Storia di Venezia

Pagina pubblicata 29 Novembre 2014
aggiornamento 15 Maggio 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - XXXIX

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XXXIX
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

Vai a pagg. 29 - 45 | In questa pubblicazione, Vol. II pagg. 45 - 58 | Vai a pagg. 58 - 72

|| Approfondimento della figura di Landrieux || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||

Storia di Venezia, Verona si infiamma alla difesa dagli invasori.

Verona si infiamma alla difesa dagli invasori.

Il 20 Marzo 1797 il Senato invia una lettera Ducale ai Rappresentanti veneti in tutte le Province.
Tentori riporta solo il testo di quella inviata a Padova, essendo le altre eguali.

Da pag. 46:

Ludovicus Manin Dei Gratia Dux Venetiarum @ Nobili Sapienti Viro Joanni Francisco Labia de suo Mandato Capitaneo Vice Potestati Paduae Fideli, Dilecto salutem, et dilectionis affectum.

Manin informa con frasi dolenti dei fatti in Bergamo e Brescia. Ben lungi dall'incitare alla vigilanza e a operare perché eventi simili non si ripetano nelle loro città, la lettera si preoccupa di intimare il mantenimento della quiete nelle popolazioni.

I malintenzionati a cui fa riferimento, non sono infatti gli agitatori filo-francesi, ma quei capipopolo spontanei che vorrebbero chiamare i Cittadini alla difesa attiva. Su di loro si applichi "il più assiduo esercizio di vigilanza".
Da pag. 46:

... di adoperare col concorso vostro tutti quei mezzi, che valgano ad allontanare un così grave pericolo, ed a conservare la pubblica quiete, prevenendo li Comandanti Francesi, onde assicurarli, che ciò è unicamente diretto ad impedire qualunque interno movimento de' sudditi, e non mai a violare que' riguardi di buona amicizia, e di neutralità, che il Governo vuole costantemente osservati.

Incredibile a dirsi, ai Vice Podestà Manin paventa come grave pericolo non già il fatto di cadere in mano francese come già Bergamo e Brescia, ma che vi sia chi nel Popolo si vuole opporre a questo fin troppo prevedibile destino.

Al fine di intimorire chi osasse disubbidire, si invierà qualche rinforzo di truppa.

I Residenti si facciano aiutare nel tener calme le popolazioni dai ministri del culto.
Da pag. 47

... dimostrato quanto possa contribuire all essenzialissimo oggetto di mantenere la quiete Pubblica ... l'utile cooperazione de Ministri del Santuario, che parlando ai cuori l'Evangelico loro linguaggio, e dando l'esempio d'ogni Cristiana virtù fanno infervorare li buoni, e ricondurre nel retto cammino quelli, che cedendo per un momento alla corruzione fossero disposti a dar ricetto nel loro animo a massime contrarie ... sarà principal cura vostra l'animare cotesto Mons. Vicario Capitolare a concorrere (1) efficacemente anche col mezzo del pio e zelante suo Clero a richiamare la calma megli spiriti agitati a tante perturbazioni ... .

Nella nota "(1)" a questa pagina, Tentori fa osservare che il Manin sembra non essere al corrente che quella di "Mons. Vicario Capitolare di Padova" era una carica vacante, essendo morto recentemente il Mons. Niccolò Zustinian, Vescovo appunto di quella città.

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Mentre il Senato con le sue Ducali continuava le intimazioni alla remissività, dalle città di Bergamo e Brescia giungevano proclami che dichiaravano tirannico il Governo Veneto; in tutte le altre Provincie, e in particolar modo nelle Valli Bergamasche e Bresciane, si ridestava l'entusiasmo per quello stesso Governo, definito invece "giusto, dolce, saggio e paterno".

Tale entusiasmo si manifestava con l'inviare Deputati alla Dominante, latori di documenti di rinnovata fedeltà alla stessa.
Tali documenti, dice Tentori, hanno avuto diffusione tanto larga sulle Gazzette e in più Raccolte, cosicché egli si limita a fornircene la sommaria cronologia, senza descriverli in dettaglio.

Il 20 Marzo 1797 presentarono dichiarazione di fedeltà Verona, Padova e Treviso, cui si unirono nei giorni seguenti le altre Provincie.

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Lo stesso 20 Marzo il Senato riceve un dispaccio dai Deputati Pesaro e Corner, in viaggio verso l'incontro con Bonaparte.

