Storia di Venezia

Pagina pubblicata 25 Febbraio 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - XLVI

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XLVI
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

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|| Approfondimento della figura di Landrieux || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione ||

Storia della caduta di Venezia, il primo colpo di cannone paga tutti

"Il primo colpo di cannone paga tutti". Strana frase, per uno che dirigeva un giornale chiamato: "L'Amico delle Leggi" (immagine per cortesia di http://xoomer.virgilio.it).

I Dispacci di Giovanelli da Verona si susseguono con cadenza quotidiana.

Il giorno 8 Aprile 1797 informa di una nuova lettera che Landrieux ha indirizzato al Brigadiere Maffei e al Capitanio Filiberti in Montichiari.
Tentori purtroppo omette tutti gli allegati a questo e ai seguenti Dispacci Giovanelli, ma dal dispaccio stesso si apprende che la lettera contiene le seguenti disposizioni:

  • Le guarnigioni di Brescia e di Bergamo apriranno il fuoco su chiunque si avvicini in armi alle città.
  • Landrieux stesso è al comando di un Corpo che attaccherà chiunque si presenti armato.
  • Intende pronunciare l'ordine di "ristabilire a colpi di cannone la comunicazione tra la Lombardia e il Generale in Capite".
  • Ritarderà le azioni di guerra per due ore in attesa di un abboccamento con il Brigadiere.

Trovandosi il Brigadiere Maffei impegnato altrove, una prima provvisoria risposta è stata formulata dal Tenente Soffietti.

Alla luce di una Ducale ricevuta il giorno precedente (anch'essa non riportata dal Tentori), Giovanelli ha autorizzato Maffei al colloquio, con il compito:

  • di dichiarare apocrifo il Proclama Battaja;
  • di far presente che il blocco di Brescia non ha mai interferito con le comunicazioni tra la Lombardia e il corpo principale dell'Armata di Bonaparte;
  • di chiamare responsabile il Landrieux per i suoi atti, che appaiono in palese contrasto con gli accordi intercorsi tra Bonaparte, il Direttorio e il Governo Veneto.

Giovanelli ha denunciato le minacce di Landrieux anche al Generale Balland in Verona, interessandolo "a frapporre l'opera sua, perché rimesse le cose nell'ordine, tutto concorra a seconda delle intenzioni de' rispettivi Governi.".

Due ulteriori notizie sono fonte di amarezza.

Il Tenente Vigna, appostato a Monzambano, comunica che i Francesi hanno fatto evacuare gran parte o tutta la guarnigione Veneta di Peschiera. I Francesi, portatisi a Ponti, avrebbero disarmato quei Villici e avanzerebbero su Monzambano.
Da pagina 135:

Stringente il momento dovette l'animo nostro determinarsi ad un partito. Egli fu quello, che le Pubbliche massime, e l'asprezza delle circostanze domandano di prudenza, e di fermezza insieme, quali VV. EE. troveranno espresse nell'inserta Lettera.

La seconda amara notizia proviene dal Provveditore di Salò.

In quella città sono arrivati 300 Francesi, e hanno preteso di occupare le porte nelle mura assieme ai militi Veneti.

Giovanelli gli ha trasmesso le istruzioni ricavate dalla Ducale ricevuta il giorno precedente, incaricandolo di estenderle con la massima rapidità anche alle Valli e agli Ufficiali inviati a coordinare i movimenti dei valligiani volontari.

Il Brigadiere conte Miniscalchi ha inviato 20 nuovi prigionieri, tra i quali il già accennato conte Beltramelli di Bergamo. Il Beltramelli ha fatto dichiarazioni al Miniscalchi che comprovano l'interferenza aperta dei Francesi nelle ribellioni.

Il fatto è confermato anche dalla testimonianza di un Deputato di Salò, il quale racconta che il Martedì precedente i Francesi hanno proibito alla Popolazione di Desenzano di inalberare il Veneto Vessillo.

