Storia di VeneziaPagina pubblicata 7 Dicembre 2014
aggiornamento 4 Marzo 2017 Trattato di Sant'Eufemia
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|| Va al testo del Trattato di Sant'Eufemia || Va alle Osservazioni sul documento || Storia della Caduta di Venezia: Napoleone ride con Kilmaine dopo la firma del Trattato di Sant'Eufemia, ma è Sanfermo che ha portato a termine la sua vera missione. (elaborazione grafica da un'immagine di "Napoleon Total War"). Premessa al Trattato di Sant'Eufemia e alla fonte Landrieux in generaleNon è facile districarsi nel labirinto di menzogne nel quale Jean Landrieux inoltra il racconto della sua vita. Tuttavia questo labirinto non può, e forse non vuole, scansare alcuni lacerti di verità, costituiti da documenti d'archivio, da aneddoti, da spiegazioni che lui utilizza da un lato per mettere in luce le sue proprie doti, dall'altro per restituire ai legittimi autori le responsabilità di azioni che travalicano la sua misura e che pertanto egli non può sostenere con sufficienti argomentazioni. Questi sprazzi di verità combaciano con i documenti conservati negli Archivi della Serenissima, in particolar modo con quelli che l'Abate Tentori trasse dalla sezione segreta e dalla filza dei dispacci non letti al Senato, consentendo molte importanti integrazioni alla Storia della caduta di Venezia che possiamo trarre dalle fonti di origine veneta. In particolare, ho potuto osservare che l'opera del Landrieux, e quella di Grasilier a lui ispirata, si esercitano alla falsificazione soprattutto in alcuni settori specifici:
I piani segreti del Napoleone compaiono spesso nei racconti di Landrieux il quale, come capo a sua volta dell'Ufficio Segreto, non se ne stupisce affatto. Gli capita a volte di intuire, dove vadano a parare i piani del suo Generale in capite, come nell' imminenza delle trattative di Leoben. È possibile, d'altro canto, che Landrieux "faccia il finto tonto": non è difficile immaginare che nel suo ambiente comprendere troppo a fondo argomenti non di propria competenza poteva riuscire fatale. Una cosa deve essere stata molto chiara a Landrieux: che Napoleone era vincente e che conveniva stargli vicino. In complesso possiamo dire che, grazie ai rigorosi compartimenti stagni delle intenzioni Napoleoniche, a Landrieux e a tutti gli altri Militari francesi coinvolti, sfuggono completamente le reali dinamiche dei fatti. Dinamiche che del resto erano occulte in vario grado allo stesso Direttorio e alle Corti europee. Napoleone stesso, pur apparendo come detentore del più alto grado di potere nella "Riforma generale ed universale di tutto il mondo", che con lui cominciava a manifestarsi in forma operativa, ricopre in realtà solo il ruolo di deus ex machina. Ma la machina che gli permette di entrare in scena esercitando la sua autorità non era di sua competenza. I fili, i meccanismi e i macchinisti appartengono all'alta regia degli eventi, una regia che Napoleone spesso tenterà di eludere senza mai riuscirci, fino al tragico epilogo della sua vita. Penso di poter affermare, con i dati in mio possesso, e che in gran parte sono rintracciabili nei miei studi sulla "Raccolta Cronologica" del Tentori, che l'umile Rocco Sanfermo (2), protagonista anche in questo Trattato, accedeva a un livello più alto del Bonaparte, nell'iniziazione ai veri misteri di quella "Riforma generale". Non voglio dilungarmi oltre su questo argomento in questa sede, in quanto richiede una collazione di dati che è ancora in corso, alla cui organizzazione analitica comincerò a dedicarmi, se il Signore mi dà Grazia e vita, solo dopo avere ultimato la disamina della "Raccolta" di Tentori. Al fine dunque di completare e di meglio chiarire la Storia documentata della caduta di Venezia che andiamo ricavando dalla "Raccolta" di Tentori, tra i "fari" lasciati da Landrieux nella sua opera uno brilla di luce particolarmente intensa. Esso fu stilato di pugno del Landrieux, che a quanto mi risulta è l'unico che si sia preso la briga di tramandarlo integralmente ai posteri, ma per affermazione di Landrieux stesso, il Trattato di Sant'Eufemia fu parto dell'ingegno del Bonaparte. Ai miei occhi, e alla luce dei dati in mio possesso, mi sento di affermare che nell'estensione del Trattato ebbe larga parte anche almeno uno dei firmatari del Trattato da parte veneziana, l'ineffabile "Secretario Circospetto e Cifrista" Rocco Sanfermo, già protagonista appena un po' velato di Trattati ben più famosi, come quelli con la Prussia, con la Spagna e con il Piemonte. Prima di venire a riflessioni specifiche su questo "Traité de Sainte Euphémie", esaminiamone il testo integrale, come offerto dalle Memorie di Landrieux. Trattato di Sant'Eufemia, 27 Maggio 1796 in Brescia.Traité de Sainte Euphémie 8 prairial an IVPer il testo originale in francese si vedano le pagine dalla 74 alla 77 di "Mémoires de l'adjudant-général Jean Landrieux".
