Storia di Venezia
Pagina pubblicata 24 Febbraio 2017
Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
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Le isole di San Giorgio in Alega sul canale di Fusina e di San Secondo su quello di Mestre, che presidiavano le due principali vie d'accesso a Venezia dalla Terraferma. Si deve supporre, dice Tentori, che le angosce e il terrore avessero fatto uscire di senno la maggior parte dei membri della Conferenza, perché solo così si possono spiegare "le strane cose, che in dette Conferenze si discutevano.". In questa ipotesi ha un peso determinante la volontà dell'Abate di assolvere sostanzialmente il patriziato veneto dalle responsabilità della caduta, imputando ogni perfidia a Napoleone e a pochi "savj felloni", come vedremo nei "Corollari" conclusivi di questa Terza Parte dell'Opera. Al di là di questa divergenza di valutazione, Tentori ancora una volta non trascura di fornirci dati preziosi per la comprensione degli eventi. -- \\ :: // -- Nonostante l'evidente disparità di forze in campo, alcuni savj temettero che scaduti i cinque giorni di armistizio i Francesi,"camminando sopra le acque della Laguna (giacché non avevano né Barche né Zattere) mettessero a fil di spada la Dominante". Riuscirono a trasmettere questo timore all'intera Conferenza che, il giorno 5 Maggio 1797, deliberò di inviare due Deputati in Terraferma con l'incarico di "ottenere per grazia la prolungazione dell'Armistizio.". I due nuovi Deputati dovranno portarsi a Mestre per il caso che i tre altri Deputati, quelli mandati a Napoleone, non riescano a incontrarlo in Mantova come previsto, e che il generale decida di tornare verso Venezia allo scadere dell'armistizio. Essi porteranno con sé sia la Parte del 4 Maggio sia la Memoria del Lallement, e rassicureranno Bonaparte che tutte le sue richieste erano state ufficialmente accettate e i suoi ordini rispettati, mentre si restava in attesa di sapere da lui come e quando eseguirli (riferimento alle condanne degli Inquisitori e del Pizzamano). Condulmer e Zustinian si recarono dunque a Mestre, dove non trovarono Napoleone ma d'Hilliers e svolsero con lui le funzioni che loro erano state comandate incontrando Bonaparte. Baraguey resse il bluff rifiutando ogni proroga, anche quando Condulmer gli propose di far arretrare il naviglio veneto, che si trovava a San Secondo, a ridosso della costa nord di Cannaregio. D'Hilliers fu inflessibile e rimandò i deputati senza concedere loro nessuna proroga. Con stupore del Zustinian, sulla via del ritorno Condulmer fece comunque ritirare il naviglio da San Secondo. -- \\ :: // -- Il 5 Maggio 1797 si riunì quindi nuovamente la Conferenza, per discutere cosa si dovesse fare nel caso di un attacco francese allo scadere dell'armistizio. L'argomento fu introdotto dal Condulmer dicendo che temeva un attacco su Chioggia. Il Savio in Settimana propose quindi di decidere il da farsi nel caso che l'attacco si dirigesse anche su Venezia. I traditori uniti a' deboli che formavano il maggior numero, erano d'avviso di tutto cedere... Essi immaginavano di "salvar tutto" inviando il Condulmer a trattare coi generali francesi, con la facoltà di arrendersi senza condizioni qualora i suoi tentativi di mediazione fallissero. I Savj di Terraferma erano persuasi dell'impossibilità di un attacco dei Francesi, sprovvisti com'erano di ogni mezzo adatto allo scopo di navigare le lagune e sopraffare i 206 navigli veneziani armati, ma attesero di vedere quali commissioni fossero effettivamente affidate a Condulmer. Zan Antonio Ruzzini si mise dunque a dettare una lunga lista di condizioni che il Condulmer doveva offrire ai generali francesi: Articoli fra quali v'era la salvezza delle vite, sostanze, Religione, e che l'Arsenale fosse presidiato da soli Veneti, e molti altri. Ben ricordandosi che con il Damò del 4 Maggio si era stabilito di non opporre resistenza armata. Iseppo Priuli e altri Savj domandarono cosa si sarebbe fatto nel caso che i Francesi rifiutassero le richieste garanzie, e chiese che in tal caso si opponesse la forza "più tosto che rendere la Dominante a discrezione.". Fu appoggiato dai Savj di Terraferma, ma scatenò l'attacco veemente del Ruzzini, che lo trattò "da Giovane inesperto, e furente, che voleva far passar a fìl di spada tutta la Nazione" nonché le ingiurie di Piero Donà. Il Ruzzini sosteneva di conoscere un modo per prendere Venezia in 24 ore; "Gli altri tremanti, o fingendo di tremare, come i N.N. H.H. K. Alvise Pisani, K. Dolfin, Giacomo Grimani, Francesco Battaja &c. condiscendevano a rilasciare gli ordini per evitare le stragj."(da pagina 375-376). Taceva in quell'occasione il Condulmer, grande amico del Ruzzini, anche se era sempre molto attivo, nei circoli privati, a sostenere l'impossibilità di difendersi. All'alba del 6 Maggio la Conferenza decise che spettava alla Serenissima Signoria dare gli ordini del caso. Si riunì dunque separatamente la comarella del Doge e "rilasciò il seguente indecoroso Decreto". Nonostante la Serenissima Signoria sia convinta che, ottemperate dal Maggior Consiglio le richieste di Napoleone, non si dovrebbe incorrere in successive ostilità, "pure la somma importanza di preservare la commune tranquillità esigendo, che si prevenga qualunque pericolo, che potesse turbarla", ritiene opportuno dettare quattro norme di comportamento da affidare al Luogotenente Condulmer.
