Storia di Venezia

Pagina pubblicata 11 Luglio 2014

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, XXXIV

INDICE || Tomo Primo 1788-1796 || Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XXXIV
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE SECONDA
Del Progresso della Rivoluzione dal Primo Giugno 1796 al 12 Marzo 1797 (pagg. 173 - 396)

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L'antico Louvre a Parigi in una veduta secentesca di Reinier Zeeman

L'antico Louvre a Parigi in una veduta secentesca di Reinier Zeeman (courtesy of Wikimedia).

Da pag. 380:

1796 M. V. 12 Febbraio.

In questa segretissima Comunicazione al Collegio dei Savj, il Tribunale degli Inquisitori brevemente riassume l'attività di Intelligence europea messa in atto dal Nobile a Parigi Alvise Querini negli ultimi mesi, su incarico del Tribunale stesso.

Nel Settembre 1796 Querini ha riferito di un negoziatore segreto inviato da Vienna a Parigi al fine di trattare alcuni assestamenti territoriali tra i due Paesi:

  • scambio della Baviera con la Lombardia Austriaca;
  • cessione delle Fiandre;
  • fissare il fiume Reno come confine;
  • unificare la Lombardia e il Ducato di Modena in un solo Stato indipendente;
  • rinuncia dell'Austria a ogni pretesa sull'Italia.

L'accordo non si era però concluso, forse a causa del fatto che la cessione della baviera era osteggiata dalla Corte Prussiana.

A Novembre 1796 è la volta di un negoziatore francese, il "General Clark" a noi già noto dalla pubblicazione precedente, tentare di recarsi a Vienna per negoziare un armistizio.
Sappiamo che Clarke non arrivò a Vienna, ma Querini ci informa che nel suo soggiorno a Milano avrebbe avviato segretissimi contatti con l'ambasciatore Austriaco a Torino, nei quali si sarebbero manifestate intenzioni delle due Potenze, in merito agli Stati Italici, dove "gl'interessi del Dominio Veneto non vi siano intieramente preservati innocui.".

Gli Inquisitori segnalano quindi di avere ricevuto un nuovo Dispaccio da Parigi, in data 25 Gennaio 1797 (1796 More Veneto), il cui "grave argomento" il Supremo Tribunale demanda al Collegio.

Querini esordisce esponendo il suo grande impegno nell'ottemperare agli ordini ricevuti di osservare ogni movimento relativo a una possibile Pace tra Austria e Francia, con particolare attenzione alle conseguenze che tale Pace potrebbe portare allo Stato Veneto.

In questa osservazione, egli è riuscito a "scoprire cosa, che il solo timore, che possa verificarsi, sarà per amareggiare estremamente l'animo di V.V. E.E. (1)".
Nota a pag. 382:

(1) - Il Senato non provò l'amarezza, che temeva di spargere il N. H. Querini; poichè la carità de' Savj gli occulto questo, come tanti altri Dispaccj, premendo ad essi, che i Senatori continuassero il loro sonno tranquilli.

Querini deve la sua scoperta a "una Persona, che giornalmente frequenta un Membro del Direttorio, ed anzi è tra quelli, che formano la sua privata Società".

Questa "Persona" ha riportato al Nobile in Parigi un discorso del Membro del Direttorio, dal quale chiaramente appariva un fondamentale interesse francese a conservarsi il Belgio. In cambio di quello, la Francia avrebbe concesso all'Austria "qualunque compenso".

Impossibilitato a dare in cambio la Baviera, per la fiera opposizione della Prussia, il Direttorio offriva adesso la Lombardia con tutte le Province italiche che l'Austria potesse desiderare, e in particolar modo quelle attualmente soggette al Veneto Dominio.
Il Generale Clarke avrebbe già ricevuto "le relative istruzioni e commissioni".

Querini non vorrebbe credere al suo informatore, ma il progetto in realtà non gli è del tutto nuovo, e già lo aveva segnalato al Tribunale con i suoi dispacci "del 10 Gennaio dell'anno scorso" e del "28 Settembre ultimo decorso". All'epoca egli non aveva saputo persuadersi che davvero la Francia potesse mettere in atto un comportamento così sleale:
da pag. 382:

... non mi sembrava di potermi persuadere, "che da questo Governo contro ogni buon principio si tentasse di tradire in sì fatto modo la buona fede, ed abusare si volesse della Religione d'una Potenza amica, e neutrale".

(N.di U.S. - Se il Querini avesse letto i Discorsi dei Senatori Veneti nella "Storia d'Italia" del Guicciardini, non avrebbe avuto difficoltà nel persuadersi di tale abitudine francese...).

