Storia di Venezia

Pagina pubblicata 24 Giugno 2014

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799, XXXII

INDICE || Tomo Primo 1788-1796 || Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XXXII
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE SECONDA
Del Progresso della Rivoluzione dal Primo Giugno 1796 al 12 Marzo 1797 (pagg. 173 - 396)

Vai a pagg. 353 - 368 | In questa pubblicazione, pagg. 368 - 371 | Vai a pagg. 371 - 380

|| Va all'Indice degli Argomenti di questa pubblicazione || Appendice "A" || Appendice "B" || Illustrazioni ||

Storia di Venezia - Il Generale Joseph Alvinczy von Berberek

Il Generale Joseph Alvinczy von Berberek. Veterano sessantaduenne di molte battaglie, questo generale ha un punto particolarmente interessante nel suo curriculum. Egli fu infatti nominato insegnante di tattica del futuro Francesco II proprio da quel Giuseppe II che promanò il "Decreto Imperiale di Permissione della Massoneria" negli anni in cui questa organizzazione preparava la sua rete europea (cfr. Pubb. IX). Courtesy of Wikimedia.

Cristoforo Tentori riassume brevemente la situazione bellica del Fronte italiano nel periodo tra la fine di Novembre 1796 e la metà di Gennaio 1797.

Si tratta di un periodo di tregua, che gli Austriaci usano per farsi raggiungere da consistenti rinforzi da Est e da Nord, e che invece i Francesi di prima linea e delle retrovie utilizzano per gozzovigliare nel saccheggio di Verona e dei Territori limitrofi (abbiamo una esauriente descrizione di questo comportamento delle truppe, e dello spirito che le animava in quei giorni, ne l' "Histoire Militaire de Massena" di Édouard Gachot, che vedremo nell'Appendice "B").

Alla tregua segue una breve e intensissima battaglia, divenuta celebre con il nome di "Battaglia di Rivoli", uno dei capisaldi del mito di Napoleone come grande stratega.

La narrazione di Tentori, piuttosto lacunosa e confusa, evidenzia che l'Abate qui non si abbevera a fonti diplomatiche e rapporti dal campo, ma alle voci diffuse presso l'opinione pubblica e a resoconti giornalistici, presumibilmente da "Le Notizie dal Mondo" e da "Gazzetta Universale"(1).

Ho così cercato quelle stesse fonti e le ho in parte trovate, tuttavia come era logico attendersi, pur arricchendo le scarne notizie del Tentori, quelle fonti possono apparire spurie e manipolate.

Sull'argomento ho trovato anche alcuni brani nella "Storia dell'Armi Italiane dal 1796 al 1814", di Felice Turotti, ma anch'egli sembra abbeverarsi alle stesse fonti del Tentori, pur se oltre un secolo più tardi.

Questa documentazione va a costituire l'Appendice "A".

Su segnalazione dell'amico Paolo Foramitti, vero "filo d'Arianna" della bibliografia che informa questo lavoro, è arrivata sul mio tavolo di studio un'opera originale che, pur composta nei primi anni del 1900, si presenta con le caratteristiche e le intenzioni di un'opera storica. L'Autore, Édouard Gachot, ha avuto accesso agli archivi del General Massena, ha svolto ricerche in vari altri Archivi incluso quello di Stato di Venezia ed effettuato sopralluoghi in molti siti delle battaglie che descrive.

Il suo racconto dei fatti è molto puntiglioso e fornisce alcune cifre precisate all'unità.

Per quanto ho potuto esperire, ricostruendo le sue descrizioni anche con l'aiuto di Google Earth, ho notato l'efficacia narrativa e la vividezza con cui descrive le situazioni di battaglia, e devo dire che gode di tutta la mia stima come poeta vero ed epico.

Tuttavia sulle cifre la sua puntigliosità viene meno. Conta accuratamente le vittime del nemico, grazie ai dati dell'Archivio di Guerra Viennese, ma tende a essere molto più sommario riguardo quelle della propria Armata, principalmente perché la disorganizzazione amministrativa dello Stato Francese in quegli anni non permetteva di registrare i dati con esattezza.

Inoltre possiamo ormai essere ragionevolmente certi che i dati trasmessi a Parigi dai Generali sul campo erano ampiamente falsificati, per ragioni sia immediate che strategiche.

