Storia di Venezia

Pagina pubblicata 14 Giugno 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - LV

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , LV
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

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Storia di Venezia, mappa delle difese urbane collocate da Niccolò Morosini

Storia della caduta di Venezia, mappa delle difese urbane collocate da Niccolò Morosini. Immagine per cortesia di http://www.iloveroma.it.

Come anticipato nella Pubblicazione precedente, il Senato si divise in due posizioni rispetto la risposta da dare ai Rappresentanti di Terraferma, che chiedevano istruzioni su come comportarsi con i Francesi dopo che Erizzo aveva concentrato tutte le poche difese militari disponibile nell'enclave di Verona.

Tentori non ci ragguaglia su quali fossero le due posizioni, ma riporta i documenti che espressero la decisione finale del Senato.
La lettera ducale diramata il 22 Aprile 1797 "Alli Provveditori Estraordinari in Treviso, e Vicenza, ed alli Rappresentanti in T. F. Capi di Provincia, ed a Legnago esclusa Verona" occupa otto righe a pagina 252 e incarica i destinatari, al fine di mettere al riparo i Sudditi da ogni pericolo, di "vigilare, e provvedere, perchè all'occasione di passaggi, e stazioni di Estere Truppe per codesta Città, e Provincia, si osservi da loro un moderato contegno non esclusa però la difesa al caso di violenze, o soprafazioni.".

Null'altro vi si dice, se non che non si dubita della "più attenta e sollecita cura per l'adempimento di questo essenziale oggetto.".
In pratica quelle inutili otto righe sarebbero potute esprimersi in una sola laconica parola: "arrangiatevi!".

I Rappresentanti di Padova e Vicenza, oltre ai già visti Dispacci del 21 Aprile, ne avevano inviati altri per corriere espresso, ribadendo il concetto che per poter almeno tentare di muovere la "Massa generale degli Abitanti di quelle due Provincie", come ordinato da Erizzo, era indispensabile che venissero inviati rinforzi di Truppa, artiglieria e munizioni.

La risposta loro inviata il mattino del 22 Aprile non fa che promettere direttive a seguito di una riunione da effettuarsi in serata. Direttive che si tradussero a quanto pare nelle otto righe che abbiamo visto.

Troviamo quindi nella "Raccolta" di Tentori due lettere inviate dal Senato la sera del 22 Aprile rispettivamente al Provveditori di Treviso e a quello di Verona.

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Al Proveditor Zustinian in Treviso, che invocava soccorso contro le sempre più esose richieste del Generale Victor, si risponde con un tono che ricorda il burlesque goldoniano. Secondo il Pregadi, infatti, Zustinian dovrebbe cominciare con l'impartire un sonoro cicchetto al Generale francese, dicendogli che non si permetta di scrivere al Senato, il quale accetta comunicazioni solo "da chi si trova autorizzato da carattere ministeriale".

Il Provveditore dovrà poi "distruggere" la supposizione avanzata da Victor che le aggressioni e gli assassini di Francesi effettuati dal popolo siano avvenuti per ordine del Governo Veneto.
Il Generale francese dovrà essere convinto dallo zelo di Zustinian che la responsabilità di tali eventi compete unicamente alle cattive maniere dei francesi stessi e all'appoggio da essi dato ai ribelli bergamaschi e bresciani.

I Veneziani non mancheranno comunque di punire i responsabili di crimini, "sempre che ne venghino riconosciute le vere circostanze, e gli Autori...".
Dal canto suo Victor dovrà però impegnarsi a fondo "onde dai Soldati Francesi non venghi turbata la quiete, e tranquillità de' Sudditi nostri".

Zustinian offra al Francese anche la pubblicazione di un Proclama da diffondersi in tutte le Province, nel quale si prescriva ai Sudditi veneti "di astenersi da qualunque violenza verso Individui Francesi".
Naturalmente, porrà la condizione che anche Victor pubblichi un analogo proclama diretto ai suoi soldati "acciò li Francesi debbino egualmente comportarsi verso i Sudditi stessi con la dovuta disciplina, e moderazione.".

Il Senato confida quindi che Zustinian saprà allontanare dall'animo del Comandante il malcontento e il sospetto da lui formulato verso il Governo. Non solo si "confida", ma si attendono dall'"esattezza" che contraddistingue il Provveditore anche i "relativi riscontri" del successo della sua missione.

Una tragica burla, perché il "riscontro" offerto da Victor sarà il massacro dei Veronesi.

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La lettera indirizzata a Verona, alle pagine 254 e 255 è sostanzialmente un altro "arrangiatevi".

Si manifesta "vivo rincrescimento" per "le gravi disgrazie" che affliggono i Sudditi veronesi.

