Storia di Venezia
Pagina pubblicata 14 Maggio 2014
Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
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Il Santuario della Madonna dei Campi a Stezzano, in una foto di Luigi Chiesa (courtesy of Wikipedia). Dopo il 15 Dicembre 1796, dunque, il Bonaparte avrebbe decretato di occupare Bergamo e la sua Cittadella a mano armata. Cristoforo Tentori ci trasmette il racconto di questa "perfidia" sua e dei Francesi a mezzo dei Dispacci dell'ormai arcinoto Vice Podestà Alessandro Ottolini. Nel giorno dunque 24 Dicembre il N.H. Rappresentante di Bergamo scrisse al Senato il seguente Dispaccio. Tale lettera, prima di giungere al Vice Podestà di Bergamo, Autorità legittima per le Terre di Stezzano, era stata indirizzata ai "Capi dei Comuni", e Ottolini non manca di rilevare questa scorrettezza dei Francesi, che in effetti già la dice lunga sul loro intento di esautorarlo. Quel che è più grave, è che la missiva informa dell'arrivo in quelle Terre, "prima della notte corrente", di quattromila soldati di Fanteria e di 900 di Cavalleria, "sotto il comando d'un Generale di Brigata, ancora ignoto". Impossibile il dar ricovero alla Truppa in un Paese ristretto, e povero, si adatteranno i soldati, come potranno, e rapporto agli Uffiziali ho disposto gli ordini immediate, onde abbiano l'alloggio nelle case particolari, e luoghi di villeggiatura di alcuni Nobili di questa Città. Più che una Autorità territoriale, Ottolini sembra qui un albergatore spiacente di trovarsi in una incresciosa situazione di overbooking, che risolve però a spese dei suoi Cittadini. Invia incontro all'ignoto generale di Brigata un suo Ufficiale, con il triplice incarico di dargli il benvenuto, di organizzare gli alloggi e di impetrare moderazione alle truppe occupanti. L'ufficiale medesimo ha anche un quarto incarico, quello di tenere "colla sua presenza, ed insinuazioni, tranquillo il popolo". Ovviamente l''ufficiale deve riferire ogni informazione, ma Ottolini al momento in cui scrive non ha ancora ricevuto il rapporto. Si mostra preoccupato per i foraggi "non essendovene in Provincia". Sempre come un solerte albergatore conclude il Dispaccio, preoccupato che gli ospiti non siano disturbati dalle loro vittime, assicurando alle "Eccellenze" in Venezia tutto il suo impegno "per mantenere la tranquillità in Provincia, e per render contente le truppe straniere, se pur qualunque sacrifizio apportar mai può un tal effetto." (da pag. 354). Il castello di San Vigilio a Bergamo (courtesy of http://www.lombardiabeniculturali.it). Non dovrà attendere il rapporto del suo ufficiale, Ottolini: ci penserà direttamente una lettera di Baraguey d'Hilliers,(1) a chiarirgli la destinazione delle truppe giunte a Stezzano. Lettera che precede solo di poche ore l'arrivo alle porte di Bergamo del contingente d'occupazione. Il Vice Podestà trasmette il racconto dei fatti con un nuovo dispaccio solo due giorni dopo il primo, il 26 Dicembre 1796, dispaccio che Tentori ci riporta integralmente dalla pagina 354 alla 357. Nella lettera, Baraguey "accennava, che dovendo portarsi a Bergamo con 4000 uomini d'Infanteria, 500 di Cavalleria, ed una divisione d'Artiglieria, ricercava l'alloggio nella Fiera, e viveri per Essa, i foraggi per i Cavalli, e mi raccomandava di tener quieto, e tranquillo il popolo" (da pag. 354). Ottolini tenta di tenerli fuori dal centro abitato, e di far acquartierare gli invasori nel "Lazzaretto", ma questo accampamento è accettato solo per la Cavalleria e l'Artiglieria, mentre i fanti richiedono di stabilirsi alla "Fiera", ovvero nei borghi a ridosso delle mura cittadine. ... la Truppa era entrata con Cannoni appuntati, e con miccie accese, ... s'incaminava tutta verso la Città, ... il Generale alla testa voleva venir a visitarmi con scorta di 30 uomini, ... pretendeva fosse in tanto lasciata aperta la porta S. Agostino per aver comunicazione colla sua gente, ... Dal colloquio con il Generale (presumibilmente lo stesso Baraguey d'Hilliers), Ottolini apprende che per