Avvenivano infatti cose sul campo che sia l'Opinione Pubblica francese, che il suo Direttorio, era assai meglio non sapessero, ai fini del disegno Napoleonico.

Mi riferisco per quel che riguarda la prima alla brutalità dei saccheggi e dei soprusi; agli accordi che Napoleone andava intessendo con gli Austriaci per quel che riguarda il secondo.

Accordi che si formalizzeranno nelle clausole segrete del Trattato di Leoben.

Tuttavia la verve descrittiva di Gachot ci permette di comprendere che le perdite dell'orda francese negli scontri con l'esercito regolare Austriaco erano ingentissime.

Una pecca del Gachot, dal punto di vista storico, è che "dimentica" di citare le fonti quando parla di ingentissimi "rinforzi" che raggiungerebbero l'Armata "dalla Francia": nella tregua di Dicembre 1796 sono 20.000 i soldati Napoleonici che "spuntano dal nulla", quando noi sappiamo da più fonti (i Cahiers di Xavier e le lettere di Napoleone stesso, oltre ai Dispacci Ambasciatoriali) che questi rinforzi, tremendamente rallentati dal collo di bottiglia della Savoia, non arriveranno a combattere prima della battaglia del Tagliamento, che è ancora di là da venire, al momento del nostro racconto.

Ancora Gachot, trascinato dalla foga del racconto epico, omette di confrontare, soprattutto nella battaglia di Rivoli, gli effetti devastanti della poca artiglieria francese sul Quosdanowich che assalta il vallone di Rivoli, e sul Wukassowich che traccheggia sul greto dell'Adige, con la reale portata delle bocche da fuoco dell'epoca, come vedremo nell'Appendice "B".

In quella stessa Appendice vedremo anche le vistose incongruenze strategico-tattiche da parte Austriaca, che trasformano le ecatombi di Arcole e Rivoli da eventi bellici a tragiche commedie.

Mi rendo conto di proporre una lunghissima digressione al lavoro di esegesi sulla "Raccolta Cronologico Ragionata" del Tentori. Tuttavia ai lettori è noto, per mie esplicite e reiterate dichiarazioni, l'intento essenzialmente ideologico di questo lavoro storico; in questo scopo è essenziale chiarire quanto più possibile lo svolgersi dei fatti, in modo da poterne consolidare la logica ragionativa necessaria.

Si tratta in questo caso di fatti ed eventi estremamente importanti, perché le Battaglie di Arcole e Rivoli sono quelle che apriranno definitivamente la strada a Napoleone per la conquista completa dei Territori dello Stato da Tera veneziano. Non mi sentivo di progredire con alle spalle la sola esposizione fattaci da Cristoforo Tentori, sommaria, vaga e non suffragata da documenti espliciti.

Chi avrà la pazienza di leggere le Appendici scoprirà come io non mi sia sbagliato, nell'attardarmi in questa apparente digressione. Queste battaglie e gli accadimenti collegati meglio di ogni altro evento, prima del Trattato di Leoben, mettono infatti in luce la grande congiura internazionale che muove e sostiene Napoleone nel suo attacco alla Serenissima.

Esponiamo dunque innanzittutto il racconto di Cristoforo Tentori che, nonostante la sua lacunosa brevità ha dimostrato di non scostarsi significativamente dall'andamento reale delle cose.

Da pag. 368:

Veddemo (sic) già i Francesi nello scorso Novembre 1796 occupare l'ampia linea dell'Adige, trincieratisi in cordone sin al di sotto di Ronco, e quindi estendersi sino a Villanova, Vago e Caldiero.
Gli Austriaci divisi in varj corpi a Bassano, Padova, e Monselice tenevansi forti su i principali punti della Brenta, ed avevano aperte le strade a nuovi rinforzi, che in progresso vi giunsero dal Tirolo, e dalla Piave, il di cui ponte sin dal primo loro passaggio tenevano pronto ad ulteriori soccorsi.

Come ben vediamo dalla carta geografica in testa a questa pubblicazione, i Francesi, nonostante la controffensiva opposta all'Alvinzi nella battaglia di Arcole, si trovavano ancora in posizione assai più compressa di quella tenuta prima della discesa del Generale Austriaco. Nell'Appendice "B" sono disponibili file Google Earth che localizzano luoghi e movimenti sia della Battaglia di Arcole che di quella di Rivoli.

