Storia di Venezia
Pagina pubblicata 5 Febbraio 2014
aggiornamento 25 Febbraio 2014 Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
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Pianta delle Mura veneziane di Bergamo nel 1586 in un disegno di Luca Dell'Olio del 1976, immagine gentilmente segnalata da Simonetta Dondi dall'Orologio. Il Senato applaude alle disperate insensatezze dell'Ottolin in Bergamo: lungi dal mandargli le Istruzioni implorate né i rinforzi richiesti, con le Ducali del 9 Luglio 1796 si approvano tutte le sue azioni e lo si elogia. L'Ottolin ha però spedito un nuovo Dispaccio il giorno 8 Luglio. Vedremo quindi Ottolin spiegare che se ancora mancano alcune Valli e Comunità all'appello dell'allarmi generale spontaneo, questo è dovuto alla particolar forma di Governo di alcune Comunità, dove la procedure di armamento del Popolo sono più o meno veloci. Dal fatto che non vi fossero regole unitarie nemmeno in ambito militare possiamo dedurre quanto ampia fosse la forma di autonomia amministrativa dei Territori nella Repubblica di Venezia. Ottolin dunque esordisce riallacciandosi a quanto già aveva accennato nei Dispacci del 15 Giugno sulla "generosa impazienza delle numerose popolazioni di alcune Valli di questo Territorio di esporre volontarie le proprie vite per la difesa, e per la gloria del Principato".
Le Valli, che al presente esibiscono le proprie forze al servigio di V. Serenità, sono la Valle Seriana inferiore, la Valle Gandino, le tre Valli Brembana inferiore, superiore, ed oltre la Goggia, e la Valle Imagna. Basta dunque metà del Territorio Bergamasco a mettere in armi un esercito pari a circa metà dell'intera Armata d'Italia del Napoleone. Se vi si aggiunge il fatto che i Francesi avrebbero dovuto fronteggiare anche molte decina di migliaia di Austriaci, risulta evidente come i fatti d'arme, in questa Campagna, siano del tutto secondari, rispetto al procedere della Campagna stessa. Ottolin, scusandosi se per diverse procedure amministrative interne, all'appello mancano metà delle Comunità Bergamasche, assicura ai Savj che anche queste sono impazienti di unirsi in armi, e che il loro contributo sarà pari a quello già descritto. (2)
Ottolin conclude il Dispaccio sottolineando il vivo desiderio delle Popolazioni che la loro generosa offerta sia accettata dal Governo. Da pag. 223: Generalmente assicurar posso V. Serenità dell'ottima disposizione di queste popolazioni di sagrificar anche le proprie sostanze alla comune sicurezza, e del vivo desiderio, che le fatte oblazioni vengano realmente accettate, come si lusingano, sieno per essere benignamente accolte. Grazie. L'importanza della contingente situazione, e il fatto che a Venezia fosse giunto effettivamente anche il Defendente Bidasio in persona, Rappresentante delle Comunità Bergamasche in armi come abbiamo appreso in Nota 1, fecero sì che questo Dispaccio dell'Ottolin venisse effettivamente letto al Senato. Sull'onda del generale riarmo, e mosso dalla generosità dei Sudditi, parve si risvegliasse in alcuni Savj "il sentimento del sacro dovere, che ha il Principe di proteggere la vita e le proprietà dei Sudditi...". L'Arsenale di Venezia nel 1732, in un dipinto di Antonio Canal, detto "Il Canaletto" (courtesy of Wikimedia). Va detto che sarebbe stato molto pericoloso, offrire un rifiuto netto e immediato a ventimila uomini già armati e pronti alla guerra. Quindi il Senato formalmente accolse l'Istanza dei Bergamaschi, ma in modo diciamo "burocratico". Per non procedere tuttavia senza esame in affare così delicato, e che esigeva la masima segretezza nel combinarlo, con una cosi detta "Ricercata" il Senato delegò la cognizione, ed il maneggio a' Capi dell'Eccelso Consiglio de' X da' quali fu rimesso alle secrete vie degli Inquisitori di Stato. Ovvero, accolta l'Istanza, prima di emanare provvedimenti operativi, il