Storia di Venezia

Pagina pubblicata 4 Aprile 2014

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, XXVI

INDICE || Tomo Primo 1788-1796 || Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XXVI
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE SECONDA
Del Progresso della Rivoluzione dal Primo Giugno 1796 al 12 Marzo 1797 (pagg. 173 - 396)

Vai a pagg. 293 - 302 | In questa pubblicazione, pagg. 302 - 313 | Vai a pagg. 313 - 324

|| Va all'Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||

Storia di Venezia - Il Bucintoro in Bacino di San Marco

Il Senato veneto continua a cullarsi nel mito della propria eternità e inattaccabilità, validamente aiutato nell'illusione dalle congiure dei Savj di Collegio. Ecco il loro "vitello d'oro", il Bucintoro, in un quadro di Francesco Guardi (courtesy of http://www.biblos.it).

Dicevamo dunque che la deliberazione (Damò) del Senato Veneto del 10 Settembre, che inibiva l'ingresso di forestieri in Venezia e Chioggia "inquietò molto l'animo del sig. Lallement" il quale, in data 15 Settembre 1796, si presentò al Collegio, chiedendo che da tale ordinanza fossero esclusi quei Francesi che giungessero come come "Corrieri, Staffette ec.", nonché quegli Ufficiali che portassero Dispacci dei Generali indirizzati a lui.

In data 17 Settembre il Collegio risponde rassicurando il Ministro Francese che con tale Decreto mai si era inteso limitare la sua libertà di comunicazione, e che ai suoi messaggeri rimaneva libero l'ingresso in deroga al Decreto stesso. Il Lallement, nonostante ciò che il suo Esercito stà facendo ai Territori Veneti, è per i Savj il più gradito degli ospiti:
da pag. 302:

... ci facciamo un pregio di rinnovarle anco in quest'incontro li sentimenti della particolar nostra considerazione, ed affetto.

Manco a dirlo, "tutti i Francesi divennero Corrieri, Espressi, Stafette ec. e con sì poco riguardo, che ne giungevano a torme", ma i Savj chiusero gli occhi per non dare un dispiacere all'amato Lallement, e il Decreto del 10 Settembre fu dunque reso del tutto inefficace.(1)

Veduta di Parigi nel XIX Secolo

Veduta di Parigi nel XIX Secolo (courtesy of http://stores.ebay.it/InchiostroVivoStampe).

Il giorno 18 Settembre 1796 gli Inquisitori comunicano al Collegio un importantissimo dispaccio del Querini inviato il 3 Settembre da Parigi.
Tale dispaccio, indirizzato al Senato, era stato però dal Querini inviato al Supremo Tribunale e, secondo l'iter ormai consolidato, da questi trasmesso ai Savj. Come ormai consuetudine, sarà da loro archiviato nella consueta filza occultata.

Gli Inquisitori premettono alla Comunicazione la raccomandazione di estrema segretezza, in quanto le informazioni trasmesse dal Nobile in Parigi, se divulgate, potrebbero compromettere la sicurezza personale del Nobile stesso e delle sue fonti informative.

Querini segnala di avere osservato come il Direttorio ricorra abitualmente a pretesti per rimandare quanto più possibile ogni pagamento dovuto dalla Francia sia a creditori interni che a Stati Esteri.

"Reso inquieto dalla rovinosa posizione, in cui si trova questa Finanza", il Querini ha cercato di indagare se, al di là dell'oggettiva impossibilità di pagare ciò che devono allo Stato Veneto, esista nei governanti francesi almeno l'intenzione di onorare i debiti quando se ne presentasse la possibilità.

Svolta questa indagine nel modo più circospetto e segreto possibile, il Nobile a Parigi rende un rapporto "che con vero dolor dell'animo sarò per rassegnare", e che possiamo leggere alle pagine da 304 a 307.