Si prende atto del fallimento delle trattative, ma il Senato "non può abbandonare la fiducia" che proseguendo le stesse, e grazie all'arrivo dello zelante Erizzo, si otterrà di salvare il destino della fedelissima Città dalle "maggiori disgrazie, che ad essa fatalmente sovrastano".1

È fervido auspicio del Senato che "dalla benemerita Opera di tutti tre (Giovanelli, Contarini ed Erizzo) possano sorgere espedienti capaci d'allontanare la temuta desolazione di codesti amatissimi Abitanti, e di rimetter le cose ad un tranquillo sistema, ...".

Non passeranno infatti che pochi giorni, prima che, grazie a tali geniali espedienti, Verona trovi la quiete, ma sarà la quiete della tomba.

La lettera a Giovanelli si conclude con l'allegato della comunicazione ricevuta dal Luogotenente di Udine, che porta la "consolante notizia" di un Trattato di Pace tra Francia e Austria firmato il giorno 19 Aprile.

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Ancora il 22 Aprile 1797 il Senato, letta la relazione di Pizzamano sulla cattura del Liberateur d'Italie, gli esprime un solenne encomio, e stabilisce che agli equipaggi che hanno combattuto nello scontro sia assegnato come premio un mese di paga extra, oltre a tutte quelle gratificazioni che i comandanti riterranno di poter elargire.

Al Provveditore a Lagune e Lidi, al suo Luogotenente e agli Ufficiali tutti si raccomanda di rinforzare la vigilanza e la repressione contro eventuali nuovi tentativi di forzare le bocche di Porto da parte di legni armati stranieri.
Troviamo questo decreto alle pagine 255 e 256.

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Sempre il 22 Aprile 1797 si trasmette una ennesima "Species Facti" a tutti gli Ambasciatori e Residenti veneziani nelle varie Corti europee. La possiamo leggere dalla pagina 257 alla 259.

Essa riassume gli eventi principali occorsi tra l'arrivo a Venezia dell'ufficiale Junot latore dell'ultimatum di Napoleone e la cattura del Liberateur.

Dopo l'ultimatum portato da Junot, Pesaro ha dovuto sostenere rapporti tesi con lui e Lallement che minacciava di far affiggere in città una dichiarazione di guerra e di lasciare Venezia in poche ore.

Lallement ha introdotto una nuova lagnanza a quelle già note dell'ostilità popolare verso i suoi connazionali: sostiene che Trieste era stata per breve tempo rioccupata da Truppe austriache ignare del trattato di pace che nel frattempo si firmava a Leoben.
In tale frangente, alcuni legni veneziani che avevano a bordo carico di proprietà francese avevano rifiutato di prendere il mare, causando la caduta di quelle merci in mano austriaca.

Con il Ministro francese e Junot ci si è poi in parte riaccomodati, concedendogli un proclama di tutela dei Francesi e la liberazione di tutti i prigionieri, Polacchi, Francesi e sudditi ribelli catturati nelle operazioni di Terraferma e detenuti in Venezia.
La liberazione è garantita anche a quelli che, catturati in Terraferma, venissero in futuro trasferiti nella Capitale.

Si è invece continuato a negare l'ingresso di legni armati francesi nel porto lagunare.

Lallement ha infine promesso di scrivere a Baraguey d'Hilliers e a Victor perché sospendano gli atti ostili contro gli Stati Veneti. Promette di scrivere anche al Comandante della flottiglia francese affinché, secondo gli accordi ministeriali vigenti, si tenesse lontano dal porto di Venezia.

La "Species Facti" prosegue con eventi che ci sono già noti: le cannonate francesi a Verona, la ribellione del Popolo, la fuga del Provveditore sospettato dagli insorti di complicità coi Francesi per non aver permesso l'assalto ai Castelli e per essersi mostrato incline al disarmo.
La partenza di Erizzo da Vicenza per soccorrere Verona è raccontata senza specificare l'esiguità dei rinforzi che intendeva portarvi.

Sembra da questo racconto che l'Erizzo non sia rimasto in Verona a lungo.
Da pagina 258:

Alle ripetute proteste d'amicizia, che l'Erizzo continuamente dava al General Francese, mal corrispondeva l'ardor del Popolo, e perciò preso da timore destina di partire, palesando al Provveditor Estraordinario la di lui gratitudine, ... assicurandolo di pubblicare ovunque, e singolarmente al Quartier Generale li sommi favori, che aveva colà ricevuti.

Conclude la "Species Facti" la cattura del Liberateur, che viene descritto come "carico di Munizioni, ed Artiglieria, e singolarmente di granate.".