Senato demandò l'esame della delicata e segreta faccenda ai Capi del Consiglio dei Dieci, i quali la scaricarono a loro volta sugli Inquisitori di Stato. In calce a pag. 223, Tentori dedica una nota a uno degli opuscoli citati nell'introduzione alla sua Opera (3), rimarcando ironicamente come l'Autore (quello stesso Niccolò Erizzo Deputato con Francesco Battaja ai colloqui col Napoleone), prese "ad evidenza involontario abbaglio" nello scrivere, riguardo le proposte dei Bergamaschi, che "furono tali offerte rigettate" dal Senato. Pubblicando il Decreto del Senato, Tentori dimostra che "Il Senato dunque ... non rigettò, anzi accolse l'offerta. Dalla Nota 1 a pag. 223: Lavorarono indefessi gl'Inquisitori di Stato per ridurla a pratica, e vi riuscirono. Il Decreto del Senato che avvia questa procedura è riportato da Cristoforo Tentori tra la pagina 223 e la 224: 1796 12 Luglio in Pregadi. Il Bacino di San Marco in un quadro di Antonio Canal detto "Il Canaletto" (courtesy of Wikimedia). La maggioranza dei Savj di Collegio si oppose vigorosamente a questa decisione del Senato, e particolarmente avverso le fu il N.H. Pietro Donà K., mentre la sostenne il Savjo in Settimana N.H. Zuanne Molin (4). Il Decreto passò tuttavia, e con 144 Senatori a favore contro 30, ma fu prontamente arenato dai Savj: dovremo aspettare un dispaccio del 28 Luglio, perché ai Bergamaschi si comunichi come il "Senato" intende accettare la loro generosa offerta... Gli si manderà un "Governatore dell'Armi", tale Nonveilier, con il preciso scopo di tenere quelle armi costantemente rivolte al suolo... Ma vedremo meglio a suo luogo come proseguirono le cose, ovvero alle pagine 249 e seguenti. Nel frattempo, il fervore guerresco in Venezia aveva suscitato le preoccupazioni del Ministro Lallement. Non dimentichiamo che anche costui, come il Generale Cervoni in Bergamo fino a pochi giorni fa, si trova praticamente solo, all'interno di una Città che gli è sempre più profondamente ostile. Egli è quindi sempre molto accomodante, e prodigo di promesse e segni di amicizia. Segni di tipo empatico, certo, ma non possiamo dimenticare gli stanziamenti del Governo francese allo scopo della captatio benevolentiae dei Veneziani.
Mi disse che la risposta medesima non poteva essere nè più aperta, nè più appagante, e che l'aveva sul fatto spedita al General Buonaparte, aggiungendoli solo, che una così solenne manifestazione delli pubblici sentimenti sperava, che dovesse servire di convincente Apologia alle replicate costanti di lui asserzioni. Lallement si pone dunque come colui che costantemente garantisce al "temibile" Napoleone per il "buono e leale" amico Veneziano. Pesaro coglie al balzo la gentile disponibilità del Ministro per presentargli la "lista delle lagnanze":
Truppe Francesi in una ricostruzione storica del "11ème Légère" da una foto di Lorenzo Baldoni. Il Lallement ascolta in silenzio le rimostranze del suo "Conferente", "non azzardando mai d'interrompere il mio discorso". Quando il Conferente si è sfogato, il Ministro Francese "dopo avermi colla maggior attenzione ascoltato mi rispose, ch'era ben penetrato ed al par di me dolente di tali avvenimenti...". Secondo Lallement gli spiacevoli avvenimenti non dipendono da ordini del suo Governo, ma da intemperanze dei singoli Comandanti Militari. A tali Generali egli avrebbe immediatamente indirizzate delle reprimende ufficiali... Da pag. 226: ...che però gli dispiaceva dovermi prevenire che sopra di questi non si poteva confidare gran fatto; e che quindi mi consigliava, che venissero direttamente dall'Eccell. Senato colla maggior sollecitudine fatte le più energiche rimostranze allo stesso Direttorio Esecutivo, da cui ... confidava che si sarebbe conseguita la conveniente riparazione. Poi Lallement da la stura alle confidenze... E' lui stesso vittima dell'affetto e dell'amicizia che