Alla ricerca di una possibile smentita ai suoi timori, Querini pone esplicitamente la questione al Direttore Rewbel, in occasione della presentazione di una delle "Promemoria" relative ai soprusi delle truppe francesi in Verona e Bergamo.

Già si temeva da parte veneziana che la Francia volesse abusare della buona fede al fine di "più a lungo pesare sopra quelle Provincie"; vi si aggiunge ora il timore che il premio per la tolleranza e la generosità dimostrata dalla Serenissima sarà l'attentare alla sua Sovranità Territoriale e alla sua stessa esistenza politica.

Rewbel risponde sbrigativamente che il Direttorio non ha quelle intenzioni. Qualora la Repubblica di Venezia avesse continuato a essere neutrale, e non avesse dato adito a sospetti di essere favorevole agli Austriaci, egli garantiva che non le sarebbe stata arrecata offesa o danno in caso di un trattato di pace. Poi congeda il Querini senza concedergli replica.

L'Ambasciatore veneziano vorrebbe sentirsi rassicurato dalla parola del membro politicamente più influente del Direttorio, ma non può esimersi dal dubbio:
da pagg. 383 - 384:

... la "Sapienza di V.V. E.E. ... ben facilmente dedurrà, quanta poca fiducia portar si debba alle asserzioni di questo Governo, il quale finora fece dipendere solo le sue direzioni dall'eventualità delle circostanze, e dal proprio interesse, ben facilmente abbracciando qualunque pretesto, e le più leggere apparenze, onde attribuirsi il diritto di agire in modo totalmente contrario a quello, che per ogni principio di ragione, e di giustizia gli converrebbe di fare".

Il Dispaccio del Querini si conclude con la speranza che il prossimo rinnovo del terzo Corpo legislativo francese, e la prevista sostituzione di un Membro del Direttorio, possa cambiare la presente politica estera di quel Paese e con essa lo stato attuale delle cose, che vede "sommamente pericoloso" per i "Pubblici Sovrani riguardi" della Repubblica di Venezia.

Storia di Venezia - Il Generale Andrea Massena

Il Generale André Masséna (courtesy of http://anaraquelvaz.blogspot.it).

Il dilagare delle truppe "francesi" su Vicenza, Padova e Treviso in seguito alla seconda ritirata dell'Alvinzy nel Gennaio 1797, aveva moltiplicato le proteste, le richieste di aiuto e di istruzioni da parte dei Pubblici Rappresentanti in queste Province, che si trovavano a dover affrontare "smisurate requisizioni, con saccheggi, con rapine, ed incendj.".

Il Senato decise quindi di commissionare al "N. H. Francesco Pesaro Proc. e Cav." un ricorso di protesta "al Ministro Francese in Venezia Sig. Lallement.".

Il Pesaro, nella sua qualità di "Conferente", presentò le più vive rimostranze al diplomatico francese, perché si interessasse presso il Direttorio a che venisse posto un freno a tanti mali.

Segue la trascrizione del rapporto al Senato del Pesaro, il 23 Febbraio 1797 (la "conferenza" deve essere andata piuttosto per le lunghe, dal momento che Pesaro aveva ricevuto l'incarico il 4 Febbraio).
Pesaro infatti accenna a molteplici abboccamenti col Lallement, sui quali ha preferito riferire complessivamente anziché di volta in volta.

Il nostro Conferente ha scelto di adottare la tecnica di sottoporre al Francese la documentazione diretta delle malefatte del suo esercito, piuttosto che rappresentargli la situazione con parole proprie.

Egli ha potuto riscontrare la grande sensibilità dell'interlocutore a tali testimonianze, "che di fatto non lasciarono di produrre nel di lui animo la più sensibile impressione a grado tale, che più d'una volta me ne fece sospendere la lettura, dimostrandosi vivamente penetrato, e commosso." (da pag. 385).

Pesaro approfitta di questa tenerezza dell'anima francese per rincarare la dose esponendo i sacrifici che Venezia si impone per mantenere l'Armata occupante nonostante "l'enorme eccedenza delle requisizioni, e l'aperta dilapidazione, e scialacquo de' generi più necessarj alla vita" stiano riducendo alla carestia intere Province dello Stato Veneto.
In cambio le Popolazioni sono corrisposte "con li modi più duri, e violenti.".

Il veneziano suggerisce due azioni, per rimediare a questo stato di cose:
1 - che i Commissari comincino a pagare i generi che i loro soldati consumano;
2 - che le requisizioni siano circoscritte ai reali bisogni, e non moltiplicate a favore dell'avidità dei Commissari stessi.

