Storia di Venezia

Pagina pubblicata 23 Maggio 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - LIII

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , LIII
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

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Storia di Venezia, il Capitano Domenico Pizzamano, Deputato al Castello di Sant'Andrea e Porto di Lido

Storia di Venezia, il Capitano Domenico Pizzamano, Deputato al Castello di Sant'Andrea e Porto di Lido, grafica da pitture settecentesche.

A Venezia si stanno disponendo in ordine tutte le tessere necessarie al prossimo colpo di Stato.
Abbiamo già visto il vispo Francesco Battaja insediarsi come Avogador da Comun, e adesso Tentori ci fa ritrovare, morto il povero Giacomo Nani, il famigerato Zuanne Zusto insediato come Provveditore alle Lagune e Lidi, con il futuro "giacobino" Tommaso Condulmer come luogotenente.1

Ecco dunque Zuanne Zusto consegnare al Senato, il 18 Aprile 1797, la relazione sullo stato di difesa in cui si trovava presentemente la Laguna.
Tale scrittura è riportata integralmente dalla pagina 228 alla 233.

Essa ci dà un ulteriore saggio della vuota logorrea dello Zusto, che dopo un breve encomio del Piano Nani e dell'opera del Luogotenente straordinario Condulmer inizia a smembrare l'argomento introducendo una assurda distinzione tra il concetto di "custodia" e quello di "difesa".

A questa dicotomia ne segue subito un'altra quadripartita: la "difesa delle Lagune" la "custodia delle stesse", la "difesa della Dominante" e la "custodia della stessa".

Tra questi deliri verbali, il Provveditore infilza qualche dato sulle effettive risorse di cui Venezia dispone, dati che sono in aperta contraddizione con quanto era stato calcolato dal Nani, soprattutto rispetto al numero delle Cernide che sappiamo erano già confluite nella Dominante, e alle quali lo Zusto nemmeno accenna, limitandosi ad auspicare che tali reclutamenti fossero avviati in Istria.

Il tutto viene poi annegato in una marea di ovvietà relative a qualsiasi stato di difesa: fare scorte d'acqua e cibi non deperibili, proibire a strazzaroli ed Ebrei di vendere armi fuori di Venezia, incrementare il numero di artiglierie puntate verso la Terra Ferma.
Nemmeno manca il ripetuto dolente richiamo a quanto queste operazioni di rinforzo nuocciano al Pubblico Erario.

Al contrario, manca non solo un progetto organico ma qualsiasi indicazione operativa pratica per le Lagune, mentre per la Dominante l'ellittica esposizione che segue non riesce a celare il fondamentale disfattismo.
Da pagina 231:

Parlando dunque della Dominante, Sede del Governo, e che deve in conseguenza interessare eminentemente le cure di V. Serenità, la sollecitudine de' Cittadini, che sono destinati a custodirla, e difenderla, e la cooperazione, e l'impegno vivo, ed animato di tutti gli Abitanti, umilierò, che nel centro di essa, ed a garantirla da tutte le ingiurie de' nemici stranieri non si ritrova in presente diviso in alcuni appostamenti che un solo Corpo di 600 Nazionali circa avanzo dei 2000, circa, che in obbedienza alle recenti Sovrane Deliberazioni sono stati spediti in Terraferma.
Il ridurre però questa Città, collocata nella più felice situazione, e da tanti Secoli tranquilla, e senza suspizione di esteri insulti, ora che si dubita, che possa esser attaccata, che Iddio nol voglia, in istato di difesa, ed in Piazza d'armi, se è per una parte difficile, non è per altra, che non si riconosca in queste circostanze incerte, ed oscure indispensabile, e necessario.
Dietro però alla massima prudente, presa da V. Serenità, di voler con l'Estuario difesa anche la Dominante, mi trovo nel preciso dovere d'umiliare quelle predisposizioni, che devono esser fatte, onde abbia un utile effetto la Pubblica volontà spiegata in questo proposito.