quella notte stessa si attende a Bergamo il General Bonaparte in persona, e che all'uopo egli ha ordine di occupare la Città e il Castello. Poco più tardi Baraguey esigerà l'inventario delle armi e che la guarnigione veneziana sia non solo ritirata dalle fortificazioni, ma anche allontanata dalla Città: "mi domandava la nota di tutta l'Artiglieria, Munizioni, ed attrezzi da guerra esistenti nella Piazza e di far sortire dalla Città tutta la truppa Veneta che vi fosse aquartierata". Ogni richiesta è rimarcata dall'affermazione che, in caso di non pronta obbedienza, i Francesi esaudiranno le proprie richieste a viva forza. Il tentativo di barcamenarsi del Vice Podestà sortirà solo il magro risultato di ottenere una versione per iscritto delle richieste, e di poter trattenere presso di sé la Guardia personale di 40 Carabinieri più 100 uomini da "disporre alle porte assieme con li Francesi, ed in quei altri posti, che a me fossero sembrati opportuni per mantenere la quiete, e la tranquillità interna.". Ancora una volta vediamo l'Autorità veneziana preoccuparsi di proteggere i Francesi dalla giusta collera popolare, fornendo alle loro soperchierie la protezione e l'avallo formale del Governo Veneto. Ottolini considera questo un risultato superiore alle sue speranze, rimarcando ancora una volta di avere dovuto agire da solo, senza alcuna istruzione dal governo, nonostante da tempo egli avesse previsto e segnalato il pericolo che adesso si veniva a verificare: "Questa semplice ombra di semplice Potestà mi sortì di conservare in una Piazza adesso totalmente in mano altrui: e trovo, che prevedute di già queste combinazioni fino da lungo tempo, ed umiliate a Pubblico lume senza riceverne istruzioni a mia regola, riuscì ad ottenere assai più di quanto speravo". Il Generale francese fa affiggere un proclama che Ottolini trova, "se i fatti corrisponderanno alle promesse, ... di conforto all'abbattuto mio spirito", cui corrisponde con un proprio proclama, teso naturalmente a sedare gli animi della popolazione e a far loro inghiottire l'amara pillola con il noto metodo del dottor Boerhaave, tanto caro ai suoi Padroni Collendissimi, i cosiddetti Savj del Collegio (cfr. Pubb. IV).(2) Questa volta Ottolini però non serve solo i "Padroni" locali, se ne è trovato uno di foresto, che non minaccia solo la sua carriera, ma la sua incolumità fisica: ... dal canto mio non lascierò occasioni di togliere qualunque protesto a violenze, e molestie, ma non ardisco sperarlo poichè privo affatto di mezzi per reprimere i disordini, sono nella crudele situazione di vederli probabilmente a nascere, e di avere anco la responsabilità, giacchè il Generale ebbe a dirmi, che confidava tutto in me, "non muovendosi mai il Popolo senza le insinuazioni de' suoi superiori".(3) In realtà noi sappiamo (e lo sapeva bene anche lui, come vedremo tra poco) che l'Ottolini non mancava dei "mezzi", dal momento che l'intera Popolazione della Provincia non aspettava che l'ordine di un attacco, per schiacciare le poche migliaia di Francesi. Quello che gli manca è l'autorizzazione di coloro che, oltre alle sorti dello Stato Veneto, avevano in mano le redini della sua carriera. I Francesi esigono razioni per 4000 uomini e 1000 cavalli; Ottolini stima che siano assai meno numerosi, ma ritiene conveniente soddisfare l'esosa richiesta, a scapito e danno dei suoi Cittadini, infatti:
e se queste truppe devono fermarsi qui qualche tempo, la desolazione sarà estrema, incalcolabile il danno, e la miseria generale. Il Vice Podestà ha trovato alloggio per 250 ufficiali in Città, e ciò che lo inquieta mentre scrive è che entro breve aspetta la richiesta di "consegnare le munizioni, armi, ed artiglierie, e che dovrà dar tutto ... alla forza devesi cedere". Cede invece alla sua piaggeria e vigliaccheria, mentre "si lusinga non esser abbandonato dalla clementissima Sovrana protezione in sì scabrosi momenti.". Da pag. 357: Bergamo 26 Dicembre 1796 ore 23. Bergamo in una veduta della metà del 1700 (courtesy of http://www.duepassinelmistero.com). La notizia dell'invasione di Bergamo era giunta in Venezia prima dell'arrivo dei Dispacci di Ottolini, comunicata dal Provveditore in Brescia Francesco Battaja, così il "Senato" poté inviare una risposta al Rappresentante in Bergamo già il 27 Dicembre, "essendo Savio in settimana il N.H. Pietro Donà K. Mecenate acerrimo "della disarmata Neutralità", e nemico giurato del general armamento de' Bergamaschi, e del Rappresentante medesimo.". La Ducale inviata a Ottolini è riportata dalla pagina 357 alla 359 e, come ormai di prammatica, è di una pressocché completa insipienza, a parte alcune istruzioni:
La Ducale del 27 Dicembre fu sanzionata dal Senato e spedita il 29 Dicembre; il 28 Ottolini aveva spedito un altro messaggio, nel quale informava che i rapporti tra il Popolo e le truppe d'occupazione si mantenevano tranquilli grazie anche all'impegno di alcuni suoi collaboratori che cita per nome e grado: Vengono in esso Dispaccio nominati il Sargente Maggiore della Piazza Niccolò Kuapich uomo illuminato, ed attivo, l'Alfiere Giuseppe Caprini, il Cadetto Berettini, e sopra tutti viene encomiato il Capitan di Artiglieri Francesco Corner; Conclude la lettera la consueta querimonia sulla carenza di soldati e soprattutto di Ufficiali. "Per farne che?", viene fatto di chiedersi. Casamatta sotto le mura di Bergamo in una mia foto (courtesy of http://wallpaper.venicexplorer.net). Non passeranno però che tre giorni, perché Ottolini deva scrivere un ben più lungo e preoccupante Dispaccio, in data 31 Dicembre 1796 riportato da Cristoforo Tentori dalla pagina 359 alla 363. Come era previsto, Baraguey d'Hilliers, in nome di Napoleone, chiede la consegna "delle Chiavi delle munizioni, artiglierie ed attreccj da Guerra". Ligio alle istruzioni pervenutegli da Venezia, Ottolini fa opposizione formale in nome dei principi della neutralità. Baraguey alza la voce e minaccia di impadronirsene con la forza. Allora Ottolini suggerisce e applica l'escamotage: egli rifiuta non per non collaborare con gli amici Francesi, ma nel timore che tale operazione, condotta da lui ufficialmente, possa accendere gli animi della Popolazione: ... commissionai il Capitan Corner di Artiglieri di portarsi da lui, e combinare privatamente, e come da se ciò, che fosse di Pubblico decoro, e non turbativo la quiete de' Sudditi, la quale è di sommo interesse sia mantenuta, e per servire alle Pubblico Massime, e perchè mal impresso il General Francese a discapito della Popolazione, potrebbero succederne delle serie conseguenze. E non si può dubitare che serie davvero sarebbero state le conseguenze per i 4000 Francesi, se i 30.000 Bergamaschi inferociti si fossero rivoltati contro di loro contravvenendo a quelle "Pubbliche Massime" che volevano chiamare "quiete dei Sudditi" l'essere sottoposti alle più crudeli vessazioni e angherie che vedremo tra poco descritte. In forma privata, ovvero come se si trattasse di normale amministrazione e accordi tattici fra il Capitan Corner e gli occupanti, "I Cannoni esposti sulle Mura, e smontati vengono trasportati in questo Castello, il quale alli preparativi, che vi si fanno, sembra volersi porre in stato di difesa, anzi preparato ad un assedio.". Come vedremo tra poche righe, i Francesi non hanno in Bergamo alcun ragionevole timore di essere assediati dagli Austriaci: quella che essi approntano è una postazione di difesa dai Bergamaschi stessi. Da pag. 360: Furono richiesti legnami d'Opera, Zappa, Badile, grandiose provisioni da porre colà ne' Magazzini, e con una estraordinaria premura entro 48 ore di nuovo domandate, quando per l'avanti n'era fissata l'Epoca ai 16 dell'entrante Gennajo. Nonostante la penuria di ogni bene in cui si trova il Paese, grazie agli sforzi delle "Autorità" veneziane e dei deputati "eletti a tale scopo", i Francesi non hanno al presente alcun motivo di lamentarsi, se non per qualche piccolo inevitabile ritardo nella consegna delle provviste e nei trasporti. Da pag. 360: Io non so per altro, se siavi realmente un bisogno di porre in tanta difesa il Castello, non