Storia di Venezia
Pagina pubblicata 10 Aprile 2014
Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
|
||||
---|---|---|---|---|
La Francia non era nuova ad alleanze con il Turco. La prima lega Franco-Ottomana, detta anche "Empia Alleanza", fu stipulata nel 1536 tra Francesco I e Solimano il Magnifico, e durò per oltre 250 anni, fino alla Campagna d'Egitto di Napoleone. Ecco i firmatari ritratti (separatamente) da Tiziano Vecellio nel 1530 (courtesy of Wikipedia). Se il Senato si illudeva di essersi defilato, dall'offerta di alleanza anti-austriaca con Francia Turchia e Spagna, con la risposta del 27 Agosto, si sbagliava di grosso. Il Ministro francese Lallement torna all'attacco il 27 Settembre 1796 e fa presentare al Senato, mediante il proprio segretario, una lettera che Tentori riporta integralmente da pagina 314 a pagina 316. In apertura, il Lallement si dice al corrente dei Dispacci inoltrati dal Bailo a Costantinopoli a proposito delle proposte del Sultano Ottomano. È al corrente anche del fatto che molto si è discusso in merito, a Venezia. Dai messaggi del Turco i Veneziani sono dunque edotti della particolare considerazione di amicizia in cui il Direttorio tiene la Repubblica di Venezia e della sua volontà di stringere ulteriormente i legami che uniscono le due Nazioni. Da pag. 314: Molti oggetti particolari sono stati trattati nelle Conferenze, combinati con comune soddisfazione: ma il silenzio del Senato sopra il più importante argomento sottomesso alle sue deliberazioni impone al Ministro il dovere di presentarglielo direttamente. Sfugge la "comune soddisfazione" a cui allude il Lallement, dal momento che nelle sue "Conferenze" con il Pesaro lui si è limitato a demandare ad altri ogni richiesta che gli veniva rivolta, smentendo di fatto il suo titolo di "Ministro Plenipotenziario"; ma in questo messaggio vedremo ben di peggio. Passa poi a tracciare un quadro della situazione Europea e mediorientale in cui vuol vedere Venezia sempre più amichevole con l'Austria che con la Francia, nonostante sia, l'Austria, l'antica nemica di Venezia, alla quale vuole sottrarre in prima persona il dominio dell'Adriatico e, per mezzo dell'espansionismo Russo e Inglese, ogni speranza navale e territoriale nell'intero Mediterraneo. Solo l'amicizia, l'appoggio e il sacrificio della Repubblica Francese hanno permesso a Venezia di conservare le sue Province, che sarebbero da tempo vittima delle bramosie Austro-Inglesi, miranti a spartirsi le spoglie dell'Impero Ottomano e della Serenissima stessa. Lallement prosegue imputando all'Austria i sanguinosi scontri sul Territorio veneto e l'intenzione di occupare Udine e Palmanova. L'Austria farà seguire alla Repubblica Veneta il destino distruttivo che già ha imposto alla Polonia, e il sistema di neutralità che ha protetto sinora Venezia non ha alcuna possibilità di salvarla adesso che l'equilibrio tra le grandi Potenze è rotto. Grazie al "valore delle Armi Repubblicane" La Francia è certa di essere il nuovo arbitro dei destini d'Italia e di offrire a Venezia l'unica possibilità di essere protetta, grazie all'impegno solenne che prenderebbe in tal senso qualora il Senato decidesse di aderire alla nuova Alleanza. Da pag. 316: "Ma se per dei riguardi verso i Nemici naturali", che meditano la sua perdita, continuando a non conoscere i suoi veri interessi, Ella lascia scappare il momento di sottrarsi per sempre all'ambizione della Casa d'Austria, non eviterà alcuno de' pericoli, che la minacciano, e non avrà più il diritto di reclamare l'appoggio d'una Potenza, che avrà negletta, e che sola poteva garantirla. Lallement ammette la durezza delle sue affermazioni, "ma la Lealtà Francese non sa risparmiare l'espressioni, lorché si tratta "d'illuminare, e salvare un amico".". Egli attende dunque dal Senato Veneto una risposta esplicita, che possa decidere la Francia sulla misura dei rapporti politici che deve stabilire con lo Stato Veneto. Da pag. 316: Venezia li 7 Vendemmiatore dell'anno V della Repubblica Francese una ed indivisibile; 27 Settembre 1796.