L'Articolo 8 porta le firme dei soli Bonaparte e San Fermo. Osservazioni sul Trattato di Sant'EufemiaCome vediamo, il Trattato di Sant'Eufemia è un testo molto breve, eppure si tratta del vero atto formale di abdicazione della Serenissima, ben prima che questa abdicazione fosse divulgata e resa ufficiale dalla "Conferenza" del Manin e degli altri congiurati un anno dopo. L'abdicazione di Venezia alla Sovranità sui propri Domini è già esplicitamente dichiarata nel primo Articolo. La Serenissima permetterà a due Potenze in guerra tra loro di usare i suoi Territori per le loro operazioni belliche, e questo sarebbe in sé mostruoso anche se si fosse trattato di una guerra convenzionale condotta con sussistenze proprie da entrambe le parti. L'Articolo 2 (come poi il sesto) sembra fatto per rassicurare un Senato disattento e paralizzato, ma in realtà non è che la preparazione al seguente, sancendo che la Repubblica non potrà considerare atti di guerra l'assedio e la eventuale distruzione delle sue Piazzeforti. L'Articolo 3 avrebbe già potuto essere scritto nella forma: "La Repubblica di Venezia consegna le proprie postazioni di difesa all'Armata Francese". Infatti proprio il giorno precedente 26 Maggio 1796, gli Austriaci erano entrati nella Fortezza di Peschiera, e in virtù di questo Articolo i Francesi acquisivano il diritto di presidiare tutte le altre fortificazioni Veneziane. La lettura di questo articolo riempie di significati che prima ci mancavano, la manovra coordinata su Peschiera di Liptal agli ordini del Beaulieu e di Berthier con Augereau a quelli di Napoleone: come ricordiamo, gli Austriaci erano entrati nella Fortezza di Peschiera, per abbandonarla quattro giorni dopo, il 30 Maggio 1796, nelle mani di Augereau senza bisogno di alcun assedio (cfr. Pubblicazione XI). L'Articolo 4 risulta interessante per il fatto che Beaulieu si offre spontaneamente di rispettarlo nelle sue comunicazioni col Carrara Comandante di Peschiera, quando a rigore non poteva nemmeno essere ancora al corrente dell'esistenza del Trattato di Sant'Eufemia. L'Articolo 5 stabilisce a forfait un risarcimento a Venezia per i danni di guerra irrevocabilmente fissato a priori in tre milioni. L'Articolo 6 è quello che, almeno nei primi tempi, giustificherà il Trattato di Sant'Eufemia agli occhi del distratto e rimbecillito Senato Veneto: i Veneziani e il Dogado saranno lasciati tranquilli a prezzo del sacrificio delle Province di Terraferma e di un po d'oro. L'Articolo 7 é il secondo capitolo dell'abdicazione di Sovranità da parte di Venezia. Essa non potrà aumentare in alcun modo le proprie truppe in ossequio agli invasori. L'Articolo 8 contiene clausole che fanno del Trattato di Sant'Eufemia una patente violazione della Neutralità veneziana. Francia e Venezia si accordano infatti tra loro a prescindere dall'opinione della Casa d'Austria. Non solo, a quest'ultima non dovrà essere presentato l'intero corpo dell'accordo, ma solo i primi sei Articoli. Si tratta a tutti gli effetti di un patto di favoreggiamento ai francesi, se non di una vera e propria alleanza segreta. Che Rocco Sanfermo sia un Plenipotenziario più "plenipotente" del suo collega Benedetto del Bene, e che Napoleone mantenga i suoi segreti anche con i più stretti collaboratori, ci è mostrato dal fatto che quest'ultimo articolo, il capestro più stretto di tutti, viene stipulato solo da loro due. -- :: -- Landrieux racconta che dopo la stipula del Trattato di Sant'Eufemia Napoleone rise per tutto il suo viaggio fino a Binasco, dove condivise la sua ilarità con Kilmaine. Dal canto suo, si spiegò questo inqualificabile comportamento dei Plenipotenziari veneti con il fatto che essi erano stati accolti molto rudemente dallo Stato Maggiore Francese, e che si trovavano sotto l'effetto del timore e della sorpresa. Dopo questo aneddoto, Landrieux dà la stura alle sue lapalissiane bugie, ma anche in mezzo a queste troviamo un frammento di verità interessante. Egli dice dunque che, forte dei fatti