alacremente promuove tra Francesi e Veneziani... Proprio a causa di questo suo impegno egli non ha ascendente diretto sui Generali e sui Commissarj alle Armate, dei quali traccia un conciso ritratto psicologico. ... li quali coltivando solo gli oggetti di proprio interesse, trascuravano quelli di pura giustizia, ... Dimostra addirittura "vera sorpresa", il Lallement, per come i Generali e i Commissarj "dopo aver incassata una considerabile quantità di danaro, non avessero pur cominciato (...) a verificare li convenienti rimborsi per le copiose somministrazioni fatte agli Eserciti.". Truppe Francesi in una ricostruzione storica del "11ème Légère" da una foto di Massimo Zanca. Conoscendo dunque la rapace avidità di questa gente (un Ambasciatore che parla in questo modo dei propri Generali è davvero curioso), che chiede molto di più del reale bisogno, e che sta realizzando "grandiosi profitti" grazie alla "generosità" dei Veneziani, Lallement, sempre più in confidenza, dà anche un "suggerimento pratico" al Conferente, che così lo riporta: ... che sarebbe molto prudente cosa d'usare anche dal canto nostro qualche vigilanza per evitare la colusione colle figure Venete, che sono incaricate delle proviste. Un suggerimento che appare anche come un suggello di complicità tra corrotti. Non sono solo i Generali e i Commissarj francesi, ad accumulare "grandiosi profitti": ci sono anche dei "veneziani" se "veneziane" possiamo chiamare la "Confraterna Vivante" e altre "basse figure" addette agli appalti militari secondo i desideri confidati dal General Napoleone ai Deputati Erizzo e Battaja, nel già raccontato colloquio del 5 Giugno 1796 a Roverbella, desideri che a quanto pare i Savj si erano premurati di soddisfare prontamente. Il colloquio si conclude con il Pesaro che si adopera per mantenere il Lallement nella benevola disposizione d'animo che lo vede applicarsi al mantenimento di serene relazioni fra i due Governi, facendogli presente che le eccessive angherie perpetrate dai Soldati Francesi potevano nuocere a quella armonia auspicata da entrambi. Nelle considerazioni conclusive della relazione il Pesaro definisce "molesto" il risultato della conversazione con il Ministro, che tuttavia gli "parve costantemente animato ... da principi di equità, e da favorevoli disposizioni verso le cose nostre ..." (da pag. 227). Il Conferente fa propria la difesa del Ministro con cui ha conferito. Pesaro ha "provato il vero sconforto" di apprendere che Lallement non ha ascendente su quelle "Persone da cui dipendono le operazioni militari". Truppe Francesi in una ricostruzione storica del "11ème Légère" da una foto di Lorenzo Baldoni. Uno potrebbe chiedersi: "Ma allora cosa ci faceva il Ministro Plenipotenziario Francese a Venezia, se non aveva alcuna voce in capitolo ne sul proprio Governo ne sui propri Generali?". La risposta è forse molto semplice: pur sotto il titolo di Ministro, egli era rimasto alle funzioni ereditate dal Denin dal Giacobbi e dal Noel, quelle di "Incaricato d'affari". Affari di assai fosca natura, presumibilmente connessi all'impiego di quei capitali stanziati dal Governo francese al fine di effettuare operazioni di corruttela all'interno della Repubblica di Venezia. Al momento, non è escludibile che il Lallement sia in condizione di corrompere senza nemmeno più ricorrere all'Erario Francese, potendo utilizzare a quello scopo direttamente il denaro che ormai la Francia estorce alla Repubblica. Resterebbe al Pesaro la "lusinga" di sperare nel consiglio del Lallement su un ricorso al Direttorio: ... se non mi fosse stato presente, quanto imperfettamente anche in altre Occasioni vi abbia corrisposto l'effetto. Ciò detto, il Pesaro se ne lava le mani. Lallement, con cui lui era incaricato di conferire, si dimostra ben disposto verso Venezia, ma questa sua buona disposizione praticamente non conta nulla.