  • Alvise Querini ha contattato un "Mercante Genovese" che conosce da tempo, e di cui si fida;
  • questo mercante "gode molto credito presso il Direttorio, e presso li Ministri del Governo";
  • Querini si è finto emissario di quei privati che in Venezia aspettano il pagamento delle "forniture" all'Armata francese;
  • come emissario privato, ha mandato di promettere a chi saprà far saldare quei debiti il sei per cento delle somme rimborsate ed eventualmente anche una percentuale più alta.

A questo punto Querini si scusa per aver preso questa iniziativa:
da pag. 304:

... ma la esperienza pur troppo ora fa conoscere, che non sia più possibile, quando si passa per mano privata, mezzo per altro sempre più efficace d'ogni altro per poter qui riuscire in affari, spezialmente di tal natura, senza la sopra indicata condizione.

Dopo tre giorni, il Mercante Genovese fà il suo rapporto:

  • Ha contattato un Deputato molto influente suo amico "il quale aveva di buon grado assunta sopra di sé la direzione di questo affare";
  • il Deputato ha interpellato in primo luogo il Ministro della Guerra per informarsi sulle procedure atte a reclamare il pagamento.
  • Il Ministro della Guerra ha risposto quasi con derisione meravigliandosi che il Deputato, il quale pur conosceva "l'intenzione del Governo, e le massime sopra tal proposito, da quello stabilite, si fosse posto in pensiere di far rimborsare li Veneziani".
  • Il Deputato, "doveva prima di tutto sapere, che il Ministro delle Finanze non poteva ora far alcun pagamento, mentre la Cassa Nazionale non aveva neppur per poter soddisfar agl'interni urgenti bisogni;
  • che quando anche vi fosse la possibilità, doveva non ignorare, ch'era ferma volontà del Governo, che le Armate d'Italia, non dovessero costar niente alla Repubblica per mantenerle, e che li Veneziani reclamavano inutilmente il loro pagamento.

Il Deputato, vedendo sfumare il 6 per cento, cerca di richiamare il Ministro all'onore, o almeno di indurgli il timore di una sospensione delle forniture a fronte dei mancati pagamenti: da pag. 305:

Il Ministro a ciò rispose, dicendo ch'era tutto vero, quanto esso Deputato diceva, ma che decisamente non si voleva pagare, e che a qualunque evento all'Armata Francese non mancavano mezzi di procurarsi quello, che poteva ad Essa occorrere.

Alle reiterate insistenze del Deputato, il Ministro alla fine suggerì che solo dal Bonaparte si sarebbe forse potuto ottenere qualcosa, e che forse ottenendo una lettera dal Direttorio a lui indirizzata, che caldeggiasse il pagamento, si sarebbe potuto avere qualche speranza.
Il Ministro tuttavia riteneva improbabile ottenere tale lettera dal Direttorio.

Il Deputato non si fece però scoraggiare, e mise in moto le sue conoscenze presso il Direttorio stesso.

I tre membri da lui interrogati risposero come il Ministro.

In più, essi argomentarono impossibile quella lettera non solo per l'idiosincrasia a pagare, ma anche perché era da aspettarsi che il Bonaparte ignorasse del tutto l'ordine del Governo, con grave perdita per il prestigio di quest'ultimo, che "non avrebbe in allora saputo come insistere per costringere quel Generale Vittorioso, e verso del quale erano obbligati ad avere tanti riguardi;".(2)

Non dubitasse, il Deputato, che, "se per altro nella vicenda delle cose, si fosse presa la determinazione di pagar alli Veneziani o in tutto, o in parte il loro credito, Esso Deputato sarebbe stato avvertito.".

Alvise Querini si rammarica dunque di dover trarre da queste risposte l'indicazione che il governo Francese intenda comportarsi con uno Stato neutrale e amico della Francia esattamente come con gli Stati ostili e belligeranti.

Indicazione che trova conferma, secondo il Querini, in quanto fu detto al Provveditor Estraordinario di Terraferma Niccolò Foscarini da Bonaparte e Saliceti.