di Peschiera, e in nome del Trattato di Sant'Eufemia, Napoleone cominciò a introdurre le sue guarnigioni in tutti i forti veneziani alla sua portata, e in particolare a Bergamo. Il frammento di verità che ci interessa, però, è quando egli afferma due cose: A - Che fu un grave problema effettuare questa manovra a causa del ridotto numero di soldati e soprattutto ufficiali di cui Napoleone disponeva. B - Che per sopperire a questa penuria, Bonaparte fu costretto ad affidare la maggior parte delle fortificazioni minori a ufficiali inferiori nominati Comandanti di piazza sul momento, accompagnati da una minima scorta. Questi Ufficiali avrebbero poi aumentato la loro guardia reclutando spadaccini di passaggio e disertori. La maggior parte di loro riuscì tanto bene in questo intento, da procurarsi forze sufficienti a saccheggiare le città stesse e le campagne vicine. Acquisendo ricchezze in tal modo, questi, loro sì veri e propri capi-brigante, non trovavano poi difficoltà a far regolarizzare le truppe d'accatto da qualche Generale compiacente. Landrieux conclude le sue notizie sulla stipula del Trattato di Sant'Eufemia dicendo che lo Stato Maggiore Francese decise di tenerlo segreto nella sua forma documentale, nel timore che il sarcasmo che avrebbe suscitato in tutta l'Armata potesse provocare troppo i Veneziani. Altrettanto fu tenuto tanto segreto dai Plenipotenziari veneti al punto che, come testo esplicito non lo ritrovò neppure Cristoforo Tentori, o forse ne ebbe tanta vergogna da non osare pubblicarlo. Un segreto che è rimasto ben custodito fino a oggi, dal momento che non si trova traccia di questo Trattato con alcuna ricerca Internet, nemmeno in quelle specifiche alla Biblioteca Nazionale Francese dove in realtà è conservato nel libro di Landrieux. Speriamo che questa mia pubblicazione abbia miglior fortuna. -- :: -- A parte l'Articolo dedicato al Vivante, questo Trattato di Sant'Eufemia non contiene che vuoti formalismi, espedienti per "salvare la faccia" nel senso più ipocrita di questa espressione. Alla luce del Diritto Naturale e di quello Sostanziale, il Trattato stesso non può in alcun modo essere considerato valido, in quanto rientra pienamente nella categoria dei "patti leonini", già contemplati e condannati anche dal Diritto Romano. Tuttavia il formalismo, o "etichetta" rivestiva e ancora purtroppo riveste un ruolo fondamentale nella costituzione e nel mantenimento delle gerarchie nelle strutture di Governo. Per quanto barbara e feroce sia l'ingiustizia che uno Stato va a esercitare, è considerato fondamentale che la sua azione sia formalmente sostenibile, che non appaia all'evidenza l'insieme di intrighi e di soprusi che vengono perpetrati. Le violazioni all'etichetta venivano e vengono infatti strumentalizzate dagli avversari di fazione o dinastia per tentare di delegittimare di fronte all'opinione pubblica chi le commettesse troppo platealmente. Anche questo è un discorso che può essere oggetto di lunga analisi, ma per il momento ci basti sapere che "etichetta" è un diminutivo di "Etica", o meglio, il suo vuoto fantasma. Umberto Sartori |
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NoteNota 1 - Accenni ai segreti noti solo a Napoleone e all'inspiegabilità delle sue vittorie e della sua sopravvivenza in Tirolo si trovano da pagina 102 delle Memorie. Sarebbero queste forze ridicole ad aver deciso l'Austria a siglare i preliminari di Leoben? Nota 2 - Rocco Sanfermo è forse la figura più enigmatica ed elusiva che ho incontrato in questi studi. Sarà ancora mallevadore dei trattati di pace e di alleanza che disfarono le coalizioni anti-Francesi, ragione per cui sarà escluso dagli incarichi diplomatici all'Estero e richiamato a Venezia come Segretario di Stato (Circospetto) e addetto ai codici di crittazione (Cifrista). È opinione corrente che il Sanfermo fosse un agente francese. Lo accuserà apertamente Francesco Agdollo, agente doppiogiochista della corte di Sassonia e degli Inquisitori veneziani, ne