Storia di VeneziaPagina pubblicata il 6 Febbraio 2015
Ori e Argenti Sacri Fusi nella Zecca di Venezia
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Indici della Raccolta cronologico-ragionata || Pubblicazione XLIV || Indice degli Argomenti di questa pubblicazione Presentazione || Decreto 18 Marzo || Ducale del 5 Maggio || Lista dei preziosi || Ricevute || Conclusioni || Paga del Doge || Ringraziamenti Storia della Caduta di Venezia, tonnellate d'argento e d'oro: forse il più grande furto sacrilego della Storia. Legalizzato. Storia di Venezia - I documenti sulla requisizione di ori e argenti sacri nel 1797Questa pubblicazione pertinente la Storia di Venezia prende l'avvio dal ritrovamento di alcune liste di "Ori, ed Argenti delle Scuole, Arti, e Corpi d'ecclesiastici della Dominante inservienti al Culto Esteriore" presso l'Archivio di Stato di Venezia. Tali liste furono compilate a seguito del Decreto 18 Marzo 1797 del Serenissimo Senato di Venezia che intendeva far affluire alla Zecca e trasformare in moneta il metallo prezioso dei parafernali sacri, al fine di "alimentare nelle attuali stringentissime circostanze il pubblico Erario". Il ritrovamento è connesso a una ricerca volta a integrare alcune notizie emerse dalla disamina della "Raccolta Cronologico Ragionata di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia", compilata dall'Abate Cristoforo Tentori e da lui pubblicata nel 1799. Tentori riporta brevemente notizia del Decreto 18 Marzo 1797 a pagina 32 del Tomo II, accennando alla decisione di "far uso delle argenterie delle chiese non necessarie al culto divino" ma non segue poi l'evolversi della questione dal punto di vista operativo. A noi moderni lettori rimaneva dunque in dubbio se, data l'imminenza del colpo di Stato che installerà la Municipalità Provvisoria nella metà di Maggio di quello stesso anno, ci fosse poi stato il tempo materiale di effettivamente convertire gli arredi sacri in moneta sonante. Ritrovato il testo integrale del Decreto1 e alcune liste di oggetti considerati superflui al Culto2 tra i documenti della Cancelleria Inferiore del Doge3, il dubbio anziché dissolversi veniva a rafforzarsi, a causa di una Lettera Ducale/Damò di Ludovico Manin in data 5 Maggio 1797 inserita in quel carteggio4. In tale lettera, con il suo stile involuto e farraginoso, il Doge sembra infatti voler iterare il Decreto 18 Marzo, quasi non fosse ancora divenuto operativo. Manin esprime la sua soddisfazione per aver ricevuto pronta risposta dalle Autorità ecclesiastiche e da quelle delle Scuole laiche alla sua richiesta in data 13 Marzo di produrre elenchi dettagliati e descrittivi degli oggetti preziosi rinunciabili a disposizione di ciascuna Chiesa, Monastero o Scuola. Dopo questo compiacimento, il Doge passa al tono del Damò, del comandamento Ducale, ordinando che quei preziosi identificati come non indispensabili al Culto Divino vengano depositati alla Zecca. La lettera Ducale del 5 Maggio sembra dunque essere a tutti gli effetti il vero momento di avvio delle procedure stabilite nel Decreto 18 Marzo 1797 ma, come vedremo tra poco, non è così che andarono le cose. Storia di Venezia - Il Decreto 18 Marzo 1797 del Senato VenetoLa disposizione verte sul reperimento di fondi necessari alle gravissime strettezze dell'Erario causate dalle "correnti calamitose circostanze (che) soffrir deve la pubblica Economia"5. Nella parte iniziale si accetta una proposta presentata dai "Capi di Piazza" per la produzione di moneta su carta, ma il corpo principale del testo tratta della produzione di moneta metallica servendosi degli ori e argenti sacri. Il decreto, nella sua formulazione a questo riguardo, ha un aspetto sostanzialmente esplorativo, soprattutto nella parte dedicata alla lettura da parte del Patriarca. Dalla citazione di un Damò del 4 Marzo che compare in fondo al Decreto, si evince tuttavia che passi in questa direzione erano già stati effettuati ben prima che il Decreto fosse proposto e approvato in Senato. Le liste che ho ritrovato nella busta 157 della Cancelleria