Tale dispaccio espone il doloroso stato delle Città e Terre trevisane e friulane, a causa delle vessazioni e delle enormi requisizioni messe in atto dai Francesi.
Pesaro e Corner trasmettono anche gli attestati di fedeltà al Governo Veneto che vanno raccogliendo fra quei popoli vessati dagli invasori.

Il Senato risponde con due Ducali del 21 Marzo 1797, spedite la sera del 22.

La prima esprime il rammarico per le devastanti condizioni delle Province di Treviso, Conegliano, Sacile, Pordenone e Udine descritte dai Deputati nel loro Dispaccio del 20 Marzo.

Porge poi le lodi del Senato ai Rappresentanti di quelle città per i loro impegno nel tentare di lenire i gravissimi disagi della popolazione mantenendo vivo il sentimento di sudditanza a Venezia.

Questa Ducale si conclude con la raccomandazione ai Deputati di "accelerare in tutti i modi possibili" il loro colloquio con Bonaparte, raggiungendolo "in qualunque luogo, anche fuori del Veneto Stato".

La seconda Ducale 21 Marzo 1797 si limita a trasmettere "copie tratte dalle stampe pubblicate in Bergamo", affinché i Deputati possano provare le gravi ingerenze francesi nel colpo di stato in quella città.

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Alle pagine 49 e 50 Tentori confuta quanto affermato sulle due Ducali precedenti a pagina 219 dell'opuscolo: "Memoria, che può servire alla Storia Politica degli otto ultimi anni della Repubblica di Venezia" (1).

Vi si sostiene infatti che con dette Ducali il Senato, su istanza di Gio: Antonio Ruzzini, avrebbe dato facoltà ai Deputati Pesaro e Corner di accordarsi con Napoleone anche se tali accordi avessero comportato alterazioni alla Costituzione della Repubblica di Venezia, purché ne fossero fatti salvi i Territori.

Questo avrebbe significato l'offrire a Napoleone la possibilità di dettare cambiamenti nella forma di governo in Venezia, in cambio dell'integrità territoriale dello Stato Veneto.
Pesaro e Corner non avrebbero trattato in merito, secondo l'Autore dell'opuscolo, "approfittando di quel Mistero, con cui era dettato.".

L'Abate invita i Lettori ad esaminare attentamente le due Ducali del 21 - 22 Marzo. In esse non si trova minimo accenno di un'autorizzazione a trattare ""di alterazione di Costituzione"".

Inoltre non sarebbe stato nelle facoltà del Senato rilasciare una simile autorizzazione, essendo la materia Costituzionale strettamente riservata al Maggior Consiglio.

Quando i "Savj raggiratori" giocarono in effetti quella carta, ovvero cambiare la Costituzione, dovettero a loro volta proporre una convocazione di quel Consiglio, nella "Conferenza" del 30 Aprile 1797.

Del resto Napoleone stesso non aveva ancora dichiarato il suo intento di "annichilare il Governo Veneto", temendo di provocare il Senato veneto a una reazione estrema, in un momento che lo vedeva impegnato sul fronte del Tirolo e non ancora coperto dalla firma dei Preliminari di Leoben.

L'opuscolo cita le Ducali ma non le riporta, non è dunque da ritenersi attendibile in quel suo passo e in alcuni altri.
Da pag. 50:

Ed ecco, che altro è il citare i Documenti, altro il produrli all'esame, e critico riflesso de' Lettori. Non è questa la sola inesattezza, nè il solo abbaglio del Nobil Autore.

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Il Dispaccio da Udine dei Deputati Pesaro e Corner del 22 Marzo 1797 si apre con una lunga e dettagliata dichiarazione di impotenza, soprattutto dopo aver appreso dei fatti di Brescia con la Ducale del 20 Marzo, da loro ricevuta alla mezzanotte del 21.

Pesaro e Corner valutano i fatti di Bergamo e Brescia come rivelatori di un Piano estremamente vasto, rispetto al quale si ritengono incapaci di cogliere le fila e gli intrecci, nonché di proporre adeguate forme di difesa. Egualmente sono certi che le loro rimostranze non produrranno alcun effetto su Bonaparte e i suoi piani.
Da pag. 51:

... presso il General Francese ... nutrir non possiamo la più rimota speranza di conseguire alterazione alcuna nelli piani, chi sa da quanto tempo, e con quali intelligenze già stabiliti, e quindi non dobbiamo attendersi, che risposte o evasive, o troppo fatalmente decise.