I Francesi hanno dunque deciso che gli Stati Veneti "debbano essere contro ogni diritto, e giustizia pur troppo "anch'essi soggetti alla generale distruzione ed espiazione"", alla quale era stato deciso "che dovessero assoggettarsi le Nazioni d'Italia alla Francia Nemiche.". (3)

Veduta di Bologna nel XVII Secolo

Veduta di Bologna nel XVII Secolo. La città temeva di trovarsi in posizione secondaria rispetto alle altre nell'eventualità diuna Repubblica nel Nord Italia (courtesy of http://www.ideararemaps.com).

Prima di chiudere il Dispaccio, il Nobile a Parigi trasmette un'ulteriore informazione riguardo altri Ambasciatori italiani.

Da alcuni mesi, i Rappresentanti di Milano, Bologna e Ferrara chiedevano al Direttorio la garanzia di una protezione militare francese per le loro piccole e neonate Repubbliche, nate sotto gli "auspici" delle conquiste Napoleoniche.

La risposta del Ministro delle Relazioni Esteriori è un rifiuto a proteggere singole città, "non legate da un reciproco interesse, e per conseguenza per se stesse deboli, e incapaci di formar da se sole la più leggiera resistenza;".

Il Governo Francese cerca in Italia "degli Amici, che gli potessero esser utili, e non a carico".

Pertanto, Delacroix ha il mandato di comunicare a quegli Ambasciatori "che se le Città, che rappresentavano, volessero unirsi insieme a formar una sola Repubblica, allora il Governo Francese avrebbe contro chiunque garantita la di Lei libertà, e sicurezza, e non altrimenti:" (da pag. 306).

A tale risposta, due Deputati di Bologna e uno di Milano partono per le loro rispettive città, mentre quello di Ferrara invia un Corriere espresso.

Querini ritiene che i Savj riceveranno notizie sugli sviluppi di questi eventi prima dai Residenti Veneti di quelle città che da lui stesso.
Una fonte affidabile gli ha però già riferito che:
da pag. 307:

... li Bolognesi sdegnano di unirsi, ... temendo, che la Sede del Governo di quest'immaginata Repubblica sarà ... nella Città di Milano, così non vogliono, che quella di Bologna diventi Città secondaria, e dipendente.

Secondo il Tentori questo Dispaccio, importantissimo in quanto avrebbe diffuso fra i Senatori la chiara consapevolezza della "perfidia, con cui operava il Governo Francese", fu nascosto precisamente perché il Senato continuasse a cullarsi nella speranza che l'Erario Francese, quando ne fosse stato in grado, avrebbe onorato i suoi debiti.

Storia di Venezia - Olanda

Napoleone vorrebbe emettere cambiali pagabili in Olanda.... (courtesy of http://www.fascinationviaggi.it).

Segue un'altra comunicazione dal Nobile in Parigi Querini in data 7 Settembre 1796: risponde a una "Ducale" del 20 Agosto, che lo interrogava su alcune "cambiali pagabili in Olanda" che Bonaparte avrebbe offerto a fronte dei suoi debiti.

Il messaggio è ricevuto il 22 Settembre dagli Inquisitori, che lo trasmettono ai Savj anziché al Senato cui sarebbe indirizzato, e i Savj, come al solito, lo nascondono nella Filza delle Comunicate non lette.

La richiesta offre al Querini l'occasione di un ragguaglio al precedente Dispaccio.
Egli ha infatti, nonostante quanto gli era stato riferito dal "Mercante Genovese" sollecitato nuovamente il "Deputato" amico di quello, a effettuare altri tentativi.

Facile immaginare il modo in cui questo sollecito sia stato effettuato, dal momento che il Deputato si reca da un nuovo Membro del Direttorio parlando senza riserve dell'utilità personale che avrebbe tratto da un saldo anche parziale dei "Creditori Veneziani".

La risposta fa ancora cenno alla nota volontà di non pagare affatto ma, alle insistenze del Deputato, il Membro del Direttorio dichiara che farà tutto ciò che è in suo potere per il buon esito dell'affare, però solo a patto che "della privata utilità, che potesse da ciò risultare" agli intermediari, fosse reso partecipe anche "un suo Parente, del quale formar voleva la fortuna".