Inferiore, come vedremo, sono solo una piccola parte di quelle che dovettero essere compilate a seguito di un ordine diramato dal Manin il 13 Marzo (da lui stesso citato nella Ducale del 5 Maggio), e forse di altri precedenti; vediamo dunque che l'ordine di questo censimento era stato diramato assai prima che il Senato si pronunciasse in merito. Il Decreto contempla un piano di restituzione programmata del metallo ai legittimi proprietari a partire dall'anno 1800. Tra le procedure utili a rimpinguare l'Erario, nel Decreto si enuncia infine quella di una vendita di "vagheggiate liberalità" alla "Nazione Ebrea", senza però accennare a quali potessero essere. Pur prevedendo una dettagliata procedura di restituzione, il Decreto non contiene alcuna istruzione procedurale sulla consegna e la fusione dei metalli, e questo sembra rafforzare l'idea che la vera misura esecutiva sia da ricercarsi nella Ducale/Damò del 5 Maggio, che contiene invece una specifica parte dedicata a queste Istruzioni. In coda al Decreto, una postilla da leggersi al Patriarca di Venezia per illustrargli l'estrema necessità che costringe il Governo a queste drammatiche requisizioni. Il Decreto è firmato dal Circospetto Pietro Vincenti Foscarini, stretto parente di quel Vincenti Foscarini che, nel frattempo, viene raggirato a Milano dal capo dell'Ufficio Segreto di Napoleone Jean Landrieux, complici le grazie della contessa Albani (cfr. "Piano Landrieux", in Jean-Landrieux.php). Per il facsimile e la trascrizione del Decreto 18 Marzo 1797 si veda il PDF A (6,6 mb). Storia di Venezia - La Lettera Ducale di Ludovico Manin del 5 Maggio 1797Lo stile del Manin è molto involuto ma, sfrondate le farragini, il messaggio che questa lettera vuol trasmettere risulta chiaro. Esaurite ... le commissioni d'ordine nostro ... rilasciate ... li 13 Marzo decorso ... e dato quindi il conveniente maturo riflesso alle prodotte ... giurate Liste comprendenti ... tutti gli Ori, ed Argenti, de' quali ogni una di dette Chiese, e respettive Scuole Laiche è fornita, terminiamo, e comandiamo: Il Serenissimo Principe ha ricevuto le liste dei preziosi esistenti che aveva richiesto in anticipo sul Decreto già il 13 Marzo. Formulato l'elenco definitivo di quelli sacrificabili all'Erario, ne ordina la consegna in Zecca. A rafforzare l'impressione, pur falsa come vedremo, che questa Ducale sia in effetti il primo atto esecutivo del Decreto 18 Marzo, vediamo che la lettera accenna alle Istruzioni per la consegna e il trattamento relativo ai preziosi. Quanto ai metodi da osservarsi nell'esecuzione dei presenti Ordini nostri dovranno li Superiori ... esattamente attenersi alle istruzioni, che inseriamo a sicura loro norma, e direzione. Tanto ordiniamo annotarsi, e ... eseguirsi. Seguono le Istruzioni, compilate dal Circospetto Piero Alberti6, Cancelliere Ducale. Per il facsimile e la trascrizione della Lettera Ducale del 5 Maggio 1797 si veda il PDF A (6,6 mb). Storia di Venezia - Le Liste di preziosi sacri trovate nella busta 157Come accennavo, le liste ritrovate presso l'A.S.Ve nell'archivio della Cancelleria Inferiore coprono solo una minima parte delle "Chiese Secolari, Regolari, di Monache e delle Scuole laiche" sottoposte alla "Ducal Giurisdizione", cioè esistenti nel territorio del Dogado7 o comunque direttamente dipendenti da questo. Nella documentazione conservata in questo fascicolo, riprodotta integralmente nell'allegato PDF, possiamo identificare:
Le ChieseIl numero delle Chiese citate rappresenta meno di un decimo di quelle tuttora esistenti nel solo Territorio della Capitale, che sono 104 secondo il censimento effettuato da VeniceXplorer.net nel 2002. All'epoca dei fatti ve n'erano molte di più, ora scomparse a seguito di numerose demolizioni o mutamenti di destinazione d'uso operate del corso del XIX e XX secolo da Governi ostili alla religiosità veneziana. Non esiste forse un elenco completo di questi edifici sacri demoliti, ma solo enumerando quelli di cui si ha notizia, il numero sale non poco: Chiese demolite o sconsacrate non incluse nel censimento di VeniceXplorer.net 2002