La Ducale, redatta dall'ormai consueto Andrea Alberti Secretario, trasmette al Querini informazioni sul "complesso delle ingrate circostanze ... che derivano per parte de' Comandanti Francesi", mediante copia dei Dispaccj dei Provveditori Generali ed Estraordinarj in Terra-Ferma, delle Lettere dei Rappresentanti di Brescia e di Legnago nonché delle risposte date dal Ministro Lallement. Si incarica il Querini ancora una volta di presentare al Ministro delle Relazioni Esteriori un "Promemoria". Da pag. 228: accompagnandolo con quei modi, che conoscerete adattati all'importanza dell'oggetto, e procurando di interessarlo a congiungere li suoi buoni ufficii presso il Direttorio Esecutivo, onde ottenere il giusto effetto, che da Noi si contempla, e che tanto interessa i pubblici riguardi. Chissà quanto valeva stavolta, la bustarella da passare al Delacroix per interessarlo, visto che quella che accompagnava il precedente "Promemoria" si era rivelata inadeguata, ad attrarre tanto prezioso interessamento... Vediamo dunque, almeno per punti, anche questo secondo farsesco "Promemoria".
Consegna della bandiera all'"11ème Légère" in una ricostruzione storica, da una foto di Lorenzo Baldoni. Il punto in cui il Senato spiega al Direttorio la questione del riarmo della Capitale merita un discorso a parte, perché da esso traspare chiaramente l'intenzione di non dare alcun seguito né ai piani di Giacomo Nani, né a quelli dei Volontari Bergamaschi. Avendo infine trovato necessaria la previdenza del Senato in tanto avvicinamento di forze belligeranti di raccogliere dentro la Capitale un numero di Truppa per garantirne la sua tranquillità, e di presidiare con Legni Armati l'Estuario ... questa stessa misura, che non ha altro oggetto, se non quello ... di assicurare la calma della sua popolazione, nè può aver alcun rapporto alle azioni militari, che si esercitano sul continente, ha ... data occasione ad una Memoria di questo Ministro di Francia, alla quale si è formata dal Senato una pronta risposta atta a togliere qualunque equivoca, o diversa interpretazione. Nonostante il "complesso d'avvenimenti" indichi in chiara evidenza, la falsità delle speranze espresse nel Promemoria, il Senato persiste a "fermamente credere" che tale complesso di eventi sia "direttamente contrario alla volontà, e agli amichevoli sentimenti" che il Direttorio Esecutivo avrebbe "costantemente" dimostrato verso il Senato stesso. Questa ipotetica "costanza di amichevoli sentimenti", contrasta violentemente con la reale costante dei saccheggi e degli espropri, e mette l'intero Promemoria in una luce di farsa tanto puerile quanto improbabile. A mio modo di vedere, il Promemoria non è che una copertura per abboccamenti di tutt'altro tipo tra il Querini e il Delacroix. Mi sembra fondato presumere che i due avessero argomenti assai più seri da trattare che il fare finta che non ci fosse una guerra di invasione in atto. Per esempio sicuramente era loro necessario discutere i modi e le percentuali degli affari realizzati a mezzo delle "basse figure" degli appaltatori introdotte da Napoleone a Roverbella... Nell'atto di presentare queste sue rimostranze al Direttorio Esecutivo, il Senato ripone la "più viva fiducia", che questo rimetterà "le cose in quell'ordine, e sistema, che conviene alli principj di giustizia, e della buona armonia fra li due Governi." (5) Cristoforo Tentori rimanda di "esporre il nessun effetto di questa Memoria" per avvisare che in quello stesso 12 Luglio 1796 in cui si ratificava in Senato la Ducale per la Francia, gli Inquisitori di Stato avevano trasmesso ai Savj del Collegio una lettera da parte del Provveditor Estraordinario in Terraferma in data 11 Luglio. Veduta dell'Adige a Verona in un quadro di Bernardo Bellotto del 1747 - 48 (courtesy of Wikimedia). Anche questo rapporto e la lettera che lo accompagnava finirono nella filza dei documenti nascosti al Senato, e Tentori li riporta alle pagine 230 e 231. 