(1) Testata della Gazzetta Francese in un numero del 1786 (courtesy of Wikipedia). Lo stesso 27 Settembre 1796 gli Inquisitori comunicano ai Savj un nuovo dispaccio del Querini da Parigi, in data 11 Settembre, che informa su una recrudescenza dell'attività libellistica anti-veneziana nella stampa francese. Naturalmente i Savj occulteranno al Senato anche questa "Comunicata". Il Querini trasmette una serie di articoli pubblicati sulle testate "L'Amico delle Leggi", "La Gazzetta Francese" e "Il Censore", ma le stesse diffamazioni, tese a rendere odioso il Popolo Veneto a quello Francese, sono riportate anche in "Libri, e Fogli Periodici" in italiano, diffusi dalle stamperie lombarde. Tali nuovi scritti, oltre ad attribuire a Venezia subdole e malvagie intenzioni contro la Francia e a nascondere l'immenso aiuto che la Repubblica presta alle Armate francesi sul suo Territorio, "sono pieni di veleno contro la Religione, li Governi, e la Repubblica medesima;". Gli Inquisitori, mentre sono molto vigili e operativi nell'impedire la diffusione di tale propaganda nello Stato Veneto, ritengono di dover rendere noto al Collegio il contenuto e gli allegati del Dispaccio Querini, affinché esso Collegio ottenga dal Senato quelle rimostranze ufficiali che potrebbero por fine alla campagna demagogica in atto. I tre articoli riportati, come si addice a ogni demagogia, sono in conflitto tra loro,o meglio i secondi due sono in opposizione al primo. Querini stesso precisa che l'Autore dell'articolo pubblicato su "L'Amico delle Leggi" è il fratello del Landgravio di Assia Kassel, quindi un Austriaco, che da anni si spaccia a Parigi per "Repubblicano Democratico, componendo de' cattivi Articoli di Politica, e di Diplomazia.". Da pag. 318: Fortunatamente Egli è Individuo, che qui non gode d'alcuna riputazzione, mentre nessuno può prestar fede al Patriotismo in Francia d'un Fratello d'un Landgravio. N.d.R. Non posso tuttavia non rilevare che a tale elemento veniva concesso di pubblicare un giornale, nella Francia rivoluzionaria e ghigliottinaia. L'articolo pubblicato su "L'Amico delle Leggi" è violentemente accusatorio verso i Veneziani: È cosa dei tutto verificata, che li Veneziani contro ogni diritto, e contro ogni vista prudenziale hanno tradito i Francesi, e che di concerto con Wurmser preparano la rovina della nostra Armata d'Italia. Chissà? Forse l'articolista non mentiva poi del tutto. Potrebbe essere stato al corrente dei preparativi dell'Ottolini con i Bergamaschi e del Piano di difesa della Terraferma del Nani. "L'Amico delle Leggi" si spinge oltre, affermando che "la parzialità de' Veneziani per la Casa d'Austria è tale, che noi sappiamo da fonte sicuro, che il Senato di Venezia preferirebbe di sottomettersi all'Imperatore più tosto, che rimanere Repubblica senza Nobiltà, e senza Inquisizione." (da pag. 318). Anche qui il fratello del landgravio di Kassel sembra accennare a frammenti di quella verità occulta che lo stesso Tentori sembra ignorare del tutto, ovvero ai maneggi della famiglia Manin con le altezze imperiali Austriache nella seconda metà del Secolo, che sostanziano i sospetti di macchinazioni fra i congiurati in Venezia e le varie corti Europee. Chiede dunque, "L'Amico delle