Storia di Venezia

Pagina pubblicata 3 Gennaio 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - XLIII

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XLIII
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

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|| Approfondimento della figura di Landrieux || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||

Storia di Venezia - L'ultimo ruggito del Grande Leone

L'ultimo ruggito del Grande Leone.

Mentre Verona si riarmava e il Veneto Governo, incoraggiato dalla "autorizzazione" Napoleonica, inviava truppe per sedare le rivolte delle Province, il giorno 29 Marzo 1797 giungevano a Venezia anche i giuramenti di fedeltà da parte dei Comuni di Sacile e di Portogruaro.

Il Savio Pesaro, inviato assieme al Corner a parlamentare con Bonaparte, facendo ritorno in città dopo dodici giorni di missione, trovò Venezia molto cambiata.
Da pag. 83:

Aveva in fatti Egli lasciata la Città dolente per la rivolta di Bergamo, ma nel suo interno tranquilla, e nell'antica comune, e reciproca confidenza. Al suo ritorno la ritrovò ripiena di sospetti, e di diffidenze con appostamenti di Truppe in varie situazioni; senza che si sapesse il perchè.

Tentori ci spiega che tale atmosfera era un "preliminare, fatto dagl'Intriganti e Raggiratori", per aprire la strada al bluff della "Congiura di 16 mila Cittadini armati di pugnale contro il Corpo Sovrano Aristocratico".

Tale millantata congiura, come vedremo più avanti, sarà secondo l'Abate uno dei perni su cui "pochi uomini malvaggi, e traditori della Patria", poterono mettere in atto la premeditata rivolta.

Pesaro rileva anche con preoccupazione l'agitazione militare dei sudditi delle Province venete, e nonostante sia stato proprio lui il latore delle "autorizzazioni" Napoleoniche alla difesa dalle ribellioni, cerca di convincere il Senato a non mettere in atto la forza, poiché gli è evidente ormai la trappola intessuta dai francesi.
Secondo il Pesaro, dunque, per risparmiare gravi lutti conviene accettare le "rivoluzioni", mentre opponendosi a quelle, inevitabilmente si offriva il destro a essere attaccati dall'Esercito francese, che usava i rivoltosi solo come effimera copertura.
Inoltre i rivoltosi esplicitamente professavano le Massime Francesi, e Napoleone aveva altrettanto detto che non si dovessero attaccare coloro che tali massime professavano.(1)

Tentori dichiara che il sistema adottato dai Savj fu erroneo nella sua esecuzione.

  • Essi dispersero le truppe mentre avrebbero dovuto concentrarle nella difesa della Dominante.
  • Approvarono il licenziamento dei 27.000 volontari fatto dal Battaja anziché organizzarli e irregimentarli come previsto dal Piano Nani e da quello stilato in Verona dal Battaja stesso.
  • Fintantoché i francesi non avevano ancora calato la maschera, vi sarebbe stato il tempo di raccogliere nelle varie Province un Corpo d'Armata di 80.000 e più uomini, che sarebbe stato un valido strumento per opporsi ai perfidi disegni dei Francesi.(2)
  • Il denaro ricavato dagli argenti e dagli ori del culto sarebbe stato meglio impiegato nell'armare e sfamare questo Corpo e salvare la Repubblica, piuttosto che l'ingordigia dei Francesi, come invece avvenne.

Da pag. 85:

Nulla di ciò si fece, perchè la cabala, e l'intrigo erano all'ordine del giorno fra alcuni Savj raggiratori, e nemici della loro Patria.

L'Abate riprende dunque il racconto.

Il giorno 30 Marzo 1797, essendo Savio in Settimana Alessandro Marcello, il Senato, sulla base delle richieste formulate nel dispaccio Pesaro - Corner del 25 Marzo, decise di accettare il pagamento richiesto dall'invasore, nella speranza di intenerirne il cuore.