Vi sono poi due "articoli aggiunti".
-- :: -- Condulmer dal canto suo, in quello stesso 5 Maggio, aveva conferito per lettera al Deputato Contarini una facoltà che egli stesso non possedeva, ovvero quella di cedere ai Francesi Brondolo e Chioggia, e di rispedire in Dalmazia tutti gli Schiavoni che vi si trovavano. Non contento, cominciò a dichiararsi sommamente preoccupato per la probabilità di un attacco "da Fusina alle Vignole" allo scadere dell'armistizio. Tentori commenta che l'inazione in cui si tenevano "i pochi francesi postati nel margine vastissimo delle Lagune" e la loro completa mancanza di mezzi indispensabili a un attacco marittimo, "fanno conoscere la vanità de' perfidi timori, che ostentava il Condulmer ...". ... e siccome non mancavano al medesimo le più esatte cognizioni d'una guerra marittima, così il terrore, che ostentava, non poteva nascere da un'interna persuasione dell'animo, ma da quelle turpi cagioni, che lo hanno costituito oggetto di orrore, e di ribrezzo a' suoi Concittadini. Sempre il 5 Maggio, Condulmer scrisse una seconda lettera, indirizzata al Provveditore alle Lagune e Lidi, il vecchio e malato Zuanne Zusto del quale svolgeva le funzioni. Proprio lui che, come osserva Tentori nella sua nota "(1)" a pagina 378, ha fatto sospendere le leve, ha ordinato il rimpatrio di 6000 Uomini appena giunti al Lido, lui che abusando del suo potere ha disarmato Brondolo e Chioggia rispedendone in Dalmazia le guarnigioni, ha il coraggio di lamentarsi che non può difendere la Laguna perché è in "estrema ristrettezza della forza animata" (ovvero di uomini). In nome di questa carenza di effettivi, egli ha abbandonato i sette fortini su palafitte e sguarniti i presidi sui due principali canali d'accesso, quello dell'isola di San Giorgio in Alga sul canale di Fusina e quello di San Secondo sul canale di Mestre, che noi sappiamo ha offerto invece in dono ai pochi Francesi installati nella Torre di Marghera. Conclude la lettera affermando che la sconfitta di Venezia sarebbe inevitabile nel caso di "un attacco neppur mediocremente vivo" a uno qualunque dei suoi punti di difesa. -- \\ :: // -- Il 6 Maggio 1797 "Il Signor Cavalier Worsley Consigliere Intimo, Ministro Residente di Sua Maestà Britannica e Membro del Parlamento della Gran Bretagna". presenta al Collegio una memoria con la quale chiede se siano state prese le misure opportune affinché, nel caso di un blocco della città lui stesso, la sua Famiglia e le sue Insegne non ricevano il minimo insulto. In caso contrario, in nome dello "Jus" ben noto alle Loro Eccellenze, egli desidera che gli sia accordata "una Nave da Guerra per portarlo all'incontro delle Fregate di S. Maestà, le quali dagli ultimi riscontri avuti dal Signor Cavalier Jervis Comandante in Capite la Flotta Britannica nel Mare Mediterraneo non devono tardare ad arrivare in questo Golfo." (da pagina 379). -- \\ :: // -- Il 7 Maggio 1797 Consulta straordinaria dei Savj per decidere se si dovessero allontanare tutte le Truppe Oltremarine e disarmare la Città e le Lagune. La proposta è sostenuta con entusiasmo da Francesco Battaja, Dolfin K., Giacomo Grimani e Zuanne Emo. La appoggiano le affermazioni di Tommaso Condulmer, che dichiara l'indifendibilità, e di Niccolò Morosini IV, che paventa i pericoli di una rivolta degli Schiavoni. Tuttavia i 36 Membri attuali rifiutano, optando all'unanimità per mantenere la forza in città fino alla conclusione dei colloqui dei tre Deputati col Bonaparte. Abbandonare ogni difesa prima di un Trattato parve loro imprudente e riguardo agli Schiavoni si considerarono gli undici mesi in cui erano stati perfettamente disciplinati. Battaja fu molto irritato dalla decisione, e minacciò il Procuratore Alvise Pisani, Savio Supplente in Settimana, di presentare una protesta formale per garantirsi di fronte alla Patria di non aver cooperato a una risoluzione "che poteva produrre mali incalcolabili agli amati suoi Concittadini.". -- :: -- La consulta passa poi a rispondere alle richieste del Residente inglese con la