Come promesso da Balland, 400 Polacchi sono passati a ridosso delle mura di Verona senza entrare in città.
Da pagina 136:

Ma quali sieno per essere gli avvenimenti, le Ducali di VV. EE. di jeri sera saranno eseguite con tutta esatezza, e con quella fermezza, che senza abbandonare la dovuta prudenza valgano a dimostrare l'ardente nostro zelo, e la costanza più decisa nel servire la Patria in ogni rapporto, i mezzi tutti possibili, l'attività, il coraggio verranno posti in uso, ....1

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Nel Dispaccio del 9 Aprile 1797 Giovanelli informa che una lettera da lui indirizzata a Balland ha ricevuto risposte lusinghiere e conformi agli impegni di Napoleone e del Direttorio.
Il Francese si dichiara intenzionato a mantenere la buona armonia tra i Governi, e ha promesso di pubblicare una carta le sue disposizioni in merito.

La consolazione è però effimera, perché al contrario le Truppe francesi continuano ad armare e rifornire i Castelli di armi munizioni e uomini. Hanno i pezzi d'artigleria costantemente diretti verso la città e in modo da battere i ponti.
Da pagina 137:

A questo si aggiunge la continuazione degli atti violenti, che si esercitano per parte Francese nelle Valli Bresciane, e Bergamasche disarmate queste, e poste a contribuzione;.

A Peschiera i Francesi hanno del tutto disarmato la Popolazione. Usciti dalla fortezza, hanno tentato di fare altrettanto nei villaggi vicini, per poi portarsi a distruggere il ponte di Monzambano, ma "la massa sola de' Villici raccolta dal tocco della Campana a martello ne impedì l'effetto".2

Fallito l'attacco al ponte di Monzambano, il Comandante di Peschiera ne esige la distruzione in una lettera al Brigadiere Maffei. Assieme alla lettera, Maffei ha trasmesso alcune lettere intercettate "gravi per il loro contenuto, e per la luce, che spargono, tutta conducente a confermare decisa la intenzione Francese in sostegno de' ribelli.".

Giovanelli ha inviato a Maffei istruzioni conformi a quelle ricevute con la Ducale del 7 Aprile: Mancano purtroppo dalla Raccolta di Tentori queste istruzioni e la Ducale stessa.

Inviate quelle istruzioni, Giovanelli ha ricevuto una nuova Ducale in data 8 Aprile, e si è affrettato ad aggiornare gli ordini per Maffei e per le Valli.
Qui abbiamo un accenno al contenuto; da pagina 138;

... prevenire per quanto è possibile le occasioni a sconcerti con le Truppe Francesi, e far che a carico de' loro Comandanti cadano quelli, che le equivoche, o spiegate loro direzioni a favor de' Ribelli potessero produrne, .... 3

Ma contro la malafede francese, deve osservare Giovanelli, queste precauzioni sono vane.

La sera del 9 Aprile il Capitano Filiberti gli recapita da parte del Brigadiere Maffei una lettera e un Proclama scritti da Landrieux.

Filiberti informa che, in obbedienza alle Pubbliche Massime, su spinta dei Francesi il Brigadiere Maffei ha dovuto indietreggiare sul Mincio abbandonando Montichiari e altri villaggi vicini, fra il cocente dolore delle Popolazioni.

Giovanelli gli risponde di non preoccuparsi, perché obiettivo principale è quello di difendere la provincia e le Valli di Verona.4

Quanto al Proclama di Landrieux che chiede il disarmo dei Villici, Maffei risponda appellandosi alle dichiarazioni di Bonaparte e dichiarando che non è decisione che possa essere presa da lui.

Nella lettera, invece, Landrieux chiede la liberazione di un Capoposto francese fatto prigioniero in Castenedolo. Gli si risponda che tale ufficiale, dapprima tradotto prigioniero a Brescia per tranquillizzare la Popolazione incline e a ribellarsi alle violenze francesi, è stato poi discretamente rimesso in libertà.