Come fosse possibile coltivare questa speranza, dopo gli effetti degli altri emolumenti "volontari" concessi a Roverbella, è cosa che sfugge alla mia comprensione, e che può trovare ragione solo nella tremenda ipocrisia e codardia che avviluppavano il Senato.

Tentori riporta il Decreto integralmente dalla pagina 86 alla 88.

Sostanzialmente questo Decreto riporta le fumose promesse e autorizzazioni fatte da Napoleone nel colloquio di Gorizia con il Corner e il Pesaro.
Si dà quindi mandato al Pesaro di riassumerle in una ulteriore lettera da inviare al Bonaparte, nella quale gli si comunica anche l'avvenuta decisione del Senato di esaudire la sua richiesta di ricevere 250.000 zecchini mensili per lo spazio di sei mesi, somma da prelevarsi dal Pubblico Erario.

Il Decreto dà infine mandato ai "Deputati, ed Aggionti alla Provision del Denaro con li Savj Cassieri", di occuparsi dei modi di reperire la somma necessaria di "un milione e mezzo di Ducati effettivi" (ovvero zecchini), e di sottoporre al Senato i loro studi e consigli volti a questo fine entro il termine di otto giorni.(3)

Il Decreto fu lungamente dibattuto, ma alla fine si approvò con 116 voti favorevoli, 7 contrari e 78 "non sinceri" (ovvero astenuti).

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Da pagina 88:

Nel medesimo giorno 30 Marzo nuovo luminoso attestato offrirono dell'immutabile loro sudditanza i Popoli della Val Seriana nel Bergamasco, Trompia nella Provincia Bresciana, e le Comunità di Rovigo, Adria, Lendinara, e Cologna.

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Ancora il 30 Marzo 1797 Francesco Battaja spediva il primo della serie dei quattro suoi ultimi dispacci da Verona, con il quale ragguagliava il Senato degli eventi occorsi in quella città e nelle Province dell'Oltre-Mincio.

L'infervorarsi dei Veronesi ha provocato un riaccendersi degli animi anche nelle Comunità oltre il Mincio. Salò e la Riviera sono stati liberati dai "rivoluzionatori". La Val Sabbia, la Val Trompia e la Val Camonica sono pronte a ogni azione per difendere il Veneto Governo.

Battaja, nell'imminenza della sua partenza per prendere il posto di Avogador da Comun in Venezia, ha nominato interinamente Capi del Governo civile quattro Cittadini veronesi e affidato il comando delle azioni militari al Capitano Zulati.

Lamenta però la completa carenza di denaro e di biade. Il Deputato di Salò è in attesa di aiuti, e dichiara di non poter tornare alla sua città senza, sotto pena di "immergere la Popolazione nell'abbattimento estremo".
Anche la Comunità di Asola, con una lettera, "rimarca l'estremo bisogno di sussidj di ogni sorte.".

Crescendo il fervore patriottico delle Popolazioni, cresce di pari passo il bisogno di armi e di soldati.

Battaja però non è più così perentorio nel richiedere questi aiuti: invita il Senato a decidere, perché non può farne a meno, ma insiste che, nell'inviare aiuti, si prenda in considerazione anche il fattore economico.

Quello che in realtà sta comunicando, a chi abbia orecchie per intenderlo, è che la situazione è sufficientemente calda per il casus belli voluto da Napoleone, e che non è necessario spendere altre forze.
Il Popolo farà il suo dovere ed è opportuno che la sua forza sia esigua, dal momento che, appunto, ciò che si desidera in alto loco è solo l'insorgere di un casus belli che rimanga però facilmente reprimibile.
Da pag. 90:

... non possiamo a meno di riverentemente insistere, perchè prendendo V.V. E.E. in seria considerazione le divote nostre rappresentazioni, vi diano quel peso, che colla loro Sapienza troveranno conveniente in ogni rapporto militare non solo, ma economico.(4)

A presidiare Salò è stato inviato il capitano Zulati seguito da 60 Oltremarini.