E' altamente probabile che il nostro Abate non avesse nozione precisa della geografia di quei luoghi. Noi che disponiamo di mappe precise e dettagliate ben vediamo che lungi dall' "estendersi", la posizione dei Napoleonici meglio si definisce "concentrata" nell'area tra Verona e San Bonifacio.

Vediamo anche che la situazione potrebbe essersi stabilizzata, dopo le battaglie nella zona di Arcole e Ronco (già commentate nella Pubblicazione XXIX, ma approfondite nell'Appendice "B", grazie all'apporto del Gachot), non con i Francesi in possesso di Arcole, come era sembrato, ma al contrario trincerati al di sotto di Ronco, ovvero sulla sponda opposta dell'Adige.

Nell'Appendice "B", scopriremo che in realtà i Francesi avevano del tutto smobilitato non solo la riva sinistra dell'Adige, ma che l'intero corso del fiume, in uscita da Verona. era stato sguarnito.

Le pattuglie che Bajalich invierà ad Arcole e Ronco il 10 Gennaio 1797 segnaleranno via libera alle truppe di Provera incaricato di marciare su Mantova.

Le truppe di Napoleone si erano infatti ammassate nel campo trincerato di Verona, con la Divisione Massena scaglionata da Bussolengo fino a Villanova (San Bonifacio), lasciando Augereau con i suoi pochi uomini a guardia del solo porto di Legnago, molto più a Sud.
Una guardia del tutto inefficace a fermare il Provera, che marcerà su Mantova sia attraverso Ronco che Legnago, senza incontrare resistenza.

Le truppe di Augereau non erano particolarmente combattive, come vedrà chi legga l'Appendice "B" riguardo ai fatti di Arcole, ed erano state ampiamente decimate in quella battaglia, per cui non tenteranno nemmeno di ingaggiare combattimento quando i 10.000 uomini di Provera, il 13 Gennaio 1797, getteranno un ponte tre chilometri a Nord di Legnago, ad Anghiari, limitandosi a seguirli di lontano.

Si era dunque venuta a creare una ampia "terra di nessuno", tra San Bonifacio, avamposto francese, e Vicenza, in mano Austriaca. Sappiamo da Gachot che, sempre il 10 Gennaio 1797, Bajalich occupò le alture di Caldiero senza trovarvi nemici.

La tanto decantata "Vittoria di Arcole", uno dei capisaldi del mito Napoleonico, non sembra dunque aver portato alcun miglioramento alla situazione francese, se non per l'altissimo numero di prigionieri che, come vedremo espresso esplicitamente dal Tentori in una prossima Pubblicazione (grazie a un rapporto degli Inquisitori da Milano) erano, volenti o nolenti, riarruolati sotto la bandiera francese.

Arcole del resto non sembra rivestire una posizione strategica decisiva, e Tentori ci parla di luoghi meno famosi ma più importanti, come "Villanova, Vago e Caldiero". Queste località, infatti, da un lato si protendono verso Vicenza, e dall'altro formano linea contro una eventuale discesa da Nord-Est delle Truppe Austriache in Bassano.

Abbiamo dunque un periodo di tregua, tra il Novembre 1796 e il Gennaio 1797 nel quale gli Austriaci continuano a ricevere rinforzi dai Territori del loro Impero sia da Nord attraverso il Tirolo che dalle province Illiriche a Est. Saranno infatti molti i Reggimenti Croati che parteciperanno alle prossime gesta belliche.

Da pag. 368:

In questo stato d'inerzia si tennero le due armate sin ai primi di Gennaio 1797, e furono gli Austriaci i primi, che decampando dalle loro posizioni diedero luogo a quei fatti strepitosi, che siamo ad accennare.

Questo è tutto quanto ci dice su quel periodo di tregua l'Abate, ma Gachot, nell'Appendice "B" ci racconterà assai meglio, cosa succedesse ai Francesi e ai poveri Veronesi in quei due mesi di non belligeranza.

Dal racconto di Tentori si ricava che Alvinzi aveva infine posto il suo Quartier Generale a Trento.