Querini attende il risultato di questo nuovo maneggio, ma dice anche. "non sò con vero dolore dar a V.V. E.E. una certa lusinga di ottenerlo favorevole.".

Il Nobile a Parigi ha messo in atto questo ulteriore tentativo, nonostante il fondato pessimismo sulla sua utilità, per non avere "il rimorso d'aver lasciato cos'alcuna intentata, onde riuscir in un oggetto di così grand'importanza".

Si raccomanda alla prudenza e alla segretezza dei Savj affinché "non vengano in alcun tempo, e modo, giammai svelati li secreti mezzi, de' quali sono costretto servirmi per tentar di riuscir in questo mio difficilissimo maneggio".

Querini attende dal Senato la copia legale dettagliata dei conti da presentare ai Francesi, che userà come pretesto per ottenere un altro colloquio con il Ministro Delacroix, ma si aspetta da questo colloquio solo le ormai consuete e inutili promesse dilatorie.

25 Lire torinesi del 1796

25 Lire torinesi del 1796 (courtesy of http://www.cartamoneta.com).

C'è un secondo Alvise Querini al servizio di Venezia in quei giorni.

Si tratta del "circospetto (titolo riservato ai Segretari di Stato in servizio presso il Consiglio dei Dieci) Alvise Querini Residente nella Real Corte di Torino".

Questo altro Alvise è venuto a conoscenza di alcuni "segreti che servir potevano di norma alle direzioni del Senato" e ne dà comunicazione con un Dispaccio in data 21 Settembre 1796.

Il Dispaccio seguirà anch'esso l'iter che lo relega nella filza dei non letti al Senato.
Da pag. 310:

Tale era il destino di questo Sovrano Consesso, cui occultavansi da' Savj quelle notizie, che disturbar potevano "l'accarezzato Piano di Neutralità disarmata".

Il messaggio da Torino viene riportato integralmente dalla pagina 310 alla 313, e mi appare particolarmente interessante poiché mostra, ancor più dei dispacci dell'Ottolini da Bergamo, la dimestichezza dell'organizzazione veneziana con i servizi di Intelligence.

Da quando è giunto a Torino "il sig, di Vial, Ajutante Generale del Comandante in capo Buonaparte" il Circospetto non ha omesso "nè studio, nè vigilanza, nè indefessa cura per aprirmi una via a ritrarre anche da lui qualche scoperta, che fosse utile alle Pubbliche viste."

In pratica, il Servizio Segreto della Serenissima è riuscito a infiltrare un suo elemento presso il Segretario del di Vial.

Omettendo i dettagli di come ciò sia avvenuto, il Querini in Torino riporta di aver potuto "sapere con tutta precisione il complesso d'una Lettera scritta dallo stesso Sig. Vial ad un suo amico Membro del Consiglio degli Anziani.".

Spedisce questo rapporto per via Espresso, ovvero con un corriere apposito e segreto, consapevole del fatto che i comuni plichi postali vengono ormai sistematicamente aperti e/o trattenuti.

E' importante si sappia, dice ancora il Querini, che il di Vial è stato spedito a Torino dal Buonaparte soprattutto per allontanarlo da sé, e che lo stesso di Vial "non amando, ma temendo il suo Comandante" scrive cose ben diverse quando si indirizza istituzionalmente al Direttorio e quando invece scrive in privato ai suoi amici nei due Consigli di Francia.

Fatta questa premessa, Querini riporta testualmente la lettera privata inviata il 13 Settembre 1796 da di Vial all' "amico nel Consiglio degli Anziani".

