Storia di Venezia

Pagina pubblicata 13 Gennaio 2014
aggiornamento 20 Dicembre 2014

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, XIV

INDICE || Tomo Primo 1788-1796 || Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XIV
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE SECONDA
Del Progresso della Rivoluzione dal Primo Giugno 1796 al 12 Marzo 1797 (pagg. 173 - 396)

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Storia di Venezia - Chiesa Parrocchiale di Roverbella

La Chiesa Parrocchiale di Roverbella (courtesy of Panoramio).

Da pagina 182 a pagina 188, Cristoforo Tentori riporta per intero il Dispaccio con il quale i Deputati Erizzo e Battaja relazionarono sul loro colloquio con il Bonaparte. Il Dispaccio è datato Verona 5 Giugno 1796.
Il messaggio si apre con una dichiarazione di pieno successo della missione:
da pag 182:

L'Oggetto della Commissione, di cui piacque a V.V. E.E. onorarci, è adempiuto pienamente.

Ricordiamo, dalla Ducale di incarico, che tale "Commissione" consisteva essenzialmente nel rabbonire Napoleone corrompendolo direttamente e offrendogli di poter liberamente saccheggiare i Contadi Veneti senza temere ribellioni, in cambio che fosse salva la "amicizia fraterna" con la Repubblica Francese, ovvero in cambio del fatto che non venisse dichiarata ufficialmente la guerra a Venezia.

Una formale Dichiarazione di Guerra, voglio evidenziare, avrebbe creato non pochi problemi ai Savj congiurati, primo fra i quali un possibile risveglio del Senato e un colpo di mano dei Veneziani "in Extremis", come tante volte si era visto nel passato, dalla Guerra di Chioggia a Cambrai agli ancora recenti successi dell'Angelo Emo.

Reinstradati dal General Massena in Verona a Roverbella presso Mantova, Il Battaja e l'Erizzo incontrano Napoleone, di ritorno dall'aver "sorpreso" il sobborgo di San Giorgio conquistandolo senza perdere un sol uomo.

L'esordio è un misto di sottomissione incondizionata e adulazione senza ritegno:
da pag. 183:

Abbiamo detto, che il desiderio di V.V. E.E. di dissipare qualunque adombramento, ... prodotto negli animi della Repubblica Francese, le avevano determinate all'immediata spedizione della Dominante per comprovargli quanto interessava a V.V. E.E. di mantenere continuata ed inviolabile l'amicizia con la sua Nazione;
... quanto era di loro compiacenza il vedere, che la somma delle cose in Italia fosse governata da un soggetto, quale era l'E. Sua, che per li eminenti suoi talenti, e valore aveva saputo conciliarsi la stima, e l'ammirazione dell'Europa.

Napoleone risponde ribadendo che la Repubblica Francese aveva avuto "massima occasione di lagnarsi della Repubblica di Venezia" per i noti fatti del Conte di Verona e di Peschiera.

Per commissione dal suo Governo, se Napoleone fosse arrivato al fiume Po mentre ancora il Pretendente si trovava ospite di Venezia, egli avrebbe dovuto bruciare Verona...
Ripete insomma quanto già detto al Foscarini, ma con un tono assai diverso.

Questa volta infatti la conclusione è assai accomodante: nonostante fosse già pronto a eseguire l'ordine, Napoleone, visto che il Conte di Verona, pur con ritardo, era stato allontanato e soprattutto dopo il colloquio col Provveditor Foscarini riguardo i fatti di Peschiera, si era deciso a sospenderne l'esecuzione.

Storia di Venezia - Alfiere Veneto in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato

Alfiere Veneto in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.

L'accoglienza poi ricevuta in Verona dai suoi "compagni d'arme" e da lui stesso, aveva finito col rabbonire il suo animo fino a considerare le avvenute offese alla sua Nazione come effetto di qualche trascuratezza di singoli funzionari, che avessero eseguito con scarsa previdenza i loro compiti.