  • Il 6 Gennaio 1797 egli lancia la nuova offensiva.
  • Alvinzi stesso si sposta da Trento a Rovereto;
  • Provera muove le truppe di Padova e Monselice verso Legnago;
  • Davidowich con 12.000 uomini da Rovereto scende lungo il Garda in direzione di Peschiera (nel dettagliato resoconto di Gachot Davidowich non viene menzionato, è possibile che Tentori si confonda con Quosdanowich);
  • Sempre da Rovereto, ma con meno uomini, il Generale Laudon prende la riva destra del Garda con l'intenzione di creare un diversivo nella Bresciana (troviamo traccia di questo movimento nel rapporto di Rey, che invierà a Salò degli osservatori per accertarsi del pericolo, che si rivelerà inconsistente);
  • "... oltre di ciò nella giornata del 9 giunsero all'improviso in Roveredo per la strada de' monti quattro Battaglioni del corpo di Bassano, ed alcuni Squadroni di Cavalleria, li quali a marcia sforzata avanzarono alla parte di Ala, e di Montebaldo." (da pag. 369).

In quegli stessi giorni a Rovereto di concentra un alto numero di alti Ufficiali Austriaci: "Klebers (Probabilmente Tentori confonde questo nome con quello di Koblos), Seckeodorf, Quosdanowich, Liptay, Principe Reuss, Wukasowich ed Oczkai.".

Il giorno 11 Gennaio Alvinzi muove il grosso dell'Armata sulle tracce degli squadroni di Cavalleria giunti da Bassano, che nel frattempo avevano, sembra, conquistato Montebaldo e la Corona.

Le avanguardie di Alvinzi calano su Rivoli, che viene conquistata il 12 e avanzano verso Verona : "Il rimbombo del cannone, che andavasi allontanando da' monti indicava la vittoria degli Austriaci. Di fatto discesero essi da Montebaldo ad onta della viva resistenza dei Francesi, e s'introdussero in Rivoli coll'acquisto di 9 pezzi di cannone, e di alcune centinaja di Prigionieri.".

Gachot nell'Appendice "B" non ci parlerà di questo fatto. Per lui l'attacco degli Austriaci a Rivoli partirà solo all'alba del 14 Gennaio. Tuttavia in quella data egli ci fa trovare Joubert asserragliato sul dosso di Camporengo, e non nell'abitato di Rivoli, è dunque possibile che nella sua ritirata avesse già perduto anche quella postazione.

Gachot ci viene in soccorso per comprendere il passo successivo di Tentori, che sembra volerci dire che quegli stessi Austriaci che avevano conquistato Rivoli, nella stessa prima mattina del 12 Gennaio fossero giunti anche sotto gli spalti di Verona, e per di più attaccando da direzione Nord-Est.
Da pag. 369:

Buonaparte, che trovavasi a Bologna, si trasferì tosto a Verona. Appena egli era giunto in quella Città, che alle ore 6 della mattina del giorno del 12 gli Austriaci si presentarono attaccando la vanguardia del General Massena, postata al Villaggio di San Michele;

Da Gachot apprendiamo invece che si trattava di truppe del Generale Bajalich, presumibilmente provenienti da Bassano e Vicenza. Napoleone inoltre avrebbe solo fatto credere di essere a Bologna, mentre si trovava in realtà a Milano.

Vediamo quindi che questo movimento in avanti dell'esercito Austriaco si apre a ventaglio su un fronte molto vasto, che copre l'intero quadrante da Nord a Est.

Gli Imperiali scendono lungo il Garda, dalle vallate parallele, da Bassano e da Vicenza convergendo in direzione di Verona; da Padova e da Monselice si muovono verso Mantova. Vedremo Nell'Appendice "B" la descrizione di questo e altri grossolani "errori" strategici di dispersione delle forze da parte Austriaca.

Massena, comunque, riuscirebbe a respingere l'attacco, facendo anche 600 prigionieri.

Da pag.369:

nello stesso giorno (12 gennaio), ed alla stessa ora gli Austriaci attaccarono la linea Francese di Montebaldo diretta dal General Joubert, che li respinse...

La resistenza di Joubert fu però ben presto vinta, dal momento che quello stesso giorno Tentori ci ha già descritto gli Austriaci scendere vittoriosi dal Baldo e occupare Rivoli, mentre Joubert si arrocca nella improbabile difesa del Dosso di Camporengo.