Leggi", che Napoleone invada Venezia per liberarne il Popolo e usufruire della sua forza cantieristica e umana al fine di rafforzare l'esercito contro l'Austria, sì da giungere a una pace che non solo sia favorevole alla Francia, ma restituisca a Venezia, ricondotta a "Repubblica sorella", il primato marittimo sull'Adriatico con i porti di Trieste e di Fiume. Chi abbia un poca di dimestichezza con l'occultismo e la letteratura prodotti dalla Confraternita nata a Kassel non faticherà a riconoscerne almeno lo stile nella firma dell'articolo: Fiat Lux. C.H.R.G. L'articolo su "La Gazzetta Francese" è una breve stroncatura dell'Autore di quello su "L'Amico delle Leggi": I Francesi vogliono la pace, mentre tutti gli intriganti stranieri, che sono in Francia, non presentano che Piani di guerra. ... Oggi un Principe Allemanno senza Principato, Patriotta senza Patria, ambizioso senza mezzi, ... vuol persuaderci essere dell'interesse della Repubblica di Venezia, che la Repubblica Francese se ne impadronisca, ... Quest'uomo è matto? No: egli è dunque Principe, e Giacobbino. "Il Censore" (pag. 319) accusa di "scaltrezza" gli Editti di neutralità del Veneto Senato, definisce "Matto" chi consiglia di occupare Venezia e auspica la soppressione delle testate "L'Amico delle Leggi", "Uomini Liberi" e "La Sentinella". Come si può vedere, lo Stato Veneto fini per passare quasi per intero all'Austria, mentre i Francesi si consolidavano sul Reno, nel Belgio e nei Paesi Bassi (Repubblica di Batavia, e poi Regno d'Olanda), esattamente com'era prevedibile nelle considerazioni del Tentori; (courtesy of http://san.beniculturali.it). La lettera perentoria del Lallement in data 27 Settembre 1796 mise i Savj del Collegio in grave imbarazzo, in quanto li costringeva non solo a ottenere dal Senato una risposta precisa sulla proposta di Alleanza ma, in funzione di quella, a rivelare al Senato stesso anche i Dispacci da Costantinopoli del 9 Luglio e da Madrid del 26 Luglio. Da pag. 319: Giammai essi si viddero più imbarazzati. Era assai critica la posizione attuale della Repubblica, le Piazze non ristaurate, e senza presidio, inermi, e senza difesa le Provincie, occupate da' Francesi quelle oltre il Mincio, e di non difficile occupazione le altre, egualmente abbandonate, e neglette. Sono dunque quattro le possibili scelte che si pongono ai Savj. Tentori ce le descrive in stile discorsivo, che riporto invece schematicamente. Prima Ipotesi. Allearsi con la Francia. Tentori su questa strada vede esclusivamente impedimenti, pericoli e nefaste conseguenze:
Mancavano inoltre ragionevoli motivi per cui Venezia dovesse schierarsi contro l'Austria. La descrizione delle intenzioni di questa Corte, così come resa dal Ministro Verninac a Costantinopoli, dal Godoy a Madrid e dal Lallement a Venezia, non trovava riscontro nell'esperienza storica degli ultimi secoli. Dal tempo della vittoria di Venezia sulla Lega di Cambrai in poi, il comportamento dell'Austria verso la Serenissima era stato sempre esemplare, e niente poteva lasciar sospettare le mire di conquista che le attribuivano i Ministri Francesi. Essa aveva sempre rispettato la Sovranità Territoriale della Repubblica in tutte le passate guerre Austro-Francesi , e ne era stata fedele e potente alleato in quelle con gli Ottomani. Ancora contro l'alleanza con la Francia Tentori indica motivi di lungimirante analisi politica europea. Quando presto o tardi Francia e Austria si fossero pacificate, non sarebbe convenuto alla Francia tenere sotto il proprio dominio gli Stati Veneti, da lei territorialmente lontani. (1) Nel 1765 essendo Ambasciator di Francia in Venezia il