avendo ancora alcun riscontro, che per queste parti vogliano tentare una discesa i Tedeschi, o se più tosto si machini, allorchè sia armato, e provveduto di dar la Legge alla Città, ed ai Borghi. Bravo Ottolini, vero paragnosta che abbiamo visto infallibile nelle previsioni e che azzeccherà anche questa, nonché la prossima. Non è improbabile, che nelle attuali circostanze possa sortire ancora la ricerca della deposizione delle armi degli Abitanti, giustificandola su quei facili avvenimenti, che possono dal momento succedere, e singolarmente perchè i Soldati Francesi cominciano a portarsi nelle Osterie, a non voler pagare, ed a molestare le donne. Il Baraguey d'Hilliers è gentile e cortese nei rapporti personali con Ottolini, ma negli atti ufficiali è un poco più rude: tiene Ottolini come personalmente responsabile di qualsiasi sorpresa egli possa ricevere dai suoi nemici, mentre promette fucilazione sommaria a "qualunque suddito attentasse alla vita di un Francese". E qui vediamo il Vice Podestà manifestare la sua consapevolezza che l'arroganza francese altro non è che un bluff: egli infatti non crede "ch'egli portarsi volesse ad estremità così pericolose, e compromettenti". Si accenna quindi al caso che avrebbe acceso le minacce del Baraguey. Un soldato francese allontanatosi dall'osteria senza avere saldato il conto era stato riacciuffato dal cameriere e indotto con minacce a pagare. Tuttavia, da pag. 361: E impossibile, che non avvengano dei disordini, molte essendo le cause, che possono originarli; ma è altresì impossibile il prevenirli tutti, ed il mio zelo sarà impegnato al pronto castigo de' colpevoli, ed a mantenere per tutte le vie la quiete, e la tranquillità, ... . In questo paradossale ribaltamento dei ruoli tra vittime e carnefici, sarà lo stesso Ottolini a descriverci di qual tipo fossero la quiete e la tranquillità che egli garantiva ai suoi sudditi, non prima di averci informato che il d'Hilliers ha già avanzato istanza formale di avere consegnati quei 1500 fucili che il Corpo territoriale aveva messo a disposizione della Repubblica ai tempi delle istanze del Defendente Bidasio ma che, secondo una nota del Tentori a pag. 361, il destino sembrava tenere in serbo per "accrescere i Latrocinj dell'Armata Francese.". Ecco quindi la quiete e serenità che Ottolini, in ossequio alle Pubbliche Massime, garantiva ai sudditi Bergamaschi: Sono incalcolabili i danni, che ne risente questa Provincia dalla stazione di Truppe straniere; poichè mancante di Biade, Vini, Foraggi, Legna, e di tanti altri articoli necessarj, trovasi in una situazione assai critica attualmente, e senza risorse in avvenire. Anche i distaccamenti di soldati Francesi nelle Valli sembrano sospetti a Ottolini: ... non essendovi, come umiliai alcun cenno di movimento di Austriaci, sembrami inutili, intempestivi questi passi, ma che più tosto ascondono altri arcani oggetti. Napoleone ha richiesto che sul Castello occupato sia alzato comunque il "Vessillo Veneto" e Ottolini lo accontenta, con il beneplacito, inviatogli per iscritto, del Battaja, il quale però manifesta delle riserve sull'azione, paventando che possa essere "in parte lesiva dei delicati riguardi di Neutralità verso gli Austriaci.". Stupisce un poco questo riguardo da parte di colui che aveva trasformato la sua "Provveditoria" in una sorta di club giacobino, ma forse l'entusiasta Battaja semplicemente non vedeva l'ora di veder garrire il tricolore francese sulle rovine della sua Patria. Il Vice Podestà, più penetrato delle "Pubbliche Massime" e certamente più avveduto del grande pericolo che sovrasta il drappello di Francesi arroccato nel suo castello a causa dei 30.000 Sudditi in armi nelle Valli, ritiene invece che tale vessillo possa essere di una qualche utilità nel tenere tranquillo il Popolo: Ma io credei anzi, che possibilmente conservando l'Insegne del Dominio anco a confronto dei Sudditi sorpresi, e confusi per tante novità, non si turbasse nessuno degli oggetti Pubblici. Ottolini informa di aver ricevuto, tramite il Residente