Maffei protesti con Landrieux per il comportamento di quel Capoposto, che dopo aver disarmato il villaggio, lo aveva saccheggiato e vi aveva bruciato alcune case. 5

L'aggressività francese oltre il Mincio è sempre più pesante, e si teme per un blocco delle comunicazioni anche sul lago di Garda, come Giovanelli rileva da una lettera del Rappresentante di Salò.

In tal caso, per mantenere il collegamento con quella Riviera e con le Valli montane, sarebbe necessario estendere la linea di terra fino a Lonato, ma su questo Giovanelli si atterrà strettamente al volere del Collegio.

Abbiamo quindi un altro accenno al contenuto delle Ducali del 7 e 8 Aprile.

Le Comunità fedeli, e soprattutto Montichiari "che nelle presenti acerbe circostanze si distinse in modo luminoso" sono rimaste "sommamente turbate nel vedere per le Pubbliche disposizioni ritirarsi la Truppa; poco mancò in mezzo al dolore, che di forza non la trattenessero assieme all'artiglieria".

Le Pubbliche disposizioni erano dunque queste; abbandonare i Sudditi fedeli in balia dei Francesi, con l'interdizione di combatterli.

Il Generale Nogarola ha offerto 40 giovani a cavallo che saranno impiegati come Esploratori.

Da pagina 140:

Verona 9 Apriie 1797 ore 11 venendo il giorno 10.
Iseppo Giovanelli Prov. Estraordinario in T. F.
Alvise Contarini Capitanio e V. Podestà.

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Il Dispaccio Giovanelli da Verona del 10 Aprile 1797 ribadisce l'inutilità degli sforzi fatti per convincere i Francesi delle pacifiche intenzioni del governo veneto.

Nonostante le rassicurazioni prodotte dal Provveditore, il cui animo è "costante ne' principj di quella prudenza, ch'esser deve la guida di nostra condotta" 6 Balland si è di nuovo rinserrato nel Castello di San Felice, dove continua a far affluire "armi, munizioni, Soldati, e tutti i mezzi di difesa e di attacco.".

Il Francese ha rinnovato tramite Beaupoil la minaccia di bombardare la città al minimo accenno di movimento popolare, dopo di che si è rinchiuso nel silenzio e nel Castello.

La sera del 10 Aprile Giovanelli ha ricevuto un espresso dal Provveditore di Legnago, che lo informa del previsto arrivo in quel luogo di 5000 Uomini, parte dei quali i Francesi vogliono impiegare per disarmare i Comuni.

Da pagina 141:

Scossi a questa notizia gli animi nostri ... e presentì a noi del pari le Sovrane prescrizioni, abbiamo sul fatto disposte le misure occorrenti, e possibili alla circostanza. Facendo conto però del Generale Nogarola ritornato in questi momenti ... parte egli per ridursi a Cerea, dove con li Villici, che trovansi sotto gli ordini del Conte Bevilacqua, e con i quattrocento Nazionali, ... cercherà di opporsi agli insulti, che tentar si volessero dai Cispadani.

Evidente ancora una volta che le "Sovrane prescrizioni" continuano a escludere ogni forma di difesa attiva dai Francesi.

I Militi del Nogarola non hanno potuto condurre con sé l'artiglieria, in quanto i carriaggi e gli affusti sono danneggiati.

Giovanelli dal canto suo ha preso misure per difendere le genti della Valpolicella "per formare una forte retroguardia, sulla quale in caso di bisogno possa il Generale stesso ripiegare con fiducia.".
Da pagina 141:

Le armi, le munizioni, e gli altri mezzi possibili che la circostanza, e la ristrettezza potevano concedere, tutto fu approntato in due ore di tempo, ben giudicando opportuno, che la Pubblica Economia esser dovesse secondata in tanto oggetto.

E ben valutiamo noi posteri quale impegno avesse messo il Giovanelli in tali misure, dedicando loro due ore del suo prezioso tempo, naturalmente senza perdere di vista il sommo obiettivo di far risparmiare soldi a quell'Erario che, in quel momento stesso, forniva invece milioni di zecchini in oro e in sussistenze all'Armata d'Italia del Bonaparte.