Ai su elencati si devono aggiungere le chiese e i Monasteri insulari: Spirito Santo in Isola, San Giorgio in Alega, Poveglia, San Servolo, Mazzorbo e vari altri sconsacrati, demoliti o semplicemente obliati dal censimento di VeniceXplorer.net. Il numero complessivo dei soli edifici aperti al culto superava dunque, nel 1797, quello di centosettanta nel solo specchio lagunare. Devo annotare che, oltre alle Chiese Dogali disseminate lungo la gronda lagunare fino a Grado, alle liste manca gran parte delle Chiese maggiori e più ricche della Dominante stessa, alcune delle quali figureranno però nelle successivamente ritrovate ricevute di consegna degli argenti e degli ori. Monasteri, Scuole, Corporazioni e donazioni privateAncora meno significativo appare il numero e la tipologia di questi Enti che possiamo ritrovare nelle liste della busta 157. Monasteri, Scuole di Devozione e Corporazioni di arti e mestieri esistevano a centinaia in Venezia e nel loro insieme non erano lontane dal numero di mille. Vediamo che nella sola Chiesa di San Giovanni Elemosinario a Rialto, eleggevano un loro altare almeno sei tra Scuole e Corporazioni. Riguardo alle Scuole Devozionali, salta agli occhi la completa mancanza delle sette Scuole Grandi8, potentissime e ricchissime organizzazioni di collegamento fra la società laica e quella clericale, sulle quali torneremo nella sezione dedicata alle ricevute di versamento dei metalli. Alla lista delle Corporazioni, sia in questo elenco, che in quello delle ricevute di versamento che vedremo, non si trova traccia delle più importanti, I.E.: Argentieri, Cuoridoro, Tessitori, Laneri, Varoteri (pellicciai), Mercanti, Marangoni, Armaioli... Delle donazioni private vediamo qui menzionati due soli casi, e un altro comparirà nelle ricevute, ma vi è ragione di credere che esse fossero molto più numerose, dato il particolare legame che univa le famiglie patrizie, il clero e il Popolo tutto alle sorti della Repubblica nel corso dell'intera Storia di Venezia. Non deve stupire la lacunosità di questi ritrovamenti. La documentazione dell'epoca fu ampiamente censurata e saccheggiata nei secoli seguenti: quella relativa alla Zecca e Banco Giro cominciò a esserlo non appena si installò la Municipalità Provvisoria. Le condizioni stesse in cui ho trovato le filze relative a questi fatti specifici mostrano i segni di "consultazioni" non certo da parte di studiosi. Vi è notizia nell'Enciclopedia Treccani di una "ispezione" ai documenti della Zecca effettuata nel Luglio 1797 o 98 (non è chiaro nella voce) da Gian Andrea Spada, personaggio che ebbe ruoli importanti nella Municipalità Provvisoria di Venezia; anche di questo meglio parleremo osservando le ricevute dei versamenti. Nell'elenco seguente i numeri di pagina riferiscono al PDF B (59 mb) allegato. Elenco degli Enti che compaiono nelle liste della busta 157
Vai ai facsimili del fascicolo di busta 157 (riproduzione integrale, PDF B) Storia di Venezia - Le ricevute delle verghe d'argento e d'oro consegnate in ZeccaIl ritrovamento delle liste sopra descritte, e il dubbio persistente sul fatto che gli ori e argenti ecclesiastici fossero effettivamente stati consegnati alla Zecca e fusi, mi ha spinto ad approfondire le ricerche presso l'Archivio di Stato di Venezia. Nei Registri e negli Atti della Cancelleria Inferiore, della quale ho consultato le otto buste che riportano in inventario le date pertinenti11, mi è stato possibile trovare molte notizie interessanti per altri aspetti dello studio della Storia di Venezia, ma solo tre riferimenti alla vicenda degli ori e degli argenti, nella busta 153 che consiste in un registro rilegato. Tra le carte 32 e 33 di questo registro si trova un foglio doppio sciolto che riporta la minuta di una lettera Ducale datata 13 Marzo 1797, redatta da Piero Alberti e indirizzata a tutti i Superiori e Superiore di Chiese e Monasteri, che ordina di consegnare entro otto giorni la lista dettagliata e giurata degli ori e argenti presenti nelle rispettive chiese. La