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All'Ambasciatore a Vienna Zan Pietro Grimani, 2 al Nobile in Francia Querini e al Veneto Residente a Milano Vincenti Foscarini, in quel laborioso 22 Aprile 1797 furono indirizzate lettere separate. Cristoforo Tentori riporta integralmente le prime due da pagina 259 a pagina 261.

La lettera a Vienna trasmette i vivi complimenti all'Ambasciatore per alcuni compiti svolti:

  • consegna di una comunicazione al Ministro di Svezia;
  • successo nell'ottenere dal Ministro di Baviera l'autorizzazione per Nogarola a prestare servizi alla Repubblica;
  • l'"opportuna riserva" in cui si è tenuto sulla questione dell'occupazione di Palmanova.

Si apprezzano inoltre le notizie trasmesse:

  • riflessioni e deduzioni sulle intenzioni dei vari Gabinetti;
  • movimenti militari in atto;
  • trattative di pace in corso;
  • perdite dell'Arciduca Carlo in Italia;
  • disposizioni di allontanamento dei forestieri da Vienna;
  • ipotesi di "ritiro" della Famiglia Imperiale a Buda.

In questa ultima ipotesi, l'Ambasciatore seguirà il comportamento adottato dalla maggioranza degli altri diplomatici.

Ancora ci si complimenta per la generale attività diplomatica del Garzoni, in specifico riferimento ai colloqui con il Ministro d'Inghilterra riguardo la flottiglia francese nel Golfo di Venezia e a quelli con il Ministro Thugut in merito all'armamento delle Popolazioni di Terraferma.

A fronte della decisione della Corte austriaca di raddoppiare il costo delle comunicazioni postali verso Costantinopoli, si rassicura l'Ambasciatore che tali spese gli verranno rimborsate dall'Erario.

Garzoni, che è in procinto di rientrare a Venezia, viene autorizzato a prendere ogni misura e precauzione per salvaguardarsi, dal momento che le strade usuali sono occupate dalle "Armate Belligeranti".

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La lettera del 22 Aprile 1797 al Querini nobile in Francia è tanto laconica e breve quanto criptica.

Sulla scorta di quanto abbiamo appreso nella pubblicazione LI, ci è possibile identificare un velato riferimento alle trattative con il Ministro Delacroix e alle aumentate pretese del Barras, con l'autorizzazione a procedere nella tentata corruzione anche alle nuove condizioni.

Landrieux e Napoleone però, non avevano perso questa occasione per denunciare l'infamia veneziana accusando il Querini, a mezzo della stampa a loro fedele, di tali turpi manovre. Il Senato (o chi per esso), con questa Ducale loda gli sforzi del Querini per smentire questa campagna giornalistica.

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In quel medesimo 22 Aprile 1797, mentre il Senato componeva la risposta da inviare ai suoi precedenti Dispacci, l'Ambasciatore a Vienna spediva a sua volta una nuova lettera espressa a Venezia, per ragguagliare sui Preliminari di Pace firmati il 18 Aprile a Leoben.

Il diplomatico veneziano ha appena ricevuto in serata la notizia, che non è ancora stata diramata ufficialmente.

Al momento l'unica informazione certa che è riuscito ad appurare in merito ai Patti è che essi si fondano sull'integrità dell'Impero Germanico.
Da pagina 262:

Li dettagli delle Trattazioni sono, che nel giorno dieci sette cominciarono le sessioni tra l'Ambasciator di Napoli col General Merfeld e il General Buonaparte: che queste continuarono nelli susseguenti dì, e che finalmente nel giorno sopra indicato a Goes Residenza del Capitolo di Leoben furono segnati dal Marchese del Gallo Ambasciatore Estraordinario di Napoli e dal General Merfeld per parte di Sua Maestà l'Imperatore, e dal General Buonaparte per parte del Direttorio le basi della Pace.

Sono stati spediti corrieri a Parigi per la ratifica di quel Governo, e si attendono le risposte per il giorno 29 o 30 corrente.

Grimani non ha potuto sapere nulla sul destino riservato all'Italia, ma a Vienna "si crede per certo che la Lombardia austriaca tornerà sotto il dominio di Casa d'Austria.".

Sarà importante sapere cosa sia stato deciso riguardo ai compensi per l'Imperatore, ma tutto il Corpo Diplomatico presente a Vienna, compreso il Legato Pontificio mons. Albani prevede che tali decisioni tarderanno a essere comunicate, e non saranno molto "onorevoli". Questa opinione dilatoria era stata espressa anche dal Vice Cancelliere dell'Impero quel mattino stesso.

Grimani farà comunque del suo meglio per fornire altre notizie con il Dispaccio ordinario programmato per il prossimo Mercoledì.

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A pagina 263 l'Abate riprende il filo degli avvenimenti di Verona, ma siccome lo interromperà brevemente alle pagine 269 e 270 per ragguagliarci sulle attività del Provveditore alle Lagune e Lidi Zusto e su quelle della nuova Carica di Provveditore all'interna custodia della Dominante, ritengo opportuno accorpare quella breve relazione a questa pubblicazione, in modo da poter poi seguire senza interruzione le vicende di Terraferma fino al loro tragico epilogo.

Alle pagine 269 - 270.

Il 21 Aprile 1797 il Senato accolse il suggerimento dato il 18 da Zuanne Zusto affinché fosse creata "una nuova Carica, la quale vegliasse all'interna custodia della Dominante.".

Sotto la denominazione di ""Deputato all'interna Custodia della Città"" fu eletto "Niccolò Morosini quarto", che doveva agire "di opportuno concerto col Luogotenente Estraordinario Condulmer" alle dipendenze del Provveditore alle Lagune, e Lidi Zuanne Zusto.

Morosini, che si trovava a Treviso, accettò l'incarico senza pretendere stipendio e fece ritorno a Venezia su richiamo di una lettera del Provveditore Zusto in data 23 Aprile 1797.

Il Deputato analizzò la situazione e la Laguna gli sembrò efficacemente difesa.

L'esterno dell'Estuario era presidiato da 800 cannoni e 205 imbarcazioni armate, con tutti gli attrezzi, i militari e i marinai necessari.

Malamocco, Chioggia, Brondolo, i Litorali tutti, i Castelli, le isole di Sant'Andrea della Certosa, San Secondo e San Giorgio in Alga erano ben forniti di artiglierie e difesi (grazie all'ultimo sforzo del benemerito Giacomo Nani con il suo Piano).

Al contrario, la Città vera e propria gli apparve "disarmata, e senza artiglierie che la difendessero.".

Egli allora fece realizzare delle nuove batterie nei punti più esposti a un eventuale attacco: al Bersaglio di San Bonaventura, alla Punta di Santa Marta, agli Angioli di Murano, alla Motta di Sant'Antonio e in altri simili luoghi "di più facile approssimazione dell'inimico in caso di assedio".3

Portò il Presidio militare della città da 300 a 1700 soldati.4

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - "Fatalmente sovrastano": i savj da Venezia non parlano ai Provveditori di una minaccia, ma di un destino già segnato. Questa frase è probabilmente l'avvertimento che farà tra breve fuggire le Cariche da Verona, lasciando in mano francese i capri espiatori locali in compagnia del Circospetto Sanfermo, come vedremo nella prossima pubblicazione, che racconterà il compiersi del destino di Verona.

Nota 2 - Doveva essere in corso l'avvicendamento della Carica, che da Agostino Garzoni passava a Zan Pietro Grimani. Le lettere sono dunque indirizzate a quest'ultimo, ma contengono anche messaggi per il primo.

Nota 3 - Nota la gittata delle artiglierie dell'epoca, limitata a circa 500 metri ben si vede l'inutilità delle nuove batterie fisse volute dal Morosini. Come ben aveva progettato il Nani, le batterie dovevano essere mobili, quindi costruite su galleggianti, in modo da poter accorrere dove ve ne fosse bisogno. Inutile era del resto munire di artiglieria il centro della città, dal momento che gli assalti non potevano che partire dalla gronda della Laguna, non a caso definita e tutelata come "Sacre Mura della Patria".
Non si sarebbe trattato di impedire lo sbarco, ma l'imbarco del nemico. Quando una nave è pronta allo sbarco, essa è già una unità da guerra in piena efficienza, mentre le procedure d'imbarco necessariamente la rendono inefficiente al combattimento.

Tutto lascia pensare che l'unico vantaggio delle batterie fisse, anche in questo caso, risiedesse nella possibilità di lucri illeciti nelle procedure d'appalto.

Nota 4 - Viene fatto di chiedersi, e purtroppo Tentori non sembra avere la risposta, che fine avessero fatto le migliaia di reclute, Cernide o Craine, affluite a Venezia dall'Istria, dalla Croazia, dall'Albania, e da tutto l'Oltremare veneto, che abbiamo visto stipare le isole e i monasteri veneziani già alla pubblicazione XVI: Ricordiamo da pagina 206 del primo Volume:

Formicolavano in tanto la Soldatesche venute dalla Terraferma d'Italia, dalla Dalmazia, Albania, e dalle Isole del Jonio, e si viddero piene zeppe Brondolo, Chiozza, Pelestrina, Malamocco, Poveglia, Santo Spirito, San Giorgio Maggiore, San Secondo, San Giorgio in Alega, San Cristoforo, San Michiele di Murano, Murano, Burano, Castello Sant'Andrea, Lido di San Niccolò, la Giudecca, e molti Monasterj della Dominante.


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