Egli è dunque tornato a essere amico della sorella Repubblica Veneziana, e pronto a considerare con benevolenza la rifusione amichevole dei gravi danni da lui subiti a causa di quelle trascuratezze.
Da pag. 183:

La cosa è già trascorsa, ed io mi pregierò di dar riscontri alla Repubblica Veneta dell'amicizia, che la mia gli professa: essendo certo, che per parte del Senato non si lascierà, durante il soggiorno delle Truppe Francesi nel di lui Territorio di manifestare la lealtà de suoi sentimenti facendo, che niente manchi alla sussistenza dell'Armata.

Gli amici veneziani ben comprenderanno che, per accelerare il corso delle proprie vittorie, i Francesi non possono perdere tempo con la sussistenza, i magazzini e altri simili imbarazzi.
Si accontentavano infatti, i "Liberatori", di cibarsi di ciò che offrivano i Territori sui quali stabilivano i loro soggiorni. Da Veneziano di oggi mi vien di vedere il Napoleone descriversi come una sorta di turista povero, "mordi e fuggi", come diciamo qui. Lui non "invade", "soggiorna"; non saccheggia, semplicemente si ritrova in un luogo e da quello deve trarre sostentamento.

Per considerare "amichevole" la remissione della Repubblica per i guai generatigli fino ad allora, Napoleone si accontenterebbe di tre milioni di ducati sull'unghia.
Egli è già intanto soddisfatto delle "accoglienze" in questo senso tributategli da Crema, Brescia e "distintamente in Verona", riferendosi presumibilmente alle facoltà finanziarie illimitate a disposizione del Foscarini per i bisogni dell'illustre visitatore straniero e dei suoi "compagni d'arme".

In futuro, naturalmente, "per ovviare ai disordini, e agli imbarazzi", ovvero per diminuire la pressione dei saccheggi, Napoleone postula che l'amica Repubblica sia generosa con i visitatori francesi, nel "somministragli l'occorrente per far de' grandi magazzini da bocca".

Per il momento, sempre secondo Napoleone, il "dispendio poteva esser sofferto dalla Città di Verona, che ben meritava questa piccola punizione: ..." (da pag. 184).

Storia di Venezia - Truppe Venete in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato

Truppe Venete in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.

Bonaparte ha anche idee piuttosto chiare su come dovranno avvenire i rifornimenti alle sue truppe:
da pag. 184:

... in qualunque modo sarebbe stato bene, che si formasse un centro di intelligenza per le somministrazioni con delle basse figure, le quali ... per la sollecitudine, o per la qualità degli acquisti, si disputarebbero fra di loro, senza che i Governi respettivi avessero a meschiarsi.

Le figure di corruzione e gli appalti di mantenimento delle Truppe siano dunque affidati a figure terze, "basse", dove lo sporco si noti meno che sulle grandi uniformi e le alte cariche degli Stati.

Con studi successivi, alla luce del ritrovamento del testo del Trattato di Sant'Eufemia (vedi nota 5 del link), sappiamo che Napoleone aveva già istituito queste "basse figure" il 27 Maggio 1796 in una convenzione stipulata a firma di Benedetto del Bene e Rocco Sanfermo in qualità di plenipotenziari veneti.

La gestione degli appalti era stata affidata alla "Confraterna Vivante" cui il Tentori ha già accennato nel "Discorso Preliminare sullo Stato della Repubblica di Venezia" e sulla quale abbiamo poi appreso molto di più ne "La Memoria dei Padri" del nostro contemporaneo Cesare Vivante.

A questi ammicchi del Generale, il Battaja e l'Erizzo (plausibile patrono dei Vivante per i suoi trascorsi di protettore della Comunità ebraica Veneziana) enfatizzano ancora una volta l'espulsione del Conte di Verona, messa in atto dai veneziani "tosto che egli era uscito da quella moderazione, che gli conveniva", nonché "per quella costante corrispondenza, ed amicizia" che il Senato sempre si studierà di coltivare con la Repubblica Francese.

Storia di Venezia - Truppe Venete in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato

Truppe Venete in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.