Secondo Tentori Joubert a questo punto informa Napoleone dei movimenti del nemico nella sua zona, e il Buonaparte si sposta in zona di Rivoli assieme al Corpo di Massena all'alba del 14 Gennaio. Da Gachot apprendiamo che Bonaparte era stato avvisato dell'attacco da Nord già il 10 Gennaio, da parte della spia Toli, mentre l'Alvinzy aveva già raggiunto Preabocco, pochi chilometri a Nord di Rivoli.

L'Austriaco però indugia a lanciare l'attacco, che annienterebbe i pochi superstiti di Joubert, per due o tre giorni, fino al 14, quando in zona sono giunti gli uomini di Massena e il Generale in capite stesso.

Dopo tre ore (circa 12 secondo Gachot) di feroce combattimento sulle Alture di San Marco e attorno a Rivoli, gli Austriaci, che pure non avevano ancora spiegato tutte le loro forze, si ritirarono "con sorpresa di tutti, lasciando al nemico buon numero di prigionieri.". Sorpresa, in quanto era corsa voce, assieme a quella dell'avanzare vittorioso dell'Alvinzi, che il Napoleone stesso fosse stato fatto prigioniero.
Da pag. 370:

il General Alvinzi (di cui la pubblica fama faceva prigioniere il Buonaparte) si ritirò con sorpresa di tutti, lasciando al nemico buon numero di prigionieri: Era egli ancora padrone della Corona, ma non era (dicesi) più in grado d'inquietare i Francesi.

In merito a questa battaglia, minutamente descritta nell'Appendice "B", rimando alle osservazioni conclusive di quella Pubblicazione.

Nel frattempo, a Sud, il giorno 13 Gennaio, il Generale Provera, dopo avere catturato la guarnigione del piccolo avamposto francese a Bevilacqua, aveva gettato un ponte sull'Adige nei pressi di Legnago, attraversandolo con 10.000 uomini senza essere attaccato dall'Augereau che presidiava Legnago stessa.

Provera si era dunque portato all'attacco del blocco d'assedio di Mantova da Est, assaltando il sobborgo di San Giorgio e la Favorita. Contemporaneamente, il Wurmser comandava una sortita, ma inspiegabilmente, anziché andare incontro al Provera prendendo tra due fuochi gli assedianti, questa sortita si effettuò in direzione del borgo di Sant'Antonio, ovvero a Nord.

Oltre a questa evidente incongruenza tattica dei Generali Austriaci, non possiamo non rimarcare che gli eventi sotto Mantova avvengono con un giorno di anticipo rispetto agli scontri di Rivoli che impegnano Napoleone e Massena. Eppure, secondo il racconto di Tentori, la sortita del Maresciallo Wurmser sarebbe rintuzzata dal Massena stesso.
Da pag. 370:

I Francesi Generali Serrurier, Victor, e Massena costrinsero il Vecchio Maresciallo con grave perdita a ritirarsi nella Piazza.

Segue la resa del Provera, che si consegna al nemico: "Sei mila Prigionieri, fra quali la maggior parte de' Volontarj di Vienna (2), e 20 pezzi di cannone furono pei francesi il frutto di quella memorabile giornata".
Una resa però molto onorevole, dal momento che il Provera viene "condotto quasi in trionfo dal General Buonaparte per Verona" e quindi lasciato libero.

Da pag. 370:

Grandissimo fu il numero dei prigionieri, e quindi grandissima la perdita degli Austriaci.

Questo "numero dei prigionieri", secondo il Gachot, ammonterebbe nientemeno che a 20.000 uomini.

A questo punto c'è una generale ritirata Austriaca, Alvinzi si avvia verso il Tirolo e "i Corpi, che avevano passata la Brenta, molto diminuiti, ed in gran confusione si ritirarono al di là della Piave, ove si accamparono.".

Nonostante le perdite e la inevitabile stanchezza, i Francesi questa volta trovano le forze di inseguire i fuggiaschi, di occupare "Vicenza, Padova, e Bassano", nonché di fare "scorrerie verso la Piave attraversando anche Treviso".

Non voglio lasciare l'argomento delle ecatombi Napoleoniche nella prima Campagna d'Italia senza riassumere alcune delle palesi incongruenze che la Storia ufficiale ha sin qui trascurato e occultato.