Dopo questo dispaccio del 30 Marzo, Battaja ne spedì altri tre il giorno seguente, 31 Marzo 1797.

  • Nel primo annunziava la già descritta "rivoluzione" di Crema.
  • Nel secondo dava imprecise notizie sulla battaglia con i ribelli Bresciani per Salò.
  • Nel terzo annunciava la completa vittoria dei Salodiani, aiutati dagli Abitanti della Val Sabbia.
  • Di quest'ultimo fatto Tentori darà in seguito "il preciso e circostanziato dettaglio.".

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Ancora il 31 Marzo 1797 giungeva il rinnovo del giuramento di fedeltà alla Repubblica "dagli Abitanti della Val Camonica, e dalle Comunità di Bassano, Asolo, Castel Franco, Porto Buffolè, Val de Maren, San Donà di Piave &c.".

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La notizia della rivolta in Crema effettuata dalle truppe francesi giunse al Senato in Venezia prima che fosse approvata e spedita la lettera commissionata al Pesaro per Napoleone, in cui si accettavano le sue richieste.

I Savj del Collegio pensarono di proporre al Senato di inviare due nuovi Deputati al Bonaparte, per protestare contro una tanto palese violazione delle sue promesse.
Questa richiesta fu però respinta dal Senato con 109 voti contrari.

Allora il Savio in Settimana Alessandro Marcello sottopose al Senato la lettera scritta dal Pesaro, che fu approvata a pieni voti e spedita "senza ulteriore remora di tempo.".

La scrittura del Pesaro a Napoleone è preceduta da un breve preambolo indirizzato al Senato.

Avvisa di avere inserito una protesta per i fatti di Crema, che non erano ancora noti quando aveva ricevuto l'incarico, ma l'osservazione più interessante è che ha ritenuto di convertire i sei milioni chiesti dal Bonaparte non già in ducati effettivi (zecchini) ma in Lire Tornesi. Secondo Pesaro questa operazione di cambio valuta potrà far risparmiare all'Erario Veneziano ben 15.000 ducati per ogni mese.

N. di U.S. - Viene spontaneo il sospetto che questa operazione portasse invece vantaggio a qualche cambiavalute, se non al Pesaro stesso.

Segue il testo della lettera per Bonaparte, datata 1 Aprile 1797, che Tentori riporta integralmente da pagina 92 a pagina 94.

Il testo ricorda a Napoleone le promesse fatte di non ingerire nelle "rivoluzioni" locali, e pretenderebbe di informarlo che alcuni suoi generali non rispettano queste promesse, citando i fatti di Crema.

Lo avvisa inoltre che i Veneziani stanno inviando truppe per reprimere le "insurrezioni" nelle "sedotte Città".

Passa poi con tono ridicolmente paternalistico a dichiarare che il Senato ha deciso di accordargli "la summa d'un milione di lire Tornesi per mesi sei", a patto che egli faccia cessare del tutto i soprusi e le razzie ai danni delle Popolazioni venete.

Fermare i saccheggi sarebbe anche suo proprio interesse, dal momento che il Senato trae il denaro erariale con cui lo paga proprio dalle contribuzioni di quelle Province (affermazione del tutto falsa, dal momento che si era già impartito l'ordine di fondere gli ori e gli argenti delle chiese).

Chiede infine istruzioni sul come far pervenire la somma.
Da pag. 94:

Vorrà adunque V. E. indicarmi il mezzo sicuro, ed autorizzato per cui mensualmente le dovrà entrare questa summa, o in effettivo danaro, o in generi, che fossero da Lei richiesti a prezzi convenuti, e vorrà nello stesso tempo prescrivere, che al primo contamento cessar abbia immantinente in ognuna delle Venete Provincie qualunque requisizione tanto di somministrazioni di generi, quanto di carriaggi, e di ogni altra cosa per uso delle Truppe Francesi; come egualmente, che sospese restino nello tesso momento pure quelle, che già fossero in corso.