Al Provveditore non sono giunte notizie dal Brigadiere Maffei. Invita la Pubblica Autorità a protestare presso Napoleone per il comportamento di Jean Landrieux, difforme dagli ordini del Bonaparte.

Allega un rapporto del Capitano Vidali (di cui Tentori non riporta la copia), nel quale purtroppo si confermano i sanguinosi fatti occorsi in Val Seriana a opera degli uomini di Landrieux.

In chiusura del dispaccio, Giovanelli informa di avere spedito persona di sua fiducia in Tirolo per appurare come stiano andando le cose a Napoleone in quei luoghi.

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L'Abate lascia adesso Verona per informarci di "due importantissimi Dispaccj" datati in Vienna in quello stesso 10 Aprile, che vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Non disponiamo di questa Ducale, ma non è difficile immaginare che essa contenesse disposizioni di non ingaggiare combattimenti con i Francesi. Infatti, dopo queste istruzioni, il Landrieux potrà realizzare la sua guasconata, disarmando insanguinando e depredando le valli Sabbia e Seriana, come vedremo nel prossimo Dispaccio.

Sto cercando nell'Archivio di Stato di Venezia qualche traccia dei carteggi con le istruzioni trasmesse dai Savj al Provveditore in Verona.

Questa ricerca è piuttosto difficile, a cominciare dall'identificazione di quale Magistratura si celi dietro la denominazione di "Savj del Collegio" che vediamo protagonista degli eventi sin dall'inizio di questa Raccolta.

Sono i Savj del Collegio, a ricevere le comunicazioni degli Inquisitori e a decidere cosa debba essere o meno letto al Senato. Sono ancora i Savj del Collegio a effettuare le scelte e a far mancare le istruzioni ai rappresentanti delle Province minacciate.

Ma nell'ordinamento dello Stato Veneto, così come ricostruito dal Da Mosto, non esiste una Magistratura con questo nome.

Esiste bensì un "Collegio" del quale si conserva un modesto fondo archivistico, ma questo sembra aver competenza prevalentemente su cause giudiziarie civili.
Su decisioni di una certa rilevanza, anche nei documenti del Collegio troviamo riferimento alla trasmissione delle carte a questi fantomatici "Savj del Collegio".

L'ipotesi più accreditabile è che si tratti di un modo per definire i sei consiglieri ducali, ovvero il Minor Consiglio.

Nonostante questa istituzione sia tra le più antiche della Repubblica, negli Inventari dell'Archivio di Stato per questa Magistratura troviamo una sola busta, il "Liber plegiorum, 1223 - 1229, con documenti fino al 1253".
È il più antico registro conservato della cancelleria veneziana, ma ovviamente non ci può essere d'aiuto. Da allora in poi sull'attività del Minor Consiglio, dal punto di vista archivistico, scende il buio.

Sono tuttavia riuscito a localizzare tracce del carteggio tra Venezia e Verona nel Fondo Inquisitori di Stato, alla busta 119, "Lettere degli Inquisitori ai Rettori di Verona".

Questa busta è degna di nota innanzittutto per le sue lacune. Così come abbiamo visto per altri Fondi, anche i documenti del Fondo Inquisitori relativo a questo periodo sono estremamente lacunosi. Lo si nota chiaramente dal fatto che i dispacci erano tutti numerati, e decine di numeri della serie risultano mancanti.

Un'altra particolarità è che dal 21 Marzo 1797 in poi,7 tutti i pochi dispacci rimasti recano al margine sinistro quelle che sembrano firme per presa visione. Si leggono i nomi di Lorenzo Vignola (Segretario di Stato Veneziano) e Giovanni Dolfin, ma anche altri che davvero non ci si aspetterebbe vi fossero:
"Malya, Gen de 18me"
Firma: "Malya aide de Camp
Berthollet
s.c. Nugue
secr. d.l. com
"

In testa a tutte, la firma del Comandante francese della Piazza di Verona, Antoine Balland.