Il succo dell'intero sproloquio viene verso la fine, dove il Provveditore dichiara che difendere le Lagune, i Lidi e la Città al tempo stesso è cosa troppo complessa e difficile perché egli possa occuparsene pur con il valido aiuto del Luogotenente Estraordinario Condulmer.
Ritiene necessario istituire una nuova Carica specifica per la Città, che resti naturalmente sottoposta alla sua sovraintendenza.
Dalle pagine 233 - 234:

... molto più credo opportuna la destinazione per imaginare, o predisporre la difesa della Dominante di Patrizio Soggetto, che abbia l'incombenza e di animare, e di disporre in ogni occorrenza con vivacità, e fermezza ogni classe di questo Popolo, veramente affezionato a V. Serenità, e a cui per agire, e per difendersi con amore, e con efficacia altro assolutamente non manca che una guida, che lo diriga: Operazioni tutte queste, che dal nuovo Cittadino suggerite, dovranno esser eseguite dipendentemente da quest'Uffizio, che deve mantenersi, come V. Serenità ha comandato, il solo centro, d'onde partir devono tutte le disposizioni relative alla custodia, e difesa della Laguna e della Capitale.

Tentori dedica una lunga nota (pagine 229 e 230) a questa relazione di Zusto.
Fin dalla presentazione aveva definito "prolissa" la scrittura del Provveditore, ma a fronte del testo non può esimersi dal rilevarne la disinformazione e l'inconsistenza.

Di fatto nella nota l'Abate demolisce la relazione Zusto fino a evidenziarne il ridicolo, anticipando anche come sarà poi usata nei momenti finali della tragedia veneziana per coprire il tradimento.

L'Abate ha collazionato sufficienti documenti, anche senza bisogno di quelli da me estratti dall'Archivio di Stato, per "inchiodare" lo Zusto alla sua vera natura, eppure l'Abate lo vuole assolto.
Per continuare ad attribuirgli una figura integerrima invoca il fatto che egli, entrato in carica "solo" il 4 Aprile, non aveva avuto modo di ispezionare di persona lo stato delle difese, e che si era pertanto affidato alle informazioni fornitegli dal Condulmer, sul quale invece Cristoforo Tentori non lesina gli strali, giungendo nella nota a chiamare "Relazione Condulmer" quella che invece, anche per la particolare farragine stilistica, appare essere opera dello Zusto il quale, ovviamente, sa di poter contare sull'attiva complicità del Luogotenente.

La relazione di Zusto viene letta al Senato la stessa sera del 18 Aprile ed approvata incondizionatamente con un brevissimo Damò.
Tre giorni dopo, il 21 Aprile, si istituirà la nuova Carica richiesta da Zusto, con la denominazione di "Deputato all'interna Custodia della Città", Carica che fu assegnata a Niccolò Morosini IV come Tentori ci informerà in seguito a pagina 270.

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La "Raccolta Cronologica" prosegue adesso con rapidi salti da Treviso a Venezia a Verona.

Vi si accenna a un Dispaccio ricevuto in quei giorni dal Provveditor Estraordinario di Treviso Anzolo I Zustinian, che informa di enormi requisizioni effettuate in quella Provincia dal Commissario francese Villemant. Il Dispaccio non è riportato, ma lo è la risposta inviata dal Senato in data 19 Aprile 1797.

La risposta ricalca la vuotezza già tante volte ammannita al povero Ottolini in Bergamo: è un rimpallo al Provveditore affinché escogiti con la sua "prudenza e desterità" gli "espedienti per provvedere alla tranquillità di codesti amatissimi sudditi.".
Sia anche, egli, "occupato incessantemente a contenere li sudditi nella dovuta moderazione.".

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Eccoci di nuovo a Verona, per raccogliere dal Dispaccio Giovanelli del 20 Aprile 1797 le novità occorse dopo il giorno 19.
Da pagina 235:

SERENISSIMO PRINCIPE
Sono le ore 7 e mezza della notte: dopo spedito il precedente Dispaccio il cannonamento continuò ad essere assai forte durante molte ore, poi si è rallentato, e ripigliato in progresso. Molte sortite si sono tentate dalli Francesi, massime dal Castel Vecchio, però senza successo.

Nonostante debba riferire tutte notizie ancora favorevoli agli insorti, come la cattura di un altro cannone che i Francesi avevano imprudentemente tentato di spingere verso Porta San Zeno, e un incendio a ridosso di Castel Vecchio causato da una bomba dei Veronesi, Giovanelli trova il modo di essere disfattista, sostenendo che "la stanchezza ha cominciato a pesare sugli abitanti".

Essi sarebbero scarsi di armi e di munizioni, soprattutto di artiglieria. Ancora, gli manca un Capo Militare, dal momento che il Conte Nogarola è "dalla malafede Francese trattenuto ne' Castelli".2

Il posto del Nogarola è stato assunto dal conte Augusto Verità, che merita ogni encomio del Giovanelli, ma evidentemente non la sua stima, dal momento che la sua figura militare non gli appare all'altezza di quella del mitico Nogarola.

Il Verità, peraltro, sta organizzando un altro attacco a tenaglia contro gli invasori, cose dalle quali il grande militare Nogarola si era invece sempre astenuto.

Giovanelli quasi per accentuare la drammatica situazione dei Veronesi, ha scritto una accorata richiesta di soccorso al Provveditor Erizzo. Come se non lo avesse incontrato di persona solo due giorni prima, mostrandosi addirittura fuggiasco.

Ha finalmente ricevuto risposta, il Giovanelli, dal Generale Kilmaine, il quale, con un certo ritardo sugli eventi, lo informa che se i Veronesi resistono al disarmo, dovranno "battersi anche con le truppe francesi". Queste truppe li circondano da ogni parte, e "si fa credere che il numero loro sia assai forte" aggiunge il Giovanelli di suo.3

Giovanelli non sa dire cosa sia accaduto al Corpo di Truppa Veneta stanziato a Somma Campagna e alle ore otto, mentre finisce di scrivere, riceve notizia di una nuova sortita dei Francesi da Castel Vecchio, con la quale hanno incendiato il villaggio di Campagnola, ma si spera che il conte Perez con i suoi saprà respingerli.

Da pagina 235:

Verona 1797 ore 8 del giorno 20 Aprile.
Iseppo Giovanelli Prov. Estraor. in T. F.
Alvise Contarmi Cap. V. Podestà.

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Ed eccoci ancora a Venezia per parlare del "disgustoso accidente, avvenuto nella sera del 20 Aprile al Lido di San Nicolò...", episodio che "venne a disturbare le pacifiche mire del Senato nell'intavolata riconciliazione col General Buonaparte, affidata alli due N.N. H.H. Donà e Zustinian, come si è detto.".

Si tratta del famoso episodio del corsaro francese "Liberateur d'Italie", al comando del Capitano Jean Baptiste Laugier, che aveva tentato di entrare nel Porto di Venezia con altri due legni armati carichi di munizioni.

Il coraggioso Domenico Pizzamano, comandante del Forte di Sant'Andrea, racconta il fatto nella sua relazione presentata la mattina del 21 Aprile 1797 al Provveditore alle Lagune e Lidi, che Tentori ci riporta dalla pagina 236 alla 238.

Da qualche giorno la sua guarnigione era tenuta in allerta da notizie di 13 legni armati senza contrassegni di nazionalità che incrociavano nel Golfo di Venezia seguiti da altri bastimenti carichi di Truppe.

Il giorno 20 Aprile 1797, "all'imbrunire della notte", e più precisamente alle ore 23 e mezza, le sentinelle avvertirono che tre grossi legni armati avevano diretto la prua a vele gonfie verso il Porto di Venezia.

Pizzamano fa partire due lance che si portano incontro al primo di questi legni con l'ordine di retrocedere.
Da pagina 236:

... avvicinate al primo, che aveva esposta la Bandiera Francese, gli Uffiziali nostri spiegarono al suo Direttore coi modi più urbani il Pubblico divieto all'ingresso nel Porto di qualunque Legno armato di qualsisia Nazione fosse; ma ebbero l'insolente altiera risposta che egli non si sarebbe mai adattato per qualunque costo a tal ordine, che voleva entrare assolutamente, e che era pronto a reprimere colla forza ogni minacciatogli atto di robusta resistenza per parte nostra.

Vani i tentativi degli ufficiali di far ragionare il corsaro, ricordandogli che recentemente l'interdizione era stata fatta rispettare anche a una squadra inglese di sette Fregate al comando del Capitano Teller, il Laugier continuava la sua navigazione a vele spiegate dentro la bocca di porto.

Pizzamano riteneva allora, ligio agli ordini ricevuti, di far scoprire le artiglierie delle galere e galeotte a guardia del porto e di far sparare dai cannoni di Sant'Andrea due colpi d'avvertimento a prua dei due vascelli che seguivano il Liberateur.
Questi accettarono l'intimazione e virarono di bordo verso il largo.

Il Liberateur al comando di Laugier, invece, proseguiva la sua corsa e, portatosi in mezzo ai legni veneziani, apriva il fuoco contro di loro, sempre tenendo esposta la bandiera francese.
Ovviamente i veneziani rispondevano al fuoco, e lo scontro d'artiglieria proseguì per qualche tempo, fintanto che il Liberateur si portò all'abbordaggio della "Galeotta del capitano Viscovich armata di Bocchesi", che si trovava all'ancora nella sua posizione difensiva del porto.4

Vistosi abbordato, l'equipaggio di Cattarini reagiva assaltando il Liberateur all'arma bianca.

Ovviamente nessuna possibilità rimaneva ai Francesi contro quella Truppa nota in tutto il mondo di allora per la sua determinazione e ferocia, allenata da plurisecolari battaglie con i Turchi e i loro corsari.
L'equipaggio dell'invasore fu subitamente debellato e la nave catturata, impedendo al Comandante prima e allo scrivano poi di incendiare la Santa Barbara.
Essi furono entrambi uccisi mentre tentavano quest'ultimo atto, che, cancellando ogni prova, avrebbe favorito l'uso demagogico dell'incidente, facendo apparire l'affondamento come effettuato a distanza dalle batterie del Forte.

Fu invece presa la nave con tutto l'equipaggio. Era armata di otto cannoni.
Da pagina 237:

Sulla coperta furono trovate sparse quantità di munizioni, palle, e mitraglia, ciò che basterebbe a manifestare evidentemente un'ostile intenzione...5

A rinforzare l'ostile intenzione, Pizzamano allega la deposizione di un "infelice Chiozzotto", arruolato a forza sul Liberateur sotto minaccia della vita a Caorle dai Francesi, per servirgli da pilota nell'ingresso al Porto di Lido. Anche il "Chiozzotto" è rimasto gravemente ferito.

Secondo i Francesi, essi hanno avuto cinque morti, compreso il Comandante, e otto feriti. 39 sono stati fatti prigionieri, e il numero corrisponde più o meno al ruolo d'equipaggio della nave.

I Veneziani hanno invece subito quattro feriti fra i Bocchesi, di cui uno moribondo. Leggermente ferito l'Alfiere Lantana e un altro soldato della galeotta.
Da pagina 238:

Castel S. Andrea adi 21 Aprile 1797.
Domenico Pizzamano Deputato.

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Troviamo adesso un provvedimento del Senato che ordina a Erizzo di accorrere in "soccorso" di Verona sguarnendo completamente Padova e Vicenza. Tentori non ne riporta il testo né la data, ma quest'ultima si desume dai testi delle disposizioni che Erizzo lasciò agli sventurati Pubblici Rappresentanti delle due città.

A Girolamo Barbaro, Vice Podestà di Vicenza, scrive due messaggi, uno il 19 Aprile e uno il 20.
Nel primo, da pagina 238:

Le partecipo ancora, che conduco seco tutte le Truppe, ed Artiglieria di questo Presidio, non che qualche numero di Villici tornati dalla Terra di Montebello.
...
Al caso, che comparissero Truppe Francesi, o Cispadane, intimerà loro di prendere altra strada fuorchè quella di Verona, affinchè non prendino per schiena le nostre Genti armate.
Se non si persuadessero, ed usar volessero la forza, disporrà ordini preventivi, perchè al tocco della Campana a martello della Città, e Villaggi, si raccolgano in massa le Popolazioni, onde porre in timore esse Truppe per usare la forza occorrendo.

Ancora gli raccomanda "l'attenta custodia del Con. Cavazzo, e di quei due Veronesi, che sono in arresto in questa Guardia.".

Il secondo foglio di istruzioni di Erizzo al Barbaro, del 20 Aprile, sfora nel grottesco.
Da pagina 239:

Ella senza dilazione disporrà li ordini, perchè al suono della Campana a martello abbiano a raunarsi in massa tutte le Popolazioni armate del Territorio Vicentino. Il principale oggetto si è d'impedire, che le Truppe Francesi non si avviino verso Verona, onde prendere in ischiena li nostri: ...

Altri scopi che il Barbaro dovrebbe perseguire con la fantomatica "massa" delle Popolazioni vicentine armate, sarebbero quelli di reprimere eventuali violenze dei Francesi e di "porgere soccorso ai Territorj di Verona, e di Padova, quanto a quello di Bassano.".

Con detta "massa", che ha lasciato priva di capi, di ufficiali, di artiglieria e di qualunque supporto di truppa regolare, ribadisce di far retrocedere qualunque truppa Francese che si avvicinasse da Est.6

In chiusura informa il Barbaro di avere trasmesso analoghe istruzioni anche al Podestà di Padova.

In Post Scriptum a questi ordini, Erizzo chiede che gli vengano inoltrati a Verona 20.000 ducati che attende da Venezia.

Possiamo ben immaginare lo sbigottimento del Podestà Barbaro, che si vede di punto in bianco investito di responsabilità militari che non gli competevano, e qual ordine di responsabilità!
Nientemeno che trasformare in poche ore una pacifica Comunità contadina, per di più stremata dalle requisizioni e demoralizzata al massimo grado, in una compagine guerriera capace di sconfiggere con falci e forconi le Armate di quello che sempre più, nell'immaginario collettivo, si andava figurando come un "dio della Guerra".

Eccolo dunque cercare un impossibile conforto presso il Senato con il Dispaccio Espresso delle ore 19 del 21 Aprile 1797.
Dalle pagine 239 e 240:

... è partito l'Eccellentissimo Provveditor Estraordinario Erizzo nella notte scorsa per Verona, traendo seco tutta l'Artiglieria, Munizioni, e Truppe, non essendo rimasta a questa parte se non porzione della Compagnia Mattiazzi. ... autorizzandomi a trattenner qui 200 Fanti del Battaglione Matutinovich al suo arrivo da codesta Dominante, e di far proseguire il resto colla Compagnia Mattiazzi suddetta e coll'Artiglieria, che sopragiungesse alla stessa località di Verona.
Lasciò col suo distacco lo sconforto, e la desolazione in questa Città atterrita...

Per dovere di obbedienza il Barbaro ha cominciato a inviare gli ordini relativi all'eventuale suono a martello delle campane nei Distretti di Marostica e di Camisano, dove più era probabile che si affacciasse la Divisione del Generale Victor.

Prima che riuscisse a replicare l'ordine alle altre Comunità, i Capi e i Rappresentanti della Città e del Territorio gli hanno fatto pervenire un Memoriale, "ponendo in vista le funestissime conseguenze, alle quali potrebbe esponere la Provincia una disordinata Massa, non sostenuta da Truppe Regolate, da Uffiziali Comandanti, sprovista d'armi, e munizioni a difesa inutile d'una Città totalmente aperta:..".

Il Memoriale si conclude con il fermo rifiuto di martellare alcuna campana in caso di pericolo, pertanto Barbaro ha ritenuto inutile far proseguire la circolazione degli ordini lasciati da Erizzo.

Solo l'arrivo di "regolata Milizia, di Artiglieria, di Munizioni, e di Figure atte alla buona, ed efficace direzione d'una resistenza", potrebbe risvegliare il mordente combattivo dei suoi Villici, e di questo non può che implorare il Senato.
Da pagina 240:

Vicenza 21 Aprile 1797
Girolamo Barbaro Capitanio V. Podestà.

Simili interrogativi giungevano al Senato anche dal Vice Podestà di Padova, Zan Francesco Labia, che aveva ricevuto da Erizzo simili amene istruzioni di far sconfiggere i Francesi dalle campane a martello.
Scriveva il 21 Aprile 1797, da Padova, "alle ore 15 e mezza" (da pagina 241):

Dunque se la feroce Divisione del General Victor, esistente nel Trivigiano, verrà a questa Città non potrò impedire l'ingresso a seconda delle permanenti massime di Neutralità; ma se entrata vorrà dirigersi per Vicenza, dovrò protestarle, e col suono della Campana a martello combattere li divisamenti. Ecco in Città aperto il quadro doloroso di un massacro. Questa massa di gente ... non potrebbe che esser l eccidio della Città senza lusinga di buoni effetti; poichè mancano le munizioni necessarie, e le direzioni preventive a tal opera.

Nel momento stesso in cui egli cominciasse a mettere in allarme la Popolazione contro i Francesi, come potrebbe frenarla dallo scatenarsi immediatamente contro la piccola guarnigione di quei soldati attualmente in città e contro i numerosi viaggiatori di quella Nazione costantemente in transito per Padova?

Il Senato gli indichi una via che non sia quella della violenza, perché "Contro una Nazione feroce, padrona di tutti questi contorni, non si farebbe che de' massacri senza alcun buon effetto.".