Veneto a Torino, un Dispaccio di grande importanza del Nobile a Parigi, e di trasmetterlo in allegato per mezzo del "Corriere Marconi" che gli ha appena recapitato la Ducale del 29 Dicembre che abbiamo visto. Apprendiamo infine che a Bergamo si attende l'arrivo del Buonaparte con un Corpo di Truppe da Milano per l'indomani. Ottolini conferma che lo accoglierà "nei modi cortesi, urbani, ed adattati", attendendo trepidamente l'arrivo anche del Provveditor Battaja da Brescia per sollevarlo dalle "somme cure, e pensieri" che lo circondano. Da pag. 363: Bergamo 31 Decembre 1796. Il Leone di San Marco sul Palazzo della Ragione di Bergamo in una mia foto (courtesy of http://wallpaper.venicexplorer.net). Passarono solo quattro giorni prima che, il 4 Gennaio 1797, il Capitano di Bergamo sentisse il bisogno di "aprire il suo cuore" al Tribunale Supremo, mostrando al contempo l'agitazione dei Bergamaschi e la sua propria amarezza per essere stato ingiustamente censurato dal K. Piero Donà " "qual uomo caduto in avvilimento dopo l'ingresso de' Francesi in quella Città, e Provincia", che con sole "Rimostranze" voleva difese dalla più sleale Armata, che vedesse giammai l'Italia.". Questa nuova lunga lettera di Alessandro Ottolini occupa le pagine dalla 363 alla 366. Ottolini ringrazia il Senato e il Collegio per i confortanti ripetuti elogi verso la sua persona e il suo operato, e implora il condono per eventuali "errori dell'intelletto", da lui compiuti trovandosi "scarsamente provveduto" delle doti di "singolare virtù ed esperienza" necessarie ad affrontare tanto drammatici avvenimenti. Egli passa quindi a parlare del dolore che gli ha provocato l'occupazione ingannevole e violenta della sua Città, mentre egli ancora si cullava nella "lusinga" che sarebbe giunto da Venezia il "Pubblico assenso ... autorizzante a preservarla, in conseguenza del quale il fervor di questi Sudditi sarebbe stato sufficiente a garantirla.". Prosegue il Capitano a scoprire il bluff dei Francesi con sempre maggiore chiarezza: I Francesi, che sono cosi prodighi di minaccie, non sono però così imprudenti di mandarle ad effetto, né azzarderebbero in cosi poco numero di tentare tali intraprese, "se non fidassero su i primi esempj, e sulle note Massime del Governo". Cedendo ai soprusi, Ottolini non ha seguito la propria inclinazione o persuasione, egli ha solamente inteso obbedire agli ordini superiori, ma il suo personale dolore per gli esiti di quegli ordini è ormai lo stesso dolore degli Abitanti della Città e dei Territori: "Amano essi troppo il loro Principe per non fremere alla vista di tanto dispregio, e sopraffazione.". Ottolini riceve dalla popolazione sempre più aperte querele. Declama ognuno contro l'adottato sistema, dal quale si fanno dipendenti i tanti mali, che soffrono, ... Tronche voci, ma chiare abbastanza di "abbandono, di debolezza, di debito di difesa, di fedeltà non curata, di pentimento delle fatte obblazioni manifestano ben chiaro la general commozione. E questa non è che l'opinione dei Sudditi "più attaccati al Governo". I maligni poi, e male intenzionati prendono ansa da ciò, s'avanzano a più spinte considerazioni, ed in misteriosi sensi spargono de' rei progetti. Nonostante il dolore proprio, e quello che sente crescere attorno a se, Ottolini non trascura di servire i Congiurati veneziani, prodigandosi in ogni modo per lenire, minimizzare, compensare i "mali presenti", diffondendo l'idea che il Governo in realtà vigila ed ha a cuore solo "il benefizio, e la sicurezza comune". Da pag. 365: ... coi tratti della maggior dolcezza, e colla dimostrazione spiegata della più viva interessenza, che io prendo nelle angustie, che premono questa Provincia, mi studio di dissipare le male impressioni, di animare i più deboli, di raffrenare i più fervidi, e di mantenere in tutto il suo vigore quel dolce vincolo di attaccamento sincero, che lega il suddito al Sovrano. Al raggiungimento di questi suoi scopi, si oppone una situazione nella quale "nuove cose sempre succedono irritanti la Popolazione.".
