Storia di Venezia

Pagina pubblicata 16 Aprile 2015

Cristoforo Tentori, Raccolta Cronologico Ragionata
di Documenti Inediti che Formano la Storia Diplomatica
della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia, 1799 - L

INDICE || PDF Tomo Primo 1788-1796 || PDF Tomo Secondo 1796-1797

   

Storia della Caduta di Venezia , L
Sommario Commentato della "Raccolta Cronologica Ragionata..." di Cristoforo Tentori

PARTE TERZA
Consumazione della Rivoluzione e Caduta della Repubblica di Venezia
Dal giorno 12 Marzo sin al dì 13 Maggio 1797 (pagg. 3 - 416)

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La "Raccolta Cronologica" di Tentori riprende con il Dispaccio da Verona del Provveditore Straordinario Giovanelli in data 14 Aprile 1797.

I Francesi hanno deposto ogni riguardo nel nascondere le loro intenzioni ostili, "e con una condotta quanto strana, ed arbitraria, altrettanto lesiva i Sovrani Diritti di V. Serenità e di V.V. E.E. apertamente agiscono a danno de' Sudditi.".

Giovanelli trasmette una lettera del Colonnello Carrara, che allega due carte: una è la lettera di Landrieux, "già conosciuta da V.V. E.E.", mentre l'altra, firmata "dal Generale La-Hoz, più minacciosa, e decisa dichiara rotta la Neutralità, e pretende di comandare il disarmo dei Sudditi.".

La lettera di Carrara racconta che la flottiglia francese è salpata da Peschiera la notte del 13 Aprile con destinazione Salò.
Nonostante la strenua difesa, la Popolazione salodiana ha dovuto soccombere, assalita su due fronti da circa 2000 tra Bresciani e Francesi.1
Da pagina 179:

... si difese per lungo spazio, ma forse non assai ben secondata dalle Truppe colà esistenti, e tre soli antichi, e piccioli essendo i pezzi d'artiglieria, de' quali valer si poteva, sebbene con tutta intelligenza comandati dal bravo Tenente d'Artiglieri Monti, ... le offese del fuoco nemico, diretto da' Cannonieri Francesi, rendendo inutile il coraggio ne' difensori, li costrinse alle ore una di notte di cedere la Terra.

Fedeli al Governo veneto, quasi tutti gli Abitanti, eccettuato un centinaio, si sono ritirati sui monti, e con essi il Provveditor Cicogna. Della Truppa regolare veneta Carrara ignora il destino, e manifesta il timore che sia caduta prigioniera.2

Ricevuta la notizia della presa di Salò, Giovanelli ha visto opportuno richiamare le due Compagnie Nazionali che con due cannoni erano in procinto di imbarcarsi a Bardolino per attraversare il Lago e portarsi a Salò. Il contingente è stato invece schierato agli ordini del Brigadier Miniscalchi sulla linea di difesa del Lago stesso.

Sulla linea del Mincio anche il Maffei è in massima allerta, essendosi ricevuta notizia da Sirmione che Lonato, Sirmione e Desenzano sono occupati dai Francesi assieme ai Ribelli.

A rinforzo di Maffei sono state inviate due "Compagnie di Nazionali", mentre il corpo principale di queste Truppe si è mosso a San Giacomo "pronto a portarsi a Ca di Carri (Ca' di Capri), e sostenere i Villici, che a Castel Nuovo guardano il passo di Peschiera...".

Alle "genti di Val Pantena" è stato assegnato il compito di vigilare la strada che da Montebello conduce a porta Vescovo, nel timore che le Truppe cispadane e lombarde uscite da Legnago dirette a Vicenza possano deviare a Villanova e prendere di fianco Verona, "forse per rianimare il partito de' pochi malviventi, ... co' fatti arresti molto affievolito.".

Giovanelli comunica di essere riuscito a far entrare in città quattro "Compagnie di Oltramarini". Ritiene che i Francesi si siano infine decisi ad accordare il permesso per questa operazione grazie alle sue insistenze e alla presenza in città e nei dintorni di un gran numero di Paesani armati. Se avesse continuato a negare quella autorizzazione, il Comandante francese avrebbe apertamente dimostrato di comportarsi come i suoi colleghi dell'Oltre Mincio.