I Deputati Veneti si profondono poi nell'elogiare il passato atteggiamento di Venezia, sempre favorevole verso la Repubblica Francese: da pag. 184:

... lorchè fra le prime Potenze d'Italia avevano (le Eccellenze venete) ad onta de' delicati riguardi, che non lasciano di meritare i Principi Collegati, e allorchè non era nemeno così bene pronunziata come in presente la fortuna delle Armi Francesi, riconosciuta la Repubblica e spontaneamente spedito a Parigi un Ministro:
che se lontane ancora dall'Italia le Armate Francesi non ostante che circondati fossero i Veneti Dominj dalla Casa d Austria, si era il Senato determinato ad un passo, che così pienamente dimostrava l'alta considerazione, in cui teneva la Nazione Francese, pareva ... non poter restar luogo a credere ... alla supposta intelligenza cogli Austriaci nel fatto di Peschiera.

Se non si era provveduta quella Fortezza di adeguato Presidio, ciò si doveva al fatto che il Veneto Governo riposava sulla fiducia che gli Austriaci avrebbero rispettato le sue città murate, come anche il Generale Colli aveva a suo tempo assicurato.

Ai Deputati è comunque "di sommo conforto il sentire" che nell'animo di Sua Eccellenza si sono dissipati quei dubbi sulle intenzioni del Senato Veneto e riconfermate le ingenue e amichevoli intenzioni di questo (il quale Senato noi sappiamo essere invece, grazie all'opera dei Savj di Collegio, ancora praticamente all'oscuro di quanto in realtà stava accadendo).

Venendo poi al sodo delle "Provigioni per l'Armata", a fronte dell'atteggiamento possibilista e contrattuale offerto dai Deputati, questi devono "con dolore" rilevare che sembra intenzione dell'interlocutore "che se non del tutto, buona porzione almeno del mantenimento della sua Armata ... abbia a cadere a peso de' Veneti Stati". Non trascurano del resto di osservare "che la fama delle riportate vittorie" di tale armata "va di giorno in giorno ingrossando" (da pag. 185).

Quale accrescimento di fama dovessero ottenere il Napoleone e i suoi compagni d'arme dall'aver occupato Peschiera e Verona senza incontrare la minima resistenza, è cosa che solo Battaja ed Erizzo sembrano sapere.

Accantonata la possibilità di ottenere sconti sul mantenimento degli illustri ospiti, i Deputati giocano una timida minaccia, palesando al Napoleone la necessità di rifondere i danni alle popolazioni colpite dai saccheggi, dal momento che si può temere un sollevamento in proprio di queste, nonostante gli sforzi del Senato veneto di tenere calmi gli animi.

Il Francese prende in esame i danni cominciando a dividerli in due aspetti, quello "politico" e quello "morale".

L'aspetto politico è quello del soldato che, ancora ebbro del furore della battaglia, "si abbandona ad eccessi anche i meno attendibili". In questo aspetto rientrano "la rovina dei Seminati, il taglio degli Alberi, e tutto quello, che la guerra obbliga farsi da un'Armata per necessaria difesa, e per sua sussistenza".
Per questo tipo di danni "si avrebbe potuto, giudicandolo a proposito" (ovvero a proprio rischio e pericolo), inoltrare una richiesta di indennizzo al Direttorio.

Storia di Venezia - Truppe Venete in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato

Truppe Venete in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.

L'altro tipo di danni, quelli definiti "morali", comprende invece gli atti criminosi commessi da soldati "a stato tranquillo". Riguardo a questi, il Napoleone si impegna personalmente a rilasciare ordini precisi affinché i colpevoli, se colti sul fatto o denunciati subito dopo, vengano puniti.

Sarà una sfumatura, ma io che scrivo oggi ho la netta impressione che "rilasciare" ordini non abbia esattamente lo stesso significato di "impartirli".

Per quel che riguarda questi danni "morali", in conclusione, il Napoleone sembra fare molto affidamento anche sulle "convenienti misure tanto per il Territorio, che per la Città" che l'Eccellentissimo Provveditor Generale in Terra Ferma saprà prendere nlla sua "impegnata esperienza". Questa frase suona molto ambigua, e può riferire sia al fatto che ancora, nelle città Venete occupate, i Francesi consentivano le ronde della polizia cittadina, sia alle "elargizioni" agli ufficiali di minor rango affinché ciascuno "tenesse buona" la sua Truppa.