lettera che troviamo a pagina 381. Non si accenna minimamente a qualcosa di preciso, tanto meno a fornire la nave da guerra desiderata. Si afferma di aver preso tutte le misure per salvaguardare Worsley e i suoi; ci si augura che tali misure varranno "ad allontanare quegli estremi mali, che da voi s'apprendono ... ed a preservare insieme i riguardi sempre da noi osservati verso la vostra Rappresentanza, Persona, e Famiglia". Il Governo Veneto non smetterà quelle sollecitudini e cure nei confronti dell'Ambasceria inglese ma con una piccola frase praticamente le annulla: "le sollecitudini, e cure, che saranno compatibili colle sopradichiarate circostanze, ...". -- :: -- I Deputati tardano a raggiungere Bonaparte, perché da Mantova questi si era trasferito a Milano. Tra i Savi torna a serpeggiare la paura che non si riesca a concludere un Trattato prima che scada l'Armistizio e che i Francesi prendano d'assalto Venezia con l'aiuto della congiura di 16.000 persone che Nicolò Morosini IV assersce ormai prossima a scoppiare. Condulmer si assume l'impegno di ottenere una proroga della tregua e manda il suo Maggiore di Squadra Parma a negoziarla con il generale divisionario Victor, che la accorda.1 -- :: -- Il giorno 8 Maggio 1797 "si radunò la gran Conferenza". La riunione si apre con un discorso del Doge che con voce flebile e tremante chiede ai Savj presenti qual piano si debba attuare nel caso che le notizie da Milano tardino e i Francesi insistano per entrare a Venezia; annuncia in proposito un importante discorso di Nicolò Morosini IV. Conclude il suo preambolo dichiarandosi disponibile a deporre il Corno Ducale e invitando i Procuratori a fare lo stesso con il loro titolo. Egli medesimo il primo, se cosi fosse creduto, "deposte le Ducali Insegne, si sarebbe allontanato tantosto dal Palazzo, e avrebbe depositato in mano dei Capi della Rivoluzione le redini del Governo, e che lo stesso passo avrebbe convenuto farsi dai Procuratori tutti di San Marco, come Dignità perpetue della Repubblica". Questo discorso suscita sorpresa nella Conferenza e provoca una risposta, che possiamo supporre ironica, da parte di Alvise Pisani, Savio Supplente in Settimana. Egli manifesta dapprima la sua meraviglia, poi loda l'animo del Serenissimo Principe "che senza alcun motivo, ignorando anzi Egli, chi sieno li Capi della Rivoluzione, se pur possa essere vero, che questa Rivoluzione possa esistere ..." si accinge a questo grave passo. Dopo questa enigmatica replica, tra i Savj sorge la questione se si debba o meno disarmare la Dominante e l'Estuario. La maggior parte fu d'opinione di levar ogni ostacolo: di far retrocedere sempre più la Flottiglia, e di dare un'apposita commissione al N.H. Iseppo Priuli Savio alla Scrittura; onde fossero approntati varj Bastimenti da trasporto per l'imbarco degli Oltremarini, che spedir doveansi tosto alle loro Case. Toccò quindi all'annunciato discorso di Niccolò Morosini IV. Cominciò mettendo in luce le difficoltà di trasportare a casa gli Schiavoni. A suo dire tra quelli serpeggiava il malumore perché da qualche mese non ricevevano la paga. ... che il primo passo secondo lui, per renderli docili, e per tranquillizzarli, giacchè erano ormai divenuti insolenti, (1) dovea esser quello di saldarli prontamente: anzi perché, ... mansueti si potesse ridurli all'imbarco, si doveva ... più dar loro un'anticipazione a tutto il Mese di Giugno venturo. Nota "(1)" di Tentori a pagina 383: "Tutto era iniquità, tutto perfidia ne' Capi Rivoluzionarj". Tra i Dalmati erano stati diffusi dei biglietti anonimi in cui li si avvertiva che il Governo li avrebbe traditi, che sarebbero stati disarmati e consegnati ai Francesi. Morosini convinse dunque la Conferenza a trascrivere un Damò affinché il Savio Cassiere estraesse dalla Zecca "o in paste 2, o in verghe, o in Soldo contante ... la summa, che egli dimandava". Il Damò, riportato alle pagine 383 e 384, fu firmato immediatamente dalla Serenissima Signoria, ma non dai Savj. Posso sbagliare, ma ho la sgradevole impressione