Conclude il suo Dispaccio con la notizia che alla locanda dell'Aquila d'Oro è appena giunto il fratello di Napoleone, ed ha autorizzato il locandiere a spargere la notizia che Francia ed Austria hanno stipulato il Trattato di Pace.

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La stessa notizia doveva giungere a Venezia col Dispaccio 21 Aprile 1797 dei Deputati Donà e Zustinian, nel frattempo giunti a "Saint Fait" 7 sulle tracce del Bonaparte, che vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Costui, Zuanne Zusto, già da anni rimbalzava tra le massime Cariche della Repubblica, ora Inquisitore, ora Capo dei Dieci, ora Consigliere, invariabilmente Savio del Collegio, seguito da un Segretario, il Gradenigo, spesso da lui e dal Manin gratificato di prebende straordinarie, come l'altro Segretario Alberti.

Tentori, al tempo della sua nomina a Provveditore alle Lagune e Lidi, il 4 Aprile 1797, inspiegabilmente lo descrive come "uomo di Patrio zelo, e d'impuntabile politica condotta" (cfr. pubb. XLIV).

La Treccani, alla voce di Scarabello ne "L'ultima fase della serenissima", lo dice vecchio e malato, in balia, come già il Nani, dell'intraprendente Condulmer ma è assai probabile che Scarabello attingesse questa notizia dal Tentori stesso.

Tuttavia, dai documenti della "Raccolta Cronologica" e da altri da me reperiti nell'Archivio di Stato di Venezia, emerge uno Zusto che, se anche davvero era vecchio e malato, tuttavia non trascura di avere parti molto importanti nella congiura antiveneziana.

  • Portano la sua firma gli enigmatici ordini privi di contenuto trasmessi al preoccupatissimo Ottolini in Bergamo.
  • Lui aveva encomiato la subdola consegna al Vialli dei beni austriaci e milanesi depositati in quella Città.
  • Lui aveva rifiutato le proposte difensive del Bidasio.
  • Lui inviò Nonveiller a Bergamo per esautorare i Capi delle Quadre.
  • Lui chiese una lista dettagliata e approfondita di uomini, ufficiali, armi, munizioni da sparo e da bocca a disposizione di ciascun Corpo di Volontari.
  • Lui confermò con ordine inquisitoriale le limitazioni nella vendita di polvere da sparo a Bergamo quando Cervoni effettuava le prospezioni per la prossima invasione.
  • Lui aveva proibito al Patriarca di autorizzare al culto i preti emigrati francesi, ancora lui gestì l'espulsione del Conte di Lilla e del suo seguito.
  • Lui ancora bombardava i confidenti di Terraferma con richieste di informazioni sui movimenti delle truppe austriache.
  • Lui a curare personalmente l'applicazione dei divieti di esportare biade e grano dai Territori di prossima invasione francese.
  • Lui a chiedere al Podestà di Verona misure severissime contro i preti e le persone di Religione che avevano istigato gli abitanti di Marano e di Montorio a difendere in armi le loro donne dagli stupri delle bestie di Augereau.
    Ecco un estratto della Ducale del 28 Agosto 1796 che porta la sua firma, da A.S.Ve./Inquisitori di Stato/busta 118/fascicolo Giugno – Agosto 1796/Carta 2143:

    ... sulla presunta influenza di persone Religiose, tanto nel fatto di Marano, come in quelli che vanno fatalmente accadendo in altre situazioni della Provincia...
    ...
    ...prevenire nei popoli quelle pericolose, e dannate commozioni che potrebbero venire prommosse, e fomentate anche dai Parrochi, e da altre persone ecclesiastiche, vi darete il merito di chiamare dinanzi alla pubblica Rappresentanza quei che vi fossero indicati sospetti di così indebita direzione e secondo che conoscerete opportuno intimerete loro di cooperare con tutto l'impegno appresso le respettive popolazioni all'osservanza delle pubbliche massime dirette ad allontanare da esse i più gravi pericoli, ammonindo poi quelli che vi risultassero più meritevoli colla minaccia altresì del più pronto, e severo castigo quallora non fossero per sollecitamente ravvedersi.
    Lo stesso pure farete verso i Capi delle Comunità, e altre figure...