Ecco le notizie trasmesse, esposte per punti:

  • L'Armata Napoleonica, nonostante le vittorie, và assottigliandosi;
  • da 20 a 25.000 uomini sono fuori combattimento negli ospedali;
  • cinque o sei mila di questi sono stati smistati fra Lodi e Milano;
  • Al momento vi sono meno di 30.000 uomini effettivi sotto le armi;
  • Buonaparte progetta di spostare il suo Quartier Generale verso Verona e di Vial la giudica un'idea pazza.
  • Se si volessero calcolare li nostri mezzi attuali con l'occhio d'una sana, e prudente Tatica, potrebbe bastar appena per stare su la difesa; (da pag. 310);
  • la propaganda dell'Armata batte la grancassa di attendere grandi rinforzi, "ma voi sapete, come è la cosa:" dei 18.000 uomini che dovrebbero arrivare dalla Vandea solo la metà potrà effettivamente raggiungere Napoleone;
  • al momento sono arrivati solo 1200 uomini, che sono stati spacciati dalla propaganda per una colonna di 6000;
  • i reclutamenti tentati in loco non hanno arruolato che "un migliajo circa di briganti italiani", sui quali non si può fare alcun affidamento.
  • In Milano si è tentato di costituire una Guardia Nazionale, ma la paura delle requisizioni ha causato una "emigrazione sistematica" e non si è ancora riusciti a raccogliere nemmeno un Battaglione.
  • Sono stati soppressi gli Agenti Militari, "che commettevano estorsioni enormi" e si sono restituite alla Lombardia "le sue Amministrazioni", ma queste sono state formate così male, "che le angarie, e le rapine non hanno fatto, che cambiar di mano.".
  • Gli Italiani sono in generale molto ostili ai francesi, e basterebbe una sconfitta un poco significativa perché l'Armata francese finisse distrutta.
  • Ogni sorta di malcontentamento, e tutti li germi di disorganizzazione travagliano la nostra Armata.
    Saliceti è Buonaparte non vanno mai d'accordo; questionano sempre sopra le loro prerogative; l'uno fà e l'altro disfa; l'uno ruba con imprudenza, l'altro con destrezza.
  • Dei trenta e più milioni riscossi dai Generali, che dovevano essere inviati a Genova, solo un terzo ha preso in effetti la via della Francia;
  • Tutte le casse sono quasi vuote.
  • La spesa è salita a 12 milioni al mese;
  • Si devono 15 milioni ai Veneziani per i generi da quelli somministrati;
  • né ufficiali né soldati francesi sono mai interamente pagati;
  • vi è un rilevante numero di diserzioni e un odio generale verso Buonaparte;
  • i convalescenti non vogliono tornare al Fronte e l'Armata reclama ad alta voce la pace;
  • Il turbine mugge intorno Buonaparte. Guai se i successi cominciano ad esserci contrarj.(4)

Anche questo Querini da Torino raccomanda la massima segretezza: "che la più minima cosa, che potesse essere traspirata, perderebbe la persona, che me ne fece il confidenziale dettaglio, e mi comprometterebbe essenzialmente" (da pag. 311).

Piazza Castello di Torino in una stampa del XIX Secolo.

Piazza Castello di Torino in una stampa del XIX Secolo (courtesy of http://www.museotorino.it).

Il rapporto di "intelligence" da Torino prosegue:
Il Ministro di Spagna darà un pranzo in onore del di Vial, a cui sarà invitato anche il Querini, che cercherà di approfittarne per "saggiare" l'Ajutante di Napoleone personalmente; per approfondire la conoscenza, il Querini inviterà a sua volta a pranzo il Francese.

Nei giorni scorsi si è notato un intensificarsi delle visite reciproche tra il "sig, Jacson Incaricato d'Inghilterra" e il Ministro di Vienna.

Nonostante il grande segreto che avvolge questi incontri, Querini ha modo di sospettare che vertano sulla questione "dei noti Barbet; che infestano il contado di Nizza".(5)

Grazie all'efficienza dei suoi informatori, il Circospetto in Torino può precisare meglio alcuni aspetti della questione, che potrebbero presentare dei legami con i rapporti sull'Armata D'italia.
Da pag. 312:

Nei giorni scorsi si è presentato al Sig. Iacson un Capo de' detti "Barbet", uomo molto intraprendente, che servì con distinzione il Re in questa ultima guerra, ed ottenne anche il distinto premio della Medaglia d'oro.