Sig. Bassi, succeduto al Sig. de Bernis, poi primo Ministro della Monarchia Francese, e Cardinale di Santa Chiesa, in una sua Memoria spedita a Versailles propose di favorire l'ingrandimento della Casa d'Austria in Italia col possesso delle Venete Provincie a patto, che la Casa d Austria cedesse alla Francia i Paesi Bassi. Allegoria Francese dai "Cahiers d'un volontaire de 91" d Xavier Vernère (courtesy of http://gallica.bnf.fr). Seconda Ipotesi. Alleanza con l'Austria. Questa scelta, che l'Austria da tempo aveva prospettato a Venezia, avrebbe posto probabilmente al riparo Venezia dall'essere usata come merce di scambio in un futuro trattato di pace. L'onore, a cui la Casa d'Austria aveva sempre mostrato di tener fede ormai da secoli, le avrebbe impedito di accettare come compenso dalla Francia "quelle Provincie, che come alleata era in dovere di garantire". La vicinanza fra i due Stati avrebbe favorito ogni reciproco soccorso e i Francesi, "posti fra due fuochi, avrebbero dovuto pensar alla loro sicurezza.". Questa soluzione era dunque la più consigliata da "una sana e patria Politica", ma avrebbe richiesto da parte veneziana "fermezza, fedele costanza nonché patrio zelo", qualità che invece mancavano drasticamente alla maggior parte dei Savj. Terza ipotesi. La Neutralità armata. Secondo il Tentori l'armarsi, mantenendosi comunque neutrali era il partito più ovvio e più facile a seguirsi. Proprio la neutralità armata aveva preservato la Repubblica dai tempi di Cambrai in poi. A essa, e non già al "sistema d'equilibrio" falsamente addotto dal Lallement, si doveva il rispetto in cui la Serenissima era tenuta dalle altre maggiori Nazioni Europee. Nonostante le difficoltà presenti era ancora possibile ricondurre la Repubblica a uno stato di neutralità armata, grazie all'ardore e alla fedeltà con cui i sudditi stessi lo reclamavano. I 30.000 uomini pronti nel Bergamasco e il Piano di riarmo delle Lagune del Nani, se opportunamente appoggiati e gestiti, avrebbero presto provocato emulazione nelle altre Province, venete o altrui, sottoposte alle angherie francesi. Da pag. 322: "Neutrale ed armata" la Repubblica si avrebbe tosto conciliato il rispetto delle due belligeranti Potenze in Italia: giacchè il timore, che il Senato si determinasse ad un partito, che poteva riuscire fatale a quella contro di cui si dichiarasse, avrebbe contenuta e questa e quella nella dovuta moderazione, ... Quarta ipotesi. Continuare con la neutralità disarmata. Nonostante i "fatalissimi effetti" che gli stessi Savj avevano "mille volte" potuto riconoscere in questo modo di condurre la Politica, (o proprio in funzione di quegli effetti, possiamo oggi dire), fu infine questa la risoluzione presa dai Savj e presentata al Lallement. In tal modo essi non sottoposero il problema al Senato, ma elaborarono all'interno della loro cerchia la risposta ufficiale, e la fecero ratificare senza esame né discussione al Senato, tenuto ancora all'oscuro di tutti i messaggi precedenti occultati nella "Filza delle non Lette", inclusi quelli da Costantinopoli, da Madrid e la lettera perentoria del Lallement, con la loro drammatica e urgente significanza. Da pagg. 322 - 323: Il destino della Repubblica fu deciso dalla maggioranza de' Savj, che vollero continuato l'afferrato sistema. Battaglia dai "Cahiers d'un volontaire de 91" d Xavier Vernère (courtesy of http://gallica.bnf.fr). Tale risposta, indirizzata al Lallement il giorno 8 Ottobre 1796 è riportata alle pagine 323 e 324.
Segue un'esposizione ora sottilmente ora grossolanamente falsificata di tali "massime" e dei benefici da queste sempre "garantiti" alla Repubblica di Venezia.
