Storia di Venezia

Pagina pubblicata 9 Novembre 2014

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, XXXVII

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XXXVII
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

Vai a pagg. 3 - 12 | In questa pubblicazione, Vol II pagg. 13 - 29 | Vai a pagg. 29 - 45

|| Approfondimento della figura di Landrieux || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||

Storia di Venezia - Veduta di Bergamo

Grafica da un dipinto di Claudio Facheris. Courtesy of http://alessandra-creativefamily.blogspot.it.

La pagina 13 si apre con una Relazione nella quale Ottolini vorrebbe informare il Senato dei drammatici avvenimenti del colpo di Stato in Bergamo. Inutile dire che anche tale dispaccio non raggiunse mai il Senato, e fu dai Savj inserito nella famigerata filza delle "Comunicate non lette".

Tale Relazione fu presentata agli Inquisitori il giorno 16 Marzo 1797, all'arrivo dell'Ottolini in Venezia; essa, dopo un succinto richiamo ai fatti dal 25 Dicembre 1796, descrive gli eventi del 12 e 13 Marzo 1797, in cui Bergamo passò nelle mani di una Municipalità provvisoria filo-francese.

La Relazione si apre con una geremiade nella quale si da notizia del passaggio di potere in Bergamo.
Da pag. 13:

Quella Città del Governo della quale in pubblico nome fui onorato, che volontaria si diede, sono ormai quattro Secoli, sotto il Veneto Dominio, e che visse tranquilla all'ombra del più giusto e placido governo, Bergamo non è più sotto gli auspicj fortunati della Repubblica.
La più nera violenza, la più prepotente ingiustizia, il più reo tradimento la sottrasse al dolce Veneto freno per sottopporla ad un giogo...
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Segue una discolpa attraverso la lunga serie delle sopraffazioni subite negli ultimi due mesi e segnalate agli Inquisitori senza ottenerne alcun rimedio.
Da pagina 13:

Le avanzate pretese, ... l' apprensione violenta delle artiglierie, ... le operazioni del Castello, ... le sparse difamazioni, le quotidiane minaccie, cose tutte già da me rassegnate a pubblico lume ...

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La mattina del 12 Marzo si presenta con grandi manovre di Truppa francese nella città.

  • Interi Reparti francesi pattugliano le strade fin dall'alba.
  • Essi hanno raddoppiato le Guardie alle "Porte della Città".
  • Cinque cannoni sono usciti dal Castello e sono stati posizionati nella Piazza, due rivolti verso il "Palazzo della Città", due dalla parte opposta e uno a Porta Sant'Alessandro "contro il Pubblico Palazzo".
  • Nel Castello "si osservava un estraordinario movimento".

Ottolini invia il capitano Corner dal Comandante francese per avere spiegazione di questi fatti.
La risposta è che il Francese ritiene in tal modo di prendere precauzioni a fronte del rafforzo delle pattuglie notturne di polizia predisposte dai Veneti, nonché dell'annunciata riunione dei Bombardieri, sulla quale a sua volta chiede chiarimenti.

Ottolini risponde che le pattuglie hanno come unico scopo quello di "impedire le notturne violenze, e le ruberie, che si andavano moltiplicando". Riguardo la riunione dei bombardieri, essa si sarebbe svolta senza armi e al solo scopo di rinnovare le Cariche della Fraglia. Era una riunione pubblica, alla quale l'Ottolini auspicava la presenza del Comandante francese stesso.

Proprio nel corso di questa riunione, Ottolini viene contattato da alcuni Deputati locali, che gli richiedono un colloquio urgente. Congedatosi dai Bombardieri, Il Vice Podestà si ritira nel suo appartamento con i "suddetti Signori, tremanti e sbigottiti".

Dal cav. Vertoa, Ottolini apprende di una convocazione dei Deputati al Comando francese, dove era stato loro intimato di sottoscrivere il "Voto della Nazione per la Libertà, e per l'unione del Bergamasco alla Repubblica Cispadana." (da pag. 15).

Alle loro proteste di fedeltà alla Serenissima, il Francese ha minacciato di morte entro la sera stessa chi osasse disobbedirgli. Solo essi hanno ottenuto di potersi consultare con il Rappresentante veneto, cosa che il Comandante ha concesso con riluttanza.

Ottolini, ripresosi dalla sorpresa, suggerisce che la risposta venga dal cuore di ciascuno, auspicando che forte si faccia sentire la voce di quei progenitori che si erano votati alla Repubblica.

Auspicio del tutto vano, dal momento che i Deputati, pur professandosi disponibili a riunirsi allo Stato Veneto come sudditi fedeli, qualora questo si fosse dimostrato capace di fornir loro adeguata protezione, optarono per cedere "tatticamente" alle minacce francesi.

Mentre si svolgeva il colloquio fra Ottolini e i titubanti Deputati, le sottoscrizioni alla Repubblica Cispadana tra i notabili della città erano già in corso con la supervisione degli Ufficiali francesi "Lhermit e Boustion". Le prime firme furono naturalmente quelle "de' già noti malintenzionati".

Circolano voci sul fatto che in Brescia starebbe avvenendo la stessa cosa, e Ottolini, del tutto disorientato, non trova altro da fare che inviare un "espresso sforzato" al Procurator Battaja in quella Città.

Il Comandante francese diffida i "Bassi Ministri" ovvero la Polizia, dall'effettuare qualsiasi arresto, sotto pena di fucilazione.

Ottolini attende inutilmente tutta la notte il ritorno dell' "Espresso sforzato" da Brescia: all'alba riceve invece la notizia che dal Castello è stato ammainato lo stendardo Veneto e che il suo espresso è stato intercettato.

Sappiamo dalle Memorie di Landrieux che la sua lettera verrà utilizzata dai Francesi come ulteriore "prova" delle intenzioni belliche Venete nei loro confronti, in una generale mistificazione con la quale si dichiaravano estranei ai fatti golpisti. Essi, a loro dire, manovravano infatti solo a titolo preventivo di una eventuale azione contro di loro da parte delle Truppe e della Polizia Venete al servizio di Ottolini.

Il Comandante Francese chiede al Vice Podestà una versione scritta delle motivazioni sul rinforzo delle pattuglie e della riunione dei bombardieri.
Secondo Ottolini, il Francese lo minaccia di morte e di aprire il fuoco sulle Truppe venete in caso di rifiuto, quindi ritiene opportuno assecondare la richiesta, senza che questo suo accondiscendere calmasse però le manovre delle Truppe francesi.

Il mattino del 13 Marzo 1797 il Vice Podestà invia di nuovo il capitano Corner al Comando Francese, con una vibrata protesta.

Per tutta risposta, il Comandante gli annuncia un cambiamento di scenario: il popolo Bergamasco era adesso libero, ed egli intendeva sostenere e aiutare questa liberazione, rimuovendo ciò che gli era di ostacolo.

Lo informa anche di avere intercettato la sua lettera a Brescia, e che il suo contenuto è tale da costargli l'espulsione dalla città entro un'ora, in alternativa a un arresto con immediata traduzione a Milano.

Tale intimazione gli viene poi personalmente confermata con la visita degli Ufficiali francesi "Lhermit e Boussion", in compagnia del "nuovo eletto Capo Popolo C. Pietro Pesenti, e Co. Alborghetti Municipalisti in Divisa, e Coccarda Francese" (da pag. 17).

Se avesse potuto opporsi sensatamente, Ottolini lo avrebbe fatto ma, non vedendo altra via, decise di obbedire, costretto a fidarsi della parola francese riguardo la possibilità di una partenza meno concitata della sua famiglia e del suo bagaglio.

Prima di lasciarlo andare, il Francese gli esterna altre richieste:

  • Consegna della "cassa Bagatino" (1) (Lire 70 circa);
  • una dichiarazione con cui si impegnava a perorare in Venezia la scarcerazione dei detenuti per reati d'opinione legati alle "nuove Massime";
  • licenziamento della Truppa Veneta.

Ottolini risponde che la Cassa "era in mano de' Signori della Città", firma "l'inconcludente carta" e rifiuta di licenziare la Truppa.
Quindi raccomanda al Camerlengo di "possibilmente assicurarsi della Pubblica cassa" (75 Lire circa), cercando di farla pervenire a Venezia con una tratta o altro modo, e parte sconsolato per Brescia, accompagnato fino a Villa di Seriate da un Ufficiale francese.

A Brescia incontra il Battaja, che lo reindirizza a Venezia.

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Annotiamo che in questa relazione Ottolini non menziona in alcun modo i suoi abboccamenti e gli accordi presi con il Landrieux, che pure vi furono, come si intuisce dalla relazione del suo segretario Stefani a Pubb. XXXVI e come ci conferma Landrieux nelle sue Memorie.

Il Vice Podestà di Bergamo era stato gabbato, per di più con la complicità di una sua parente, la contessa Albani, ed evidentemente temeva di ricordarlo ai Superiori. Come vedremo a pubb. XXXVIII, i suoi approcci segreti alimenteranno l'inchiesta a suo carico da parte del Consiglio dei Dieci.

L'arrivo di Ottolini a Venezia non sarà una sorpresa, in quanto preceduto da un Dispaccio del Battaja, spedito la sera del 13 Marzo da Brescia.
Nel dispaccio il Battaja dice di avere appreso della triste sorte di Bergamo da una lettera del capitano di Cavalleria Wlastovich, in servizio al Presidio di quella città, lettera che acclude ma che non troviamo nelle carte del Tentori.

Al dispaccio era di poco seguito l'arrivo del Vice Podestà, che il Procuratore inviava direttamente a Venezia senza riassumere le cose che questo avrebbe meglio potuto dire di persona, giungendo nella Dominante più o meno assieme al suo messaggio.

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Da pag. 19:

Nel giorno 14 i nuovi Municipalisti di Bergamo si enunziarono al Popolo Bergamasco, onde fossero da esso riconosciuti, come legittimi suoi Rappresentanti, e lo fecero col seguente Proclama.

"Viva la Libertà di Bergamo".

Il popolo Sovrano è informato, che la Municipalità Provisoria comincierà quest'oggi le sue funzioni, e le continuerà infin al momento, che il detto popolo nomini da per se gli amministratori, che egli onorerà col la sua scelta.

Li 24 Ventose anno V Repubblicano (14 Marzo 1797).

Nello stesso giorno, i Municipalisti inviano una lettera alla Repubblica Cispadana.
Dalle pagine 19 - 20:

Li 24 Rappresentanti Provisorj del popolo Sovrano di Bergamo alla Repubblica Cispadana,
Abbiamo in questo punto conquistata la nostra Libertà. Desideriamo collegarla colla vostra.
Ricevete la nostra amicizia: concedetici quella del popolo, che rappresentate.
Viviamo, combattiamo, e moriamo, se abbisognerà, per la medesima causa. I popoli liberi non devono avere che una maniera di esistere.
Siamo dunque uniti per sempre Voi, i Francesi, e Noi.

Bergamo 24 Ventose.

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Lo stesso 14 Marzo il Procurator Battaja inviava un nuovo dispaccio a Venezia.
Comunica che a Brescia è giunta anche la famiglia di Ottolini seguita a ruota dal "Capitan di Artiglieri Corner, ed il Capitan Tenente d'Italiani Uganin".

Questi riferiscono che i Francesi hanno disposto di far partire il resto della Truppa Veneta in Bergamo: "due Compagnie di Cavalleria crovata, due d'Infanteria Oltremarina, e tre d'Italiana".

La fanteria ha dovuto consegnare le armi, e si teme che siano chieste anche alla Cavalleria.

Tre Municipalisti e un Francese si sono presentati alla Cancelleria Prefettizia, prendendone possesso e ordinando ai funzionari di rimanere per il momento ai loro posti.

Battaja si lamenta di non avere notizie più precise, soprattutto riguardo alle popolazioni rurali. Il Rappresentante di Crema gli ha comunicato che la notizia di Bergamo è giunta anche alla sua città, suscitando "sommo dolore, e avvilimento".

Anche le "figure principali" della popolazione di Brescia gli confermano il loro attaccamento a Venezia.
Da pag. 20:

Ma come l'esempio mi dà la maggior inquietudine, così vorrei che l'esercizio delle mie cure avesse la facoltà di arrestare gli effetti.
Nell'umiliare a V. Serenità questi dolenti cenni, mi saranno a conforto i comandi di VV. EE. per guida delle incerte mie direzioni. Grazie.
Brescia 14 Marzo 1797 ore 6.
Francesco Battaja Prov. Estraordinario.

Alla luce di quanto appreso nelle memorie del Landrieux, vien fatto di pensare che non si tratti di una frase di circostanza, ma di una vera richiesta di chiarimenti su cosa stia accadendo.
"... così vorrei che l'esercizio delle mie cure avesse la facoltà di arrestare gli effetti". Potrebbe essere un modo prudente per informare gli altri savj congiurati che la situazione gli è sfuggita di mano.

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Il Savio in Settimana Alessandro Marcello questa volta non trovò alcuno zucchero per indorare l'amara pillola al Senato.

Tuttavia questo non si mosse dall'usata ormai abitudine di rispondere alle violenze fisiche con rimostranze scritte e verbali. Furono indirizzati due reclami, uno al Ministro francese a Venezia Lallement e uno al Direttorio per mezzo del Nobile a Parigi.

Tentori riporta da pagina 21 a pagina 23 le due lettere in data 15 Marzo, entrambe a firma del Segretario Andrea Alberti.

Si tratta delle solite lagne sull'ingenua fiducia tradita e sulla conosciuta rettitudine dei ministri e Direttori Francesi, che certo non possono approvare simili gesta delle loro Truppe.

Il Senato fonda "una certa fiducia" nel fatto che il Direttorio e il Comandante in Capo Buonaparte non mancheranno di porre riparo alle malefatte del Generale "Comandante l'Armi Francesi in Bergamo".

Nella lettera a Parigi si accenna anche all'intenzione di inviare una nuova delegazione a parlamentare con Napoleone, composta da Francesco Pesaro e Zan Batt. Corner.

Segue, alle pagine 23 e 24, la lettera Ducale d'incarico al Pesaro e al Corner per la delicata missione diplomatica, sempre a firma del segretario Alberti.
Pesaro e Corner devono far pressione su Bonaparte perché egli sconfessi l'azione del Generale francese in Bergamo e ripristini la legittima autorità veneta su quella città.

Prima di recarsi dal Bonaparte, però, il Pesaro dovrà abboccarsi con il Lallement a Venezia per averne appoggio e consigli.
Da pag. 24:

... dalla qual intervista potranno altresì utilmente emergere ad esso quelle maggiori conoscenze che possono esser utili alla delicatezza dell'Incarico ...

Temendo, soprattutto su proteste del Provveditor Battaja, che il contagio rivoluzionario potesse espandersi ad altre Province, il Senato, sempre il 15 Marzo, ritenne anche di dare disposizioni al Consiglio dei Dieci perché fosse intensificata la vigilanza "per vie segrete".

Quanto questa misura fosse inutile, lo sappiamo da due fatti. Dal divieto in ossequio alla neutralità di "disturbare" i portatori di patenti francesi e dal fatto che, come abbiamo appreso dalle Memorie di Landrieux, tutti i sobillatori e gli agitatori veneti erano stati muniti di quelle patenti.

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Pesaro stila una relazione del suo incontro con il Lallement il 16 Marzo 1797, e Tentori la riporta integralmente dalla pagina 25 alla 29.

Per l'ennesima volta, egli ha rappresentato all'Ambasciatore francese la delusione e il dolore del proprio governo, a fronte delle mille prove di amicizia e sacrificio offerte dalla neutralità veneziana.

Certo che i fatti di Bergamo siano frutto del colpo di testa di un sottoposto, egli richiama l'onestà dell'interlocutore ad appoggiare la sua richiesta di ripristino della sovranità veneta in Bergamo sia presso il Direttorio che presso Napoleone, col quale, informa, ha incarico di conferire al più presto, assieme al Corner.