Merita riflessione anche la formula di saluto, che con termine anacronistico potremmo definire effetto di una "sindrome di Stoccolma", se non fosse, assai più probabilmente, manifestazione del già da tempo avvenuto "tradimento" da parte del Pesaro.
Da pag. 94:

Mentre però mi fo sollecito di recare a V. E. queste amichevoli disposizioni del mio Governo, approfitto col maggior pregio di tale gratissimo incontro per rinnovarle colle proteste della somma mia stima, e della più alta considerazione questo nuovo tratto luminoso dell'ingenua amicizia della Repubblica Veneta verso quella di Francia, e di adesione ai pregiati desiderj dì V. E. .

Nonostante la maggioranza dei Membri del Senato non potesse, secondo il Tentori, avere più alcun dubbio "della mala fede, e del perfido carattere del Gen. Francese, e del Direttorio Esecutivo", la lettera di Pesaro fu approvata e spedita con decreto del 1 Aprile 1797 in Pregadi.

Nello stesso giorno il Senato si occupò anche di sostituire il Provveditor generale in Terra Ferma, per dare un successore all'uscente Francesco Battaja nominato Avogador da Comun.

Anzi, approfittando dell'occasione se ne fecero due, uno per i Territori del Mincio residente a Verona e uno per il Trevisano (comprendente la Patria del Friul, Belluno, Feltre, Ceneda, Conegliano, Cividale del Friuli, Pordenone, Carnia e Cadore) con sede in Treviso.

Per il Polesine, Padovano, Vicentino e Bassanese rimaneva in carica Niccolò I Erizzo.

Fatto lo scrutinio, risultò eletto per il Trevisano Angelo I, detto Giacomo, Zustinian Recanati.

Per la sede di Verona la scelta cadde, certo non a caso, su quell'Iseppo Giovanelli che, "con ardori e furori", si era fatto fama di essere uno strenuo difensore della Repubblica, ma che noi posteri sappiamo purtroppo essere stato corrotto, come troppi altri a Venezia, dagli emissari del generale Berthier, sui libri paga del quale il Giovanelli risulta ingaggiato per 135.00 franchi.

Spiace dunque vedere l'ingenuo Abate fare di quest'uomo un eroe disinteressato.
Viene infatti qui una riflessione di Tentori sull'argomento.
Da pag. 96:

Ecco nel periodo di 11 Mesi cinque Provveditori Estraordinarj, a' quali il Senato accordò un appanaggio corrispondente all'eminenza della Carica.
Approfittarono del medesimo i due N.N. H.H. Niccolò Foscarini
(il quale, ricordiamo, era stato ridotto sul lastrico dal prolungarsi del suo incarico a Pietroburgo, e ben poco giovamento aveva tratto dal successivo incarico di Bailo, quando ormai Costantinopoli era fuori dalle rotte veneziane redditizie), e Francesco Battaja; ma gli altri tre Erizzo, Giovanelli, e Zustinian Recanati con generoso disinteresse, ben degno del Nobile loro carattere, lo rinunziarono non solo, ma vieppiù si dedicarono col più vivo zelo, ed impegno all'importante servigio della loro Patria, che immersa vedevano in un abisso di desolazione, e di pericoli.

Questo encomio vale assai probabilmente per l'Erizzo e il Recanati, entrambi plausibilmente inquadrabili nella falange della Causa sionista, ma è fuori luogo per il Giovanelli, traditore prezzolato il cui servigio alla Patria fu di causare l'eccidio di centinaia di Veronesi e Valligiani, fornendo a Napoleone il casus belli che andava cercando in maniera anche più aspra di ciò che era necessario al "Piano Landrieux".