lettera prescrive che siano pesati accuratamente quelli che sono facilmente pesabili, e ci si affidi a un calcolo approssimativo da parte di "intelligenti persone del Mestiere" per quelli che sono parte di oggetti in materiali compositi. I Superiori estendano l'ordine ai Guardiani e ai Direttori delle Scuole presenti nelle loro Chiese. Il foglio doppio contiene un foglio singolo con una breve lista di argenti, senza indicazione del luogo, firmata Iseppo Piazza. Alle carte 37 verso e 38 recto figura, ricopiata in calligrafia, la già nota Ducale di Manin del 5 Maggio 1797, priva però delle "Istruzioni". Come si vede nemmeno questi nuovi documenti erano tali da risolvere il nostro dubbio. Dalla presenza di quel fascicolo parziale ma molto dettagliato alla busta 157, mi sembrava però evidente che dovessero esserne stati compilati molti altri; la loro assenza dalle collocazioni d'archivio dove avrebbero dovuto trovarsi rafforzava il sospetto che fossero stati deliberatamente asportati od occultati. Pensai allora di rivolgere la ricerca direttamente sul Fondo archivistico della Zecca e Banco Giro, esaminando i registri delle Terminazioni e dei Decreti, nonché le "Memorie" del Maestro di Zecca Marchiori e il "Giornal dell'Aggionto sopra Monasteri" senza che niente affiorasse sulla sorte dei preziosi Sacri. Mentre spulciavo l'inventario 373/c del Fondo Zecca e Banco Giro, fui colpito da una serie di buste contenenti i "Bollettini del Contador". Immaginai che si trattasse delle copie di ricevute e versamenti. Non mi sbagliavo, e cominciai ad avere più fortuna. Le buste contengono "filze" di migliaia di fogli, tutti rigorosamente forati al centro dal chiodo su cui il Contador li infilzava uno dopo l'altro. Molti di questi fogli volanti risultavano ancora incollati tra loro dall'inchiostro fresco del 1797, ed è stato davvero emozionante sentire che ero il primo a rileggerli dopo che il chiodo aveva forato la carta tra le dita di quell'uomo che li impilava dopo averli compilati, in quei frenetici ultimi giorni nella Storia della Repubblica di Venezia. I lacci dei contenitori mi si sbriciolavano tra le dita per vetustà, e l'aspetto delle filze era caotico, come se qualcuno le avesse sommariamente scartabellate senza poi preoccuparsi di riformare una risma ordinata: pacchi di fogli sporgenti, altri messi per traverso, con i segni della polvere e della luce a mostrare che quel disordine proveniva da un tempo molto remoto. Ebbi fortuna, perché fin dalla prima filza cominciai a trovare quello che cercavo: le "seconde copie" delle ricevute che il Contador rilasciava ai Superiori e ai Gastaldi in cambio dell'oro e dell'argento che questi versavano, ricevute che avrebbero dovuto garantire la restituzione di quei metalli alle Congregazioni a partire dall'anno 1800, secondo le fatue promesse del Decreto 18 Marzo 1797. La burocrazia della Repubblica di Venezia era molto efficiente, e i suoi Funzionari molto accurati. Cominciai ad avere tra le mani elenchi su elenchi di verghe numerate, pesate al carato e con il "conto del fino" ovvero il calcolo della percentuale di metallo puro contenuto nelle leghe lavorabili. Non ho trovato la serie completa, ma questa volta disponiamo di un numero e di una sequenza tale da consentire la formulazione di ipotesi attendibili sulla portata generale dell'operazione. Per quel che riguarda l'argento, disponiamo di una serie pressoché ininterrotta di versamenti tra le date del 28 Marzo e il 18 Maggio 1797. Evidentemente la consegna era proseguita anche dopo la fatidica data del colpo di Stato, il 12 - 13 Maggio. La numerazione delle verghe è anch'essa quasi continua: come possiamo vedere dalla tabella completa al PDF A, dal numero 661 al 1783 ci sono solo tre vuoti di una certa consistenza. Mancano all'appello:
Si potrebbe essere tentati di pensare che questa numerazione non fosse esclusiva delle verghe ricavate dai preziosi Sacri, e che esse fossero inserite in una contabilità generale del metallo che entrava in Zecca, ma vi sono forti e sensate obiezioni a questa ipotesi.
Inoltre, nei versamenti degli Enti maggiori, notiamo un frazionamento: ciò può far pensare che le consegne non fossero avvenute in unica istanza, e che quelle trovate nell'elenco siano solo le porzioni minori, ricavate da oggetti che richiedevano operazioni di smontaggio o di separazione del metallo prezioso da altri materiali. Oggetti come legature di libri, croci lignee decorate, reliquiari, ex-voto, manufatti crisoelefantini, broccati e paramenti aurei, dorature e rimesse su mobili etc. A sostegno di questa ipotesi anche il fatto che ho potuto trovare solo quattro bollettini di versamento di verghe d'oro, a fronte di una numerazione separata che ci dà numeri tra il 543 e il 584 al 18 Maggio, con data di primo versamento del 5 Aprile. La mia ipotesi è che chi rovistò le filze aveva come scopo principale far sparire soprattutto la documentazione relativa all'oro e ai primi più importanti versamenti. È ragionevole pensare che i primi a rispondere all'appello del Decreto del 18 Marzo fossero da un lato gli Istituti e le famiglie più vicini al potere, e quindi più ricchi, e dall'altro le entità più affezionate alla Repubblica, come gli abitanti delle lagune del Nord fino a Grado. Queste erano fedelissime per antica tradizione risalente ai fatti di Poppone, e sufficientemente lontane logisticamente da non aver annusato a fondo l'aria di profonda corruzione che spirava nella Dominante nei suoi ultimi decenni. Di fatto io penso che gli Enti mancanti dalle ricevute, e i quantitativi incongrui versati da alcuni che invece figurano in questo elenco, siano omologabili alle verghe di cui non si è ritrovata traccia. Ciascuno può fare le sue considerazioni sui dati che riporto integralmente nelle tabelle. Ai fini della teoria che vado personalmente sviluppando sulla Storia della caduta di Venezia non è rilevante stabilire con esattezza quanto metallo dedicato al culto finì effettivamente nelle fornaci. Mi limito a suggerire alcuni spunti per comprendere su quali osservazioni mi baserò nel trarre la quantità approssimativa.
Ritengo dunque ragionevole convalidare il numero delle verghe e la media del loro peso in base alle esistenti, sia per l'argento che per l'oro. Non è una operazione necessaria né essenziale per la sezione di Storia che intendo chiarire, ma il suo risultato è curioso, in quanto per l'oro ci si avvicinerebbe parecchio a quel milione e mezzo di zecchini che Pesaro, Manin e soci avevano deciso di regalare a Napoleone come ultimo atto della gloriosa Repubblica di Venezia12. Quanto all'argento, esso era certo una manna per il soldo dell'affamata Armée. Da questo conteggio13, sommario e approssimato quanto si vuole, emergono dati certi e dati ipotetici.
Ritengo abbastanza probabile che il peso medio di 34,5 Marche calcolato sulle tre verghe d'oro registrate sia significativamente più basso del reale. Nonostante infatti ci si trovi con tre campioni appartenenti rispettivamente a una fascia alta (62 Marche), una media (39 Marche) e una bassa (3 Marche), il numero delle verghe leggere doveva essere, come verifichiamo sul campione più esteso dell'argento, assai meno significativo di quelle medie e pesanti. Anche perché, nelle società mercantili, solitamente chi possedeva oro ne possedeva molto, e chi invece apparteneva alle fasce più basse non ne possedeva affatto. La verga da 3 Marche proviene dall'Arca del Santo, ed è facile pensare che fosse soltanto, come le poche Once versate due giorni prima, risultato della fusione di rimasugli da oggetti in materiali compositi. Penso dunque che sarebbe stato più realistico applicare una media di almeno 40 Marche per verga, "tolto il peggio"14 il che porterebbe il calcolo per l'oro a 23.360 Marche, ovvero a Kg. 5.489,600, pari a 1.568.457 Zecchini. Tabelle delle verghe d'argento e d'oro consegnate in ZeccaPer le tabelle consuntive delle verghe d'argento e d'oro consegnate alla Zecca di Venezia, degli Enti coinvolti e delle date, si veda il PDF A ConclusioniNon mi è possibile, attualmente, accertare dove effettivamente sia finito tutto quel metallo. Per parafrasare una vecchia cronaca del Sanudo riguardo la leggendaria terza colonna di San Marco: "Cercandolo un mastro con una pertica vent'anni dopo, non se ne trovava traccia". La prima ricerca del prezioso metallo però, secondo la Treccani, avvenne solo pochi mesi dopo, il 15 Luglio; la voce non specifica se si tratti del Luglio 1797 piuttosto che 1798, ma dal contesto sembra più probabile la seconda ipotesi. Il "mastro" incaricato fu Gian Andrea Spada, un ex concessionario del Dazio sui sali e sull'olio della Repubblica già processato dagli Inquisitori di Stato, sia per essere stato attivista della Frammassoneria giacobina che per sospetti peculati negli affari con i Vivante. Condannato alla deportazione, fu però salvato da un suo protettore, il Circospetto Giuseppe Gradenigo. Secondo Tentori (cfr. Pubb. III) nel 1794 lo Spada paradossalmente era stato incaricato dagli Inquisitori di vigilare sulle sospette attività giacobine in Terraferma. Dato il volume e la scarsa comprensibilità grafologica di molti tra i moltissimi manoscritti che formano il suo fascicolo processuale conservato alla busta 1252 del Fondo Inquisitori di Stato presso l'A.S.Ve., non mi è stato possibile appurare se lo Spada fosse un repubblicano idealista o un volgare malfattore o un genere allora molto comune di commistione tra i due. Per certo lo troveremo figura di rilievo almeno nei primi tempi della Municipalità Provvisoria. Da Enciclopedia Treccani: "L'ultima fase della serenissima - La politica: La Municipalità Democratica" di Giovanni Scarabello (1998): Lo Spada tentò di stendere un consuntivo e di abbozzare alcune previsioni sui fabbisogni e sulle spese indispensabili delle settimane a venire.
Ancora non è possibile stabilire se fosse il Grego oppure lo Spada o qualche altro, a perquisire gli archivi e crearvi le lacune che vi si osservano, ma la Zecca veneziana era oggetto di dubbie operazioni legislative già da molti anni. Alla busta 41 del Fondo Zecca e Banco Giro leggiamo sei decreti significativi di una tendenza a trasformare quella struttura da Istituzione Repubblicana a strumento privato. Si tratta di decreti che, prendendo spunto dalla contingenza di un rinnovamento degli archivi, introducono norme sempre più restrittive alla accessibilità e consultazione degli stessi.
L'uso che si farà di questi Decreti risulta chiaro dalle tre ultime annotazioni in coda allo stesso registro di busta 41 (14/6/1798; 3/7/1801; 10/7/1801). Del resto tra i primi atti del Governo Provvisorio (Raccolta di Carte ... del Nuovo Veneto Governo, pag. 258-9) troveremo un deciso passo verso la chiusura al Pubblico di quell'Istituto, ma questo è argomento che esula dalla presente pubblicazione, e che cercherò di trattare nelle deduzioni generali che seguiranno la completa disamina della "Raccolta Cronologico Ragionata..." di Cristoforo Tentori. Resta in conclusione da osservare che questa rapida spoliazione dei preziosi sacri veneziani è in perfetta sincronia con i colloqui tra Pesaro e Lallement, dove il Ministro francese chiede al Senato di intensificare la produzione di moneta metallica in Zecca per servire alle progettate operazioni dell'Ufficio Finanziario di Bonaparte, affidate al suo banchiere Haller (cfr. Pubb. XLIV a nota 2). I bollettini di pagamento mensile di Manin e della sua CorteÈ davvero sorprendente la serie di informazioni che si possono ricavare dalle buste del fondo "Zecca e Banco Giro" conservate presso l'Archivio di Stato di Venezia. Informazioni che vanno dal valore della manodopera artigianale e delle materie prime, alla condizione della donna, alle retribuzioni dei Funzionari, dal fante al sopracomito all'ambasciatore. Dal tipo e dalla modalità di alcune "provvigioni", anche ben si comprende perché il Governo veneto fosse abitualmente chiamato con l'attributo di "paterno". Penso che da un accurato studio di questo fondo possa emergere una visione di Venezia e della sua Repubblica estremamente dettagliata e vivida, sia a livello sociale che politico ed economico. In attesa degli Specialisti che vorranno assumersi questo compito, io devo qui annotare che gli undici chili d'oro mensili prelevati dalla Corte di Manin all'"esausto Erario" di Venezia sono solo una minima parte di quelli che il Governo distribuiva mensilmente in emolumenti, provvigioni, stipendi e rimborso spese a Rappresentanti, Nobili, Ambasciatori di alto bordo, Collegi Provveditori e Magistrature. Le buste dei Bollettini del Contador nel fondo "Zecca e Banco Giro" rigurgitano di ricevute per pagamenti di migliaia di zecchini in oro sonante. Se poi aggiungiamo il grande numero di bollette che risultano pagate alla Fraterna Vivante "per forniture alle Estere Truppe", e le regalie di milioni di Zecchini a Napoleone (per non dire di quelle a Saliceti e a vari esponenti del Direttorio a Parigi, effettuate senza bollettino ma menzionate nei dispacci), risulta evidente che quell'"esausto Erario" avrebbe potuto comperare in blocco l'intera Francia post-rivoluzionaria. La serie di bollettini di pagamento che ho trovato mi ha particolarmente colpito, in quanto ero abituato all'idea diffusa che ai Dogi della Repubblica di Venezia non venisse attribuita alcuna provvigione e che, anzi, spettasse a loro sostenere anche tutte le spese di rappresentanza della Carica che ricoprivano. Questo è certamente vero per il passato della Repubblica di Venezia, ma non ho modo di sapere quando tale regola fosse stata accantonata. Dai facsimili dei bollettini possiamo vedere che i pagamenti sono emessi a seguito della "Parte del Maggior Consiglio" in data "17 Decembre 1780", ovvero sotto il Dogado di Paolo Renier, il Doge che inaugurò l'abitudine di nascondere al Senato i più gravi Dispacci degli Ambasciatori e degli Inquisitori di Stato, e che fu legato al suo successore Manin da rapporti di clientela oltre che familiari. Non so se fu con quel Decreto che si stravolse l'antica usanza, o se fu solo un adeguamento di precedenti disposizioni. Per certo, si nota un abisso morale tra questi ultimi Dogi e coloro che fecero grande Venezia. Mentre le popolazioni Venete di Terraferma subivano le razzie, la miseria e la carestia, mentre a Ottolini e ai Valligiani si negavano i 20 soldi giornalieri per difendere in armi la propria terra, la Corte del Manin indefettibilmente incassava, mese per mese, l'oro del suo tradimento e ne dispensava a piene mani altro alle proprie clientele, più o meno lecite, più o meno occulte. Non si tratta tuttavia qui di sostituire un capro espiatorio a un altro. Non di scaricare la denigrazione di Napoleone sulle spalle dei pallidi neo-bizantini annidati nel palazzo Ducale di Venezia. Capita spesso di sentir applicare alla Storia categorie morali. Essa invece, pur essendo generata da comportamenti morali o immorali, in sé e per sé sfugge a questa categoria. La Storia non dispone di un libero arbitrio, ma è il portato irrimediabilmente consolidato del libero arbitrio degli uomini. La Storia è un punto fermo, una tappa cementata e irremovibile. La prima cosa che si deve pensare di lei è che ciò che è accaduto non poteva non accadere. È una tautologia assoluta, irrinunciabile e inconfutabile. Ciò che è accaduto non poteva non accadere. Renier, Manin, Battaja, Ruzzini e quanti altri interpretarono la tragedia in boccascena non sono che l'immagine di un popolo che non era più degno dei propri Padri. Che riteneva la Repubblica un diritto ereditario, una condizione esistenziale immutabile e indipendente dalla morale dei suoi Cittadini. Il Senato aveva fatto dipingere a Tintoretto l'immagine del Paradiso Terrestre nella propria sala delle riunioni, e tra quelle mura si cullava nell'illusione che la città fuori da quelle non fosse diventata da decenni il postribolo d'Europa. Chi volesse approfondire il discorso sulle remote cause morali di quel che accadde può trovarle compiutamente espresse in "Storia Morale di Venezia". Forse non tutti i Senatori si crogiolavano nell'ebetismo o nell'illusione come fece il popolo: un popolo che si svegliò tardivamente e che bastarono poche cannonate d'un giorno a debellare. Anche di questo parleremo dopo aver esaurito la disamina dei documenti raccolti dal prezioso abate Cristoforo Tentori, che ci stanno facendo chiarezza sul "come" avvenne ciò che avvenne. Inserisco qui solo uno dei bollettini di pagamento del Doge e della sua Corte, quello del mese di Aprile 1797, ultimo del ruolino paga firmato Repubblica di Venezia. Fu persino incassato con largo anticipo rispetto ai precedenti, al 18 del mese corrente, fosse mai che la Repubblica diventasse insolvente... RingraziamentiRingrazio sentitamente il Personale dell'Archivio di Stato di Venezia per la precisione e la puntualità nel reperimento e la distribuzione del materiale di studio. Grazie in particolare agli Assistenti di sala per la disponibilità e competenza con cui mi hanno sia avviato all'uso del complesso sistema di catalogazione dell'Archivio sia aiutato a risolvere alcuni problemi di interpretazione delle scritture non calligrafiche e delle abbreviazioni. Umberto Sartori |
Bollettino di pagamento del Doge Manin e della sua Corte relativo alla mensilità di Aprile 1797 (A.S.Ve. Zecca e Banco Giro, busta 1209 carta 2466, Aprile 1797 - Atto di Concessione n. 3 / 2015, prot. 9643/2014/28.13.7). NoteNota 1 - Per il facsimile e la trascrizione del Decreto, vedi PDF A (6,6 mb). Nota 2 - Per i facsimili delle liste vedi PDF B (59 mb). Nota 3 - A.S.Ve. Cancelleria Inferiore/Doge/busta 157. Nota 4 - Per il facsimile e la trascrizione della Lettera Ducale, vedi PDF A (6,6 mb). Nota 5 - Rinvio al "Discorso Preliminare sullo Stato Politico della Repubblica di Venezia" di Tentori la dimostrazione della falsità di queste dichiarazioni di indigenza da parte del Governo Veneziano. Nota 6 - Pietro Alberti era stato nominato Cancelliere Ducale direttamente dal Manin, senza ballottaggio, il 28 Dicembre 1796, come si riscontra nel documento con stessa data in primo faldone della busta 254 Cancelleria Inferiore/Doge, conservata presso l'A.S.VE.. Nota 7 - Il Dogado comprendeva, oltre alla Capitale: Cavarzere, Caorle, Chioggia, Cologna, Gambarare, Grado, Lido, Loreo, Malamocco, Murano, Torcello (con Burano, Mazzorbo e Lio Maggiore), Torre delle Bebe. Dipendevano dalla Giurisdizione Dogale anche altri Enti religiosi importanti, in località diverse, come l'Arca del Santo di Padova. Nota 8 - Santa Maria della Carità; San Giovanni Evangelista; Santa Maria in Valverde (Misericordia); San Marco; San Rocco; San Teodoro; Santa Maria del Carmelo (Carmini). Nota 9 - * = dispone anche di oggetti in oro. Nota 10 - *** = dispone anche di Giogie (diamanti) Nota 11 - Queste buste sono molto in disordine, sia dal punto di vista cronologico che della tipologia di atti che contengono, non correttamente rispecchiati nelle descrizioni dell'Inventario. Nota 12 - Cfr. "Raccolta Cronologica" pubb. XLIV a nota 2. Nota 13 - Temo di non essere molto attendibile nella conversione di Karati e Quarti, la metrologia veneziana è complessa e non ho svolto ricerche molto approfondite in merito, ma la loro entità è comunque trascurabile nel conteggio delle Marche. Precisa è invece la conversione di queste in circa 235 grammi, derivata dall'indicazione di 72 zecchini e un ottavo per marca che ricaviamo dalle ricevute di versamento dell'oro, come si può vedere ai facsimili. Per osservazioni e fonti sulla Metrologia Veneziana, si veda il PDF B. Nota 14 - Ovvero raffinate a metallo puro le leghe lavorate.
Edizione HTML a cura di Umberto Sartori. |