1796 12 Luglio. La lettera è breve e drammatica. Foscarini cerca "per tutti i modi di assicurare la Pubblica tranquillità". A questo fine gli è stata efficacela procedura di allontanare dalla città e mettere nelle mani degli Inquisitori gli elementi più accesi e pericolosi. Tuttavia è la popolazione intera a essere ostile ai Francesi, e questi esagerano la cosa attribuendola ad arte a sentimenti filo-Austriaci della Popolazione stessa. In nome di questo sospetto i Francesi spargono voce di voler disarmare l'intera Popolazione. Quello che è peggio, secondo il Foscarini, è che il Popolo di Verona non è per nulla d'accordo. Penetrate queste espressioni da alcuni abitanti, giunsi a traspirare, che cominci a spargersi un amaro senso fra il popolo, giungendo il dolore fino a protestare, che se le circostanze non concedono al proprio Sovrano l'accorrere alla loro tutela, spargeranno per se medesimi il sangue; ma non cederanno mai alla violenza le armi. Truppe venete a Verona in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Pier Luigi Simioni). Già da tempo Foscarini, come abbiamo visto fare anche all'Ottolin, per sedare i focolai di rivolta provvede, oltre che agli arresti e deportazioni nelle prigioni della Dominante, "mettendo in attività il zelo distinto di questo Monsig. Vescovo, perché coll'opera de' Parrochi, e Confessori fosse insinuata fra il popolo la moderazione,...". Altrettanta zelante collaborazione ha ottenuto dai Nobili e dagli Ottimati di Verona, e oggi si è infine risolto a convocare anche gli "Anziani delle Arti" per precettarli a tenere in freno specificamente gli "Artisti", ovvero il ceto artigianale. Da pag. 231: Erano a questo tempo Savi del Consiglio i N.N. H.H. Filippo Calbo, Z. Antonio Ruzzini, Giacomo Grimani, Zuanne Molin, Daniel Dolfin K., e Pietro Donà K. Celato al Senato l'importante affare s'affidò all'eventualità la sorte della Città di Verona; I Savj del Collegio, competenti in quanto trattavasi di questione eminentemente politica, lasciarono il Foscarini senza alcuna risposta, "immerso nelle sue dubbiezze, e quindi vacillante la sorte di quella fedelissima popolazione.". Da pag. 232: Tale era l'infausta sorte della causa pubblica; e tale l'abuso de Savj, che continuavano a sottrarre al Senato i lumi necessari a ben regolare le Sovrane sue deliberazioni. "Continuando il filo degli avvenimenti", Tentori ci riporta adesso a Bergamo con un Dispaccio dell'Ottolin il 13 Luglio, che comunica l'arresto del feroce ladro di mule Comotti, tanto desiderato dal Generale Despinoy. Umberto Sartori Antica illustrazione della città di Verona - clic sull'immagine per ingrandire (courtesy of http://www.mariopatuzzo.it). NoteNota 1 - Questa coppia di padre e figlio è davvero curiosa. Troviamo una lettera del Defendente nel III Volume della "Raccolta di carte pubbliche, istruzioni, (etc.) del nuovo Veneto governo democratico", edita da Gatti nel 1797. Sostiene di avere contribuito ad armare la Bergamasca perché convinto che una simile prova di fedeltà e coraggio avrebbe scosso i Savj dalla loro inerzia e vivificato l'antico spirito repubblicano della Dominante. La lettera ci anticipa come