Tuttavia la situazione della citta di Verona e della sua Provincia è estremamente debole, in quanto sono "molti, e tra loro distanti i punti del suo Territorio, per i quali possono penetrare i Ribelli, e loro appoggi...".
Falsi allarmi e reali manovre del nemico hanno costretto le Truppe venete a continui spostamenti con marce rapide e difficoltose, per la quale ragione esse si trovano in uno stato di stanchezza estrema, "e fu buona fortuna che non siasi presentato il bisogno di esercitare il loro valore".

Il Provveditore attribuisce a questa stanchezza e alla penuria di rinforzi il fatto che non si sia inviato un adeguato numero di soldati alla difesa di Salò.
In quella città si trovavano:

  • 100 Cavalli;
  • 70 Fanti oltramarini;
  • 10 Artiglieri;
  • 18 m. pesi di polvere, e palle.

Non si è riusciti a rinforzare quella guarnigione a causa del fatto che la flottiglia francese incrociava nel lago mentre le loro truppe di terra intercettavano le strade.

Il Proclama diramato nelle Valli da Landrieux sulla rottura della Neutralità sembra aver intiepidito la combattività dei Valligiani, come risulta da "qualche indiretto rapporto" pervenuto a Verona.

Ci si trova nell'impossibilità di inviare alcun rinforzo di Truppa e Artiglieria anche a quelle Comunità, delle quali presentemente si ignora l'esatta condizione.
La Val Sabbia è quella meglio organizzata e diretta, mentre la Val Trompia e la Camonica non sarebbero in grado di esercitare efficacemente attività militari a causa della carenza di ufficiali.

Il contro-proclama steso dal Senato al fine di smentire il falso "Proclama Battaja" è in fase di stampa, e sarà al più presto diramato alle Valli, a Peschiera e a Legnago.

Si è invece dilazionata la stampa e la diffusione del secondo proclama, pervenuto con la ducale del 12 Aprile (cfr. Pubblicazione XLVIII ).

Giovanelli invoca "benigno perdono", ma prima di diffondere a stampa tale seconda carta, "osa assoggettare alcune considerazioni".

Egli fa notare che le istruzioni ricevute in precedenza, che autorizzavano i Villici a difendersi con la forza da ogni attacco, anche quando portato da truppe miste di Ribelli e soldati esteri, hanno prodotto come effetto che i Salodiani e i Valsabbini, "in qualche modo disanimati per l'imbarazzo, che loro cagionava il vedersi a fronte i Ribelli, amargamati con i Francesi", si riscuotessero e, sentendosi finalmente appoggiati dal loro Governo, combattessero e sconfiggessero le dette truppe miste.

Questo nuovo Proclama, che loda e incoraggia le loro azioni, potrebbe ancor più rinvigorirli, e Giovanelli dubita che queste siano le vere intenzioni del Governo, nel momento in cui Landrieux dichiara rotta la neutralità che i Savj vorrebbero invece gelosamente mantenuta.
Da pagina 182:

... ora pubblicato da' Francesi l'insidioso Proclama, che dichiara rotta la Neutralità, e per altro canto quello di V.V. E.E. volendola mantenuta, non sapressimo qual nuovo imbarazzo potesse produrre il Proclama stesso negli animi de' Sudditi, qualor una qualche dichiarazione ... non li animasse a sostenere la propria difesa, e a non cedere le armi a chiunque le pretendesse deposte.

In chiusura del dispaccio Giovanelli produce i conti della ditta Vivante: "... i conti della spesa in somministrazioni alle Truppe Francesi dal dì 1 sino alli 10 corrente, ammontante a Ducati 16612.9.9 V.C., e quelli delle summe esborsate per lo stesso oggetto alle indigenti Comunità per lo stesso periodo in summa di 98715.9.6. ne implora la Dita stessa dalla Pubblica autorità il suo pagamento. Grazie. Verona 14 Aprile 1797.".