  • Cosa mangiavano le migliaia di prigionieri?
  • Chi faceva loro la guardia?
  • Dove andavano a finire?
  • Come faceva un Esercito ormai esiguo e in pessime condizioni a debellare Corpi freschi, ben nutriti e addestrati che l'Austria ciclicamente inviava contro di lui, dovendo al contempo fare la guardia a decine di migliaia di prigionieri affamati?
  • E ancora, da parte Austriaca, che fine faceva il gran numero di cadaveri e di feriti che il racconto ufficiale attribuisce alle Truppe del Beaulieu, del Wurmser, dell'Alvinzi? Nessuno degli Ambasciatori ci denuncia problemi relativi al ricovero di queste presumibili decine di migliaia di feriti.

Tutte queste domande conducono a una sola ragionevole risposta, che ho già ormai formulato più volte e che trova conferma a ogni nuovo scontro: le offensive Austriache hanno tra i loro scopi principali il rimpiazzare i membri dell'orda partita dalla Francia con militi addestrati e affidabili, con i quali infine saccheggiare soprattutto Venezia e Roma, ma anche Mantova, Bologna, Firenze, gli scrigni delle gemme più preziose d'Italia.

A questa mia risposta ragionevole, è stato da alcuni amici avanzato un dubbio altrettanto ragionevole: "Come è possibile che queste massicce sostituzioni di soldati passassero del tutto inosservate, soprattutto agli occhi dei commilitoni? Possibile che nessuno se ne sia accorto, che nessuno ne abbia parlato?".

Per sciogliere questa legittima osservazione, sono opportune alcune riflessioni:

  • Napoleone e il suo Stato Maggiore giocavano su un tavolo più "alto" di quello del Direttorio: i loro accordi con l'Austria passano attraverso gli ingaggiatori occulti del Napoleone, i famosi membri del "Collegio degli Invisibili", che avevano deciso di fare di lui "il Predestinato". Questo per dire che gli Storici ufficiali francesi e, più in generale, tutti gli Intellettuali e i Letterati rimasti in Francia potevano essere del tutto all'oscuro di quanto in realtà avveniva in Italia.
    Ricordo che abbiamo visto questi "Invisibili", sotto l'emblema della Rosa Croce, solidamente insediati nelle stanze dei bottoni di tutte le corti Europee. In questo caso, poniamo mente al barone Thugut, Ministro della Guerra Austriaco, quindi diretto superiore sia del Beaulieu, che del Wurmser che dell'Alvinzi.
    Thugut che sarà, manco a dirlo, il vero protagonista degli accordi segreti di Leoben, nei quali il fatto che Napoleone combatta anche in nome e per conto dell'Austria sarà steso nero su bianco.
    Tale Trattato vede anche delle specifiche clausole sulla restituzione all'Austria dei "prigionieri". Clausole queste ultime che, secondo me, ma è solo una intuizione, non suffragata da alcuna indagine, Napoleone non rispetterà affatto, o rispetterà solo in parte, avendo egli nel frattempo conquistato gran parte di quei "prigionieri" alla sua personale bandiera.
    Le inspiegabili vittorie di un esercito allo stremo avevano infatti creato il mito di Napoleone come "dio della Guerra" non solo nella sua Patria, aprendogli le porte del Consolato prima e dell'Impero poi, ma anche presso gli altri Popoli europei. Non è difficile immaginare il fascino che tale mito esercitava sugli uomini d'arme di ogni Nazione. Servire il "dio della Guerra" significò per molti anni vincere, e ricevere premi di vittoria.
  • Gli Eserciti sono suddivisi in unità operative di varia consistenza numerica.
    A grandi linee, partendo dal basso, troviamo, con terminologia moderna:
    • la Squadra, composta solitamente da 5 soldati;
    • il Plotone, composto da 20 - 30;
    • la Compagnia, composta da 50 - 100;
    • il Battaglione, da 500 - 1000;
    • la Brigata, da 2000 a 10.000
    La conoscenza diretta e personale fra i militi, di solito, è limitata agli appartenenti alle medesime unità fino al livello di Compagnia, mentre vi è scarsa contiguità, anche logistica, fra le Compagnie, pur appartenenti al medesimo Battaglione.
    Era dunque sufficiente, per non avere testimoni diretti delle sostituzioni, che una intera Compagnia di "descamisados" Francesi fosse mandata a farsi falcidiare dai reparti Austriaci, per poi provvedere alla sua completa sostituzione con i "nemici" datisi prigionieri.
    Tale Compagnia, unita ad altre di medesima composizione, poteva essere poi avviata a un diverso settore del Fronte.
  • A questo proposito, dobbiamo osservare che noi stiamo affrontando, nel racconto del Tentori, solo quella parte del Fronte che interessa il confine Veneto e l'Alta Italia, ma il Buonaparte non ha solo questo impegno, in quei giorni. Egli deve infatti:
    • Tenere sotto presidio le numerose città da lui "conquistate";
    • Intrattenersi con la Repubblica di Genova, con la flotta Inglese che ne pattuglia le coste e con i Barbets che ne infestano le montagne;
    • Insidiare lo Stato della Chiesa.
    Quanti uomini doveva avere, il Francese, per fugare molte decine di migliaia di Austriaci e nel contempo tenere in scacco il resto dell'Italia? Ecco dei fronti in cui l'impiego di Compagnie "rinnovate" a spese degli Austriaci non avrebbe destato alcun sospetto.
  • Non dimentichiamo, ancora, il fatto linguistico. La stragrande maggioranza degli ufficiali, anche Austriaci, conosceva perfettamente il Francese, essendo questa da sempre la lingua prediletta delle case regnanti e delle loro nobiltà, ritenendosi tutte le maggiori dinastie discendenti dai lombi di Carlo Magno o di Meroveo, entrambi re dei Franchi.
  • I soldati semplici e i graduati, d'altro canto, erano nella quasi totalità illetterati e nella stragrande maggioranza del tutto analfabeti, usi ad esprimersi in idiomi locali. È noto che in Francia si parlano molte lingue locali, molte delle quali incomprensibili tra loro e molte ancora di derivazione dal tedesco come quelle della vasta regione dell'Alsazia Lorena e in generale delle zone a Nord... Abbiamo poi il Fiammingo, il Bretone, il Provenzale, l'Occitano... Insomma, non capire il linguaggio di appartenenti a un altro Battaglione poteva essere cosa piuttosto comune, fra i militi Francesi.
  • Vediamo infine che, non appena sconfitte le grandi Armate dell'Alvinzi, Napoleone non solo trova fiato e uomini per inseguirle fino a Treviso, occupando il Veneto Nord-Occidentale oltre alla Bresciana e alla Bergamasca, ma addirittura va a rinnovare la pressione sul Papa in Centro Italia. E ci riesce, eccome. A Tolentino il Pontefice gli concederà tutto quello che gli viene chiesto, e non lo fa certo volentieri.
    Prova ne sia il fatto che, come apprendiamo da un articolo nella Gazzetta Universale, aveva appena effettuato un arruolamento straordinario di 17.000 uomini, portando l'organico delle proprie truppe a quasi 40.000 soldati.
    Ancora una volta non mi pare affatto peregrino pensare che le truppe che stavolta minacciano Roma da vicino provengano dalle schiere dei cosiddetti "prigionieri" Austriaci.
  • Non bastasse, abbiamo gli inauditi "Decreti di Perdono ai disertori" emanati e rinnovati dall'Imperatore d'Austria per gli anni 1796, 97 e 98.
    L'esistenza stessa di questi decreti indica che il fenomeno della diserzione e del riarruolamento era di misura imponente: se si fosse trattato di una percentuale "fisiologica", per la diserzione sarebbero rimaste applicate le consuete misure punitive.
    In uno dei Decreti si indica anche esplicitamente la destinazione principale di questi disertori, ovvero i Battaglioni Polacchi agli ordini del Generale Dombrowsky, il che rende la questione linguistica ancor più irrilevante di quanto ho già espresso.

Solo dopo avere raccolto i miei indizi logici su questa inconsueta procedura militare ho scoperto, leggendo alcune pagine più avanti nel Tentori, che un agente degli Inquisitori da Milano ci spiegherà nel dettaglio le procedure di riarruolamento messe in opera da Napoleone, e le vedremo in una prossima pubblicazione.