Sulla questione dei pagamenti il Lallement, forse moltiplicando le sue lacrime assieme alle sue "consuete abbondantissime frasi, sempre però vuote d'effetto", si vede costretto a informare il Conferente che il suo Governo, pur ardendo dal desiderio di soddisfare tali pagamenti, si trova al momento privo di ogni possibilità di esaudire tale desiderio.

Rimanda dunque ancora una volta un pagamento, almeno parziale, a future ulteriori risorse che i Francesi intendono estorcere agli altri Principi d'Italia.

Da pag. 386:

Conoscendo però per una troppo trista esperienza l'inutilità di ulteriore insistenza sopra quest'articolo, mi restrinsi a procurare almeno, che un qualche ordine, e misura si introducesse nel fatto delle requisizioni, onde risparmiare l'esistenza de' generi di prima necessità, de' quali cominciano pur troppo a scarseggiare le Provincie, ...

A tal fine, Pesaro produce a Lallement le prove documentali delle malversazioni collegate alle forniture della colonna di Massena in Bassano, dove si requisiscono non solo razioni eccedenti il reale fabbisogno, ma le requisizioni stesse vengono ripetute per la stessa truppa in tre e anche quattro località diverse.
Da pag. 386:

... ìl che certo non poteva aver per oggetto il suo sostentamento, ma solo procedeva dall'arbitrio e dall'avidità de' Commissarj, i quali senza alcun riguardo si permettevano di fare il più turpe, e dannato mercimonio.

Una volta provato il malcostume per gli uomini di Massena nel Bassanese, Pesaro dà libero sfogo alla descrizione colorita delle generali malversazioni francesi.

L'animo sensibile del Lallement non può fare a meno di compatire il Pesaro, e di schierarsi "col tono il più deciso" contro quelle persone che disonoravano il nome della sua Nazione e dell'Armata.
Certo in questo, il Lallement, di esprimere anche "l'intimo sentimento dello stesso General in Capite Buonaparte. (1) il quale non lasciava mezzi intentati per porre fine alle loro rapine.".

Nota a pag. 386:

(1) - Il fatto si è, che non i soli Commissarj, ma i Generali tutti erano dediti al latrocinio, alle rapine, ed alle depredazioni.
Questa non è calunnia. Lo stesso General Buonaparte col suo Proclama del giorno 9 Giugno 1797 a "salvezza de' Monti di Pietà", chiamò la sua Armata "Orda di Ladri, i quali avessero fatto punto d'unione nella Venete Provincie per rubare".
Che rubasse poi Buonaparte, lo abbiamo veduto nel Dispaccio di Torino del 21 Settembre 1796 del Residente Alvise Querini, in cui si contiene il trassunto d'una Lettera "dell'Aiutante General de Vial", il quale asserisce, "che Saliceti rubava con imprudenza, e Buonaparte con destrezza". Se dunque il N. H. Conferente per prudenziali riguardi fece ricadere l'odiosità tutta sopra i Commissarj Provigionieri, non è per questo, che gli fossero occulti i Latrocinj dello stesso Massena, e degli altri Generali di Divisione, i quali erano d'accordo co' Commissarj, e con questi dividevano la preda. Tal era l'infame condotta della generosa Nazione in un Paese amico, e neutrale.

Pesaro propone dunque di esautorare i Commissarj, facendo in modo che siano direttamente i comandanti militari a concordare con le Autorità locali l'entità e le modalità delle requisizioni.

Lallement si mostra entusiasta di questa soluzione, e si impegna a proporla direttamente a Massena, che al momento rappresentava il Generale in capite, assente in quanto impegnato nel saccheggio degli Stati della Chiesa "(2)".

Nota a pag. 387:

(2) - Il General in Capite Buonaparte era a questo tempo distratto a depredare lo stato Papale, che ridusse ad una Pace funesta col Trattato di Tolentino, il quale doveva essere di poca durata.
La comparsa del R. Arciduca Carlo alla Piave, li fece accelerare la conclusione.

Purtroppo, l'interessamento del Lallement presso il Massena fu "ben lontano dal partorire il contemplato effetto".

Le successive lettere del Rappresentante Veneto in Bassano segnalarono infatti un inasprirsi, della violenza dei modi messa in atto da Massena verso il Rappresentante stesso e verso i Deputati e Provveditori di quella città.