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Nel frattempo, si era sparsa la voce in Francia che i veneziani avevano il borsellino facile, e che non paghi di aver già regalato a Napoleone tre milioni a Roverbella, nonché di avergli mantenuto di armi e vettovaglie l'Armata per un anno, avevano decretato di assumerlo a stipendio di un milione al mese fintanto che gli fosse piaciuto di soffermarsi a saccheggiare il loro Stato.

Sale dunque alla ribalta l'Alvise Querini da Parigi, che troverà membri del Direttorio dispostissimi a difendere la Repubblica di Venezia anche a prezzi più modici. Ma di questo si parlerà assai più avanti nella Raccolta, quando si esamineranno i Dispacci del Querini 8, 17, 22 Aprile e 22 Maggio 1797 (pagine 190 e seguenti).

Per adesso Tentori ci informa solo che il Direttore Carnot, come si apprende dal Dispaccio Querini del 1 Aprile 1797, ha dichiarato che il Direttorio Esecutivo non ha alcuna intenzione di concedere che il Senato veneto riconduca a sé le città ribelli con la forza.

Secondo i Francesi tali Popolazioni si sono ribellate con giusto motivo e i Francesi non hanno avuto parte alcuna in quelle sommosse, che però sostanzialmente approvano e intendono proteggere.

Prima di passare alla commedia Parigina, però, a Tentori urge raccontarci dettagliatamente gli sviluppi degli eventi tragici a Salò, Verona e nell'oltre Mincio.

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Eccoci dunque all'ultimo dispaccio di Francesco Battaja in veste di Provveditor Estraordinario in Terra Ferma, datato Verona 1 Aprile 1797.

Il Provveditore uscente lamenta di non poter fornire notizie certe e ufficiali su quanto sia avvenuto a Salò. Può soltanto riportare quello che gli è stato riferito verbalmente da una persona che i Salodiani gli hanno inviato quella mattina stessa.

I "rivoluzionatori" di Salò sono stati attaccati e battuti dai Salodiani stessi in cooperazione con i volontari della Val Sabbia. Le operazioni sono state dirette dal Conte Fioravanti, che è stato acclamato Generale sul campo.

Ancora si ignora il numero di morti e di prigionieri, però sono state prese delle artiglierie. Per metterle in funzione, i Veronesi hanno inviato a Salò il Tenente di Artiglieria Monti con un gruppo di artiglieri e una scorta di munizioni.

La voce della vittoria veneta a Salò sta infiammando le altre Popolazioni, in particolare quelle delle Valli Bresciane e della Riviera Veronese, che vorrebbero sull'impeto attaccare direttamente Brescia.

I Salodiani hanno manifestato l'intenzione di portare i loro prigionieri a Verona, ma Battaja, non ritenendo la cosa opportuna, ha spedito loro incontro il Capitano Viani, per la via di Bardolino, con l'ordine di convincerli a tradurre i prigionieri direttamente a Vicenza e, da lì, farne disporre il destino al Provveditore Straordinario Niccolò Erizzo.

Sono state liberate anche Lonato e Desenzano, ma in quest'ultima località, e in Peschiera, le truppe Francesi residenti impediscono la libera circolazione delle Milizie venete, dei nuovi volontari armati e persino dei corrieri.

Questo divieto taglia di fatto le comunicazioni con Salò, rimanendo percorribile solo una strada "disastrosa e molto più lunga", che passa per Loano.

Così, Battaja ha ritenuto di scrivere al Comandante francese in Peschiera perché tolga il blocco, ma ha poche speranze di essere esaudito, dal momento che in Verona stessa, i Francesi si sentono adesso in diritto di bloccare le porte ai corrieri e alle ordinanze nelle ore notturne.

I Veronesi sono comunque ancora infervorati a difendere il Veneto Governo e, avveduti del Decreto del 18 Marzo 1797 (vedi prossima Pubblicazione), offrono spontaneamente gli Argenti delle Chiese e dei Luoghi Religiosi per ricavarne moneta utile a difendere la loro Provincia.