Umberto Sartori

La zona di Rivoli in una carta dell'I.G.M. del 1801

La zona di Rivoli in una carta dell'I.G.M. del 1801 (courtesy of Istituto Geografico Militare). Clic per ingrandire | Clic per vedere questi luoghi in Google Earth


Note

Nota 1 - La "Gazzetta Universale" è uno dei più famosi giornali italici del XVIII e XIX Secolo. Era pubblicata due volte per settimana nel Granducato di Toscana. Viene definito "giornale fiorentino", ma vi è ragione di ritenere che, forse in tempi diversi, venisse stampato a Livorno, Pisa e forse Foligno.

Nel periodo che ci interessa, aveva come curatori principali Luigi Semplici e l'abate Vincenzo Piombi, ma aveva subito l'influenza illuministica e filogiacobina di Filippo Buonarroti, che ne fu collaboratore negli anni 1788 e 1789. Buonarroti si dimise nel 1790, per recarsi in Corsica seguendo la sua vocazione di agitatore politico, che mal si sposava con l'impostazione quietistica e incline al compromesso con i poteri locali, della Gazzetta e dei suoi estensori.

Dove il Buonarroti era smaccatamente filo-francese, la Gazzetta, approfittando di una certa liberalità d'espressione in uso a quel tempo nel Granducato di Toscana, consentiva la pubblicazione di notizie addomesticate al potere nei luoghi da cui tali notizie provenivano.
Troviamo quindi giornalisti faziosi per la Francia nelle notizie da Parigi, partigiani dell'Impero nelle notizie da Vienna e così via.

L'integralismo, e forse l'integrità del Buonarroti non potevano accordarsi con tale politica editoriale, e ce ne dà chiara espressione una sua lettera da Pisa del 22 Giugno 1791:

Pisa 22 giugno 1791.
Vedo dal vostro foglio d'ieri che non potete dire una verità: degnatevi dunque rimandarmi la relazione veridica del fatto di Bastia che vi ho inviata.
Io non so combinare colla vostra cognita onestà le menzogne e le calunnie che sono contenute ne' vostri fogli: se non potete essere imparziale, almeno tacete. Mandatemi qui direttamente al signor Cosimo Mari i fogli che mi spedivate in Bastia. Cosa è di Gigli? Credetemi sinceramente
vostro aff.mo amico Buonarroti
P.S. Compatite la mia solita franchezza.

Al signor Vincenzo Piombi Redattore della "Gazzetta Universale". Firenze Segreteria di Stato, anno 1792, prot. 5, n. 8, Straordinari - da: "Filippo Buonarroti e altri studi", di Pia Onnis Rosa.

La "Gazzetta Universale" divulga notizie e informazioni provenienti da suoi collaboratori sparsi nei vari Paesi del Mondo. Si occupa di politica locale e internazionale, di cronaca e di commercio. Ogni numero si conclude con annunci di interese bibliografico.

Ulteriori notizie su questo e altri giornali italici possono essere trovate nelle Opere di Maria Augusta Morelli Timpanaro, di Valerio Castronovo e di Nicola Tranfaglia.

Grazie per le informazioni anche a questi siti Web:

Giornali in Italia e http://www.collaborations.com

Nota 2 - Si tratta di un corpo di volontari composto in gran parte di studenti e di rampolli della buona borghesia viennese. Fu nominato loro generale il Principe ereditario Ferdinando, e la loro bandiera fu ricamata a mano dalla stessa Imperatrice.
Si arresero in gruppo al primo scontro con i Napoleonici, e alla luce di quanto sappiamo su queste vicende, è assai legittimo ritenere che tale Corpo fosse partito già con quel preciso scopo. La militanza sotto Napoleone offriva infatti la possibilità di accedere a titoli nobiliari e di accumulare ingenti ricchezze con razzie compiute sotto la copertura del Corso, che lasciavano intatta la reputazione delle loro rispettive Nazioni.
Scorrendo le pagine della Gazzetta Universale dell'epoca, possiamo notare che analoghi corpi di "Volontari" si andavano formando nel Regno di Napoli, in Toscana, in Spagna. Evidentemente la gioventù europea coglieva l'occasione di questa militanza "corsara" per migliorare le proprie finanze e la propria condizione sociale. Essi erano del resto incoraggiati dai loro regnanti stessi, a mezzo di larghi Editti di Perdono per la loro "diserzione". Abbiamo visto nell'Appendice "A" quelli austriaci e uno del Regno di Napoli, che addirittura concedeva ai disertori di portarsi cavallo, armi e munizioni.


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