che gli Schiavoni non ricevessero mai quel soldo, né in paste né in verghe. Anzi, come vedremo, all'atto di imbarcarli furono spogliati non solo di armi, munizioni e uniformi, ma persino delle razioni di pan biscotto e di biada. Ben possiamo immaginare che tali beni fossero destinati a rifocillare un poco le esauste truppe francesi, prima del loro ingresso nella Capitale. Il Morosini, che ricordiamo era incaricato della difesa interna della Città, passò a spargere nuovi timori, lamentandosi che il Condulmer gli aveva negato i rinforzi di truppa che aveva chiesto. Prima che si decretasse il Damò suesposto, vi fu un furente intervento di Giacomo Grimani, il quale "sostenne, con tutta la veemenza, che immediatamente si dovesse disarmare; e che s'imbarcassero sollecitamente gli Schiavoni, onde allontanar dalla Città la cruda strage, che minacciavano.". A sua voltà asserì che vi erano in Venezia 16.000 congiurati, e che egli stesso aveva visto "qualche Dama di rango" confezionare pubblicamente coccarde tricolori. ... il suo desiderio era quello solo di possibilmente salvar la Patria da una totale rovina: perchè gli Schiavoni inferociti avrebbero incominciato il massacro dalli Nobili stessi... Massacro che, sempre a suo dire, sarebbe stato portato a termine dai congiurati. A questo passo del discorso del Grimani, si poté udire il Provveditore alle Lagune e Lidi, Zuanne Zusto, pronunciare queste "memorabili parole": Zaccaria Vallaresso, conforme al suo uso ambiguo, disse: I Savj di Terraferma, al contrario, furono unanimi nell'opinione di non disarmare e di non congedare gli Oltremarini prima che giungessero notizie sui colloqui di Milano. Prese dunque la parola Tommaso Condulmer, che volle innanzittutto riferire alla Conferenza di essere stato oggetto di minacce e insulti da parte degli Schiavoni. Si difese dall'accusa di non aver fornito i soldati richiesti dal Morosini perché avrebbe dovuto sguarnire altri siti importanti della Laguna. Per dimostrare come gli Schiavoni fossero diventati disubbidienti, parlò di un episodio occorso quella stessa mattina all'alba nei pressi di Burano, dove era in comando il Deputato Marco Cicogna. Intervenne infine il N.H. Alvise da Mosto, Capo Superiore. Questi per prima cosa fece notare alla Conferenza come si fosse del tutto usciti dall'ordine del giorno, perché non era previsto discutere di armo o disarmo, bensì "della condotta da tenersi fino alla venuta delle risposte de' tre Deputati.". Si rivolse poi al Condulmer manifestandogli il proprio stupore che egli avesse avuto l'ardire, contro l'ordine ricevuto dalla Consulta, di negare i rinforzi chiesti da Morosini, soprattutto in considerazione del fatto che, decisa la difesa, la cosa più importante era quella di assicurare la tranquillità all'interno della Capitale. ... Condulmer rispose con insignificanti parole a' giusti rimproveri del Capo Superiore da Mosto protestando che non vi erano forze sufficienti a difendere le Lagune, la Dominante. Terminò così la Conferenza del giorno 8 Maggio, con la determinazione di pagare i soldati Oltremarini e di rispedirli a Zara. Non rimaneva dunque più luogo ad illusioni: giacchè troppo eransi scoperte le perfide intenzioni di molti tra li componenti quella Conferenza, ed erano intieramente smascherati quelli, che avevano le redini del Governo, e le forze terrestri e navali nelle loro mani. Terminò la conferenza, ma "non terminarono perciò i Traditori i loro raggiri". Si apre un capitolo di manovre di corridoio che vedremo nella prossima pubblicazione. NoteNota 1 - Immagino non sfugga a nessuno dei Lettori che tutto questo affannarsi a prolungare l'armistizio serviva essenzialmente a non scoprire il bluff di Bonaparte... Nota 2 - Lingotti. Vai a pagg. 363 - 373 | In questa pubblicazione, Vol. II pagg. 373 - 386 | Vai a pagg. 386 - 399 || Approfondimento della figura di Landrieux || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||
Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori. Consulenza bibliografica dott. Paolo Foramitti. |