La breve lettera si chiude con una perorazione al Lallement di intercedere presso il Direttorio per una benevola accettazione del rifiuto di alleanza militare e la secca comunicazione che non si intende quindi nominare alcun negoziatore come era stato richiesto. E' chiaro dal tono della Lettera che essa mira da un lato a favorire la ricerca di pretesti da parte dei Francesi, ignorando del tutto l'aut-aut apertamente minaccioso del Lallement, mentre dall'altro illude il Senato di avere ratificato solo un ennesimo "scambio di cortesie" con un ospite inopportuno ma ancora controllabile. Risolto in questo modo l'imbarazzo causato dall'ultimatum del Lallement, i Savj continuarono nel loro inerte attendismo, mentre le Province restavano bersaglio delle Armate belligeranti, e in particolar modo "delle indisciplinate Truppe Francesi". Il 15 Ottobre Ottolini spedisce da Bergamo un Dispaccio di aggiornamento sulla situazione, finirà nella famosa "Filza delle non lette", ma noi lo vedremo nella prossima pubblicazione. Umberto Sartori Il pianto di Venezia (libera interpretazione da www.agerecontra.it). NoteNota 1 - A coloro che avranno letto delle soperchierie e delle slealtà perpetrate dagli occupanti francesi, nonché dei piani strategici "Francesi" elaborati sin dal 1792, con particolare riguardo al "cercare pretesti di conflitto con ogni mezzo", questa lettera del Lallement non potrà che sembrare un incredibile esercizio di protervia e falsità. Così la valuta il Tentori stesso, del resto. Purtuttavia, prendendo in esame gli argomenti del Francese con il senno di poi, dovrebbero colpire alcuni aspetti più generali delle sue argomentazioni. Un moderno assioma informatico recita. "Ciò che non fa parte della soluzione fa parte del problema". Mantenendosi neutrale in un conflitto che interessava non solo gli assetti europei, ma due modelli statali e di governo tra loro alternativi, la Repubblica di Venezia veniva a trovarsi in posizione di essere "parte del problema" per entrambi gli schieramenti. Non è dunque falso il ragionare di Lallement, poiché la Serenissima, rifiutando sia di appoggiare uno dei contendenti, sia di costituirsi come terza soluzione autonoma, di fatto si poneva in balia di colui che sarebbe uscito vincitore dal conflitto generalizzato. Non è la sola modernità, che riqualifica le parole del Ministro Francese: un simile messaggio i Veneziani "Christianissimi" avrebbero dovuto ascoltare dai versetti dal 14 in poi del III Capitolo del "Libro dell'Apocalisse", dove si sente l'Altissimo aborrire coloro che non sono "né freddi né caldi". Essi avrebbero potuto ascoltare solo se avessero ancora posseduto quell'orecchio che la Bibbia chiede per intendere. Da tempo invece in Venezia quelle orecchie erano tappate dal pus della corruzione morale e politica, formatosi con l'allontanarsi del Popolo e del Governo Veneto dai dettami della Virtù. Se pure ormai mi sento abbastanza sicuro di essere nel vero, affermando che il destino di Venezia era già stato deciso, e la sua condanna già pronunciata nella "cabina di regia" fisica e metafisica di quelle guerre, non mi è dato di sapere quale fosse il livello di consapevolezza del Lallement in quel gioco. Le sue parole in questa lettera potrebbero essere assai meno false di quanto si possa pensare, e forse anche essere dettate da quell'amore che Venezia fa sorgere spontaneo nella maggior parte degli stranieri che vi vengono a risiedere. Non vi è dubbio alcuno, infatti, che Venezia avrebbe tratto miglior giovamento da qualsiasi altra soluzione diversa da quella dell'ignavia. Con gli Schiavoni e i Bergamaschi essa avrebbe da sola potuto annientare l'armata Napoleonica, non fosse che per come questa si trovava solitamente sparsa sul Territorio intenta ai saccheggi. In tal modo essa avrebbe potuto affermarsi come rettificatrice di quegli orrori che in Francia si erano commessi e commettevano in nome della Repubblica. Repubblica che Venezia sola aveva rappresentato per secoli. Avrebbe altresì potuto accettare l'alleanza con la Francia e, forte del suo prestigio, delle proprie enormi risorse finanziarie ed economiche nonché dell'abilità diplomatica dei suoi ambasciatori, assumere un ruolo leader in questa nuova avventura di una Repubblica moderna. In entrambi i casi essa avrebbe potuto stare di fronte al modello Sacro-romano-imperiale Austriaco come e meglio di come aveva fatto nel passato. I se e i ma non hanno peso nella Storia, ma ne hanno invece sul giudizio che la Storia pronuncia sui suoi protagonisti, come, nel caso presente, il Lallement. Ecco la ragione di questo divagare nel fantastico. Un fantastico, oggi, che poteva però apparire come un futuro possibile al Residente Francese in Venezia del 1796. Vai a pagg. 302 - 313 | In questa pubblicazione, pagg. 313 - 324 | Vai a pagg. 324 - 333 || Va all'Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||
Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori |