gli intenti giustificatori di Giuseppe II per il suo Editto, si fa appunto riferimento a un fenomeno sregolato sul quale l'Imperatore deve porre la sua Autorità regolatrice.

Sempre dallo stesso volume de "La Civiltà cattolica", che pure non ne incolpa direttamente lo Wilzeck, si può rilevare il grande impulso subito dalle logge di ogni tipo nei luoghi dove lo Wilzeck stesso aveva esercitato plenipotenziariati e governatorati, segnatamente Napoli, la Toscana e Milano.

Secondo la "Cronistoria" del Cantù (Vol. I, Cap. II, pag. 82):
"Rey, che Luigi XVI aveva destinato ministro di polizia, ... vi raccolse (nella sola Napoli e in un solo processo) prove contro ventimila rei e cinquantamila sospetti di frammassoneria".

Anche la voce Johann Joseph Wilczek su Wikipedia riporta notizie congruenti:
"Wilczek fonda a Milano nel 1783 la Loggia La Concordia, con patenti degli Illuminati di Baviera, che aderisce nel 1784 alla Gran Loggia Nazionale di Vienna.
La Loggia godeva della benevolenza di Giuseppe II d'Austria che non ne aveva autorizzate altre a Milano.
I membri della Concordia si riunivano a Palazzo Fontana-Silvestri, nel salotto della marchesa Paola Castiglioni.
La Concordia viene però sciolta nel gennaio 1800, data la partecipazione di elementi giudicati troppo liberali o persino giacobini
".


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