Battaja elogia ancora lo spirito di dedizione alla Patria delle sue Province, e comunica di avere passato le consegne, in attesa dell'arrivo del nuovo Provveditore Estraordinario, al Residente e Capitanio Alvise Contarini.

Comclude con l'annuncio della sua partenza per Venezia previo abboccamento con il Provveditore Straordinario Erizzo in Vicenza e con una frase di profondo pessimismo, decisamente stonata e disfattista in un momento nel quale sembrava che la Repubblica stesse vittoriosamente reagendo ai soprusi.
Da pag. 99:

In questo viaggio pure mi accompagnerà un dolore vivissimo nel considerare, che le mie assidue cure, e la purità delle mie intenzioni abbiano avuto un esito così disgraziato da non perderne l'amara impressione per tutta la vita mia. Grazie.
Verona I Aprile 1797.
Francesco Battaja Prov. Estraor. in T. F.

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Il racconto da Verona prosegue quindi con i dispacci del Capitanio e Vice Podestà Alvise Contarini.
Il primo porta la data del 2 Aprile 1797.

Comunica che i prigionieri fatti a Salò sono giunti con molte peripezie a San Pancrazio, sotto la guida del Capitano Viani.
Da pag. 100:

Sono 257 i gregarj, e 291 cosi detti Uffiziali, la maggior parte delle più distinte Famiglie di Brescia, e di Bergamo, quali sono descritti nell'inserta Nota. (Tentori aveva già avvertito in una nota a pagina 97 di non potere, per ragioni di spazio, riportare i numerosi allegati ai Dispacci da Verona).

Contarini avvisa di avere predisposto il trasporto dei capi prigionieri a Vicenza con una "vettura accelerata". Questo allo scopo di assicurarsi che essi rimanessero in condizione di essere usati come ostaggi per garantire il destino del Provveditore di Salò e di molti Ufficiali e Sudditi veronesi che si ritiene siano tenuti prigionieri dai "rivoluzionatori" in Brescia.

Il Podestà si duole di essere praticamente certo che i ribelli siano in combutta con i Francesi, "ed anzi ne eseguissero gli ordini.".

Ha scritto al generale Ballard comandante della Piazza di Verona perché tolga i blocchi ai corrieri, alle ordinanze e alle Truppe venete in Verona e Desenzano, ma come risposta ha ricevuto solo una protesta dove il Generale reclama che in Salò sarebbero stati attaccati e uccisi dei Francesi in uniforme.

Contarini non dubita che ciò sia possibile, dal momento che vi erano soldati francesi mescolati ai ribelli. Per prendere tempo ha incaricato il Capitano Zulati, già a Salò, di effettuare un'inchiesta in merito.

In ottemperanza alle Ducali ricevute il primo di Aprile, ha inviato ai Deputati della Val Sabbia 1500 Ducati V. C., 500 some di frumento "a titolo d'imprestanza" e anche "la possibile quantità di polveri.".

Lonato è ritornata alla Repubblica grazie anche all'assistenza delle Comunità di Calcinate, Brendizole, Montechiari e Desenzano. Contarini ha dato ordine al Brigadier Maffei di spedire a quelle genti il capitano Paravia con alcuni altri Ufficiali per contribuire all'organizzazione. Alla Comunità di Asola sono state invece spediti, come conforto, "li generosi tratti della Pubblica munificenza.".

I Deputati della Val Camonica hanno chiesto solo il sostegno di alcuni Ufficiali, e l'indomani partiranno a quella volta il Capitano Vidali con un Subalterno.

Chiude il Dispaccio rinnovando il grave sospetto dell'attiva collaborazione francese nei colpi di Stato, e inoltrando un Dispaccio del Querini da Parigi arrivato da Edolo per mezzo di "Espressa Persona".

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Contarini ha il suo bel da fare a contenere l'entusiasmo dei Volontari che, sull'onda della vittoria di Salò, vorrebbero portarsi all'assalto di Brescia.
Riesce a convincerli a effettuare su quella città, per il momento, solo un blocco a distanza, senza avviare un vero assedio. Racconta questo aspetto, assieme a nuovi screzi con il Generale Ballard e i Francesi nel Dispaccio del 3 Aprile 1797.

Le Genti della Val Sabbia, assieme ai Salodiani al comando del conte Fioravanti, hanno fatto prigionieri altri 70 ribelli che erano fuggiti sulle montagne e li stanno conducendo a Vicenza, come informa il Brigadiere Miniscalchi da Bardolino.

L'ardore patriottico è alle stelle: al reclutamento per la difesa del Governo veneto si sono aggiunte anche le Comunità nella zona di Carpenedolo e di Montichiari, e tutti chiedono alla Dominante di inviare ufficiali di coordinamento con le Comunità della Val Camonica, della Val Sabbia e Val Trompia per attaccare Brescia.

Il loro entusiasmo è tanto alto che Contarini non riesce a trattenerli nemmeno dimostrando come non sia conveniente attaccare una città "difesa da un Castello guernito di 27 Pezzi d'Artiglieria e presidiata da altrettanti".

Alla fine riesce a prendere tempo convincendo i volontari a stringere la città con un blocco alla distanza di dieci chilometri dalla mura, nell'attesa che il Senato provveda a inviare gli agognati ufficiali.

Sempre al fine di trattenerli, Contarini li ha anche convinti a nominare dei loro Deputati e inviarli a Verona, onde ricevere per mezzo loro quelli che saranno gli ordini del Senato.
Da pagina 103:

Egli è sorprendente il vedere con qual'intelligenza quelle Montane popolazioni si dirigono in questa circostanza.

Le Truppa al comando del Brigadiere Maffei, unita a quella di Soma Campagna dove è rimasto solo un Corpo di 150 uomini in attesa dei 500 promessi da Venezia, intanto, si è portata di là dal Mincio e ha aperto una doppia via di comunicazione al Borghetto e gettando un nuovo ponte a Mozambano. Da lì, con la poca artiglieria in efficienza, sostiene la linea di accerchiamento di Brescia.

Quasi tutti i capi ribelli sono in stato di prigionia, si spera che le loro famiglie potranno farli ragionare e ritornare ai buoni costumi.

Il Piano di guerra è stato approvato dal Generale Nogarola, che accetta di dirigerlo.

Cattive notizie invece si hanno dal lato dei Francesi. Ballard non ha risposto alle lettere e continua ad avanzare reclami infondati e capziosi.

Oltre alle proteste i Francesi continuano a reclamare requisizioni. Il Comandante Gujon ha richiesto la consegna di 4000 quintali di farina. Contarini temporeggia e contratta, ma ritiene che dovrà comunque concederne una larga parte.

Anche la Confraterna Vivante batte cassa: per le forniture alle Comunità dal 21 al 31 Marzo reclama 10016,10 Ducati, per quelle a Legnago 5229,5. Per le somministrazioni ai Francesi in Verona il conto dei Vivante ammonta a 21695,14 Ducati.
Da pagina 104:

Bisognosa la Dita stessa di soldo, massime per i vivi sborsi fatti alle Comunità, ne implora dall'E.E. V.V. il pagamento.

Al momento di chiudere il Dispaccio Contarini riceve una nuova inquietante notizia da Valezzo. Il Comandante francese in Peschiera pretende con "modi al solito altieri, ed indecenti", che si distrugga il ponte appena edificato a Mozambano. Il Podestà ha inviato prudenti istruzioni al Brigadiere Maffei, ma la lettera che le contiene non viene riportata dal Tentori.

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Nel frattempo a Venezia il Procurator Generale ai Lidi e Lagune Giacomo Nani è passato a miglior vita, e si deve eleggerne il sostituto, come vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Stupisce che il Pesaro, pur avveduto della trappola, continui a lavorare per la causa delle immense regalie a Napoleone. Quasi impossibile non pensare che vi avesse il suo tornaconto.
Nella disamina dei Dispacci della Raccolta, si è infatti evidenziato un radicale mutamento di Francesco Pesaro dopo la sua nomina a "Conferente" del Lallement. Quello che era stato, assieme al fratello, forse l'unico sostenitore acceso della difesa armata, all'improvviso diviene il più ossequiente ai desideri di Bonaparte e il più incline a dare fiducia e credito alle lusinghe e ai bluff del Residente francese.
Sarebbe facile includerlo tra i destinatari dei milioni di franchi stanziati dal Governo francese per le operazioni di corruzione in Venezia, ma è, allo stato presente delle mie conoscenze in materia, altrettanto possibile che il Pesaro si fosse semplicemente lasciato convincere o sedurre dall'idea che una rivoluzione fosse inevitabile, e che tanto valesse aiutarla.

Nota 2 - I calcoli effettuati da Landrieux, in base ai rapporti dei suoi informatori a Venezia, e in particolare di tale "Pol Francheschi", davano cifre ancor più alte di quelle ipotizzate dal Tentori. Vediamo nell'immagine qui a destra la tabella che l'agente segreto francese aveva compilato a uso di Napoleone. Di questi 105.600 soldati e 10.600 marinai atti alle armi, sempre secondo la fonte di Landrieux, la Repubblica di Venezia non aveva in servizio effettivo che 10.000 soldati e 4000 marinai.

Nota 3 - Si veda in proposito come tale incarico ai Cassieri e agli Aggionti sopra il Denaro, e Monete, fosse già stato conferito con il Decreto del 18 Marzo 1797 e fosse esitato nella spogliazione di Chiese, Corpi ecclesiastici e Scuole Laiche dei loro Ori ed Argenti.
Ho ritrovato l'elenco di questi oggetti di culto destinati alla fusione per ricavarne moneta nella busta 157 della Cancelleria Inferiore del Doge presso l'Archivio di Stato di Venezia, e ne ho in corso la pubblicazione integrale.

Nota 4 - E a noi non può sfuggire la differenza di tono con quando, dopo la sua avventurosa cacciata da Brescia, Battaja temeva di essere stato scaricato dal carro della rivoluzione:
Da pag. 53 (Pubb. XXXIX):

... è indispensabile, che V.V. E.E. spediscano con quanta celerità è mai possibile, tutta quella quantità di polvere, e piombo, che il momento potesse concedere.
Di più egli è urgente, che faccino giungere delle Artiglierie leggiere colle loro palle, letti, attrezzi, e sacchetti a mitraglia ...

Storia della Caduta di Venezia - Stima del numero di soldati e marinai che la Repubblica di Venezia avrebbe potuto reclutare nel 1797 in caso di pressante bisogno

Stima del numero di soldati e marinai che la Repubblica di Venezia avrebbe potuto reclutare nel 1797 in caso di pressante bisogno, secondo i dati informativi raccolti da Jean Landrieux; courtesy of http://gallica.bnf.fr.

Occorre pur anche, che V.V. E.E. dieno immediate la marcia ad un conveniente numero di Artiglieri ... .
Superfluo di ripetere a V.V. E.E. l'urgenza de' sussidj di Truppa d'Infanteria e di Uffiziali. ... Disponiamo sul fatto tutte le misure di forza, che il momento concede per ripulsarli; ma non cessiamo di rinnovare le più vive suppliche per pronti soccorsi.

Allora Battaja non si preoccupava che si facesse economia, e non rimetteva alla "Sapienza" del Senato valutare se e quali misure difensive adottare, anzi, si sentiva in "dovere d'invocarle con tutta l'efficacia dal cuore paterno di V.V. E.E. .".


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