A un velato accenno di domanda sul tempo previsto di soggiorno degli illustri turisti nella città di Verona, Napoleone "si spiegò chiaramente, che sino a tanto le cose della guerra sarebbero per esigerlo, lascerebbe le truppe in Verona".

A meno ché, naturalmente, non fosse il Senato Veneto stesso a impegnarsi nell'impedire agli Austriaci il passaggio sui suoi ponti.

Del resto il Generale prevede a breve termine di cacciare il "Nemico" ben lontano da Verona, e di poter quindi altrettanto presto ridurre il presidio in quella città.

A questo punto Napoleone si permette anche l'ironia di far intravvedere la trama del suo bluff:
da pag. 186:

... si portò egli a chiederci se in queste munizioni vi esistessero dei fucili, al che avendo noi risposto dubitativamente, ci disse, che molti dei suoi soldati essendo disarmati gli sarebbe grato, che se gliene somministrassero un migliaio circa.

I Deputati opinano che tale tipo di "rifornimento" non sembra loro conveniente alla amichevole e pacifica neutralità di Venezia, al che il Napoleone "soggiunse, che bene intendeva, che si sarebbe potuto osservare questo riguardo lasciando, ch'egli avesse ad impadronirsi".

Su questo che appare già come un tacito accordo, i Deputati "parve prudente di lasciar cadere il discorso".(1)

Passato dunque il discorso a più generali questioni politiche, Napoleone accenna che la rapidità nella conquista della Lombardia Austriaca si dovette alle debolezze della Lega in Italia, che lui aveva saputo sfruttare a proprio vantaggio.

Secondo l' Erizzo e il Battaja, il Generale "mostra assai bene di essere informato" sulle cose politiche, dopo che questi ebbe loro esposto le sue vedute in merito.
Da pag. 186:

Parlò della probabilità di una vicina pace col Re di Napoli, di quella con il Papa niente disse di preciso, ma ci fece sentire, che partiva da lì a poche ore dal Quartiere per ridursi a Brescia, dove lo attendeva il Cavalier Azara colà a tale oggetto spedito dal Papa.

Poi Napoleone, certo ormai del suo uditorio, dà la stura ad alcune "confidenze".

Sarebbe intenzione della Repubblica Francese, secondo lui, "di ridonare l'Italia a se stessa, e di erigere il Milanese in Stato Indipendente, ... aggiungendo ch'era questo d'interesse della nostra Repubblica, perché veniva con ciò ad assicurarsi di non essere circondata da troppo grandi Potenze." (da pag. 186).

Storia di Venezia - Truppe Venete in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato

Truppe Venete in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.

Secondo i Savj Battaja ed Erizzo, la "finezza delle riflessioni" del Condottiero e i "vari cenni che si lasciò cadere sulle politiche convenienze della sua, e delle altre Nazioni", sembrano lasciar dedurre "ch'egli non solo sia dotato di molti talenti anche ne' politici affari, ma che somma sia l'influenza sua sul Direttorio;".

Almeno su quest'ultima opinione, mi sento personalmente di convenire con i Savj. Napoleone sembra in molte occasioni obbedire a ordini più alti di quelli del Direttorio di Parigi.

Finito il lungo colloquio, Generale e Savj si recano amichevolmente a pranzo assieme, ma prima di congedarli Napoleone chiede un ulteriore piccolo favore: riguarda le coccarde francesi. Il suo Ministro a Venezia Lallement si lamenta da tempo con lui che ai suoi connazionali sia proibito indossarle in Venezia, e tale cosa gli appare come "sommamente essenziale per il decoro della sua Repubblica".

Questa richiesta pesa assai ai Savj, che pur avendo promesso in nome proprio e della Repubblica milioni e furti impuniti di fucili, sulla questione delle coccarde non si sentono di decidere in proprio, limitandosi a promettere che ne avrebbero caldeggiato l'istanza presso il Serenissimo Governo.

Curioso, no? Si elargiscono milioni e diritti di saccheggio e poi si cincischia per una rosellina di stoffa.