Il Dispaccio contiene un Post Scriptum riguardante una lettera appena ricevuta dal Brigadiere conte Bevilacqua. Questi informa che 400 Traspadani, che dovevano dirigersi a Padova, hanno invece deviato e marciano su Verona.
Giovanelli si sente soddisfatto dall'aver fatto avvicinare alla Città un gran numero di Villici e un Corpo di Nazionali. Tratterà con il Generale Beaupoil, che sostituisce il Balland portatosi per qualche giorno a Castel Novo, affinché i Traspadani non siano fatti entrare in Verona.

-- :: --

Tentori procede quindi con il successivo Dispaccio di Giovanelli, in data 15 Aprile 1797.

Gli scrive il Governatore di Peschiera che i Francesi hanno violentemente disarmato il Presidio Veneto della Fortezza e sottopongono lui stesso a sorveglianza a vista di sentinelle, mentre il Comandante francese si mostra sempre più minaccioso.

Scrive anche il Brigadiere Maffei: il suo Distaccamento veneto, avanzato fino a Desenzano, è stato sconfitto da forze superiori: tre Ufficiali che lo comandavano sono stati fatti prigionieri.

Il Maffei, e similmente il Brigadier Miniscalchi, riferiscono che i Villici sono demoralizzati dal non vedere consistenti rinforzi di Truppa del proprio Sovrano al loro fianco.

In quel giorno 15 Aprile sono entrati in Verona 350 Cispadani, portando seco due carri carichi di uniformi, il che fa sospettare Giovanelli che essi mirino a farle indossare ai loro seguaci interni alla Città.

I Cispadani si sono introdotti senza prendere in considerazione le proteste delle Guardie alle Porte, pochi soldati veneti ai quali non fu concesso il tempo di comunicare con i loro Superiori.

Giovanelli ha incontrato Beaupoil, che lo rassicura trattarsi di una misura precauzionale contro gli Austriaci, che sarebbero avanzati su Borghetto.
L'incontro con Balland è stato invece fissato per l'indomani.

Il Provveditore dà quindi un riassunto della situazione generale.

  • 6000 uomini tra insorgenti bresciani, Francesi e militi di altre nazionalità sono pronti a invadere il Veronese.
  • A Verona si attendono due Battaglioni di Cispadani.
  • Si è saputo che i malintenzionati locali contano sull'appoggio di queste Truppe per i loro scopi sovversivi.
  • Un Corpo che deve partire dalla Bresciana potrebbe attaccare Peschiera.

Giovanelli ha ben presenti le Pubbliche Massime ""di voler rispettata la Neutralità verso i Francesi"", ed evidenzia come sia arduo combinare questa massima con una qualsiasi difesa, "attesa la strana capziosa condotta francese.".3

Egli ha dunque condiviso con i Capi locali il compito di questa difesa. Con il Generale Nogarola, i Provveditori di Città e i Sindici del Territorio, è stata stesa e inviata una lettera al Generale Balland nella quale gli si mostra piena fiducia e gli si chiede di chiarire le intenzioni dei Comandanti di Peschiera e di Brescia, al fine di "procurarsi in summa un fondamento alle nostre direzioni.".

Il Provveditore non sa prevedere se Balland gli risponderà. Nei contatti verbali il Francese si mostra franco e amichevole, ma questo comportamento fu anche quello adottato dai Comandanti delle Città ribelli. Gli ultimi biglietti inviati non hanno avuto alcuna risposta scritta.

Sono stati impartiti ordini al Brigadiere Maffei (allegati ma non riportati da Tentori).

Giovanelli, assieme ai Nobili Provveditori e agli Abitanti, non lascerà "intentato alcun mezzo, che nella ristrettezza de' mezzi, e nell'ardore de' Villici, quanto efficace contro i Ribelli, altrettanto non corrispondente al forte appoggio della Truppa, lorcbè si trattasse di agire contro i Francesi ... ", al fine di "sostenere la Pubblica Causa, e la difesa di questa travagliata Provincia. Grazie.
Verona 15 Aprile i797. ore 3.
Iseppo Giovanelli Prov. Estraord. in T. F.
Alvise Contarini Cap. V. Podestà.
"

-- :: --

Giovanelli scrive ancora con Dispaccio del 16 Aprile 1797.

Informato, da due Ducali ricevute il giorno precedente, della nomina di due Cittadini per trattare con Napoleone, Giovanelli ha diramato istruzioni a tutti i Comandanti dei Corpi affinché chiedano ai Comandanti Francesi la sospensione delle richieste di disarmo fino a quando saranno espletate le nuove trattative con il Generale in Capite.

Allo stesso tempo si è ordinato che i Sudditi siano tenuti nel massimo rispetto delle Massime e dei doveri della Neutralità.
Da pagina 185:

Queste commissioni credei necessario, che rilasciate fossero a tutti i Veneti Comandanti, poichè o non avendo influenza, o mostrando di non averla questo Generale Balland, sulle operazioni del Comandante di Peschiera, e degli altri oltre Mincio, ed a Salò, e mostrando agire uno dall'altro separati, conveniva, che fosse esteso il Pubblico precetto a tutti quelli, che tengono a fronte Truppe Francesi.

Giovanelli si conforta del fatto che la lettera scritta coi Veronesi a Balland è perfettamente consona alle istruzioni ricevute con le Ducali del giorno 8.
Essa infatti è una mera richiesta ai Francesi di chiarire le loro intenzioni, e non può in alcun modo contrastare le successive decisioni del Senato di aprire trattative con Bonaparte (ancora il Giovanelli definisce la condotta francese come "misteriosa", aggettivo che ben fa il paio con l'aggettivo "strana", usato nel precedente Dispaccio; cosa ci fosse di "misterioso" nei comportamenti che egli stesso riporta, solo lo "straordinario" Provveditore in Terra Ferma, lo poteva sapere).

Al mattino di quello stesso 16 Aprile 1797 a Castel Novo i Francesi hanno violentemente disarmato 350 Villici agli ordini del "Giovine Conte Perez".

Il giorno precedente, 15 Aprile, l'equipaggio di una cannoniera francese ha tentato di fare altrettanto a Punta San Vigilio e a Bardolino sul Lago. Entrambi i luoghi sono stati spogliati e saccheggiati.

A fronte dell'azione francese a Castel Novo sono state prese alcune misure.

  • Sono stati avvertiti i Brigadieri Maffei e Miniscalchi di tenersi in guardia.
  • 500 Schiavoni, che erano accampati a San Giacomo, si sono fatti marciare verso la Croce Bianca con alcuni cannoni.
  • Il Provveditor Co. Francesco Emilj marcia alla testa dei Sudditi della Val Pantena a sostegno di quelli respinti alla Ca' di Carri (Ca' di Capri).
  • La Valpolicella, agli ordini del "Conte Perez il Padre", è pronta a soccorrere dove occorra.
  • In Città si è rinforzata la vigilanza sotto gli ordini del benemerito Provveditor Con: Bortolo Giullari e di altri Nobili Cittadini.
  • È stata inviata una nuova lettera a Balland, reclamando per i fatti di Castel Novo ed esigendo una pronta risposta alla precedente richiesta scritta di chiarimenti.4

Il traditore Giovanelli ha persino la sicumera di scrivere che questa seconda lettera ebbe "un qualche buon effetto".

Balland lo avrebbe infatti finalmente degnato di una risposta scritta, nella quale "mostra sorpresa per il fatto di Castelnovo (I)" e promette che darà ordini perché vi cessino i disordini. Evidente l'assurdità di questa risposta, stante che come affermato nel dispaccio del 14 Aprile il Balland si trovava proprio in quei giorni a Castelnovo.

Vi è stato un altro incontro con Beaupoil, che continua a professare intenti di armonia e amicizia con i Veronesi. Riferisce che la lettera indirizzata a Balland è stata trovata ragionevole e che anche al Generale appariva come "misterioso" il comportamento dei "Comandanti Francesi Oltre Mincio, che certamente non potevano aver agito senza gli ordini del General Bonaparte".
Tuttavia né Beaupoil né Balland avevano ricevuto alcun ordine di tenere analogo comportamento.

In conclusione Beaupoil informa che nessuna risposta categorica alla lettera indirizzatagli poteva più venire da Balland, in quanto da due giorni il Generale Kilmaine aveva assunto il comando non solo della Lombardia, ma di tutte le truppe Francesi sino alle rive dell'Adige e del Po. Era dunque opportuno che ogni eventuale domanda venisse indirizzata a lui.

Appena concluso il colloquio con Beaupoil, è giunta a Verona la Lettera Ducale con la notizia della nomina di due nuovi Deputati per trattare con Napoleone. Si è dunque pensato di indirizzare a Kilmaine non le domande già fatte a Balland, ma la semplice richiesta di sospendere il disarmo dei Villici in attesa dell'esito di tali trattative.

Dalle pagine 187 - 188:

Intanto non saranno intermesse dal zelo nostro tutte le cure per render adempiti i Sovrani precetti, e per contenere i sudditi nella prescritta Neutralità non meno, che su tutti gli altri rapporti al nostro uffizio commessi. Grazie.5
Verona 16 Aprile 1797 ore 8 e mezza.
Iseppo Giovanelli Prov. Estraor. Alvise Contarini Cap. V. Podestà.

Nota "(I)" a pag. 187.

(I) - Si rifletta bene al discorso del Sinone 6 Francese Beaupoil, e poi sì dica, che la perfidia de' Comandanti Francesi non era la più esecranda, e di cui non ci somministra esempio la storia delle più barbare Nazioni. Erasi già da essi deliberato di bombardare, e cannonare nel seguente giorno la Città di Verona, e pure parlano di amicizia, di armonia, e fingono disaprovare la condotta dei Comandanti loro Oltre Mincio, Inaudita scelleraggine.

Tentori ci riporta quindi a Venezia, con le carte che i Savj inviarono il giorno 17 Aprile ai Deputati Donà e Zustinian, che vedremo nella prossima Pubblicazione.

Umberto Sartori


Note

Nota 1 - Carrara annota che i Francesi fungevano da retroguardia, il che, confrontato con le deposizioni dei prigionieri interrogati nel forte di Sant'Andrea a Venezia, suffraga l'ipotesi che molti dei "Ribelli" fossero in realtà arruolati a forza, e che la "retroguardia" francese avesse principalmente il compito di impedire il ripiegamento di una truppa completamente demotivata. Abbiamo visto i Francesi usare un metodo analogo nella Battaglia di Arcole, dove la combattiva Demi-brigade di Massena fu posta alle spalle della meno motivata brigata di Augereau per impedirne la fuga davanti al fuoco (cfr. Appendice "B" alla Pubb. XXXII)

Nota 2 - "... forse non assai ben secondata dalle Truppe colà esistenti". Abbiamo visto in occasione del precedente attacco a Salò che il Provveditor Cicogna usava della truppa regolare come guardia del corpo della sua "distinta persona"... (cfr. pubb. XLVIII)

Nota 3 - Giovanelli, nonostante tutto quello che lui stesso ci ha raccontato in questi 15 giorni di incarico come Provveditore, ancora vuol mostrarsi "stupito" della condotta francese, la definisce "strana", cioé inconsueta, imprevedibile e quindi potenzialmente imparabile. Alla mente allenata di un Savjo veneziano non poteva sfuggire che gli attributi della condotta francese, ben lungi dall'essere "strani", rientravano in forme ben codificate e riconoscibile del comportamento umano, nelle forme ovvero del "tradimento" che hanno loro nomi precisi: infingardaggine, fedifragia, raggiro, azzardo.... Nessuna di queste intenzioni capziose è ben espressa dalla parola "strana". Essa è usata oculatamente, per trasmettere in Senato la rassegnazione a un fenomeno che esula dalla comune esperienza.

Nota 4 - Sono sempre più puerili le menzogne e la recitazione di Giovanelli: egli stesso ci aveva informato che il Balland si era recato di persona a Castel Novo proprio in concomitanza con il sopruso che vi veniva perpetrato. Impensabile che il Comandante di tutta la zona non ne fosse avveduto e direttamente responsabile.

Nota 5 - Se Napoleone ha deciso di tirare le reti così ben lanciate da Landrieux, il Giovanelli agisce come ottimo capobarca, mostrando di volersi guadagnare appieno il prezzo del tradimento versatogli da Berthier (cfr. Nota 3 a Pubb. XLII).

Il suo compito appare molto chiaro. Egli deve al contempo mantenere combattivi i Veronesi con un certo numero di Villici e aver cura che le loro forze si indeboliscano soprattutto nel contado. Così facendo, sarà possibile creare il casus belli in Verona, con la certezza che i rinforzi francesi da un lato non incontreranno soverchia resistenza nell'avvicinarsi alla città e dall'altro non dovranno temere di trovarvisi accerchiati da sopravvenienti forze esterne.

Le Istruzioni che trasmette nella sua Provincia sono perfettamente adeguate a produrre un disarmo dei Veneti a "macchia di leopardo".
La vaghezza e l'aperta contradditorietà delle "Pubbliche Massime" faranno sì che le Comunità meno agguerrite si sottopongano spontaneamente al disarmo, mentre le più combattive rimangono in armi.
Quando giungeranno i giorni del conflitto, tali gruppi combattivi, isolati nel loro stesso Territorio, saranno facilmente sopraffatti e debellati radicalmente.
Salò e le prime scaramucce erano servite a eliminare i "tiepidi" nelle file dei "rivoluzionari", le Pasque veronesi serviranno invece a recidere la testa di ogni possibile resistenza armata dei Veneti.

A queste attività di ordine psicologico-militare, il Giovanelli affianca operazioni di polizia segreta.

Emblematico da questo punto di vista è il caso di don Faustino Bottura, "prete a Salò".
Il sacerdote era stato tra i primi ad aderire al falso Proclama Battaja. Egli è proprietario di una serie di fucine a Boarno, e alla notizia che la Patria invita alla difesa in armi dai ribelli bergamaschi e bresciani, chiude le sue botteghe e convince i suoi operai con l'intera popolazione di Boarno a prendere le armi.

Nominato Capo di più di cento uomini, è tra i primi eroi Valsabbini della riconquista di Salò.
Il Fioravanti, complice del Cicogna, lo destina a Tormini, il luogo più pericoloso, dove i Bresciani attaccano supportati da quattro cannoni manovrati da Francesi. Don Faustino dovrà ritirarsi due volte sotto la mitraglia, prima che l'arrivo del rimanente della Val Sabbia provochi la fuga dei Franco-Bresciani.

Nonostante il suo impegno, pochi giorni dopo Cicogna lo farà arrestare e inviare prigioniero a Venezia con l'accusa paradossale che nella sua abitazione sarebbero state rinvenute stampe sovversive dei ribelli Bresciani e che i suoi uomini avrebbero sparato a salve contro i cannoni nemici.

In realtà don Faustino era un elemento molto pericoloso, perché patriota, imprenditore e al contempo sacerdote, il tipo di persona che poteva rompere nel paniere molte delle uova pasquali che Giovanelli, Cicogna e Fioravanti covavano per Napoleone.

La vicenda di Don Faustino è narrata per esteso, con quella di altri prigionieri nel Castello di Sant'Andrea, nella Busta 81 delle Deliberazioni Segrete del Consiglio di X in A.S.Ve..

L'evolversi della situazione ci dirà che il piano Giovanelli, ramo ultimo del più ampio Piano Landrieux, funzionò alla perfezione.

Nota 6 - Sinone, personaggio del ciclo epico di Troia. Secondo Virgilio, che meglio lo descrive, sarebbe il cugino di Ulisse: fu lui che con una abile e subdola perorazione convinse i Trojani a portare il cavallo entro le mura della città.
Se il nostro buon abate Tentori avesse potuto disporre delle informazioni di cui noi disponiamo oggi, avrebbe meglio applicato questo nome al Giovanelli o al Landrieux, che al Beaupoil.

Nota dell'Autore - È un fatto che mi trovo a scrivere questo articolo negli stessi giorni dello stesso mese dei Dispacci trattati, esattamente 218 anni dopo.


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Edizione HTML e grafiche a cura di Umberto Sartori. Consulenza bibliografica dott. Paolo Foramitti.