Storia di Venezia

Pagina pubblicata 14 Febbraio 2015
aggiornamento 27 Febbraio 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - XLV

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XLV
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

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Il lato del Castello di San Felice che minaccia direttamente la città di Verona

Il lato del Castello di San Felice che minaccia direttamente la città di Verona.

Nel suo dispaccio del 6 Aprile 1797, Iseppo Giovanelli, neo Provveditore Generale di Terraferma, riporta alcune voci di cui non sa garantire la veridicità:

  • A Brescia si sarebbero radunati 5/6000 uomini tra Bolognesi, Ferraresi, Pavesi, Milanesi e Bergamaschi.
  • A Castiglione della Stiviere ci sarebbero o starebbero per giungere 2000 polacchi, con il compito di attaccare alle spalle contingenti veneti che eventualmente passassero il Mincio.

Pur nell'incertezza sulla veridicità di queste notizie, Giovanelli ha preso alcune contromisure:

  • Ha allertato il Marchese Maffei e gli ha spedito a Valeggio 100 militi dei 500 inviati da Venezia, in attesa dell'arrivo della Compagnia Ulastò con le munizioni. Con tali forze e l'aiuto dei "villici" dovrà disporsi a difesa del Mincio.
  • Per assicurarsi da una possibile variante del piano dei Polacchi, che li portasse ad attaccare dal Mantovano anziché a Valeggio, ha "spedito 400 Oltremarini, 18 Soldati a Cavallo, e quattro pezzi d'Artiglieria all'Isola della Scala". Si raduneranno colà anche molti volontari, e saranno presto raggiunti dal Generale Nogarola, che coordinerà le operazioni.

Esaurite le incerte notizie militari, Giovanelli passa a questioni politiche.

È fuori di dubbio che ai ribelli bresciani sia unita, in tutto o in parte, la Legione Polacca, la quale è a tutti gli effetti parte dell'Armata francese.
Pur non avendo potuto interrogare i prigionieri di Salò, inviati per direttissima a Venezia, le voci dei Salodiani esplicitamente descrivono un ragguardevole numero di Polacchi tra gli autori del golpe nella loro città.

La notizia è confermata anche da una lettera indirizzata al Provveditore dal Generale Miollis comandante delle Truppe francesi nella Piazza di Mantova.
Il Generale Dombroschi della Legione Polacca 1 lo ha informato che un suo distaccamento in marcia da Brescia a Salò è stato catturato dai valligiani armati.

Nella lettera, Miollis chiede la liberazione immediata del distaccamento e la punizione degli autori della "violazione alla neutralità".

Dal momento che sembra che i Polacchi saranno presto di nuovo protagonisti negli scontri, Giovanelli chiede a Venezia precise istruzioni su come comportarsi con il Generale Miollis e con il Balland comandante francese in Verona.

Istruzioni sono chieste anche per il comportamento in combattimento nel caso che ai ribelli si trovino mischiati i Polacchi e i Francesi.

I Salodiani hanno fatto altri sette prigionieri, che vanno ad aggiungersi ai 92 già imprigionati, tra i quali tre sono polacchi. Questi ultimi sono stati instradati a Venezia. In questi nuovi arresti figura il Conte Giuseppe Beltramelli bergamasco. Si chiedono ordini in merito alla sorte di questi prigionieri.

Il Provveditore chiede ancora di poter inasprire la repressione verso quegli elementi bresciani che, pur sostanzialmente appoggiando i ribelli, "cercano mascherarlo sotto mille pretesti, attribuendo a fortuita occasione la loro comparsa, e sfacciatamente negando poscia la propria cooperazione;" (da pag. 120).

I "Cittadini e i Territoriali" sono animati dal più vivo ardore e attaccamento al Principato Veneto, disposti a versare il sangue per esso. Essi sono divenuti l'avamposto di difesa della Patria, ma se non saranno inviati rinforzi consistenti, tale Patria è da considerarsi in serio pericolo.

Segue elenco dei rinforzi richiesti.
Da pagina 120:

Verona 6 Aprile 1797.
Iseppo Giovanelli Prov. Estraordinario in T. F.
Alvise Contarini Capitanio V. Podestà.

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Tentori ci racconta adesso di come furono accolti a Venezia i ribelli fatti prigionieri e instradati alla Dominante.

Il 6 Aprile 1797 si nominarono due patrizi per accudirli: Tomà Mocenigo Soranzo (figlio di Tomà Mocenigo Primo) e Domenico Almorò Tiepolo figlio di Alvise K.).
Da pagina 121:

Questi due Deputati ebbero cura tale de' Ribelli, che non solo nulla ad essi mancò, ma furono con soverchio lusso trattati, quasi che Eroi fossero, e non Traditori.