Quanto alla data dell'incontro con Bonaparte, i Deputati sono in attesa del ritorno dei messi inviatigli con la richiesta di colloquio anche fuori dallo Stato veneto.

Segue un poscritto che accusa ricevuta delle Ducali del 21 marzo, con le allegate stampe provenienti da Bergamo.
Nel colloquio con Napoleone non produrranno tali documenti, ma se le condizioni di umore del Generale lo consentiranno, vi faranno riferimento verbale.

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Mentre giungevano a Venezia le attestazioni di fedeltà delle varie Province, "alcune bande di Bergamaschi, e di Bresciani giravano nei Borghi, e nelle grosse Ville, e Terre piantando l'Albero della pretesa libertà, e protestavano di voler passare a soggiogare Verona." (da pag. 52).

In Verona si era fermato anche il Provveditor Francesco Battaja, esule da Brescia, in compagnia del segretario Rocco Sanfermo, e a fianco del neo-eletto Vice Podestà Alvise Contarini, che era venuto a sostituire il Priuli.

A Tentori non era noto, come lo è invece a noi, il Piano Landrieux, che apportava delle modifiche significative allo svolgersi delle congiure così come erano state ordite e concordate tra i protagonisti.

Il Battaja in particolare, giacobino infiltrato della prima ora, doveva trovarsi non poco a disagio, vedendo che anziché essere a capo dei programmati colpi di Stato, questi si svolgevano fuori dal suo controllo e già lo avevano costretto a lasciare la sua sede disarmato e in balia di insorti che non obbedivano ai suoi ordini.

Se la lettera noncurante di Napoleone lo aveva forse un poco confortato, in assenza di nuove comunicazioni dal suo idolo egli evidentemente comincia a temere di essere stato messo da parte.
Improvvisamente gli si risveglia un amor patrio del tutto diverso da quello che aveva fatto di lui uno dei principali sostenitori della "neutralità disarmata" e il principale fautore del disarmo di Bergamo e Brescia.

Tentori, all'oscuro di questi particolari, imputerà il voltafaccia del Battaja a una "finzione", ma il contenuto e il tono dei prossimi Dispacci del Provveditore, come vedremo, non è tale da confermare la sua ipotesi.

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Le notizie sul dilagare di questi "rivoluzionari" ormai fuori controllo allarmano particolarmente i Veronesi, che si vedono come prossime vittime, nel sovvertimento dell'ordine costituito.

Le Autorità cittadine convocano quindi una riunione d'urgenza con i Rappresentanti di Venezia.
I partecipanti rilevati da Tentori sono i seguenti:

  • Conte Bortolo Giuliari, Provveditore della Città: inclinerebbe alla resa.
  • Conte Francesco Emilj, Provveditore della Città: deciso alla difesa in armi.
  • Tutti gli Ufficiali e i Ministri veronesi: decisi alla difesa in armi.
  • N. H. Alvise Contarini, succeduto a Antonio Marin Priuli nella carica di Capitanio e Vice Podestà.
  • N. H. Francesco Battaja, Provveditore Straordinario in Terra Ferma: secondo il Tentori avrebbe in un primo momento appoggiato il Giuliari, ma non porta alcun sostegno alla sua affermazione, mentre nei dispacci che Battaja invierà a Venezia noi vedremo un Provveditore del tutto nuovo ai nostri occhi.
  • L'ineffabile Secretario Circospetto e Cifrista Rocco Sanfermo.

Il Primo Dispaccio di Battaja da Verona porta la data del 23 Marzo, e non sembra affatto opera di un "neutralista disarmato", al contrario.

Improvvisamente, i suoi concetti di fedeltà al veneto Governo, di amore dei sudditi per il Principe, di filiale devozione alle sue decisioni, non vogliono più rappresentare la rassegnazione inerme: questi valori sono invece ricondotti alla loro pregnanza guerriera. Da pag. 53:

L'orgasmo affettuoso è in tutta la sua forza, e noi cerchiamo con ogni mezzo sussidiario di sostenerlo, e di accrescerlo.
Pari che nella Città comincia a svilupparsi anche nel Territorio il sentimento ingenito di rispettoso affetto verso V.V. E.E..
In tanto per animarli abbiamo con la Circolare annessa data notizia ai N.N. H.H. Rappresentanti delle manifestazioni palesate da questi Cittadini, e certamente l'esempio influirà al bene comune.

Anche al Clero viene imposto un secco colpo di barra. Non si chiede più al Vescovo e ai parroci di sedare i bollenti spiriti, ma di eccitarli alla guerra santa.
Da pag. 53:

Abbiamo altresì messo a profitto l'Opera di questo zelante Mons. Vescovo, perchè la Religione appoggi maggiormente la disposizione de' cuori al servigio del Principe, e a difesa della loro Patria.

Battaja si scopre persino una vocazione di stratega.

I quattro Condottieri d'armi sono ai loro posti per unire il possibil numero di genti armate.
Le rive del Mincio a Valezzo saranno guardate da trecento uomini d'Infanteria, cento di Cavalleria, e quattro pezzi di Artiglieria sotto la guida del Tenente Colonnello Giacomo Ferro.
Il condottiere Marchese Maffei con i Villici, che raccoglierà, si unirà al Ferro, per concertar, e sostener le difese.

Sembra di leggere al contempo i primi Dispacci dell'Ottolini quando chiedeva aiuto e i piani del Nani per difendere la Patria.

Ma Battaja aveva a suo tempo boicottato quelle richieste, e operato alacremente al fine di disarmare le Province di sua competenza, tra le quali Verona, quindi si trova adesso a corto di munizioni, di uomini, di artiglieria, ed è il suo turno di implorarli a Venezia.

Tanto l'Ottolini era ragionevole, timoroso e riflessivo, tanto le richieste del Battaja, che si sente sfuggire la sabbia sotto i piedi, sono perentorie e concitate.
Da pag. 53:

... è indispensabile, che V.V. E.E. spediscano con quanta celerità è mai possibile, tutta quella quantità di polvere, e piombo, che il momento potesse concedere.
Di più egli è urgente, che faccino giungere delle Artiglierie leggiere colle loro palle, letti, attrezzi, e sacchetti a mitraglia ...
Occorre pur anche, che V.V. E.E. dieno immediate la marcia ad un conveniente numero di Artiglieri ... .
Superfluo di ripetere a V.V. E.E. l'urgenza de' sussidj di Truppa d'Infanteria e di Uffiziali.

Solo esaudendo queste richieste, il Senato potrà evitare che nelle popolazioni sorgano "le amare idee" di essere stati abbandonati dal loro Governo, pertanto il Battaja non può venir meno al "dovere d'invocarle con tutta l'efficacia dal cuore paterno di V.V. E.E. .".

È un Battaja molto diverso da quello a cui siamo abituati, quello che scrive. Solo poche settimane prima egli chiedeva a quelle stesse popolazioni di tutto sopportare, in nome di quella stessa affezione al Governo Veneto, che oggi egli invece promuove come incitamento allo spirito bellicoso.

Il dispaccio Battaja prosegue trasmettendo notizie allarmistiche sulle forze e sulle intenzioni dei rivoltosi filo-francesi.
Si dice che questi assalteranno Verona la prossima Domenica o il Lunedì. Sarebbero attualmente giunti a Lonato in numero di 500, e vi avrebbero innalzato l'Albero della Libertà.

Loro prossima mossa sarebbe la presa di Salò, dove però la popolazione sarebbe pronta a difendersi in armi in nome della fedeltà a Venezia. Quella stessa fedeltà che, per il Battaja di solo pochi giorni prima, si doveva manifestare con la più vieta obbedienza ai desideri dei francesi e dei loro agenti.

In vista del prossimo attacco a Verona, egli ha disposto misure straordinarie per la difesa in armi.

Battaja improvvisamente si ricorda che la Serenissima dispone di "condottieri d'armi", e ne mobilita due, per il controllo delle 20 pattuglie che presidieranno la città. Le pattuglie sono così composte:

  • Quattro soldati.
  • Un caporale.
  • Un nobile.
  • Un cittadino.
  • Un mercante.
  • Quattro del popolo.

Le pattuglie faranno rapporto ai Condottieri, e questi a un "Uffizio di sopraveglianza", anch'esso formato per l'occasione, composto da un Nobile, un Cittadino e un "Sindico del Territorio".

Battaja non deve sentirsi troppo a suo agio, nel ruolo del rivoluzionario barricadiero. I suoi trascorsi ci dicono che la sua idea di rivoluzione è piuttosto quella di un procedimento da svolgersi intrattenendo piacevoli conversazioni in salotti più o meno libertini.

Quindi, pur avendo messo in atto tutte le contromisure possibili, egli ancora cerca se non sia possibile avere da Napoleone una qualche rassicurazione che quel che accade non rappresenti un pericolo per la sua posizione nel mondo dei congiurati.

Infatti, sempre nello stesso dispaccio, trasmette agli Inquisitori la risposta già ricevuta in Brescia dal Bonaparte e li informa di avergliene scritta un'altra nella quale lo ragguaglia sui particolari di ciò che ha dovuto subire in Brescia.
Da pag. 54:

... aggiungendovi il Foglio, che questa mattina ho spedito per Espresso allo stesso Generale sulle successive amare vicissitudini di Brescia, le cose occorsemi nella quale non avendomi concesso sinora il tempo di rassegnarle in dettaglio alla loro autorità, mi riservo di farlo al più presto possibile.

La cosa inaudita è che, a proposito di questi dettagli che comunica a Bonaparte, si rammarica di non avere avuto il tempo di informarne il suo Governo stesso. Spedirà la sua Relazione a Venezia, come abbiamo visto, solo cinque giorni dopo, il 28 Marzo. Chiaro che egli riconosce Napoleone come proprio superiore ben prima che il Governo Veneto.

Battaja data il Dispaccio alle sei di sera, ma vi aggiunge una allarmante postilla alle nove. Secondo una lettera da lui ricevuta dall'ufficiale "Capo Posto in Castel Novo" I ribelli stanno per attaccare Verona in numero imprecisato. Ma il Battaja non ha intenzione di mostrarsi accomodante con loro come in Brescia.
Da pag. 55:

Disponiamo sul fatto tutte le misure di forza, che il momento concede per ripulsarli; ma non cessiamo di rinnovare le più vive suppliche per pronti soccorsi. Ore 9.

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Le Città venete, nel frattempo, continuano a inviare a Venezia attestazioni di devozione. Il 24 Marzo 1797 si ricevono quelle di Udine, Conegliano e Pordenone.

Sempre il 24 Marzo il Maggior Consiglio ritira la carica di Provveditore Straordinario per la Terraferma al Battaja, e lo richiama a Venezia eleggendolo Avogador da Comun.

Secondo il Tentori in questo gesto dovremmo vedere la volontà del Consiglio di allontanare l'infido da una carica tanto delicata e importante.

Alla luce invece delle nostre informazioni e di ciò che succederà in seguito, è più facile inquadrare questa manovra nelle "rassicurazioni" di cui Battaja ha esigenza. Egli non è emarginato dal grande complotto, solo che il suo posto di comando si troverà a Venezia, non in Brescia o Verona.

Comunque il nuovo Provveditore non sarà designato fino al 1 Aprile 1797, e Battaja rimase a Verona come facente funzioni dello stesso.

Da lì abbiamo un suo nuovo dispaccio in data 24 Marzo 1797.

In apertura informa che i rivoltosi non erano così vicini quanto aveva temuto.

Egli sembra comunque ancora deciso a tutelarsi in ogni modo possibile.

Eccolo con la proposta di arruolare con l'uniforme veneziana il Conte Nogarola, "Generale al servizio dell'Elettore di Baviera".

Non è difficile immaginare che il Provveditore, se non garantito del suo, sarebbe disposto ad allearsi magari anche con generali austriaci veri e propri.

Intanto ha raccolto in poche ore, alle porte di Verona, "oltre 5000 armati, discesi dalla Val Policella".

Battaja esce loro incontro a cavallo, accompagnato da molti ufficiali e da numerosi Nobili veronesi. Novello condottiero, passa in rivista i volontari e li incita alla lotta.
da pag. 56:

... scorrendo per le file degli armati, ho cercato a più riprese colla voce di animarli, ed incoraggirli a sostener i diritti dell'Eccellentissimo Senato, così indegnamente oltraggiato nella maggior parte delle Provincie oltre Mincio. L'esultanza e le acclamazioni furono un oggetto di tenera commozione al mio cuore.

Anche i Veronesi non sono da meno:

Cento Giovani pure fra i più onesti Mercanti, e Bottegai di questa Città vollero segnalare pur essi il loro impegno per la causa comune. Si offrirono di servire volontarj sin all'ultima stilla di sangue, chiedendo d'essere conformati in un corpo pronto ad ogni disposizione del Governo; e che accordato loro fosse un qualche segno distintivo.

Battaja è largo di riconoscenza per questi aspiranti eroi, che solo pochi giorni prima avrebbe fatto perseguire per le vie segrete degli Inquisitori come turbatori della "Pubblica quiete".