Il Segretario Nugue si prese la briga anche di annotare quanti allegati vi fossero a ciascun dispaccio. A volte sono 9 fogli, a volte tre o quattro, ma tutti accomunati dal fatto di essere stati sottratti all'Archivio.

Quanto al Giovanni Dolfin, non mi è riuscito di trovare alcuna notizia. Ritengo possibile che fosse uno stretto parente di quel Daniele Dolfin, ex complice negli affari dell'Andrea Tron, poi Ambasciatore a Vienna, che è figura di spicco nelle congiure veneziane di quegli anni. Daniele Dolfin dopo essere rimbalzato qua e là tra le forze in gioco, finirà la sua vita nel 1798.

Secondo il Dizionario Biografico Treccani, fu proprio il Daniele Andrea Dolfin che si prese l'incarico di consegnare ai Francesi, dopo il colpo di Stato, l'Archivio degli Inquisitori di Stato, che fu trasportato a Parigi e lì, ufficialmente, "scartato", ovvero distrutto.8
Da altre fonti (note all'edizione del 1857 di "Angelo Tiranno di Padova di Victor Hugo" et alia) l'archivio spostato a Parigi sarebbe invece stato quello del Consiglio dei Dieci.
Tuttavia, di entrambi questi Archivi si trovano ancora oggi lacerti considerevoli in Archivio di Stato. Ritengo quindi probabile che non fosse un intero corpo archivistico a essere trafugato, ma blocchi di documentazione provenienti da tutte quelle Magistrature che potevano contenere informazioni compromettenti o inopportune.
Vi sono molte considerazioni possibili su questo comportamento, ma le lascio alla Pubblicazione finale complessiva sulla Raccolta Cronologica.

Comunque, anche dalle scarse fonti rimasteci non è difficile ricavare quali fossero le istruzioni che i Savj trasmettevano a Verona; dalla busta 119 del Fondo Inquisitori di Stato A.S.Ve.:

  • A carta 2233, 8 Marzo 1797 (dispaccio senza numero), gli Inquisitori chiedono di appurare come potrebbe venir presa dai Comandanti francesi l'esecuzione di condanna capitale emessa dal Provveditor Estraordinario in T.F. contro tali Amadio Violan e Lorenzo Lia.
    Uno dei quattro arrestati, tale Luigi Violan, ha riferito al capitano Vanni, incaricato della traduzione dei rei a Venezia per l'esecuzione, di essere amico personale del Generale francese Osarò (probabilmente Augereau), e di avergli trasmesso notizia dell'arresto suo e dei compagni tramite il Conte Bevilacqua.
  • A carta 2238 bis 20 Marzo 1797 (dispaccio senza numero), lettera degli Inquisitori al Podestà di Verona.
    "Senza l'accordo, o consenso delli Comandanti Francesi non è possibile sostener un cimento.
    Se è possibile prolungar la decisione dell'affare, si faccia con tutta la prudenza, sì da guadagnar tempo e veder cosa esca dal generale in Capite. ... cerchi il risparmio del sangue dei Sudditi fin dove mai è possibile.
    ".
  • A carta 2239 21 Marzo 1797 (dispaccio n. 110), lettera degli Inquisitori al Podestà di Verona.
    "... renda la Divina Provvidenza esauditi i voti de' buoni, e coroni con l'esito tante pene, ed agitazioni. Intanto non lasci di far sentire a tutti gl'ordini della città nei modi proprj ella pure la viva gratitudine del Governo, e col pieno accordo tra le due Cariche che è immancabile facciano tutto ciò che alla Repubblica Madre de' suoi popoli ben conoscono quanto sia a cuore ad onta delli sui propri eminenti oggetti e riguardi. Se mai altre combinazioni fatali credesse utile di impiegar qualche summa a sollievo de' miseri, ed agli oggetti della Pubblica quiete ella lo faccia, et ne dia al Tribunale il ragguaglio, della summa impiegata." (da questa lettera in poi tutti i dispacci portano anche le firme di ufficiali francesi, come accennato).
  • A carta 2243 (Dispaccio n. 127) lettera al Provveditor Estraordinario primo Aprile 1797. Riscontra due lettere da lui del 29 e 30 Marzo, con notizie già scritte al Senato e corrispondenti alla stampa uscita da Brescia.
    "Duole la sempre più suspicata influenza francese in quelle sollevazioni, quanto confortano le buone risoluzioni di Verona, di Salò, e d'altri luoghi conoscitori perfetti che la repubblica sacrifica tutto in retribuzione a loro presidio e salvezza che la divina provvidenza voglia concedere.".

Nota 2 - Anche qui, come a Palmanova, Salò e nei paesi del Bresciano il bluff Francese è scoperto. Per fermare l'eroica armata del Kilmaine basta una folla inferocita. Ma quella folla è ben tenuta a bada dai suoi stessi governanti; solo di quando in quando riesce a liberarsi dall'obbedienza al "paterno Senato", e allora per i Francesi sono guai. Ma essi possono contare sulla protezione dei Savj, oltre che sui loro finanziamenti.

Nota 3 - Chiaro qui il significato: quando siano i Francesi in prima persona a chiedere qualcosa, obbedire, come avvenne infatti a Peschiera e nelle sventurate Valli, dove il Landrieux prima disarmò la popolazione e poi applicò la vendetta. Non stupisce che molti dei Valligiani finissero con il passare all'Armata Napoleonica. Meglio un saccheggiatore di un "Paterno Senato" che platealmente e tragicamente tradisce la sua Gente.

Nota 4 - È infatti a Verona soltanto che Giovanelli ha incarico da Berthier di far scoppiare il casus belli desiderato da Napoleone ma prima, naturalmente, bisogna che tutte le Popolazioni circostanti siano state disarmate, onde permettere l'arrivo di quei rinforzi francesi che spegneranno nel sangue le "Pasque Veronesi".

Nota 5 - Ecco la conferma di come si erano svolte le cose nella "spedizione Landrieux": approfittando delle direttive del Senato di non attaccar briga coi Francesi, questi prima esigevano il disarmo, e poi sopraffacevano le popolazioni inermi.

Nota 6 - Se il Giovanelli è prudente nel rapportarsi con i Francesi, è però scatenato nell'arrestare sospetti sudditi ribelli. Abbiamo visto già nella Pubb. XXXIX il Tentori accennare a questa aspra repressione innescata sulle indagini dell'"Uffizio di sopraveglianza" istituito dal Battaja e adesso ne troviamo traccia nei costernati Dispacci degli Inquisitori, che si vedono inviare a Venezia per l'esecuzione prigionieri su prigionieri, spesso senza testimonianze o prove.

Dalla busta 119 del Fondo Inquisitori di Stato presso l'A.S.Ve.:

  • A carta 2245 (Dispaccio n. 136) 6 Aprile 1797 Gli Inquisitori chiedono al Vice Podestà di inviare una qualche prova della colpevolezza di nove detenuti inviati a Venezia. Di uno, Santo Segati, manca il certificato di identità, mentre "niente traluce a carico" di altri: Baldassare Spinola, Domenico Tagliapietra e Gaetano Spada. Pertanto è necessario sospendere ogni risoluzione nei loro confronti.
  • A carta 2248 (Dispaccio n. 147) 13 Aprile 1797 lettera al Provveditor Estraordinario e al Podestà. Dovrebbe contenere 9 fogli secondo l'annotazione del segretario Francese ma ne contiene solo uno.
    Gli Inquisitori accusano ricevuta di una lettera in cui il Provveditore trasmette loro le risoluzioni da lui prese e una lista di nomi di imprigionati. Gli Inquisitori si affidano alla Provvidenza perché tali risoluzioni siano di giovamento alla Patria, ed esamineranno con attenzione la posizione dei prigionieri.
    "Soprarriva l'altra lettera d'ieri che continua li rapporti delle loro operazioni nel grande affare, li quali comporta che calmino i Cittadini; ma non lascia d'esser penoso il silenzio de' Comandanti Francesi, e sensibilissime le angustie che dai movimenti di ribbelli Loro risentono, e che li costringono alle più grandi precauzioni; il che aumenta le nostre vive sollecitudini, e li più fervidi nostri voti.".
  • A carta 2249 (Dispaccio n. 151) Al Provveditore e al Podestà 15 Aprile 1797. Sospese le risoluzioni verso il prigioniero Bassani per intervento dell'influente famiglia.
    "... In questi momenti giugne la lettera di VV.EE. d'ieri, e ci piace che cominci la calma tra gl'abitanti, duole acerbamente la tristissima sorte de' Salodiani, e la interferenza de' Francesi.".
    "Pesa assai" sugli animi degli Inquisitori la necessità delle autorità veronesi di praticare i numerosi arresti dei quali annunciano la spedizione a Venezia, la cui custodia e valutazione presenta molta difficoltà visti i tempi.

Nota 7 - Si afferma che dal 21 Marzo 1797 tutti i messaggi portano le controfirme francesi. In realtà ve ne sono di precedenti, che presentano la stessa particolarità. Essi sono sparsi tra altri che invece riportano solo, in calce, le firme dei legittimi mittenti (Agostin Barbarigo, Cattarin Corner e Anzolo Maria Gabriel).

Un banale evento, occorso a quei tempi, ci permette ragionevolmente di ricostruire cosa avvenne.

In una data compresa tra il 29 Marzo e il primo Aprile 1797, le Autorità Veronesi decisero di sottoporre al vaglio dei Francesi i messaggi segreti che ricevevano dal Supremo Tribunale e che in qualche modo riguardavano il comportamento da tenere con loro. Lorenzo Vignola e Giovanni Dolfin furono incaricati di assolvere questo compito, ed essi recarono al Comandante francese anche una serie di dispacci pregressi.

La pila fu presumibilmente appoggiata su una balla di paglia, e qualcuno vi rovesciò sopra del vino.
Le macchie sono via via più sfumate e sul retro di quello con la macchia più sbiadita si vedono ancora incollati filamenti di paglia. Poiché la paglia si trova appiccicata al Dispaccio del 21 Marzo, mentre la macchia più colorata è su quello del 24 Novembre, possiamo dedurre che i Dispacci erano disposti in ordine cronologico,

Ecco l'elenco dei dispacci che troviamo macchiati, nel quarto inferiore sinistro dei fogli, proprio sotto le firme dei "revisori" francesi.