Io penso che i savj temessero che il comparire improvviso in Venezia delle ormai famose coccarde regicide, potesse scuotere quei numerosissimi Senatori vinti dall'illusione di vivere nel paradiso inviolabile che il "Tintoreto" aveva così mirabilmente dipinto nella loro Sala di Consiglio.
Illusione che invece i congiurati (e il seguito ci dirà quanto il Battaja e l'Erizzo ne facesse parte) si studiavano di cullare e nutrire con ogni cura, come i dispacci nascosti al Senato che leggiamo ampiamente dimostrano.
Come osserva l'amico e collaboratore Marco Girardi, l'effetto delle coccarde avrebbe potuto essere assai più grave di quello da me intravisto sui Senatori. Le coccarde sarebbero infatti state notate dal Popolo stesso, che, ancora in piena fiducia e confidenza col proprio Governo, non le avrebbe tollerate. Ricordiamo infatti che fu la Popolazione stessa a impedire l'installazione delle insegne sulla prima Ambasciata della Francia rivoluzionaria.

Storia di Venezia - Villa Gobio a Roverbella, dove Napoleone stabilì il suo Quartier Generale

Villa Gobio a Roverbella, dove Napoleone stabilì il suo Quartier Generale, foto per cortesia del signor Marcello Marconi.

La insperata cortesia e disponibilità del Napoleone nel colloquio, unita alla disposizione collaborativa mostrata nel congedo, dissuade i savj dal richiamargli alla mente un chiarimento che pure loro premerebbe. Riguarda l'ordine che, nel colloquio col Provveditor Foscarini del Primo Giugno, egli aveva detto di aspettare dal Direttorio entro sette giorni, in merito al bruciare Verona e dichiarare formalmente guerra alla Repubblica di Venezia.

Nonostante manchino solo due giorni allo scadere di quei fatidici sette giorni, Battaja ed Erizzo preferiscono non nominare la faccenda, perché pare loro "facile con ciò eccitare nell'animo suo un senso di amarezza per il dubbio, in cui si sarebbe mostrato di mettere le sue osservazioni" (da pag. 187).

Nella chiusa di quel Dispaccio del 5 Giugno, i Savj Erizzo e Battaja si sbilanciano a considerare il loro colloquio come "di molto conforto all'Eccellentissimo Senato per rendere dissipato quell'oscuro Orizzonte, che pareva minacciare la sua tranquillità".

Storia di Venezia - Lapide commemorativa dell'evento sulla Villa Gobio a Roverbella

Lapide commemorativa sulla Villa Gobio a Roverbella, foto per cortesia del signor Marcello Marconi.

Non solo, il colloquio con l'ottimo Napoleone li avrebbe portati anche a "rischiarare li dubbj, giustamente insorti nel di lui animo sulle contraddizioni, che risultano tra la condotta di fatto, e le espressioni francesi". Un'altra frase molto ambigua, che potrebbe riferire alle idee sbagliate dei Francesi sui fatti del Conte di Verona e di Peschiera, ma anche altrettanto bene agli avvisi da anni diramati dagli Inquisitori sull'inaffidabilità dei Francesi stessi, soliti a "esprimersi" in un modo, e ad "agire" in altri.

Secondo i due Deputati ci si può dunque lusingare. Se per l'Erario vi sarà un esborso, questo sarà però controllato dal Provveditor in Terra Ferma. Da "alcuni cenni fattici dal Commissario Generale dell'Armata", questi sarebbe infatti convinto che al suo arrivo in Verona nei rifornimenti sarà "tolto il disordine sinora corso".

Dalla cooperazione di questo Commissario Francese col Veneto Provveditor (e con le "basse figure" introdotte dal Napoleone in precedenza) i savj si attendono "meno pesanti i sagrifizi alla pubblica economia".

Ma la vera lusinga, quella che premia le fatiche di tanto infame contratto, è che "non saranno compromessi i riguardi eminenti della pubblica tranquillità".
I Senatori pericolosi potranno continuare ancora per un poco a cullarsi nei loro hobby preferiti.

Da pag. 188:

Verona li 5 Giugno 1796 ore 12
Francesco Battaja Savio del Consiglio
Niccolò Erizzo primo Savio di Terraferma.