Lallement si schermisce come sua consuetudine. Egli è del tutto all'oscuro degli avvenimenti, che gli si presentano come un "mistero inestricabile", dal momento che le più recenti direttive del suo Governo "erano in un senso totalmente diverso".

In questo caso, possiamo forse dar credito al Lallement, che poteva e anzi assai probabilmente era del tutto all'oscuro del piano personale di Landrieux e Kilmaine.
Forse solo Napoleone e Landrieux, sapevano esattamente cosa stava succedendo, o forse solo Landrieux e Kilmaine, se davvero l'idea della rivoluzione anticipata fu parto dell'agile mente truffaldina del Capo dell'Ufficio Segreto (cfr. Jean Landrieux).

Dapprima egli, il Lallement, aveva pensato che si fosse trattato di una spontanea ribellione della popolazione bergamasca, ma dal momento che il Pesaro gli garantiva l'attiva partecipazione di ufficiali francesi alla rivolta, poteva solo immaginare che si fosse venuto a creare del malumore tra loro e il Rappresentante Ottolini, come in effetti gli era stato precedentemente segnalato da suoi informatori (Landrieux).

Convinto però della legittimità delle proteste veneziane, egli le avrebbe appoggiate incondizionatamente, sia presso il Direttorio che presso Bonaparte.

Lallement si dice poi soddisfatto che il Senato si sia finalmente deciso a inviare una delegazione diplomatica, se non a Parigi come da lui più volte suggerito, almeno al Generale in Capite, col quale si sarebbe certamente chiarito ogni dubbio e trovata la via per conservare l'armonia trai due governi.

Lallement fornisce al Pesaro e al Corner i lasciapassare per poter raggiungere Napoleone ovunque egli si trovasse senza temere di essere fermati dalle Truppe francesi.

Consiglia però ai due deputati di attendere un momento in cui il Generale fosse libero dai più pressanti impegni bellici, che al momento lo vedevano incalzare gli Austriaci in ritirata.
Preso in un momento più sereno Napoleone, Lallement se ne faceva garante, sarebbe stato felicissimo di riceverli.

Tornato il Pesaro sull'argomento della sopraffazione militare di Bergamo, Lallement, per provare la propria buona fede, gli mostra un dispaccio originale del 15 Febbraio, e gliene fa fare copia sul momento.
In tale dispaccio si vuole giustificare la prima occupazione del Castello di Bergamo con il fatto che una "squadra di Birri Bresciani, e Bergamaschi", avrebbe attraversato il confine milanese per prestare appoggio alla fuga di due bande di prigionieri austriaci.

Non si trattava dunque di un atto contro lo Stato Veneto, ma di una rappresaglia verso pochi individui che contravvenivano in proprio alle massime di neutralità.

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Oltre alle lamentele per i fatti di Bergamo, il 12 e il 14 Marzo la Consulta dei Savj aveva incaricato il Pesaro di discutere con Lallement anche una questione marittima, relativa a vascelli francesi che esercitavano guerra di corsa nel Golfo di Venezia.

Il Pesaro ha incarico di chiedere che vengano ufficialmente comunicate le patenti per tale attività, al fine di poter distinguere i corsari francesi da tutti quei "malviventi, o Pirati", che avrebbero potuto approfittare delle circostanze per "esercitare a danno degl'innocenti naviganti ogni sorte di violenza, e latrocinio.".

Secondo il Pesaro la Repubblica, per le sue particolari, intrinseche relazioni marittime, "in nessun modo tollerava, che perturbata venisse in questi recessi dell'Adriatico, la navigazione ..." (da pag. 28).

Si doveva pertanto coi Francesi concordare una linea oltre la quale non fosse permessa la guerra di corsa, impegnandosi la Repubblica a imporre tale linea anche agli armi austriaci che potessero uscire dal porto di Trieste.

Lallement trova ragionevoli queste richieste, e promette di esporre "sollecitamente" al Senato le patenti dei suoi corsari.