Il capo Barbet ha detto al Jacson che:

  • se il suo movimento sarà sostenuto dagli Inglesi, in due mesi aumenterebbe a 10.000 uomini;
  • che i Capi Barbet non mancano né di denaro né di munizioni;
  • che intendono pattugliare strettamente le montagne anche d'inverno;
  • che il loro piano è di estendersi da una parte fino alla Savoja, e dall'altra fino alla Bocchetta;
  • che a tal fine stanno allacciando rapporti con i Savojardi e con i Genovesi del loro partito;
  • stabilite queste alleanze, sarebbero in condizione di intercettare o prendere tutto ciò che passerebbe d'Italia in Francia.
  • Essi vogliono altresì impadronirsi della Fortezza di Cuneo.
  • ha incarico ufficiale dai suoi Superiori di chiedere la protezione dell'Inghilterra, ottenuta la quale comunicherà tutti i suoi progetti.

Al signor Jacson parve che la questione non fosse ancora abbastanza matura e credette meglio, prima di rispondere, consultarsi con il Marchese Maurizio Gherardini, Rappresentante Austriaco.(6)

Gherardini era già perfettamente informato della cosa, avendo a sua volta avuto più colloqui segreti con l'esponente dei Barbet.

Entrambi "stettero due giorni senza nulla determinare", approfittando di questo tempo per inviare Espressi informativi alle loro Corti.

Infine, dopo aver riflettuto sul fatto che ben presto l'Inverno avrebbe chiuso ai Francesi le vie del San Bernardo, del Moncenisio e del Col di Tenda, lasciando loro solo la via della Riviera di Genova, trovarono importante coltivare il progetto, adatto a chiudere anche quell'ultima via a eventuali rifornimenti o fughe dei Francesi stessi.

Querini osserva che, anche se il reclutamento e la protezione sperati dai Barbet fossero andati a buon fine, non sarebbe comunque stato facile attuare il loro progetto. I Francesi avevano infatti stabilito una forte batteria a San Pier d'Arena, e "sarebbe loro possibile col mezzo di essa ritrarre dalla Riviera delle munizioni da Guerra ed altri soccorsi, ...".(7)

Il Ministro Inglese e quello Austriaco, dal canto loro, fanno invece affidamento sul fatto che la Batteria di San Pier d'Arena possa essere neutralizzata dal mare con l'impegno della flotta Inglese.

Quindi,pur senza assumersi un impegno formale, rassicurano il Capo Barbet e si dicono in attesa di una conferma dai loro Governi prima di pronunciare un ufficiale Patrocinio dei piani insurrezionali.

A conferma, Gherardini invia un Espresso al Generale Wurmser, e il Jacson manda due Corrieri, uno in Corsica per informarsi sul "retroterra" dei Barbet, e l'altro al Console Inglese di Genova.

Querini conclude ribadendo l'importanza di quanto da lui scoperto, in quanto il taglio di ogni comunicazione tra la Francia e Napoleone avrebbe potuto essere secondo lui fatale al Bonaparte, privandolo di rifornimenti (che noi sappiamo però essere non rilevanti e non previsti dalla strategia del Corso), e tagliandogli ogni via di fuga in caso di sconfitta.

A riprova di quanto afferma, ancora informa che il di Vial insiste, pur senza successo, con il Re di Piemonte perché egli reprima duramente la rivolta dei Barbet.

Ma non è l'unica cosa, che il di Vial chiede ai Savoja:
da pag. 313:

Il Sig. di Vial ... jeri presentò pure altre dimande di Munizioni da Guerra, e di Abiti per Soldati, obbligandosi a pagarli ad un termine fisso sopra la Piazza di Genova;

I Residenti Esteri sono pronti a presentare "le più vive rimostranze" nel caso che il Piemonte acconsentisse alle richieste, ma noi sappiamo dai Dispacci dell'Ottolini che, oltre a cannoni, fortezze, cibo e munizioni i Savoja avevano già "prestato" anche squadre di cavalleggeri, ai loro cosiddetti "invasori".