Da pag. 188 il Tentori:

Se leggiamo con maturo riflesso il Dispaccio Battaja ed Erizzo , rileveremo a colpo d'occhio, che il simulato carattere del General Buonaparte non fu da essi penetrato, e ch'ebbero la debolezza di prestar fede al dolce canto di quella perfida sirena.
Egli invero tenne in seguito una condotta, che risultava infatto contradditoria con le meliflue sue espressioni.

La disamina della filza delle "Non lette al Senato" prosegue adesso con i Dispacci che giungono da Bergamo e da Milano nonché con l'arrivo del Condulmer da Roma, che affronteremo nella prossima pubblicazione.

Umberto Sartori

Storia di Venezia - Truppe Venete in una ricostruzione storica, da una foto di Fabrizio Zuccarato

Truppe Venete in una ricostruzione storica proposta dal Gruppo "Sedicesimo Reggimento Treviso 1797 Serenissima Repubblica di San Marco"; da una foto di Fabrizio Zuccarato.


Note

Nota 1 - Nel corso di ricerche all'Archivio di Stato pertinenti altro argomento, oggi 20 Dicembre 2014 mi sono imbattuto nei Dispacci di Foscarini e Battaja da Verona che raccontano dettagliatamente gli sviluppi di questa questione dei fucili.
Ecco gli estratti pertinenti (Archivio di Stato di Venezia, Senato/Dispacci/Provveditori/busta 116)

Inserto 1 al Dispaccio n. 20 data 8 Giugno 1796:
Gaetano Vela viene istituito come commesso della Ditta Vivante.

All'inserto 1 del Dispaccio n. 27 (Contarini e Battaja) data 9 Giugno 1796 troviamo una lettera autografa di Massena che chiede in prestito 2000 fucili per armare le reclute che escono dagli ospedali.

Battaja dichiara di non stupirsi di tale lettera, richiamando la simile richiesta fatta verbalmente da Napoleone a Roverbella (i fucili nel frattempo sono raddoppiati di numero, ma Battaja non sembra stupirsi nemmeno di questo).

Battaja esplicitamente dichiara di avere ufficialmente rifiutato la fornitura, ma di avere provveduto affinché i fucili fossero fatti pervenire a Massena "sotto l'apparenza di privati contratti".
Negli arsenali di Verona si sono trovati 2300 fucili senza lo stemma di San Marco, "marcati solo con i segni di questo Territorio facili a cancellarsi".

Nel Dispaccio n. 29 data 11 Giugno 1796 si comunica di aver dato incarico segretissimo al Vela, commesso della ditta Vivante, per:

far cancellare dalli ricercati fucili le marche in essi impresse del territorio, e riponendoli in casse colle loro Bajonette, trasportarli quindi in questa sera in modo insospettato nel luogo dove il Vela forma i suoi magazzini per gl'altri generi.
Al Vela abbiamo ingiunto che quando avrà a presentarsegli un Commissionato Francese per parte del Gen.le Massena abbia a dirgli che essendo stato da' noi incaricato di procurare da mano privata la propria di due mille fucili, era ad esso lui riuscito di averne mille per rimetterglieli nel momento, e che gl'altri sarebbe per somministrarglieli ne susseguenti giorni a diverse partite.

Questa dilazione precisa il Battaja, era necessaria per avere il tempo di cancellare le marche territoriali.

Il completamento della consegna dei fucili in massima segretezza è comunicato nel dispaccio n. 30, del 13 Giugno 1796.

All'Inserto 1 del dispaccio n. 36 data 18 Giugno 1796, troviamo una nuova lettera autografa di Massena che si lamenta perché ai 2000 fucili non sono state allegate le necessarie 2000 giberne. Massena si fa carico di essere stato impreciso nella richiesta, ma fa notare che a un terzo dei duemila fucili mancano alcuni pezzi.

Il Generale conclude la lettera chiedendo notizie della salute del suo buon amico Battaja "al quale vi prego di dire mille cose buone da parte mia" (poteva anche sprecarsi a mandargliene 2000, di buone cose, una per ogni fucile...:-) ).

Nel dispaccio si rende noto di aver dato incarico al Vivante perché provveda a risolvere la situazione.
Vivante manderà degli artefici ad aggiustare le armi avariate.

In coda alla Busta 116 si trovano numerosi conteggi di forniture con firme autentiche dei Vivante.


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