Conviene sul tracciare la linea di non belligeranza, e a questo scopo dichiara che interpellerà un Comandante della Marina Francese residente a Bologna per avere istruzioni in merito.

Aggiunge di avere avuto conferma dal Generale Buonaparte di un episodio riguardante una fregata francese.

Il Comandante della nave, ricevuto ordine da Napoleone stesso di riparare nel porto di Venezia e di attendervi ulteriori ordini, aveva, secondo le istruzioni impartite precedentemente dal Lallement, rifiutato tale approdo, riferendo "ch'entro questo Estuario non si ammetteva alcun Legno Estero armato in guerra". Bonaparte allora aveva accettato il consiglio di mettere in attesa la nave nel "porto della punta di Piave".

Pesaro ringrazia per la previdenza, ma ribadisce che in tale porto la fregata dovrà limitarsi esclusivamente all'asilo, "senza mai permettersi di usare verso chichesia alcun atto di ostilità.".

Sia Lallement che Pesaro riferiscono a un precedente episodio nel quale a punta di Piave si era consentito il ricovero "pacifico" a una Squadriglia inglese.

Pesaro conclude la Relazione informando di essere in attesa del momento propizio per la sua più importante missione di incontrare il Bonaparte, sulla quale missione stende però il velo del più drastico pessimismo, quello autocommiserativo.
Da pag. 29:

Dio volesse, che all'efficacia delle mie intenzioni corrispondesse in tanta circostanza il grado delle mie forze, e "che nel terribile conflitto fra la ragione, e la violenza" restasse la più remota lusinga che quella dovesse prevalere.
Ma se le cose sono ormai ridotte a tale stato ... al mio animo abbattuto e agitatissimo ... sperare dalla sola assistenza Divina ... quel successo nella mia negoziazione, ché da tutti li rapporti delle durissime circostanze, e molto meno dalla conoscenza di me medesimo non mi è permesso in alcun modo di attendere. Grazie.
Venezia 16 Marzo 1797.
Francesco Pesaro K. Pr. Deputato.

Nonostante questo desolante colophon, Il Senato lodò la relazione del Pesaro la sera del 17 Marzo e gli riconfermò l'incarico di incontrare Napoleone.

Nella stessa riunione, si dava mandato al Consiglio dei Dieci di avviare un'inchiesta sul comportamento del Residente di Bergamo, Ottolini, come vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Trattasi di una cassa in cui venivano versate le tasse sui pegni nei Monti di Pietà. Detta "del bagatino" in quanto ammontava a un bagatino per lira. I fondi erano a disposizione dei Savj alla Sanità.

Dalle pagine 610 - 612 di: "Raccolta di terminazioni, et ordini tutti stabiliti dagl'illustrissimi, et eccellentissimi signori Piero Grimani, Michiel Morosini, e Zan Alvise Mocenigo 2o, ... sindici inquisitori in T.F. per la città, e provincia di Bergamo. L'anno 1721":

... così chè pet ogni Lire mille, quali sopra Pegni saranno prestate vengano escorporate Lire quattro, e Soldi trè V.C. per conto della sudetta Cassa a parte: e questo sia, e s'intenda il Bagatino di Sanità; il quale doverà di volta in volta essere messo in Scrigno separato, assicurato con trè Chiavi; l'una delle quali rimarrà in mano dell'attuale Tesoriere, l'altra de Conservatori, o Direttori del Monte,e la terza nell'Officio di Sanità in mano d'uno de Proveditori prò tempore di esso Officio.
...
E come la instituzione di una tal Cassa, e l'accumulamento di tale danaro riguarda li tempi precipuamente delle maggiori calamità (quali all'infinita Clemenza, e Pietà del Sommo Iddio piaccia di tener sempre lontane); così non sarà in tempo alcuno assentita veruna dispersione di esso dinaro, se non nelle più importanti contingenze; non dovendo per questo col pretesto d'una tale Cassa intendersi levati li modi naturali, e praticati, co' quali sin'ora da cadauna Città, e Territorio è stato supplito alle ordinarie esigenze di Sanità ...


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