  • A carta 2177 (Dispaccio n. 46) 24 Novembre 1796 disposizioni al Podestà per la consegna clandestina ai Francesi del N.H. Giacomo Papafava, che dovrà essere accompagnato al campo francese come detenuto e solo lì rilasciato.
  • A carta 2178 (Dispaccio n. 45) 23 Novembre 1796: Richiesta di segnalare la comparsa in Verona di Angelo Miniscalchi. Confermare le voci riferite a un postiglione di Caldiero da un Caporale austriaco sull'evasione del prete Giacomo Longo, supposto diretto dal Generale Alvinzy. Il Provveditore in Terraferma rispedisca a Venezia il Fedelissimo Giacomo Sanfermo perché risulta inutile e antieconomico tenerlo a Verona.
  • A carta 2193 (Dispaccio n. 54) lodi al Podestà per come mantiene quieti i sudditi e raccomandazioni di continuare così.
  • A carta 2209 13 Gennaio 1796 m.v. (Dispaccio n. 64) mandati di comparizione al Tribunale per Bortolo Patella di Rovigo e del causidico Luigi Campagnola. I mandati dovranno eseguirsi a otto giorni di distanza l'uno dall'altro. Contiene una lista di altri 27 sorvegliati speciali, tra i quali Bernardo Campagnola, Alberto e Luigi Polfranceschi.
  • A carta 2214 4 Febbraio 1796 m.v. (Dispaccio n. 70) si ricordano le istruzioni trasmesse in precedenza per il caso che il generale in Capite decida di visitare con la moglie o separatamente la Capitale. Notifica l'accettazione di una supplica inoltrata da Alvise Priuli per Francesco Olibon di potersi allontanare per raggiungere la moglie gravemente malata nella residenza di campagna. La carta contiene copia del supplemento al n. 2 del "Giornale de' Patrioti d'Italia", 4 piovoso anno 1 della libertà italiana (23 Gennaio 1797).
  • A carta 2224 25 Febbraio 1796 m.v. (Dispaccio n. 79) si loda la collaborazione attuata col Comandante francese per estirpare i vagabondi, i ladrocini, le violenze, il lenocinio e i giochi vietati.
  • A carta 2225 27 Febbraio 1796 m.v. (Dispaccio n. 81) rallegramenti per il fatto che nella giornata di Venerdì tutto sia proceduto "con la tranquillità, e il buon ordine che si desideravano, e nel popolo contento, e rispetto ai Comandanti Francesi da lei invitati".
  • A carta 2229 4 Marzo 1797 (Dispaccio n. 87) si informi tempestivamente se il Generale in Capite si avviasse verso Vicenza e Padova. Fargli sapere che se intende visitare Venezia da solo o con la moglie sono fatte per lui eccezioni alle leggi di interdizione ai forestieri. Può portarsi domestici e ufficiali al seguito a suo piacere. Solo informi in anticipo perché gli si possa preparare degna accoglienza, e non dubiti che sarà accolto dal popolo con affetto e ammirazione per la sua celebrità.
  • A carta 2232 6 Marzo 1797 (Dispaccio n. 89) il Podestà si occupi di mantenere la massima calma fra il popolo durante le celebrazioni quaresimali.
  • A carta 2236 13 Marzo 1797 (Dispaccio n. 102) lodi al Podestà che ha instradato i quattro prigionieri di Salò per la via di Valeggio.
  • A carta 2239 21 Marzo 1797 (Dispaccio n. 110) lettera degli Inquisitori al Podestà di Verona. "... renda la Divina Provvidenza esauditi i voti de' buoni, e coroni con l'esito tante pene, ed agitazioni. Intanto non lasci di far sentire a tutti gl'ordini della città nei modi proprj ella pure la viva gratitudine del Governo, e col pieno accordo tra le due Cariche che è immancabile facciano tutto ciò che alla Repubblica Madre de' suoi popoli ben conoscono quanto sia a cuore ad onta delli sui propri eminenti oggetti e riguardi. Se mai altre combinazioni fatali credesse utile di impiegar qualche summa a sollievo de' miseri, ed agli oggetti della Pubblica quiete ella lo faccia, et ne dia al Tribunale il ragguaglio, della summa impiegata.".

I messaggi seguenti, dal primo al 18 di Aprile 1797 sono tutti controfirmati dai Francesi ma non sono macchiati; possiamo dedurne che fossero presentati agli invasori uno per uno, man mano che venivano ricevuti a Verona. La coincidenza delle date suggerisce che tale usanza fu introdotta dal neo-Provveditore in Terraferma Iseppo Giovanelli.

Nota 8 - Da Treccani: "Dizionario Biografico degli Italiani", voce "Daniele Andrea Dolfin" a cura di Paolo Preto:
"... aderì alla neonata Municipalità democratica, come membro del Comitato di sanità. Nei pochi tumultuosi giorni di vita di questo fragile governo egli si occupò dei provvedimenti a favore degli ex nobili poveri, della consegna ai Francesi delle carte degli ex inquisitori di Stato, di questioni militari e finanziarie minori e venne anche incaricato di istituire la Municipalità democratica a Raspo in Istria."


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