Questi pegni preziosi delle famiglie più onorate tra loro dovevano certo essere accolti, ed incoraggiti: lo che abbiamo fatto con quel sentimento che ben meritarono; e la loro fede, e l'esempio serviranno certamente a confermare gli altri nel tributare, come fanno, se stessi pel servigio del Principe, e della loro Patria.

Il dispaccio si conclude con una nuova accorata implorazione di soccorso per un popolo tanto affezionato e fedele; porta la firma del Battaja e di Alvise Contarini Vice Podestà.

A questo dispaccio viene allegato il Decreto di istituzione delle cariche di difesa accennate nel dispaccio del 23 Marzo, con i nomi degli incaricati.
Si istituisce dunque un "Offizio di sopraveglianza (1)" composto di cinque membri:

  • i due "Nobili Provveditori di Città" (presumibilmente il Contarini e il Battaja stesso);
  • il conte Alessandro Murarj;
  • il signor Bortolo Meriggi d'Azalini;
  • il "Sindico del Territorio" Pajola.

I condottieri incaricati di ispezionare le pattuglie sono "il Nobil sig. Co: Gio: Battista Campagna" e "il Marchese Giulio Carlotti".

l'Ufficio ha pieni poteri "sopra ogni ceto di persone, e senza riguardi di sorte" al fine di conservare "il quieto vivere interno della Città, ed esterno del Territorio.".
Implicitamente Battaja dichiara che non riconoscerà valide le famigerate "patenti francesi".

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A questo "Offizio di sopraveglianza", in pagina 57, Tentori dedica la nota "(1)", in cui contesta alcune affermazioni rese dal segretario Rocco Sanfermo a pagina 13 della sua "Lettera dal Castello di San Felice".

Quando al Battaja, nella carica di Provveditore Straordinario di Terraferma, successe infine il conte Giuseppe Giovanelli, su segnalazione dell'Offizio furono effettuati numerosi arresti di Giacobini e agenti filo-francesi, a riprova che Battaja non scherzava, proclamando che non si sarebbe avuto riguardo per nessuno, patenti o non patenti.

Sanfermo sostiene che questi arresti furono effettuati arbitrariamente dal Giovanelli "secondando il proprio Orgasmo".

Al contrario, quegli arresti vennero "dopo le più accurate inquisizioni e dopo il più maturo esame" da parte "dell'Offizio di Sopraveglianza".
Da pag. 57:

Fu in vista delle rimostranze, e delle prove addotte da detto "Offizio di Sopraveglianza", che il Provveditore suddetto s'indusse a segnare la cattura, e prigionìa degl'Inquisiti.

Sanfermo invece non nomina nemmeno questo Ufficio, del quale non poteva certo ignorare l'esistenza e l'attività, dal momento che svolgeva funzione di segretario del suo fondatore.
"... perché occultar i processi, e le rimostranze del medesimo Offizio?" si domanda il nostro Abate.

Avrebbe potuto rispondersi da solo, leggendo un altro testo del Sanfermo, la "Condotta ministeriale Del Conte Rocco Sanfermo..." dove il Segretario Circospetto descrive le Istituzioni difensive veronesi esattamente come appaiono dai documenti del Tentori, e fa risalire le liste di proscrizione non solo al Tribunale di Sopraveglianza, ma anche alle attività inquisitoriali dei precedenti Provveditori.

Sanfermo spiega anche perché non fece menzione di questi fatti nella "Lettera dal Castello di San Felice". In quei giorni Verona era in balia delle milizie francesi imbestialite dalla sete di vendetta, ed egli tacque per non esporre a quel pericolo altri oltre a se stesso, già prigioniero, contrariamente al Giovanelli, che si era dato alla fuga.
Non possiamo escludere che il Sanfermo fosse al corrente del fatto che il Giovanelli era un occulto e prezzolato collaboratore di Napoleone.

Adesso Tentori ci porta alle comunicazioni del Pesaro e del Corner che hanno, nel frattempo, incontrato Napoleone Bonaparte a Gorizia. Le vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Secondo il biografo del Tentori Gianjacopo Fontana, l'autore della "Memoria, che può servire alla Storia Politica degli otto ultimi anni della Repubblica di Venezia" è "il fu podestà N.U. Calbo Crotta Francesco, già cassier del collegio", che sarà tra i partecipanti alla "Conferenza" di abdicazione del Governo veneto.


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Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori. Consulenza bibliografica dott. Paolo Foramitti.