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Segue un nuovo dispaccio dal Giovanelli, in data 7 Aprile 1797, che l'Abate segnala come particolarmente importante sia in sé che per i numerosi allegati.

In esso secondo Tentori si svelano "la perfida direzione de' Comandanti Francesi, e le Diaboliche lor invenzioni per ostentare sospetti e rintracciare pretesti ...".

Da un lato il Provveditore si rallegra per la fermezza nella fedeltà al Veneto Governo dei "Sudditi", in particolare quelli del Salodiano e delle Valli Bresciane, ma dall'altro è vivamente preoccupato per l' "equivoca condotta" dei Comandanti francesi.

Egli accenna di aver già comunicato in merito alla lettera indirizzata da Landrieux agli abitanti delle valli, nella quale si accusa il Provveditor Battaja di avere diramato disposizioni di incitamento alla guerra di popolo contro i Francesi 2.

I francesi hanno approfittato del falso Proclama e fingendosi molto preoccupati delle conseguenze hanno messo in atto una serie di misure militari preventive, ritirandosi nel Castello di San Felice e mettendolo in stato di massima allerta, con i cannoni puntati verso la città.

Il Generale Balland gli ha fatto recapitare di primo mattino una lettera con la quale minaccia di cannoneggiare la città al minimo sospetto di movimento popolare.

Prima che Giovanelli potesse rispondere, ha ricevuto una visita del Comandante delle Truppe Francesi nei Castelli Beaupoil, con il quale ha avuto un lungo colloquio.

Giovanelli ritiene di avere convinto Beaupoil dell'assurdità del Proclama Battaja, che sarebbe in contrasto con tutte le "Massime" sino allora promulgate e rispettate dal Governo Veneto, offrendosi altresì di pubblicare un contro-proclama chiarificatore.

Giovanelli non è comunque riuscito a farsi consegnare una copia del Presunto "Proclama Battaja".

Poche ore dopo il colloquio con Beaupoil, il Provveditore ha incontrato lo stesso Generale Balland, il quale si è mostrato rassicurato, e sembra avere accondisceso a non far transitare per Verona "alquanti Polacchi, attesi da Mantova".

Da pagina 122:

... non si può credere però che per parte Francese cessino le sinistre intenzioni, e li sospetti accresciuti forse dalle sparse voci di danni gravissimi, sofferti dalle loro Truppe in Tirolo.

Gli occupanti infatti continuano alacremente ad ammassare provviste e munizioni nei Castelli, mentre i cannoni sono ancora minacciosamente puntati sulla città.

Vengono inoltre distribuiti e affissi in città "insidiosi fogli", marcati come allegati "A. B. C. D." al Dispaccio, ma che Tentori non ci farà giungere.

Ancor più pesa sull'animo del Giovanelli una lettera del Governatore di Peschiera Antonio Carrara, che descrive come l'effetto del "proclama Battaja" ha messo in allerta anche le Truppe francesi in quella Fortezza, cosicché "non sappiamo, che prevedere le più ingrate conseguenze a quella parte.".

Lamentando che la strettezza dei tempi non gli permetta di far stampare un contro-proclama, Giovanelli incarica Carrara di rassicurare il Comandante francese della sua Piazza, ma anche qui dubita che i Francesi recederanno dalle misure militari che stanno mettendo in atto.

Si moltiplicano le loro rimostranze, che il Provveditore elenca negli allegati.

  • Accusano i Salodiani dell'uccisione di un francese.
  • Chiedono la liberazione del ribelle Bernardino Lecchi, dichiarato membro del personale civile dell'Armata Francese: un rifiuto sarà interpretato come dichiarazione di guerra.
  • Reclamano come appartenenti a loro le artiglierie catturate dai volontari della Val Sabbia a Salò.
  • In un altro allegato, si segnalano "i lor inutili tentativi di disarmare quelli della Val Trompia" e possibili movimenti di truppe francesi nelle altre Valli, per contrastare i quali sono però già state prese "opportune misure"3.

Seguono le disposizioni impartite da Giovanelli:

  • Il Conte Fioravanti, incaricato della custodia del ribelle Lecchi, risponda che il prigioniero, in quanto "Suddito, e ribelle della Repubblica", catturato in armi, è già stato instradato a Venezia e non si trova più nella sua disponibilità.
  • Il Provveditore di Salò risponda che le artiglierie non saranno restituite in quanto esse non possono appartenere ai Francesi, che mai avrebbero potuto impiegarle per attaccare una Nazione neutrale e amica.
  • Loda il suddetto Provveditore per le misure prese atte a contrastare le attività in montagna dei Francesi, accludendo istruzioni sul modo di comportarsi con loro e con chi abusasse delle loro uniformi. Questo al fine di evitare il ripetersi di eventi come quelli di Chiari, dove al disarmo della popolazione è immediatamente subentrata una nuova "rivoluzione".
  • Al Brigadiere di Chiari è stato trasmesso ordine di riorganizzare e riarmare i volontari per riportare nuovamente l'ordine in quella Comunità.
  • La riconquista di Chiari e l'unione di questa con Rizzato per mezzo di alcune vittorie riportate in ordine alla presa della Terra d'Iseo, chiude a cerchio il blocco che si stringe attorno a Brescia, le cui operazioni sono affidate al Brigadiere Maffei.
  • I ribelli bresciani sono riusciti con l'astuzia a catturare 11 Soldati veneti a cavallo, ma i volontari hanno presto vendicato l'offesa "coll'uccisione, e prigionia ... di altrettanti e più de' Ribelli".
    L'episodio è stato utile a mettere sull'avviso i Valligiani contro le tattiche di astuzia del nemico.

Giovanelli ha ritenuto di insignire di uniforme militare 24 Nobili di Asola, che si sono offerti di costituire la Guardia del Provveditore di quella Città.

Il Dispaccio si chiude con la notizia di nuove esose richieste di forniture da parte del Commissario Gujon, sulle quali Giovanelli sta tentando di tergiversare, e con l'inoltro della supplica da parte dei commercianti Veronesi volta a ottenere la sospensione temporanea della "nuova Tariffa di esazione sulle merci".

Da pag. 125:

Verona 7 Aprile 1797.
Iseppo Giovanelli Provveditor Estraordinario in T. F.
Alvise Contarini Capitanio e V. Podestà.

Tentori riporta quindi uno dei numerosi allegati a questo Dispaccio.

Consiste della lettera del Colonnello Carrara da Peschiera in data 7 Aprile 1797.

Carrara avvisa dell'esistenza di "due carte, spedite da Bergamo da un Generale di Cavalleria Francese (Jean Landrieux) a questo Comandante".

Carrara crede "l'una apocrifa, e l'altra mendace, ed esagerata".

Si tratta del famoso Proclama Battaja di incitamento all'odio verso i Francesi e della lettera scritta da Landrieux per descrivere il successo delle sue improbabili operazioni di guerra in montagna.

Landrieux avrebbe inviato nelle Valli Bergamasche 2000 uomini, che combattendo 10.000 valligiani ne avrebbero fatti prigionieri 4000.

Le due carte sarebbero state inviate in copia "al General in Capite, al Quartier Generale in Mantova, ed a tutti li Comandanti Francesi nello Stato Veneto.".

Carrara ha "cercato con qualunque esborso", di procurarsi a sua volta una copia dei documenti, ma senza successo, si limita quindi a riferirne il contenuto come lo ha appreso da un suo informatore.

Da pag. 126:

Peschiera 7 Aprile 1797 alle ore 17.
Umiliss. Divotiss. Ossequiosiss. Servitore
Collo Gio: Antonio Carrara.

Come il Carrara, nemmeno il Giovanelli riesce a procurarsi copia dei falsi di Landrieux, nonostante li abbia esplicitamente chiesti al Generale Francese Beaupoil.

Circostanza piuttosto strana, dal momento che sia il falso Proclama Battaja che la guasconata del Landrieux erano state pubblicate, come ci informa Tentori, "in tutti i Fogli della Rivoluzionata Italia, e segnatamente nel Num. 79 a' 5 Aprile del "Termometro Politico della Lombardia" e nel Num. 30 del Monitor Bolognese".4

Nelle varie versioni, al Proclama Battaja vengono attribuite tre date diverse, cioé quelle del 21, del 22 e del 28 Marzo 1797.

Nella sua lettera in data 21 Germinal Anno V (10 Aprile), pubblicata da Tentori alla pagina 128, Landrieux si vanta di avere messo a ferro e fuoco le Valli a causa del tradimento del Provveditor Battaja, del quale Napoleone avrebbe ordinato l'arresto:

... tutti coloro, che osarono inspirarvi sentimenti di ribellione, saranno impiccati, le vostre Case abbrucciate, e desolate le vostre famiglie. Voi foste ingannati, sortite prontamente dal vostro errore; apportate le vostre armi al Comandante di Brescia, inviateli de Deputati, senza ciò voi perirete tutti.

Da questa lettera Tentori coglie l'occasione per due note. Nella prima fa rilevare che, alla data del 10 Aprile, Battaja era ormai a Venezia, dove non poteva essere raggiunto da ordini di arresto da parte di Napoleone.

Quest'ultimo, d'altro canto, anche quando più tardi ne ebbe la possibilità, chiese la testa dei tre Inquisitori, ma mai fece un cenno di minaccia per Battaja al quale, invece, concesse sempre quel tanto di personale amicizia di cui un Generale nella sua posizione poteva disporre.

È evidente che a Tentori sfuggiva la portata teatrale e demagogica delle azioni di Landrieux, tuttavia nella seconda nota a pagina 128 ricorda che si tratta di quello stesso Ufficiale che avevamo visto protagonista dei "colloqui segreti" con Ottolini e Vincenti Foscarini a Palazzo Albani in Milano.

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Il Dispaccio di Giovanelli fu letto al Senato il giorno 8 Aprile 1797 e, quella stessa sera, il Senato indirizzò un nuovo Species Facti delle malefatte francesi a tutti gli Ambasciatori e Ministri nelle Corti Straniere.

Lo Species Facti è pubblicato integralmente dalla pagina 129 alla 134, ne ometto il riassunto perché si tratta di un dettagliato compendio degli eventi che abbiamo già visti descrivere nelle pubblicazioni precedenti, dal colpo di Stato in Bergamo, a quelli in Brescia e Crema, fino alle ultime pretestuose lettere del Landrieux.

Tentori riprende poi la narrazione con nuovi dispacci di Giovanelli da Verona, che vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Jan Henryk Dabrowski, Ufficiale polacco postosi al servizio della Francia. Napoleone lo nominerà Generale.

Secondo le Memorie di Landrieux (pag. 168, pag. 511 ed. digitale) il comando delle legioni lombarde e polacche in formazione era stato affidato a Lahoz. Dabrowski aveva protestato reclamando la paternità dell'idea. Landrieux replicò che la cosiddetta Legione Polacca non era che una accozzaglia di disertori e prigionieri tedeschi riarruolati.

Aggiunge che si tratta di circa 3700 reclute che potrebbero essere pronte in un mese e mezzo, la metà disponibili da subito, ma i Comitati lombardi non perdono molto tempo a vestirle e armarle.

Landrieux conclude il suo rapporto a Napoleone sulla Legione Polacca consigliandolo di avvertire Berthier di non farci affidamento.

Nota 2 - Vedi memorie di Landrieux e note sui voltafaccia di Battaja. Qui si mette in luce la grande astuzia di Landrieux. Se infatti è poco probabile che effettivamente il Proclama incriminato sia originale del Battaja, è però altrettanto vero che esso sarebbe compatibile con quei giorni in cui il Battaja si sentì emarginato dalla sua stessa rivoluzione (vedi pubblicazione XXXIX), e quindi facilmente reso credibile a livello della demagogia propagandistica locale e internazionale di cui Landrieux si occupava.

Nota 3 - Su questo il racconto di Giovanelli si scosta non poco da quello degli stessi avvenimenti reso da Landrieux, secondo il quale invece la sua azione di rappresaglia nelle montagne era stata coronata da pieno successo, con incendio dei villaggi e sconfitta totale di tutti gli armati.
In questo caso non è difficile ipotizzare che il capo dell'Ufficio Segreto di Napoleone stia mettendo in opera le sue arti di mentitore. Ne ha in questo caso ottimo motivo, il mettersi in luce con i suoi Generali e al contempo rafforzare il dubbio prestigio guerriero dei suoi uomini.
Gioca d'altro canto a sfavore della sua credibilità l'estrema improbabilità di una simile impresa.
Sappiamo che ha a disposizione prevalentemente uomini male equipaggiati, in pessime condizioni di salute e del tutto svantaggiati da un terreno impervio che ignorano del tutto. Per giustificare nei suoi rapporti e nelle Memorie questa impensabile vittoria, conseguita in pochi giorni su un terreno estremamente sfavorevole, Landrieux ricorrerà infatti alla retorica dell'"indomabile valore francese".

Nota 4 - Non è credibile il Giovanelli quando asserisce di non aver saputo trovare copia del Proclama Battaja. Il "Termometro Politico della Lombardia", veniva regolarmente monitorato dagli Inquisitori di Stato e allegato ai rapporti dei Residenti. La maggior parte di questi allegati è stata sottratta all'Archivio di Stato di Venezia, ma ho potuto ritrovare un esemplare del n. 50 del 24 Dicembre 1796 nel sesto fascicolo della busta 251 del fondo Inquisitori di Stato.
Poiché da Tentori abbiamo il n. 79 al 5 Aprile 1797, possiamo dedurne che questa propaganda veniva stampata con il ritmo di due numeri la settimana (deduzione poi confermata dallo studio dedicato a questo giornale da Vittorio Criscuolo nel 1989).
Interessante notare il motto: "Mens agitat molem". Nell'Eneide questa frase viene tradotta con "Lo spirito vivifica la materia", ma in questo contesto, anche alla luce dello studio citato, risulta più corretto leggere: "La mente astuta agita la massa".


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Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori. Consulenza bibliografica dott. Paolo Foramitti.