i Savj spensero l'ardore dei Bergamaschi, dal momento che è proprio il Defendente che porterà la perorazione in Venezia. Dal tono della lettera, ben si comprende di essere di fronte o a un illuso o a un demagogo. Penso più probabile la prima ipotesi, perché il padre, Giovan Battista Bidasio invece, con l'avvento della Municipalità, viene arrestato e tenuto in carcere, presumibilmente per quelle stesse attività di organizzazione della difesa operate però in base ad aspettative e discipline diverse da quelle del figlio. Nota 2 - Saremmo quindi a 20.000 uomini armati. Se questi fossero stati coordinati con i Piani del Giacomo Nani di portare la linea di difesa in Terraferma, la sparuta "orda" Napoleonica si sarebbe trovata completamente accerchiata. Gli sarebbe potuto rimanere solo un corridoio per ritornarsene donde era venuto attraverso il Piemonte, sempre che il Savoja, che ricordiamo era stato fra i primi promotori della lega anti-francese, glielo avesse permesso. Nota 3 - Si tratta della "Lettera ingenua ad un amico in cui viene descritto l'avvenimento della distruzione del Veneto governo aristocratico" che figura nella collezione di opuscoli falsificatori elencati da Tentori nell'Introduzione. L'opuscolo completo è disponibile in GoogleBooks. Nota 4 - Mettendo in luce i due antagonisti in questo dibattito, Tentori ci permette di comprendere che il fatto di far accettare formalmente al Senato l'offerta dei Bergamaschi, per poi spegnerla "gradatamente e senza scosse" fosse concertato dai congiurati. Il Molin in particolare aveva avuto e avrà ruolo di rilievo nella distruzione morale e fisica dei due Contarini, padre e figlio, che erano stati fra i primi e più accesi propugnatori dei "repubblicani illusi"; già a suo tempo vittima ingenua, il padre Carlo, dei raggiri del Pisani come apprendiamo dalla "Memoria dei Fatti e della Sventura Accaduta a Carlo Contarini nell'anno 1780, Scritta dal Cittadino Domenico Suo Figlio", pubblicata nel III Volume di "Raccolta di carte pubbliche, istruzioni, (etc.) del nuovo Veneto ..." alle pagine 17 – 43. Di probabile comune accordo quindi, il Donà e il Molin indussero il Senato ad "accettare" l'offerta bergamasca, ben sapendo che avrebbero avuto modo di neutralizzarla in modo più efficace e indolore per i loro piani, di quanto avrebbero ottenuto con un rifiuto secco. Nota 5 - Non è forse inopportuna una osservazione sull'uso delle maiuscole. Queste si sprecano, nella maggior parte dei Dispacci che abbiamo letto. Con iniziale maiuscola sono scritti "Governo", "Truppe", "Generali" e persino "Cavalli" e "Legni". Ma chi scrive non tributa maiuscola a parole di ben altra portata, come, in questo Promemoria: Giustizia, Armonia, Amicizia Moderazione... Sono tutti alti Valori dello Spirito. Giustizia è addirittura il nome proprio di una delle quattro Virtù Cardinali, mentre gli altri sono sinonimi o corollari delle altre Virtù: Armonia è Forza, Moderazione è Temperanza, Amicizia è corollario addirittura di una Virtù Teologale, la Carità. Venezia è città Cristianissima, addirittura gnostica, eppure gli scriventi sembrano aver dimenticato il più elementare rispetto per la loro propria Religione. In tal caso, scriverli con la minuscola potrebbe per lo scrivente aver fatto la differenza tra il comporre una commedia tragica e il commettere vero sacrilegio. Vai a pagg. 211 - 221 | In questa pubblicazione, pagg. 221 - 232 | Vai a pagg. 232 - 242 || Va all'Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||
Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori |