Storia di Venezia

Pagina pubblicata 14 Dicembre 2014
Aggiornamento 16 Gennaio 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - XLI

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , XLI
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

Vai a pagg. 58 - 72 | In questa pubblicazione, Vol. II pagg. 72 - 76 | Vai a pagg. 76 - 83

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Storia di Venezia, uno zecchino vale 152 soldi

Rapporto tra il milione e mezzo di zecchini concesso a Napoleone e i 20 soldi necessari a mantenere un volontario veronese. Uno zecchino = 152 soldi.

Dalla pagina 72 alla 76 troviamo il Dispaccio di Battaja e Contarini da Verona del 27 Marzo 1797, con allegato il "Piano Militare Esterno per difesa della Patria, e per la conservazione della giurata Sudditanza Veronese all'amoroso Veneto Governo".

Si percepisce subito che qualcosa è di nuovo cambiato, nell'anima del Provveditore Straordinario.
Il suo tono è meno accorato, meno frenetico... Lo stile ricomincia ad assomigliare a quello dimesso e rassegnato che usava nel sopire l'Ottolini.
Non esce più a cavallo per passare in rivista le sue truppe, non parla degli eroici giovani Veronesi disposti a versare l'ultima stilla di sangue per la Patria.

Anzi, per non sbagliare ne tiene solo tremila sui trentamila disponibili. Per far fare economia, s'intende, alla Pubblica Cassa.

Non mi sento particolarmente malizioso, dopo la sorte di quella di Brescia, nel pensare che Battaja dovesse tenere alla Pubblica Cassa come se fosse la sua stessa, di cassa.

Si ringalluzzisce invece il nostro buon abate Tentori, che dopo lo sconcerto di vedere Francesco Battaja nelle vesti del barricadiero difensore della Repubblica, lo ritrova finalmente corrispondere all'idea che ci si era fatta di lui, ma andiamo con ordine. Vediamo intanto cosa racconta Battaja, e poi vedremo cosa possiamo dire noi di lui.

Nel Dispaccio dunque del 27 Marzo 1797, si comunica che, dopo i fatti di Salò, giunge a Verona "una folla di avvisi" che annunciano analoghi episodi anche a Desenzano e Crema.

Nella nota (1) a pagina 72, Tentori ci avverte che questa comunicazione del Battaja è prematura, in quanto Crema sarà "rivoluzionata" solo il giorno dopo, 28 Marzo.

Pare anche al Battaja e al Contarini, che questi rivoluzionatori siano intenzionati a procedere su Verona, ma non è più chiaro però allo scrivente quando lo faranno, né il numero e la forza di questi potenziali aggressori, né il cammino che possano seguire. Da pag. 72:

... se quello di Valezzo, o direttamente per Peschiera, o imbarcandosi nel Lago a Lazise, Malcesine e Bardolino; abbiamo immediate in questa notte date le disposizioni tutte possibili per rispingerli su qualunque lato fossero per presentarsi.

Il che è come dire che il Battaja sta disperdendo le forze su un fronte più vasto possibile. Poco male se avesse tenuto i 30.000 uomini a sua disposizione, ma sappiamo da questo dispaccio che ne ha licenziati 27.000, per risparmiare.

Non dimentichiamo che il Senato, in quei giorni, stava regalando a Napoleone un finanziamento di sei milioni, mentre gli uomini di Verona non chiedevano che 20 soldi al giorno.
Da successivi atti del Senato (che vedremo più avanti a pagina 88 della "Raccolta"), apprendiamo che questi sei milioni corrispondevano a un milione e mezzo di ducati oro, ovvero "zecchini".

Rimando alla nota 1 per i conteggi dettagliati: per coprire di ridicolo le pretese "economie" del Battaja, basti qui sapere che con quella cifra i 30.000 volontari veronesi potevano essere tenuti in servizio, a 20 soldi al giorno ciascuno, per più di tre anni.

Se autorizzato dal Senato o meno non ci è dato sapere, comunque il Battaja ha finito con l'affidare le misure di difesa alla direzione del conte Nogarola, come aveva ventilato nel dispaccio del 24 Marzo 1797.

Poiché questo Nogarola si trova presentemente al servizio ufficiale dell'Elettore di Baviera, presterà servizio ai Veronesi in borghese, affiancato da un aiutante veneto che trasmette i suoi ordini alle truppe in nome del Provveditore Straordinario.

Niente di meglio per suffragare quanto il Landrieux andava intanto raccontando alla stampa e inserendo nei propri rapporti di servizio, ovvero che esistevano intese segrete di alleanza antifrancese tra Venezia e l'Austria, dal momento che l'elettore di Baviera si trovava in quel momento, per necessità o per virtù poco importa, dalla parte austriaca del fronte bellico.

Il Piano elaborato da Nogarola:

  • Spostare 150 fanti e 100 cavalleggeri con due cannoni da Sommacampagna (Quartier Generale veneziano) a Valeggio, sotto il comando del condottiero professionista marchese Maffei.
  • L'indebolimento della già piccola guarnigione di Sommacampagna sarà tamponato con volontari.
  • I volontari della Val Policella si attesteranno alla Croce Bianca e a Ca' di Carri. Saranno sostenuti dai volontari di Tomba e di Bussolengo.
  • Dalla parte del Lago di Garda, i volontari della zona saranno agli ordini del Brigadiere conte Miniscalchi.
  • Le postazioni di Castel Novo, Cavalcaselle, Villafranca e le altre sparse saranno collegate tra loro e potranno chiamare in aiuto, all'occorrenza, la truppa di Sommacampagna.
  • Dentro la città si sono attivati anche i pattugliamenti diurni e intensificata la sorveglianza di polizia politica.

Battaja comunica poi l'arrivo nelle vicinanze di Verona di quattro pezzi d'artiglieria inviati dai Savj in risposta alle precedenti accorate richieste, ma lo stato fatiscente dei carriaggi e degli affusti li ha bloccati. Sul luogo è stato inviato il Tenente Garolfo per cercare di aggiustarli.

Segue una lagnanza per la penuria di artiglieri è l'incapacità di quelli avventizi di operare efficacemente i pezzi da campagna, ragion per cui Battaja teme che non potrà servirsi affatto nemmeno dei pochi pezzi di cui dispone.

Rinnova dunque le sue suppliche (assai più tiepide delle precedenti) "accompagnate da quelle vivissime de' Cittadini" per l'invio di artiglieri professionali e truppe.

Intanto, per consentire ai volontari di sopravvivere ai loro posti di combattimento, ha dovuto destinare a ciascuno di loro 20 soldi al giorno.

Al fine però di "conciliare i riguardi della pubblica economia con quei del servizio" Battaja con Nogarola ha immaginato un piano, che allega, nel quale si prevede che saranno solo 3000 i volontari effettivamente arruolati a paga, mentre gli altri 27.000 sarebbero tenuti in sospeso, pronti al richiamo solo in caso di necessità.
Come questi 27.000 dovessero campare nel frattempo non sembra interessare il Battaja.

Questo provvedimento fa tracimare le ire del Tentori che, nella nota (1) alle pagine 73 e 74, accusa Battaja di essere incongruente con il dispaccio del 23 Marzo (quando dichiarava necessario arruolare il maggior numero di volontari possibile) e di avere, con la complicità dei Savj congiurati, fatto perire la Repubblica a mezzo della "prudenziale economia" e "sotto i prudenziali riguardi".

Egli rifiutò, prosegue Tentori, i 30.000 Veronesi come si erano rifiutati i 30.000 Bergamaschi, quando ciascuno di tali gruppi da solo avrebbe potuto atterrire le poche centinaia di ribelli; uniti assieme e alle truppe tenute sparse tra Udine, Treviso, Padova Vicenza ecc., quegli uomini sarebbero stati perfettamente in grado di salvare la Serenissima.

Quanto avesse ragione il buon Abate lo sapremo scoprendo quali erano le reali forze a disposizione di Landrieux e dei "rivoluzionatori", argomento che affronteremo nella prossima Pubblicazione, dove si parlerà dei fatti di Crema.

A ogni modo anche per i tremila che arruola Battaja tira al risparmio, dicendo che saranno mantenuti in prevalenza con contributi volontari della popolazione, limitandosi la cassa pubblica a coprire l'eventuale scoperto.

Verso la fine il messaggio riprende in pieno i toni usati in precedenza nei dispacci all'Ottolini.
A tanto gravi e fatali avvenimenti si mescola una questione di normale amministrazione, con la richiesta di ordini relativi al commercio del sale e un accenno alla regalia di 12 zecchini (1824 soldi) attribuita a un incaricato di stabilire dei corrieri con la Val Sabbia, che a sua volta manifesta vivo lo spirito di sudditanza veneta.

La frase più importante, a mio modo di vedere è quella che conclude il messaggio, perché contiene la chiave per poter comprendere la logica di questo nuovo voltafaccia di Battaja.
Da pag. 74:

Pervenuteci l'inserte notizie del Tirolo, le rassegniamo a V.V. E.E. in adempimento del nostro dovere. Grazie.
Verona 27 Marzo 1797
Francesco Battaja Prov. Estraor. in T. F.
Alvise Contarini Cap. V. Podestà.

Egli aveva dunque ricevuto corrieri dal Tirolo, che presumibilmente gli recavano risposta alla seconda lettera, da lui scritta a Bonaparte il 23 Marzo.

Segue il dettagliato piano di difesa di Verona riportato da Cristoforo Tentori alle pagine 75 e 76.
Non mi sembra contenere niente che valga la pena commentare, trattandosi dei dettagli di quanto già enunciato nel dispaccio del Battaja appena esposto.

-- :: --

Viene invece il momento di tirare qualche somma sul nostro volubile Provveditore Straordinario, e mettere un po di ordine logico nei suoi recenti comportamenti.

Qualche pagina indietro, alla Pubblicazione XXXIX ci si era posto il dubbio, suffragato dallo stesso Abate Tentori, che Battaja fingesse quando cominciò a incitare i Veneti alla difesa dai "rivoltosi" e dalle ingerenze francesi.

Alla luce di alcune informazioni ricavabili dalle Memorie di Landrieux, che integrano e combaciano alla perfezione con i dispacci di Ottolini e altri documenti nella Raccolta Cronologica, mi sento adesso di affermare con ragionevole margine di certezza che l'ipotesi di Tentori non era corretta.

Rivediamo velocemente gli antefatti.

  • La parte del Piano Landrieux che riguarda l'inganno alle Autorità venete, vede come vittime principali Alessandro Ottolini capitano di Bergamo e Vincenti Foscarini Residente veneto a Milano.
  • Queste due persone, a quanto abbiamo sin qui potuto appurare, non sono a parte delle congiure che stanno minando la Serenissima. Sono due funzionari deboli, incapaci di una vera decisione personale, timorosi e completamente succubi dei loro superiori gerarchici.
  • Foscarini in particolare è poi succube anche di una avventuriera internazionale, la contessa Albani che, come altri soggetti della sua specie, sembra stia cercando di trarre il maggior lucro personale possibile dagli eventi storici in cui si trova coinvolta.
  • Questi due funzionari, assieme ai più accesi tra i "rivoluzionari" lombardo-veneti, rappresentano dunque il bersaglio ideale per la truffa attuata da Landrieux.

Ora, se il Tentori avesse ragione, e il Battaja fosse stato al corrente di tutto quello che accadeva, e se quindi il suo primo voltafaccia si dovesse attribuire a un suo attivo collaborare all'affaire, non vi sarebbe stato motivo per le sue imbarazzanti pressioni sull'Ottolini, volte a farsi confidare cosa stava complottando con l'informatore francese (cfr. Pubb. XXXVI).

L'insistenza mostrata su quell'argomento, nonostante l'ostinata reticenza del Vice Podestà bergamasco, non è congruente con un uomo che sia al corrente di cosa stia accadendo.

Abbiamo visto che, prima della scoperta degli ordini verbali di Berthier a Landrieux, era difficile anche per noi comprendere se lo stesso Napoleone fosse al corrente del piano "pensionistico" di Landrieux e Kilmaine.

Siamo poi venuti a conoscenza del fatto che l'aspetto lucrativo personale dei due generali era solo un aspetto collaterale, e che il Piano Landrieux rappresenta in realtà l'ossatura del piano definitivo contro Venezia.

Se quindi Landrieux e Kilmaine avevano tutto l'interesse a tener fuori il Battaja dai loro bottini, Napoleone aveva almeno tre buone ragioni per fare altrettanto, in particolare nei primi tempi, quando la segretezza di questo aspetto delle sue operazioni era essenziale.

  1. Battaja era un uomo ricco, lascivo e libertino assai più che cospiratore (2). Aveva già dato scandalo pubblico trasformando in un esplicito club giacobino quella che doveva apparire una arcigna corte di Inquisitori veneti.
    Non era insomma persona capace di garantire la necessaria segretezza al piano.
  2. Come già aveva fatto in Milano con Verri e i Municipalisti arraffoni (cfr. Pubb. XXXIII), Bonaparte non trascurava di mettere i suoi alleati uno contro l'altro e, naturalmente, di tenerli in una condizione svantaggiata rispetto a sé dal punto di vista delle informazioni.
  3. Scatenare una passione "controrivoluzionaria" sincera nel Battaja la avrebbe resa molto più efficace nel promuovere le insorgenze antifrancesi della Terraferma, essenziali a giustificare formalmente agli occhi del mondo le misure militari che si volevano prendere contro la "neutrale" Serenissima anche nell'ambito del suo Dogado.

Meglio dunque che il Battaja fosse all'oscuro di tutto, che fosse portato a pensare che "gli si stavano facendo le scarpe". Allora, sarebbe uscito dalla sua intrinseca mollezza, avrebbe cercato aiuto con i toni della sincerità, come abbiamo visto che fece con buon successo.

Quindi la prima lettera di Napoleone fu rassicurante, ma elusiva e vaga, e poco dopo Battaja si trovò disarmato nelle mani di rivoltosi che valutavano apertamente l'opzione di ucciderlo.
Invece di essere mallevadore di un nuovo Stato sotto l'ala del Grande Condottiero, si trovò in balia di gente che non controllava e che lo costrinse a lasciare il suo ruolo in Brescia per fuggire a Verona, mentre il grande condottiero affrontava una incerta sorte tra le montagne del Tirolo.

Giunto a Verona, reagì molto bene, fece esattamente quello che ci si aspettava facesse.
Chiamò a raccolta il Popolo, lo galvanizzò, Fece chiaramente capire che, se si intendeva lasciarlo da parte, egli poteva dare non poco filo da torcere a chiunque, fosse pure Napoleone.

Avrebbe saputo lui far ruggire di nuovo il vecchio leone che soprattutto lui aveva contribuito a tenere sotto narcosi.
Era il "Provveditore Estraordinario", perbacco. Se lui dava un ordine, era San Marco in persona a darlo. Era il Governo Veneto che, dopo tanta bontà e tolleranza, aveva deciso di mostrare ai sudditi che non li aveva abbandonati, e che scoccava l'ora della riscossa.

Infatti la risposta dei sudditi non si fece attendere. Possiamo calcolare con il Tentori che, se Battaja avesse continuato su quella strada, si sarebbe potuto trovare alla testa di oltre 60.000 uomini in poche settimane nella sola zona di Verona Bergamo e Brescia; di oltre 100.000 se il suo spirito di riscossa avesse sostanziato le adesioni formali di tutte le altre Province venete, che continuavano a venire presentate al Senato.

Purtroppo però Battaja non combatteva per Venezia, la sua sincera determinazione a contrastare il pericolo riguardava il suo solo pericolo personale.

Fu lasciato giungere sin dove conveniva al piano occulto: per impedire che la sua azione di sobillatore diventasse effettivamente pericolosa, fu sufficiente una nuova comunicazione da Bonaparte.
Non sappiamo cosa gli disse, ma per certo dopo le notizie dal Tirolo cui accenna in chiusura del dispaccio 27 Marzo, Battaja mutò orientamento di nuovo, rientrando nei ranghi di chi sabotava ogni vero tentativo di difesa della Serenissima.

Contemporaneamente al sabotaggio, preparò il proprio distacco dalla "zona calda", delegando le responsabilità in Verona a "quattro cittadini più il capitano Zulati" (come apprenderemo dal suo dispaccio del 30 Marzo 1797 a pagina 89), nell'attesa di essere sostituito come Provveditore dal Giovanelli, che "massacrerà" i Salodiani e incendierà Verona per la non modica cifra di 125.000 franchi versatigli da Berthier (Memorie di Landrieux, nota alla nota 1 di pag. 215, 558 nell'edizione digitale).

Poi, tornato nell'aura protettrice del Liberateur, il 1 Aprile 1797 Battaja andrà a ricoprire il suo nuovo ruolo di Avogador da Comun, per essere il "notaio" ufficiale che permetterà all'infame Conferenza del Manin di essere spacciata al Mondo come la legittima ultima decisione della Repubblica di Venezia.

Il "massacro" dei "rivoluzionatori" di Salò da parte di Zulati e Giovanelli diventerà un cavallo di battaglia del Landrieux, nel descrivere al mondo l'infamia e la crudeltà dei Veneziani contro i propri sudditi e i poveri soldati francesi.

In realtà in quella e altre simili occasioni scendevano nella tomba coloro che avevano armato le malconce truppe di Kilmaine e aderito all'"anticipo della rivoluzione".
Poche decine di persone in tutto, ma che nei rapporti di Landrieux alla stampa e alle Autorità di Parigi divennero fiumi di sangue innocente.

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Il 27 Marzo 1797, intanto, giungeva a Venezia la solenne attestazione di fedeltà anche da parte di Vicenza.

Il 28 Marzo 1797, a causa della penuria di "rivoltosi" indigeni, i Francesi furono costretti a far "rivoluzionare" Crema dalle loro proprie truppe in prima persona, con solo l'effimera copertura di alcuni "ribelli" importati da Bergamo.

Tentori riporta la Relazione dei fatti di Crema, conservata nella sezione "Secreta" degli archivi della Serenissima, da pagina 76 a pagina 83.
Essa è talmente dettagliata e si presta a tali precisi riscontri con le informazioni contenute nelle Memorie di Landrieux, che ritengo opportuno occuparcene separatamente, nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Per comprendere bene questa proporzione, è opportuno sapere che all'epoca esistevano due tipi di Ducato, ovvero Zecchino, veneto: uno corrente in argento del valore di 7 lire e 12 soldi, e uno d'oro, "effettivo", del valore di 22 Lire. Si veda in proposito la parte finale della voce "Zecchino" in Treccani.
La lira a sua volta valeva 20 soldi, ergo ciascun Ducato o Zecchino aureo ammontava complessivamente a 440 soldi.
Un milione di zecchini oro conteneva dunque 440 milioni di soldi.

Se ogni volontario sarebbe costato alla Repubblica 20 soldi al giorno, con 440 milioni si sarebbero potute pagare ventidue milioni di giornate di servizio. (440.000.000 : 20 = 22.000.000, numero di giorni pagabili).

Poiché gli uomini erano 30.000, con una ulteriore divisione scopriamo che con un milione di ducati si potevano tenere in servizio 30.000 uomini per circa settecentotrentatrè giorni, ovvero per più di due anni (22.000.000 giorni : 30.000 uomini = 733, 3 periodico giorni).

Con il milione e mezzo di ducati oro che si decideva di concedere a Napoleone, i trentamila volontari veronesi potevano essere tenuti in servizio retribuito per 1099 giorni, ovvero per oltre tre anni.

A debellare la retroguardia napoleonica che imperversava nei territori Veneti, male armata e male equipaggiata, sarebbero bastate poche settimane, mentre il grosso dell'armata, imbottigliata nel Tirolo tra due fuochi sarebbe stata annientata.

Questo se si fosse trattato di una guerra come si è preteso di raccontarcela per due secoli. Ma chi ha seguito questa disamina documentale ormai sa che la guerra apparente era molto diversa da quella realmente combattuta.

Nota 2 - Landrieux definisce Battaja ricco ma più molle e meno intrigante del Giovanelli (nota alle pagine 215 - 16 delle Memorie, 558-59 ed. digitale).

Il Provveditore Straordinario non è un agente pagato dai Francesi, il suo giacobinismo corrisponde più al personale desiderio di vedere trasformate in pubbliche virtù le sue inclinazioni goderecce, bollate pur solo formalmente come vizi dall'Ancien Régime.

Nella nota 2 a pagina 224 (567 ed. digitale) delle Memorie di Landrieux troviamo la descrizione di un'orgia presso il Governatore di Brescia con bimbi e fanciulle nude, orgia che lo avrebbe addirittura "disgustato".
A parte il fatto che, rispetto alle orge di sangue della "rivoluzione" da cui proveniva il Landrieux, la puerile lubricità dei veneziani non può che apparire come un innocuo passatempo, sarebbe facile attribuire anche questa descrizione alle menzogne propagandistiche del Francese.

Gioverebbe però assai poco il farlo, poiché il fatto che i veneziani si fossero immersi negli ozi e nei vizi carnali è ampiamente documentato dalle opere d'Arte, dalle Architetture, dagli arredamenti e dagli scritti insospettabili di numerosi Autori locali e stranieri dell'epoca, dai libertini come il Baffo ai moralisti come Tentori stesso.
Innumerevoli sono gli aneddoti sulle prostitute d'ogni sesso, sulle case da gioco, i reduti e l'immorale licenza che prosperava nella Serenissima durante i suoi ultimi decenni.

Del resto è cosa nota anche che Venezia aveva sempre avuto nei confronti del piacere carnale un atteggiamento assai diverso da quello cattolico-romano. Il perfido Landrieux non manca di citare in merito nientemeno che il Bembo, quando già nel 1567 descriveva la tolleranza verso l'omosessualità pederastica nella Marina veneta.

Questa serie di osservazioni ci permette forse di restituire il suo posto anche al Battaja.
Egli non fu un traditore prezzolato e sanguinario come il Giovanelli, non un agitatore professionista come il Salvatori, non un eroe di un'altra guerra come il Sanfermo; non fu partecipe delle congiure per scopi complessi od oscuri come il Manin e altri Savj.

Egli sognava in Napoleone colui che avrebbe assolto tutti i peccati della carne, che avrebbe portato a una nuova Arcadia popolata di ninfe e amorini.

Possiamo quindi più facilmente vederlo nella legione degli illusi, degli "utili idioti", al fianco, pur se non sullo stesso piano, di altro genere di illusi, come il Foscolo o il Contarini, che sognavano il ritorno alla vera Repubblica delle origini.


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