(N.d.R. Anche qui devo sottolineare la particolare fame di vestiti da parte dei Francesi, non paghi delle pesantissime e sovrabbondanti requisizioni di beni di quel genere che abbiamo visto messe in atto a Milano e Verona. Questo, soprattutto a fronte del fatto che non vi erano nuovi arruolamenti significativi nelle truppe Napoleoniche, come abbiamo saputo dalla "lettera privata" del di Vial stesso, non fa che rafforzare l'ipotesi che tali abiti servissero a rivestire interi reparti trasferiti dall'Esercito Austriaco all'Armata Francese).

Il tono "spionistico" di questo messaggio è rafforzato dalla data, che porta indicata anche l'ora: "Mezza Notte".
Da pag. 313:

Torino 21 Settembre 1796 Mezza Notte
Alvise Querini.

Cristoforo Tentori torna adesso a occuparsi della grande alleanza difensiva proposta a Venezia da Francia Turchia e Spagna, ma vedremo questi sviluppi nella prossima pubblicazione.

Imboscata dei Barbets alle Gorges du l'Escarene

Imboscata dei Barbets alle "Gorges du l'Escarene" (courtesy of http://lesbarbets.canalblog.com).

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Si valuti se un tale comportamento, come già innumerevoli altri, sia in qualche modo riconducibile al concetto di "Neutralità" dal quale i Savj si dicevano ispirati, dal momento che non risultano simili deroghe per "forestieri" di altre Nazioni.
Si valuti altresì la mancanza di reazioni a tale ingiustizia da parte dei Ministri delle altre Corti, e in particolar modo di quello Austriaco.

Nota 2 - Questa osservazione getta ancora qualche barlume sul ruolo e il livello di potere del Napoleone, sulla possibilità che egli conduca un gioco personale a un livello più alto di quello ufficiale del Governo Francese, come già si poteva sospettare dalla strana bugia sul bombardamento di Verona e la resistenza di Kilmaine con artiglierie che non aveva, nonché dalle ipotesi di accordi segreti con l'Austria cui ho più volte accennato.

Nota 3 - Colpisce questo riferimento all' "espiazione". A rigore, nessuna Nazione dell'epoca avrebbe potuto rimproverare "peccati da espiare" alle altre, men che meno la Francia, nota fin dai tempi di Guicciardini per la sua spregiudicatezza morale.

Solo una Nazione avrebbe potuto porsi dal punto di vista della vittima che accusa: Israele, perseguitata in maggiore o minor misura da tutti gli Stati europei sin dal tempo dei Romani, a eccezione forse della sola Inghilterra.

A questa richiesta di "espiazione" potevano però associarsi, chi verso Venezia, chi verso il Papa, chi verso entrambi, altre forze non nazionali, come i discendenti dell'Ordine Templare, i Catari, i Protestanti e in generale tutti quei movimenti fatti oggetto di persecuzione da parte del Clero romano e di accidia da parte dei Veneziani.

Non si perda mai di vista il fatto che chi uscì davvero "punito" dall'epopea Napoleonica furono appunto Venezia e il Papato.

Nota 4 - Su questa lettera si devono a mio modo di vedere applicare due tare. Una, messa in luce dal Querini stesso, è che il di Vial abbia interesse a indebolire il prestigio di Napoleone a Parigi, esagerando le sue ruberie ai danni della sua Patria e l'impopolarità fra le sue stesse truppe.

La seconda è invece più sottile, e riguarda la possibilità che di Vial sapesse o sospettasse di essere intercettato dai Servizi di spionaggio veneziani. Sin dagli albori del 1600, infatti una certa letteratura aveva diffuso, e non del tutto a torto, l'immagine di una Venezia che basava il suo potere non sulle armi ma sulle informazioni.

Ecco allora che le falsificazioni del di Vial sarebbero molto selettive. Ciò che importa è che i Veneziani non subodorino una complicità tra Francia e Austria ai suoi danni.