    La Ducale porta le tre firme degli Inquisitori in carica, ma nella stessa busta se ne conserva anche la minuta, che reca una sola firma: "Zuanne Zusto Inquisitor".

  • Sarà lui infine, a dichiarare "indifendibile" la Laguna nell'illecita "Conferenza" del Manin.

Volendo scavare ancora più indietro, troveremmo il Zuanne Zusto anche Provveditore in Albania poco dopo la metà del Secolo, quindi presumibilmente coinvolto in quel gigantesco malaffare che aveva portato alla rovina le fortificazioni dell'Oltremare, ma anche questo è argomento che affronteremo dopo aver esaurito la disamina dei documenti raccolti da Cristoforo Tentori.

Nota 2 - Forse che il Giovanelli non sapeva da mesi della malafede dei Francesi? Come dunque poteva aver accettato di consegnare nelle loro mani il Comandante supremo delle sue truppe, ben sapendo che questi, in quanto anche generale al servizio di Casa d'Austria, poteva essere trattenuto come prigioniero di guerra a loro piacimento e con pieno diritto?
Ma è una domanda superflua, in quanto il Nogarola, proprio in quanto ufficiale austriaco, aveva tutto l'interesse ad agire in favore dei Francesi contro i Veneziani, dal momento che i Preliminari di Leoben erano stati firmati due giorni prima.
Con notevole tempestività, infatti, il Nogarola si sottrae a ogni pericolo ritirandosi nella rocca. Rimanere nelle strade di Verona nei giorni seguenti lo avrebbe esposto sia ai facinorosi del popolo che a qualche soldato francese ignorante...

Nota 3 - Anche qui il Giovanelli esercita il suo laido mestiere di agente prezzolato dal nemico. Egli infatti accredita in un Dispaccio ufficiale le spacconerie francesi, mentre dà di sé e della classe dirigente Veneta l'immagine più deteriore possibile, ben sapendo che la viltà dei Capi è la peggior causa di demoralizzazione delle loro truppe.
Egli ha issato bandiera bianca, è già fuggito una volta e lo farà di nuovo, prima dell'epilogo della Tragedia di cui è direttore di scena.
Inoltre si dà come prematuramente accerchiato, in quanto non è ancora completata la manovra che porterà nel mattatoio di Verona anche le truppe di Padova e Vicenza al comando di Erizzo. Ma il Giovanelli indubbiamente sa che questo è ciò che sta per accadere.

Nota 4 - Non è chiaro se si trattasse di una galeotta semplice, ovvero un naviglio più sottile e veloce della galera, adatto a trasportare truppe d'assalto come appunto i Bocchesi o Cattarini (milizie provenienti dalle Bocche di Cattaro), oppure di una galeotta bombardiera, sorta di batteria galleggiante, adatta alla difesa e all'assedio di porti, nel caso specifico presidiata da cernide Bocchesi.

Nota 5 - A successiva ispezione, come si legge nelle Species Facti a pagina 259 e 289, il Liberateur d'Italie risultava essere carico soprattutto di granate, il che in parte giustifica la follia del Laugier, egli sperava forse di passare in velocità gli sbarramenti e giungere in poche centinaia di metri a poter bombardare lo stesso Palazzo Ducale. A fargli abbordare la galeotta dei Bocchesi fu presumibilmente un errore di manovra o un salto di vento.

Nota 6 - Appare evidente lo scopo dell'Erizzo e della congiura in Venezia. Far convergere le ultime forze militari veneziane di Terra Ferma nel cul de sac di Verona, dove possano con agio essere accerchiate e annientate.
A qualsiasi buon senso non sfugge che le truppe esterne avrebbero dovuto essere organizzate, magari assieme alla famosa "massa" dei Vicentini, come forza di interposizione per impedire l'arrivo in Verona di rinforzi ai Francesi dall'esterno.
Tutto ragionevolmente l'Erizzo e il Senato potevano fare, da un fronte di sbarramento a una serie di imboscate sul cammino, a un assalto alle spalle una volta che i rinforzi francesi si fossero disposti all'assedio. Tutto eccetto ciò che fecero. Ed Erizzo ne era perfettamente avveduto, come dimostra palesando al Podestà Barbaro il pericolo di essere preso lui alle spalle.

Nota 7 - Desumibilmente si tratta dell'odierna Sankt Veit an der Glan, vicino a Klagenfurt, sulla strada per Judenburg e Leoben.


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