domande tutte che ... portano nella lor esecuzione sommo disgusto nel popolo, ... . Al fine di evitare o almeno diminuire questo disgusto popolare Ottolini, come gli abbiamo già visto fare ormai in molte occasioni, ricorre al sotterfugio di esaudire le richieste in segreto: "qualora sia inevitabile conviene addolcirle colle forme meno solenni, e segrete.". Ritiene che la sua opera sia "non affatto inutile" alle "Pubbliche massime", come si può rilevare da un altro Dispaccio che egli acclude, indirizzato al Senato. Segue una enigmatica notizia su un detenuto, tale "Metaxà":
(5) Il Relegato Metaxà attrovasi in prigione affatto separata, e non molto infelice fino dal primo momento del di lui trasporto dal Castello. Altrettanto poco chiare notizie si danno su dei problemi con l'impresario teatrale "Lombardi", che sembrerebbe fare opposizione a un trasferimento degli spettacoli della sua Compagnia dal teatro nel Palazzo del Podestà a quello del Borgo. La continuazione degli spettacoli è per soddisfare un desiderio della "moglie del Generale". Non è chiaro perché Ottolini voglia spostare le rappresentazioni, sappiamo solo che, per giustificarsi, egli ricorre a una falsa preoccupazione per i pericoli in caso d'incendio. Il Capitano avverte di essere intenzionato a emettere, a suo tempo, un decreto di proibizione delle maschere e delle feste da ballo, "che possono riuscire egualmente pericolose per la intrusione violenta delle persone di estera Nazione". Ancora mi è oscuro il significato di un altro paragrafo: Nei termini più acconcj, e nelle forme più caute significai alli noti offerenti la generosa accoglienza di VV. EE. accompagnata dalle indicate riserve, del qual atto clemente si mostrarono soddisffatissimi. I numerosi impegni di Ottolini non gli hanno ancora consentito di stilare "l'inventario de' Libri asportati", ma non ci è dato di sapere a cosa si riferisca. Infine, nota al Capitano la volontà dei Savj di ottenere maggiori informazioni su un certo "Cavagnini", (6) egli promette di approfondire ed estendere le indagini sullo stesso. Da pag. 366: Bergamo 4 Gennajo 1797. Disegno dell'Insigne Fabrica della Fiera di Bergamo, dove fu fattea accomodare l'Infanteria Francese (courtesy of http://historiadibergamo.blogspot.it). A questa comunicazione gli Inquisitori di Stato rispondono in data 9 Gennajo 1797. Come prima cosa Ottolini viene informato che anche il Dispaccio da lui indirizzato al Senato è stato "rimesso ai Savj del Collegio". La lettera, molto breve, è per i tre quarti un panegirico dell'Ottolini, della sua abilità nell'applicare le Pubbliche massime di neutralità e di queste massime stesse. Per i balli e le maschere, ci si rimette al buon senso del Capitano che saprà certo evitare i pericoli senza tuttavia togliere qualche "innocuo trattenimento" al popolo e agli "ospiti". Al contrario, il desiderio della "moglie del Generale" di andare a teatro deve essere soddisfatto con ogni rigore, ed egli si imporrà con tutta l'Autorità conferitagli dal Sommo Tribunale al renitente impresario Lombardi "ed a chi tentasse resistere a così essenziale oggetto". Gli Inquisitori attenderanno "opportunamente così il Catalogo de' Libri, come le ulteriori relazioni sulla persona del Cavagnini". Firmano questa ennesima insipiente missiva da Venezia: Agostin Barbarigo