Pesaro dunque presenta questa realtà al Ministro francese in Venezia, ricavandone nuove affermazioni di solidarietà e la promessa di un suo nuovo, più incisivo intervento presso il Massena.

Mentre si attendevano gli esiti di questa nuova reprimenda del Lallement, arrivò invece inaspettata dal Massena una lagnanza relativa al fatto che la Provincia ospitante le sue truppe si trovava ormai in stato di grave carestia, per cui venivano a mancare i generi di prima necessità, e non vi era modo di procurarseli altrove.
Conveniva dunque che la Repubblica si affrettasse a provvedere al sostentamento delle Truppe "per togliere alla licenza militare i pretesti di arbitrariamente, e indistintamente vessare li Popoli".

A tal fine auspicava che si formassero degli accordi ("intelligenze") tra il Lallement e il Pesaro affinché alle sue truppe non venissero a mancare i necessari sostentamenti.

Il Lallement diventa più esplicito, pur in forma ellittica, invitando il Pesaro a considerare che vi potrebbero essere "de' modi tendenti a conciliare quest'interessantissimo punto con qualche soddisfazione delli riguardi reciproci".

Il Pesaro si era dapprima schermito adducendo il fatto di non avere autorità per trattare simili argomenti, ma a questa non troppo velata richiesta concussiva non può trattenersi dal rimarcare come da tempo Venezia, oltre a rifondere parzialmente i danni ai saccheggiati per tenere basso il rancore popolare, abbia elargito bustarelle a destra e a manca per "promuovere la buona disciplina, e l'ordine delle Truppe" senza però mai vedere un positivo effetto da tale pratica, se non l'aumento dell'avidità da parte di quelle truppe e dei loro comandanti.

Egli dunque, oltre a non avere autorità per tali trattative, nemmeno crede in una loro qualsiasi efficacia.

Lallement suggerisce allora che, in luogo delle consuete comunicazioni scritte, si chieda a Massena l'invio a Venezia di un "Ufficiale di distinzione", munito di credenziali, il quale sia lui a condurre la trattativa alla presenza del Pesaro stesso; Lallement si dice sicuro che tale abboccamento personale non avrebbe mancato di produrre buoni effetti.

Pesaro rifiuta ancora, ma deve impegnarsi a riferire la proposta al Senato, cosa che in effetti fa, non fosse che per sgravarsi della responsabilità del rifiuto.

Sottolinea quindi l'importanza che le Loro Eccellenze prendano al più presto una decisione in merito, in quanto Massena potrebbe prendere unilateralmente la decisione di inviare il suo Ufficiale.
Pesaro chiede anche che, nel caso di una decisione che lo veda effettivamente conferire col Massena, direttamente o per tramite dell'Ufficiale consigliato da Lallement, gli siano impartite "le più chiare, e dettagliate istruzioni" per sostenere il suo animo in tanto insolita e grave trattativa.

Due giorni dopo, il 25 Febbraio "essendo Savio in Settimana il medesimo zelante, e benemerito Cittadino Francesco Pesaro", il Senato decise di non accettare la trattativa con Massena con 71 voti contro 68. Del resto, Massena non inviò mai alcun ufficiale.

Da pag. 390:

Il fatto si è, che non giunse mai detto Uffiziale, giacchè il piano de' Generali Francesi era quello di mantenere l'armata, e di arricchirsi essi medesimi a carico de' Veneziani, e quindi una concretazione, che frenasse le loro ruberie, non era di loro genio.

Mentre il N.H. Pesaro maneggiava con tanto zelo gli affari della Patria, "Francesco Battaja Provveditor Estraordinario, che risiedeva in Brescia, attorniato da una Corte corrotta", si studiava con ogni mezzo di screditare il timido Ottolini in Bergamo, ma questa è una faccenda che vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori

Storia di Venezia - Skyline di Tolentino

Una suggestiva veduta di Tolentino, la città nelle Marche dove Napoleone, grazie ai consistenti rinforzi ottenuti dall'Alvinzy ad Arcole e Rivoli, poté costringere il Papa a un nuovo Trattato di sottomissione, dopo quello di Bologna che il Pontefice aveva rigettato in occasione delle spedizioni austriache in Italia.
Il 17 febbraio 1797, nelle sale di Palazzo Parisani il trattato fu siglato tra Napoleone Bonaparte e la delegazione della Santa Sede in rappresentanza di Pio VI. Con la firma di questo trattato la Chiesa rinunciò al potere temporale, cedendo contestualmente possedimenti e un gran numero di opere d’arte ai francesi.(courtesy of http://www.turismomarche.com).


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