sembra convinto Cristoforo Tentori, e dichiara di averlo pensato lo stesso Landrieux. Ma è proprio quest'ultimo, che infine scagiona il Sanfermo da quell'accusa. Egli aveva ricavato la prima impressione dal fatto che Rocco Sanfermo aveva costituito uno dei due partiti segreti che dividevano il Senato Veneziano in quegli anni: il partito degli "innovatori" che, contrapponendosi a quello dei "conservatori", di cui era esponente il Giovanelli, aveva praticamente portato alla paralisi quell'organo di Governo, con evidente vantaggio delle manovre filo-francesi. Lo considera un ingenuo, forse un vigliacco, lo deride apertamente dopo la firma del Trattato di Sant'Eufemia, ma lo esclude dal novero degli agenti doppiogiochisti al servizio della sua Armata. Io stesso, fino a questo punto dei miei studi, non riuscivo a "inquadrare" Rocco Sanfermo, e lo ho spesso qualificato come "ineffabile". Sempre al Sanfermo, oltre che all'Ambasciatore Cappello, si deve se Venezia fu avvisata (pur inutilmente) fin dai primordi della guerra, dal 1790 addirittura, delle intenzioni malvage dei Francesi verso Venezia. Vedo una sola maniera di spiegare questo ambiguo comportamento, questa capacità del Sanfermo di tradire senza mentire: il suo Amor di Patria, la sua ragion d'essere, erano al servizio non dei Francesi, non di Venezia, ma di una terza parte, e questa terza parte non può che essere l'alta regia degli eventi. Ritengo che l'Articolo 7, di questo fantomatico Trattato di Sant'Eufemia, dove l'intero apparato degli approvvigionamenti di guerra viene assegnato in esclusiva assoluta alla Confraterna Vivante, sia una buona prova a sostegno di quel che scrivo. Sanfermo dunque non è un avventuriero, ma uno dei pochissimi nomi tra quelli che compaiono in queste vicende che serve un Ideale, una causa ultrapersonale: la riconquista della sua propria vera Patria: Israele. Egli è del resto un crittografo, mestiere tipico quanto altri mai dei Cabalisti d'Israele. Per la prima enunciazione della componente Sionista negli eventi dell'epoca, si veda anche la Pubblicazione II. Purtroppo l'Archivio di Stato di Venezia ha subito ormai due secoli di saccheggi continuati, e in particolar modo è stata resa estremamente lacunosa se non affatto mancante la documentazione relativa al periodo che ci interessa in queste pubblicazioni. ... Consigliere nelle circostanze più ardue e stringenti. I suoi già noti non comuni talenti, l'esperienza nel maneggio dei politici affari, la cognizione dei rapporti dell'estere cose da lui acquisita nelle sostenute residenze, l'abitual conoscenza delle Pubbliche Massime, e finalmente la pura fede, il distinto suo zelo per il reale servigio di V. S., la sua rara instancabilità nel travaglio siccome lo resero il più sicuro appoggio delle mie direzioni così lo costituiscono nel più benigno grado di benemerenza. Con una simile reputazione, non stupisce dunque di trovare, solo tre mesi dopo, Rocco Sanfermo come plenipotenziario a Sant'Eufemia. Impossibile per noi determinare quanto Landrieux comprese di quest'uomo, ma di una cosa si accorse: egli era un uomo diverso, da lui e dalla maggior parte dei protagonisti di quegli eventi, e gliene rese, pur sbrigativamente, il merito. Nota 3 - Che la Fraterna Vivante (Lazzaro, Jacob Vita, e Nepoti Vivante) ricevesse effettivamente questo incarico in esclusiva trova ampia testimonianza documentale nei fondi dell'Archivio di Stato di Venezia, soprattutto nei famosi "bollettini del Contador di Zecca", ricevute infilzate su chiodo ma anche in altri lacerti sopravvissuti al saccheggio.
Ha ricevuto l'Illustrissimo ed Eccellentissimo Savjo Cassier dell'Eccellentissimo Collegio, infrase dall'Illustrissimo ed Eccellentissimo Cassier del Deposito di Zecca cinquantamilla Lire di banco per dar alla Ditta Lazzaro, Jacob Vita e Nepoti Vivante a conto de' suoi crediti per provvista Generi, e Derrate per le Estere Truppe §50000§
Edizione HTML a cura di Umberto Sartori. Consulenza bibliografica dott. Paolo Foramitti |