Inq. di Stato A conclusione di questa lunga esposizione dei fatti in Bergamo nel volgere dell'anno 1796 nel 1797, non posso non osservare una brillante assenza: non viene mai nominato il grande esperto di cose militari incaricato dal Senato di coordinare la resistenza Bergamasca. Viene spontaneo pensare che egli non fosse in Bergamo, all'arrivo dei Francesi. A questo punto il nostro Abate ci riporta un poco indietro nel tempo, per fornirci alcuni aggiornamenti sulla situazione bellica generale, ma ce ne occuperemo nella prossima Pubblicazione. Umberto Sartori Stampa satirica del tempo che rappresenta Arlecchino che svende a Pantalone ordini cavallereschi, tiare, chiavi, aquile e stemmi (courtesy of http://historiadibergamo.blogspot.it). NoteNota 1 - Louis Baraguey d'Hilliers: la storia personale di questo soldato è parallela a quella di Napoleone stesso: proveniente dalla piccola nobiltà, aveva seguito la carriera militare ed era passato dall'Esercito realista a quello rivoluzionario nella frangia di Robespierre. Nota 2 - I documenti riportati da Cristoforo Tentori in questa Raccolta largamente dimostrano come i Savj del Collegio, in concorso con gli Inquisitori di Stato e i Rappresentanti delle varie Province, ingannarono sistematicamente per anni sia il Senato che il Popolo. Nota 3 - È la seconda volta, se non vado errato, che in questa Raccolta di Documenti sentiamo un rappresentante Francese affermare che il Popolo non si muoverebbe senza "le insinuazioni de' suoi Superiori". Una dichiarazione che può sembrare strana in bocca a esponenti della Nazione "rivoluzionaria" per antonomasia. Nota 4 - Pecca direi di eccesso di zelo, il Donà nel sospettare l'Ottolini capace di iniziative personali. Non è forse un caso che Napoleone decida di muovere su Bergamo pochi giorni dopo avere ricevuto le rassicurazioni del Capitano di Verona Priuli, che abbiamo osservato nella Pubblicazione precedente: "Le misure che il Governo ha disposte, perchè si mantengano nella dovuta moderazione, sono efficaci. Egli mira, e mirerà sempre con ogni studio la buona armonia con la Repubblica Francese. ... Veglierà, lo promette, il Capitanio Vice Podestà con ogni cura, come ha fatto finora per rendere costante in questi Abitanti, e negli abitatori delle Campagne un moderato contegno;". Naturalmente, tutto quello che concerne le forniture sarà affidato a "figure terze"... Nota 5 - Trovo con questo nome in quegli anni un Rocco Metaxà, medico docente all'Università di Padova, e un Luigi, giurista e medico, assai più interessante in quanto avrebbe avuto un ruolo di rilievo nelle Accademie e nella Repubblica Romana, ma nessuno dei due sembra avere a che fare con il detenuto in Bergamo. Nota 6 - Sul Cavagnini trovo questa notizia, alla pagina 241 di "Brescia nel 1796 , Ultimo della Veneta Signoria": Se ne può dedurre, come del resto da molte indicazioni esplicite, che il Tribunale degli Inquisitori tenesse sotto controllo gli agenti giacobini e filo-francesi, e l'Abate Tentori in più di una occasione vuol vedere in questa attività un atto di fedeltà patriottica da parte di quel Tribunale. Vai a pagg. 341 - 353 | In questa pubblicazione, pagg. 353 - 368 | Vai a pagg. 368 - 371 || Va all'Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||
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