Di Vial non può falsificare il numero dei feriti, perché questi sono sotto gli occhi di tutti nei conventi requisiti allo Stato Veneto. Ecco che allora egli falsificherebbe gli effettivi dell'Armata, portandone il numero a oltre 50.000.

Questo numero contrasta con la maggior parte delle fonti, incluso Napoleone stesso nelle Memorie affidate al Las Cases, dove l'organico dichiarato della sua Armata, all'atto della partenza si attesta a 38.000. Pure aggiungendo i mille briganti italiani reclutati, e i 1200 rinforzi dall'armata Vandeana, con 20/25 mila uomini fuori combattimento, di effettivi idonei alla guerra l'Armee dovrebbe contarne tra 15 e 20 mila.

Abbiamo visto invece che nelle sole scampagnate prealpine ne compaiono almeno 10.000 in più. Ancora una volta, da dove potevano provenire questi uomini, se non da massicce trasfusioni di reparti austriaci?

Nota 5 - Il "Barbetismo" fu un movimento spontaneo di resistenza popolare all'invasione repubblicana francese della Contea di Nizza. Nato nel 1792 come reazione cattolica e monarchica all'antireligiosità degli occupanti, nel 1796 la guerriglia di questi rivoltosi era divenuta più un fenomeno di brigantaggio che una vera e propria lotta di liberazione. la persecuzione effettuata dal General Massena nel 1799 provocò una recrudescenza dell'appoggio popolare ai Barbet, che continuarono con alterne vicende la loro esistenza fino al 1814, quando furono estinti dall'esercito Austro-Sardo.

Nota 6 - La ricerca su Internet è muta riguardo al Jac(k)son e al di Vial, ma sul Marchese Maurizio Gherardini troviamo un piccolo particolare, che lo accomuna a due personaggi già incontrati nelle prime pagine di questa Raccolta.

Si tratta della spiccata propensione per il collezionismo artistico e la protezione mecenatistica delle Arti, passione che il Gherardini condivide sia con il veneziano Procurator Girolamo Zuliani il, "padre di tutte le nullità" secondo il Tentori, che con il Diplomatico Spagnolo José Nicolás de Azara, possibile mediatore Napoleonico incontrato nella pubblicazione XIII.

Un particolare che potrebbe interessare futuri ricercatori più approfonditi e specialisti, è che il Gherardini fu in particolare protettore di Paolo Caliari detto "Paolino" (discendente del ben più celebre omonimo detto "Il Veronese"), che era un virtuoso inarrivabile nella copia delle Opere di Maestri antichi.
Egli riuscì infatti, in più occasioni, a spacciare le sue copie per originali anche dopo l'esame di specialisti esperti.

Nota 7 - Difficile chiarire queste "indecisioni" del Ministro Inglese e di quello Austriaco.

È infatti possibile che essi non fossero al corrente di come andavano davvero le cose con i rifornimenti a Napoleone, che dalla Francia mancarono pressocché del tutto, come del resto Napoleone aveva fatto presente sin dall'inizio ai suoi uomini con il discorso nel quale li incitava a seguirlo in Italia.

Ma non è affatto probabile, anche alla luce di quanto fra poco dirà il Querini in merito agli aiuti Piemontesi, che essi non fossero avveduti che solo 1200 uomini, sino ad allora, erano passati per l'Italia nord-Orientale diretti dalla Francia a rinforzare l'orda Napoleonica, che traeva ogni sostentamento, arma e munizione dal saccheggio o dalla occulta complicità degli Stati che andava scorrendo e, come ormai si impone all'evidenza, dalle stesse perdite del nemico principale.

Allo stato dei fatti, l'ipotesi più probabile mi sembra essere che si tratti di una commedia recitata a uso del Querini stesso, i cui infiltrati erano forse noti o sospettati dai Residenti oggetto delle loro attenzioni.


Vai a pagg. 293 - 302 | In questa pubblicazione, pagg. 302 - 313 | Vai a pagg. 313 - 324

|| Va all'Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||

TOP

   

Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori